Donnachiara l’Irpinia nel bicchiere tra natura e design

Oggi cari Amici Winelovers ho deciso di parlarvi di un’Azienda che con i suoi Vini, ma ancor prima con la sua storia, ha lasciato il segno nella mia “wine-soul”!
Piccolissimo inciso:Qualcuno mi critica, perché ogni tanto uso frasi in inglese, inglesismi o addirittura neologismi derivanti dalla commistione fra italiano ed inglese…beh…ma avendo vissuto per un po’ a Londra, mi viene spontaneo… e poi, dai…state leggendo le pagine di un blog che si chiama WineBlogRoll, non “VinoBlogRotolo”…non se po’ sentì!


Torniamo alla meravigliosa azienda di oggi, ovvero la Società Agricola Donnachiara.

L’attuale Donnachiara affonda le sue radici nell’800 e rappresenta tutt’ora l’eredità di una storica azienda agricola di proprietà
della famiglia Petitto, ai tempi gestita dalla nobildonna Donna Chiara Mazzarelli Petitto, che a cavallo dei due conflitti
mondiali, si occupava di soprassedere alle proprietà di famiglia, fra le quali era contemplata, naturalmente, l’importante tenuta agricola.  L’intuizione di convertire l’azienda, che dapprima si occupava anche di allevamento, a Cantina arriva negli anni ’80, quando Mario Petitto, Dottore in Agraria, grazie alla sua lungimiranza, comprese la vocazione
vitivinicola della Provincia di Avellino e decise di impiantare i primi vigneti.


Nel 2005
la famiglia Petitto decide finalmente di smettere di conferire le
proprie uve, coltivate secondo principi ecosostenibili e di dar vita
all’azienda vitivinicola Donnachiara che ad oggi rappresenta una delle più importanti realtà campane ed irpine.
Un’azienda familiare, dunque, ma dal grande spirito imprenditoriale, dovuto ad un’organizzazione oculata garantita dalla Famiglia Petitto, da oltre 30 anni attiva con un suo proprio Gruppo Industriale (Gruppo Petitto) in una terra tanto meravigliosa e sorprendente, quanto difficoltosa quando si tratta di imprendere.
La sfida della Famiglia Petitto è stata vinta alla grande, tanto che ad oggi bottiglie dei Vini Donnachiara vengono esportate in oltre 40 Paesi nel mondo, con gli USA come principale mercato di riferimento.
Una terra, l’Irpinia, che vanta paesaggi incontaminati e terreni sani, ma soprattutto grandi persone, con voglia di veicolare con i propri prodotti, non solo il prodotto in sé, bensì la bellezza di una parte della nostra penisola, spesso sottovalutata. 
Mi ha molto colpito la citazione fatta da Ilaria, preparatissima e cortesissima manager dell’azienda, ovvero la frase di un Filosofo che in Irpinia sta partecipando ad un progetto
culturale, che recita così:

”l’Irpinia è fantastica e quello che mi piace è che
è selvaggia e tutta da scoprire, a differenza di Regioni come la
Toscana, dove ormai è tutto perfetto e pronto, come un prodotto
confezionato di marketing…”.

E’ palese, quando si parla con Ilaria, che l’obiettivo primario della Cantina Donnachiara è garantire uno standard di qualità sempre altissimo, rispettando al contempo imprescindibili principi di eco sostenibilità,
poiché chi lavora in agricoltura deve amarla e proteggerla,  oltre a custodire e trasmettere attraverso i propri Vini quei grandi valori su cui poggia la terra irpina.

Un’azienda davvero moderna, ma che fa del connubio fra concetto di famiglia in quanto tale e di impresa in quanto grande famiglia, le proprie armi vincenti, che si evidenziano da un rapporto col cliente diretto, schietto, umano, ma sempre professionale ed elegante.

E’ proprio questa schiettezza abbinata alla rara eleganza che ho riscontrato nei Vini che ho avuto modo di assaggiare.


I Bianchi “classici”:

Greco di Tufo DOCG 2013: Un Greco fresco e di struttura, ma che fa della sua “sobrietà” stilistica un fattore chiave per renderlo così apprezzabile. I profumi sono fruttati, quasi tropicali, ma mai eccessivi, con una piacevole nota agrumata.
In bocca è un bianco secco, che si fa bere, grazie ad un’ottima freschezza, ma che stupisce, altresì, per persistenza. Il Greco è un grande vitigno, ma non sempre rispettarlo è semplice, di certo Donnachiara sa come trattare quest’uva lasciandola esprimere al meglio la sua naturalezza, senza stravolgerne l’identità, ma, allo stesso tempo, conferendole un tratto importante di unicità.
Fiano di Avellino DOCG 2013: il Fiano, anche detto dai latini Vitis Apiana, ovvero Vino delle Api, è da tempo immemore un vitigno apprezzato per le sue caratteristiche di dolcezza e finezza degli aromi. Nel caso di Donnachiara troviamo nel nostro calice un Vino del suo classico colore paglierino intenso, con un naso davvero interessante, che spazia dalle note dolcemente tostate della mandorla e delle nocciola ad un bouquet fresco di fiori bianchi e frutti tropicali, con la caratteristica nota di acacia ad identificarlo con estrema chiarezza.
In bocca il Fiano è secco, ma molto gentile e fine…un Vino che si fa apprezzare a tal punto da rendersi conto sempre troppo tardi di averlo terminato!
Falanghina Beneventano IGT 2013: la Falanghina è anch’esso un vitigno che affonda le sue radici nell’antichità, che sta avendo un vero e proprio boom in questi ultimi anni, grazie alla sua duttilità nell’abbinamento. Un Vino schietto quello di Donnachiara, che rispetta a pieno le sue origini, il Taburno, con un naso ricco di fiori bianchi e della dolcezza di pere e pesche e la freschezza degli agrumi. Il sorso è di buona corrispondenza e naturalezza. Davvero una Vera Falanghina!


