I Vini Passiti – Fra tecnicismi e valutazioni personali

Ultimamente medito molto ed il modo migliore per un WineLover di meditare è, ovviamente, quello di farlo degustando un più o meno dolce e più o meno acido vino da meditazione.
Parliamo innanzi tutto del Passito, un vino ottenuto da uve con elevato tenore
zuccherino. Questo avviene quan­do l’acino si disidrata, con
conseguente concentrazione zuccherina e caduta di acidità; inizia
così quel processo di appassimento che da origine ai vini passiti.
I
vini passiti possono essere “passiti” o “passiti
liquorosi”
. Nel primo caso sono vini ottenuti di solito da uve
passite; nel secondo caso si tratta di vini liquorosi, (vini
addizionati d’acquavite) ottenuti da uve passite. I vini non
invecchiati sono chiamati semplicemente “passiti”, i
passiti invecchiati in botti o carati (o caratello per i toscani) prendono il nome di
Vin
Santo o Occhio di Pernice (nel caso in cui vengano prodotti da uve a bacca nera).

Le
principali uve utilizzate nell’elaborazione di questi vini sono
quelle aromatiche, Aleatico, tutte le uve Moscato, tutte le Malvasie,
e il Traminer aromatico, e quelle provenienti da vitigni poco
aromatici quali: Albana, Bosco, Corvina veronese, Erbaluce,
Garganega, Greco bianco, Nasco, Nosiola, Pinot grigio, Sagrantino,
Vernaccia di Serrapetrona.
I
metodi e le tecniche di appassimento dell’uva sono diversi e seguono
le varie tradizioni e le differenti tipologie enologiche.
L’appassimento
si ottiene principalmente con i seguenti metodi:
  • metodo
    naturale:
    si dice quando i grappoli
    sono stesi al sole, in un’area aperta, su stuoie o rocce, (un tempo
    l’uva veniva stesa sulle tegole dei tetti delle case), ovvero in
    locali areati sem­pre su stuoie o reti o graticci o messe in
    cassette o stese su tavole cosparse di paglia o anco­ra con i
    grappoli appesi al soffitto mediante delle cordicelle o fili di
    ferro;
    con forzatura: si
    dice quando i grappoli sono disposti in locali ventilati o in celle
    termocon­dizionate per il controllo della temperatura e
    dell’umidità;
  • appassimento
    in pianta del grappolo:
    con questo
    sistema si ottengono uve colpite da marciume nobile o muffa grigia
    (botrytis cinerea), e si producono alcuni dei vini più famosi del
    mondo, tra questi il Sauternes in Francia, il Tokaji ungherese, i vini
    del Reno a vendemmia tardiva (trockenbeerenauslese), e quei vini
    italiani con denominazione “vendemmia tardiva”.
    L’appassimento in pianta può avvenire anche con torsione del
    peduncolo del grappolo o con il taglio del tralcio. Queste due
    tecniche, interrompendo il normale flusso della linfa alle bac­che,
    favoriscono l’appassimento dell’uva e la relativa concentrazione
    zuccherina che deriva dalla perdita d’acqua.

Le
uve sono lasciate appassire per periodi variabili, da qualche
settimana fino ad alcuni mesi. L’uva, durante il periodo
d’appassimento, perde circa il 40% in peso, calo sostanzialmente
dovuto alla perdita d’acqua. La resa in mosto di 100 kg d’uva
appassita è di circa 25-30 chili. La fermentazione alcolica avviene
a temperature molto basse, per questo procede lentamente per 2-3
mesi. Al termine della fermentazione il vino è travasato in botti e
poiché continua a sviluppare, anche se lievemente, una certa
quantità di anidride carbonica, le botti non vengo­no chiuse
ermeticamente.
II
periodo d’affinamento dura almeno un anno, per arrivare anche a tre
e cinque anni. Questi vini hanno un tenore zuccherino residuo intorno
ai 7-8 grammi litro e un’alcolicità non infe­riore al 13%
volume.
Tra
i più importanti vini passiti italiani
non aromatici si ricordano:
Nus Pinot Grigio Passito, prodotto in Valle d’Aosta; Caluso Passito
prodotto in Piemonte, anche nel tipo passito liquo­roso; in
Liguria, Cinque Terre Sciacchetrà; in Lombardia, Valtellina Sfurzat;
in Trentino, Trentino Vin Santo; in Veneto, Recioto della
Valpolicella, Soave Recioto, Gambellara Recioto e Gambellara Vin
Santo
; in Toscana, Pomino Vin Santo; in Calabria, Greco di Bianco.
Tra i passiti aromatici si ricordano: Valle d’Aosta Chambave Passito;
Moscadello di Montalcino Passito; Malvasia delle Lipari Passito;
Moscato di Pantelleria Passito, anche nel tipo passito liquoroso. Un eccezione particolare è riservata al Picolit friulano, che non è un vero e proprio passito, bensì un vino da meditazione superbo, che deve la sua dolcezza agli acini di questo vitigno, che per un difetto di impollinazione sono in numero ridotto per grappolo, con una concentrazione zuccherina maggiore (può essere affinato in legno).

