Cari Amici #winelovers, oggi vi porto con me nelle
Marche…le mie Marche, terra nella quale sono nato ed alla quale ho
deciso di dedicare diversi articoli questo mese, per darvi uno
spettro più ampio di ciò che questa Regione, tra mari e monti,
tempestata di “infiniti”e leopardiani Colli, ha saputo
fare, sa fare e potrà fare a livello vitivinicolo.
Marche…le mie Marche, terra nella quale sono nato ed alla quale ho
deciso di dedicare diversi articoli questo mese, per darvi uno
spettro più ampio di ciò che questa Regione, tra mari e monti,
tempestata di “infiniti”e leopardiani Colli, ha saputo
fare, sa fare e potrà fare a livello vitivinicolo.
Inizieremo da un’area, forse, meno conosciuta
enologicamente parlando, ma che vanta una ricchezza
storico-artistico-culturale con pochi eguali in Italia e nel mondo,
ovvero la provincia di Pesaro e Urbino.
enologicamente parlando, ma che vanta una ricchezza
storico-artistico-culturale con pochi eguali in Italia e nel mondo,
ovvero la provincia di Pesaro e Urbino.
Andremo
più precisamente a Terracruda, azienda che ha sede nel piccolo
comune dell’entroterra pesarese chiamato Fratte Rosa, poggiato su un
colle a 400 metri sul livello del mare. Un territorio che è crocevia
per la produzione di vini di qualità. Qui, infatti, è possibile
produrre tutte e tre le Doc della provincia di Pesaro e Urbino:
Bianchello del Metauro Doc, Pergola Doc e Colli Pesaresi Doc
Sangiovese.
più precisamente a Terracruda, azienda che ha sede nel piccolo
comune dell’entroterra pesarese chiamato Fratte Rosa, poggiato su un
colle a 400 metri sul livello del mare. Un territorio che è crocevia
per la produzione di vini di qualità. Qui, infatti, è possibile
produrre tutte e tre le Doc della provincia di Pesaro e Urbino:
Bianchello del Metauro Doc, Pergola Doc e Colli Pesaresi Doc
Sangiovese.
Terracruda deve il suo
nome al sinonimo popolare che definisce come “terra cruda”
l’argilla, materiale povero che ha reso Fratte Rosa famosa per i
suoi cocci di terracotta. Oggi le vigne di Terracruda poggiano le
loro radici su questa terra e rendono ancora più indissolubile e
distintivo il legame dell’azienda con il territorio ed il proprio
terroir.
nome al sinonimo popolare che definisce come “terra cruda”
l’argilla, materiale povero che ha reso Fratte Rosa famosa per i
suoi cocci di terracotta. Oggi le vigne di Terracruda poggiano le
loro radici su questa terra e rendono ancora più indissolubile e
distintivo il legame dell’azienda con il territorio ed il proprio
terroir.
Parliamo di una Cantina
che fa ricerca e sperimentazione, prevalentemente, sui vitigni locali
e autoctoni e per fare questo si affida ad enologi di grande
esperienza e competenza come il dott. Giancarlo Soverchia.
che fa ricerca e sperimentazione, prevalentemente, sui vitigni locali
e autoctoni e per fare questo si affida ad enologi di grande
esperienza e competenza come il dott. Giancarlo Soverchia.
La Cantina è un piccolo
gioiello, interamente interrata, è stata ultimata da pochi anni con
un progetto a basso impatto ambientale, quindi ecocompatibile come
piace a noi!
gioiello, interamente interrata, è stata ultimata da pochi anni con
un progetto a basso impatto ambientale, quindi ecocompatibile come
piace a noi!
Terracruda rappresenta il
prototipo di Cantina italiana moderna (o almeno così come dovrebbe
essere), nella quale la tradizione ed il rispetto per il territorio
incontrano e si armonizzano con le più evolute tecnologie, volte
alla produzione di Vini di qualità, ma sempre sinceri e privi di
artifizi.
prototipo di Cantina italiana moderna (o almeno così come dovrebbe
essere), nella quale la tradizione ed il rispetto per il territorio
incontrano e si armonizzano con le più evolute tecnologie, volte
alla produzione di Vini di qualità, ma sempre sinceri e privi di
artifizi.