I bianchi “fuori dal coro”:


Ostinato Campania Greco IGP 2011: e poi vedi questa bottiglia da 0,50l, con un Vino dorato al suo interno e subito pensi “è un passito!”…” invece no! Si tratta di un Vino davvero fuori dagli schemi, che rappresenta insieme all’etichetta di cui parlerò successivamente, qualcosa di unico nel panorama campano ed a mio parere nazionale. La vendemmia è leggermente tardiva (prima decade di novembre) se paragonata al Greco di Tufo sopracitato (seconda decade di ottobre), la fermentazione avviene per un 20% in barrique francesi, ma ciò che ne risulta non è un Vino dolce, anzi, tutt’altro! Parliamo di un Vino secco e di struttura, con un residuo zuccherino ed un tenore di glicerina appena sufficiente a poterne denotare una certa morbidezza. Un Vino che pur non manifestando note dolci in bocca, vanta profumi tipici di vendemmie con uva lievemente surmatura, come l’albicocca matura, ma che poi sfocia nel frutto tropicale e finisce con una nota vulcanica, presumibilmente data dal terreno ricco di minerali di origine vulcanica, appunto. Io l’ho de-gustato da solo, a fine pasto, e non vi nego che persino per un amante dei passiti come me, l’assenza di dolcezza in questo Vino è compensata da una complessità ed una piacevolezza rare. Da provare!
Esoterico Campania Fiano IGT 2011: stessa bottiglia da 0,50l, stessa “appassita parvenza”, stesso metodo produttivo, stessi tempi di raccolta e stesso utilizzo della barrique dell’Ostinato, ma un Vino, ovviamente, totalmente differente.
Il naso in questo caso è floreale, meno minerale, più suadente del suo compagno di bottiglia, ma è nei sentori di legno che ho notato la differenza più importante. Infatti, nell’Esoterico la barrique si sente in maniera educata, ma sicuramente maggiore che nell’Ostinato. In bocca è un Vino che ti scalda il cuore, pur essendo secco anch’esso.
Il finale è lungo e davvero coinvolgente. L’unica cosa che li accomuna, oltre alla bottiglia, come già detto, è, a mio modesto parere, il fatto che sia perfetto da bere lontano da tutti e da tutto, in piena catarsi…se poi avete degli amici degni e volete stupire con “effetti speciali”, la condivisione è sempre bene accetta, ma ricordatevi…è poco e va bevuto “responsabilmente”! Chi ha orecchi per intendere intenda! 


N.B.: per entrambi vale una nota extra, che reputo molto interessante, ovvero la capacità di stupire, grazie alla scelta stilistica, voluta, di far apparire questi due Vini come qualcosa che non sono! Il cervello umano è abituato ad autoimpostare le proprie percezioni, anche in base a ciò che vede, attingendo alle proprie esperienze visive e dando quindi una serie di pre-connotazioni ad un determinato oggetto o prodotto (vale anche con le persone!), ma in questo caso è davvero piacevole poter giocare con i sensi e ritrovarsi ad assaggiare qualcosa di davvero inatteso, ma allo stesso tempo gradevole ed al quale si fa presto ad “abituarsi”. Credo che questi due Vini possano arricchire e di molto l’esperienza sensoriale di un Winelover grazie alla loro particolarità.

 (per entrambi)



Il Rosso…e che rosso:

Taurasi DOCG 2011: anche il Taurasi deve il suo nome alla storia e lo stesso vale per l’Aglianico con il quale viene prodotto questo Vino. Infatti, Taurasi sembra derivare da Taurasia, un borgo vinicolo che i romani conquistarono a discapito degli Irpini, nel lontano 80 d.C., mentre il nome Aglianico deriva dal termine “Hellenico”, volto a definirne le sue origini greche. Fatta questa brevissima e, spero, non noiosa, premessa, parliamo di questo Taurasi, così naturalmente Vero! Le note tipiche ci sono tutte, visciola, prugna, mora di rovo e torrefazione, nonché un leggero accenno di vaniglia.
La differenza in questo caso la fanno i tannini, che seducono per eleganza e gentilezza, ma che sanno comunque farsi valere. Un Vino dal quale, per quanto dura possa essere, bisognerebbe prendere qualche anno di distacco, per poi ritrovarsi più innamorati di prima e pronti ad iniziare un nuovo cammino insieme, fatto di calore, armonia e piacevole morbidezza, ma soprattutto di grande persistenza.
Non avuto modo di assaggiare la riserva, ma già questa 2011 è capace di elargire grandi soddisfazioni a destra ed a manca!


                                               



Invito tutti gli i Winelovers a prendere in considerazione l’idea di fare una capatina nella splendida Concept Winery di Donnachiara a Montefalcione, nella quale oltre a poter provare gli ottimi Vini da me citati e tutte le altre etichette in produzione (compresa una splendida bollicina), rimarrete sicuramente affascinati dal design e dalla cura dei particolari espressi nella costruzione di questa moderna Cantina che non risulta mai in contrasto con il contesto paesaggistico in cui è inserita.

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