Tra
i vini passiti stranieri
si ricordano i vini bianchi francesi del
bordolese, Barsac e Sauternes, definiti i re dei vini passiti, mentre
i vini passiti tedeschi sono quelli a vendemmia tardiva che prendono
la dizione di
Spätlese e i
vini
Auslese.,
forse i più caratteristici tra i vini tedeschi, gli
Eiswein (o Ice-Wine),
vini del gelo, chiamati così perché
i grappoli sono raccolti e pigiati molto tardi, con uve mature e
congelate sulla vite. I passiti sono vini da fine pasto, o da
sorseggiare come vini da conversazione, generalmente devono essere
serviti freschi, intorno ai 10°C in calici di vetro sottile e non
troppo grandi.


Dopo questa introduzione tecnica, passiamo ai Passiti che in questo periodo ho avuto modo di degustare e mi hanno piacevolmente colpito:

Passito Collina d’oro di Roccafiore (Todi): un passito di quelli dolci, ma mai eccessivo, floreale e “pescato”, che fa dell’armonia e della morbidezza le sue armi migliori…armi che mi stendono ogni volta che ne stappo una bottiglia con pasticceria secca, magari alla mandorla;

Ramandolo – Toblar (Ramandolo): un Vino, il Ramandolo, che fa della sua produzione ridottissima, già un motivo valido per provarlo, ma quello di Toblar (“sorella” della nota Cantina Specogna) è davvero un esercizio di stile ben riuscito. Una vendemmia tardiva di Verduzzo Friulano, che cattura con la sua mielosa dolcezza, ma che sa evolversi in bocca tirando fuori una nota amarognola (miele di castagno) che sembra creata appositamente per bilanciare il tutto. Un vino che sembra non finire mai tanto è persistente. Provatelo con formaggi stagionati o se volete fare gli “chic”, con il foie gras!
Cingolum – Tenuta Musone Colognola (Cingoli): un passito che non manco mai di bere quando sono nella mia terra natìa, alla quale questo dorato nettare è dedicato. Cingolum è infatti il nome latino che i romani diedero alla città fortificata da mura di cinta (Cingolum appunto) dell’entroterra maceratese nota attualmente come Balcone delle Marche per il suo suggestivo panorama. Un verdicchio passito a tutti gli effetti, ottenuto da uve surmaturate in pianta e appassite in cassetta.
Il Cingolum è un passito con personalità e carattere, dolce, ma mai eccessivo, che porta con sè dal vitigno che ha fatto grande questa regione, un grande impatto aromatico, adatto ad accompagnare sia dolci secchi che formaggi saporiti.


Passito di Pantelleria Ferrandes (Pantelleria): non poteva mancare fra i passiti, uno Zibibbo, forse LO Zibibbo per eccellenza. Ferrandes produce questo passito secondo antichi criteri di vinificazione e di essiccazione dei grappoli al sole. Colore giallo ambrato con riflessi dorati, che ne esprimono solarità ed eleganza. Caramello e miele, mandorla tostata al naso, confettura di fichi ed uva passa al palato. Un passito di Pantelleria di rara finezza e persistenza esaltante.  

Dorotea – Albana di Romagna D.o.c.g. Passito Riserva – Tenuta Uccellina (Bertinoro FC): di quell’oro antico che ricorda un giovane Vin Santo, albicocca e mandorla avvolgono il palato in un suadente e persistente sorso, che ben si accompagna a formaggi dal gusto deciso, come il formaggio di fossa con il quale l’ho degustato proprio ieri.

Es più Sole di Gianfranco Fino (Sava): è proprio il caso di dire “dulcis in fundo”… l’Es più sole (dolce naturale) è un passito rosso (appassito in pianta) che fa della sua esclusività, che sfocia nella rarità (prodotto in tiratura limitatissima solo nelle annate migliori per clima e vento) doti che creano attorno ad ES-so un desiderio ed una curiosità che solo grandi Vini sanno suscitare. Al naso prevale la mia amata visciola, che ritroviamo al palato accompagnata da sentori di prugna e mirtilli, ma è lo “spiced ending”, cacao e liquirizia,  che rende questo vino armonico ed intrigante. Da provare con formaggi erborinati o con dolcetti a base di mandorla, ma per chi se lo vuole godere a pieno, il consiglio è sempre lo stesso… meditate…meditatelo!
“Un vino non per tutti…come tutte le cose belle!” (Cit. G.G.)


Andando all’estero, sarebbe inutile e banale citare lo Chateau d’Yquem, e dovrei consigliare qualche semi-sconosiuta vendemmia tardiva del Reno,  ma lo faccio lo stesso…in quanto è sicuramente, il VINO che un appassionato, un sommelier, un addetto ai lavori non può non provare almeno una volta nella vita, in quanto senza ombra di dubbio il Sauternes più complesso ed elegante, anche se molto dipende dall’annata e quindi dal portafoglio!!! 

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