A testimonianza del forte
legame con la terra che permette ai tre soci dell’azienda di produrre
i loro ottimi Vini, Terracruda ha intrapreso un progetto di
riscoperta di vecchi vitigni autoctoni come l’Aleatico di Pergola, il
geniale Incrocio Bruni 54 e la Garofanata che, vinificate in purezza,
si rivelano uniche per caratteristiche organolettiche.
legame con la terra che permette ai tre soci dell’azienda di produrre
i loro ottimi Vini, Terracruda ha intrapreso un progetto di
riscoperta di vecchi vitigni autoctoni come l’Aleatico di Pergola, il
geniale Incrocio Bruni 54 e la Garofanata che, vinificate in purezza,
si rivelano uniche per caratteristiche organolettiche.
Mi ha colpito molto, inoltre, la scelta dell’azienda
di produrre per ciascuna Denominazione di origine tre tipologie di
Vino, una versione “entry level” fermentata in acciaio, una
versione intermedia in cui il vino è affinato in barriques di
secondo passaggio ed un’ultima versione “top” in cui il vino
viene lasciato maturare in botti di rovere francese di primo
passaggio, a contatto con le fecce fini (sur lies).
di produrre per ciascuna Denominazione di origine tre tipologie di
Vino, una versione “entry level” fermentata in acciaio, una
versione intermedia in cui il vino è affinato in barriques di
secondo passaggio ed un’ultima versione “top” in cui il vino
viene lasciato maturare in botti di rovere francese di primo
passaggio, a contatto con le fecce fini (sur lies).
A
questa ampia produzione si aggiungono i vini da dessert: la
tradizionale “Visciolata”, prodotta con le visciole del
Montefeltro, e il passito da uve Bianchello, lasciate appassire
naturalmente sui graticci…che dovete assolutamente provare se siete
golosi almeno la metà di quanto lo sono io!
questa ampia produzione si aggiungono i vini da dessert: la
tradizionale “Visciolata”, prodotta con le visciole del
Montefeltro, e il passito da uve Bianchello, lasciate appassire
naturalmente sui graticci…che dovete assolutamente provare se siete
golosi almeno la metà di quanto lo sono io!
Ora passiamo ai 3 Vini che ho degustato e selezionato per voi tra tutte le ottime etichette dell’azienda:

CAMPODARCHI Bianchello del Metauro
D.O.C. (2012): non potevo che iniziare dalla doc, per me, più rappresentativa di questa zona delle Marche, ovvero il Bianchello del Metauro. In questo caso parliamo di un bianco che fa in parte acciaio ed in parte barriques (sul lies).
D.O.C. (2012): non potevo che iniziare dalla doc, per me, più rappresentativa di questa zona delle Marche, ovvero il Bianchello del Metauro. In questo caso parliamo di un bianco che fa in parte acciaio ed in parte barriques (sul lies).
Si ottiene così un Bianchello più evoluto, con una fresca alternanza fra profumi floreali e fruttati, con nette e piacevoli note esotiche. Un Vino bianco di buon corpo, facile da bere, ma a suo modo complesso, grazie alla buona corrispondenza “naso-sorso”, resa ancora meno noiosa dal finale giustamente salino. Il Campodarchi è il Vino da far assaggiare a tutti coloro (ne sento sin troppi) che denigrano il Bianchello, relegandolo a vino da “pronta beva”, quando si tratta, altresì, di una doc di grande tradizione e potenzialità ancora tutte in divenire, che Terracruda, in particolare, sta sviluppando al meglio.

Incrocio Bruni 54 Marche IGT Incrocio Bruni (o Dorico 54) 2011: innanzi tutto va detto che questo vitigno, denominato Incrocio Bruni 54, è una genialata pazzesca creato a metà degli anni ’30 dal marchigiano prof. Bruno
Bruni, che decise un bel giorno di intraprendere una scommessa con sé stesso e con la Natura, incrociando tramite impollinazione il Sauvignon
Blanc ed il Verdicchio. “Che ve lo dico a fà?!?”…se avessi dovuto esprimere un desiderio che mi togliesse dall’impasse di scegliere fra i miei due vitigni a bacca bianca preferiti, non avrei potuto chiedere di meglio! Diamo a Bruni ciò che è di Bruni, ma anche a Terrabianca ciò che è di Terrabianca, in quanto dosare al meglio le peculiarità aromatiche di questo vitigno non deve essere stato semplice, ma, lasciatemelo dire… ci sono riusciti alla grande! L’hanno fatto grazie alla vinificazione sulle fecce fini (sur lies) in barrique di rovere francese di primo
passaggio per 12 /18 mesi, con continua risospensione delle
fecce nobili (batonnage). Questa scelta conferisce al Vino un armonico equilibrio fra componenti dure e morbide, ne bilancia l’acidità ed intensifica le note speziate al naso e quelle candite in bocca. Un Vino, a mio parere (e sapete che non mi sbilancio facilmente) nella Top 10 dei miei Bianchi degli ultimi anni. Originale, curioso, tradizionale e moderno allo stesso tempo… proprio adatto a me!
Bruni, che decise un bel giorno di intraprendere una scommessa con sé stesso e con la Natura, incrociando tramite impollinazione il Sauvignon
Blanc ed il Verdicchio. “Che ve lo dico a fà?!?”…se avessi dovuto esprimere un desiderio che mi togliesse dall’impasse di scegliere fra i miei due vitigni a bacca bianca preferiti, non avrei potuto chiedere di meglio! Diamo a Bruni ciò che è di Bruni, ma anche a Terrabianca ciò che è di Terrabianca, in quanto dosare al meglio le peculiarità aromatiche di questo vitigno non deve essere stato semplice, ma, lasciatemelo dire… ci sono riusciti alla grande! L’hanno fatto grazie alla vinificazione sulle fecce fini (sur lies) in barrique di rovere francese di primo
passaggio per 12 /18 mesi, con continua risospensione delle
fecce nobili (batonnage). Questa scelta conferisce al Vino un armonico equilibrio fra componenti dure e morbide, ne bilancia l’acidità ed intensifica le note speziate al naso e quelle candite in bocca. Un Vino, a mio parere (e sapete che non mi sbilancio facilmente) nella Top 10 dei miei Bianchi degli ultimi anni. Originale, curioso, tradizionale e moderno allo stesso tempo… proprio adatto a me!
ORTAIA
Pergola Rosso D.O.C (2011): un rosso espressione del territorio che più di così non si può! Nasce dal vitigno autoctono chiamato Vernaccia di Pergola (biotipo autoctono di Aleatico) e fa anche questo un anno/un anno e qualche mese di barrique che conferisce al Vino un’interessante una maggior morbidezza dei tannini, rendendoli davvero aggraziati, ma presenti.
Pergola Rosso D.O.C (2011): un rosso espressione del territorio che più di così non si può! Nasce dal vitigno autoctono chiamato Vernaccia di Pergola (biotipo autoctono di Aleatico) e fa anche questo un anno/un anno e qualche mese di barrique che conferisce al Vino un’interessante una maggior morbidezza dei tannini, rendendoli davvero aggraziati, ma presenti.
E’ un Vino che nel calice si presenta davvero bene, con quel suo cromatismo fra il Rosso Rubino e quello Cardinale, ma che da il meglio di sé quando, lasciato respirare un po’ inizia a sprigionare un ricco bouquet che va dal floreale allo speziato, passando dai più consueti piccoli frutti rossi. In bocca risulta davvero un Vino senza l’ombra di uno spigolo, sicuro di sé e piacevole nella sua schiettezza.
Con questo Ortaia Terracruda dimostra di saper fare un ottimo utilizzo del legno piccolo, anche con Uve sconosciute ai più, ma che sanno raccontare al meglio la storia di una doc da non sottovalutare!
Non siete curiosi?!?
Una Cantina, quella di Terracruda, che pur avendo
origini recenti ha saputo coniugare al meglio la storicità di una
zona nella quale il Vino era prodotto per lo più a livello
familiare, con la spinta verso il futuro di chi sa che le Marche, ed
in particolare quest’area, si stanno ritagliando uno spazio di grande
rilevanza nell’enologia italiana ed internazionale, grazie alla
varietà di terroir, ai vitigni autoctoni, ma anche e soprattutto
alle persone…e sì…fatemelo dire…ai Marchigiani!
origini recenti ha saputo coniugare al meglio la storicità di una
zona nella quale il Vino era prodotto per lo più a livello
familiare, con la spinta verso il futuro di chi sa che le Marche, ed
in particolare quest’area, si stanno ritagliando uno spazio di grande
rilevanza nell’enologia italiana ed internazionale, grazie alla
varietà di terroir, ai vitigni autoctoni, ma anche e soprattutto
alle persone…e sì…fatemelo dire…ai Marchigiani!
F.S.R.
…Wine is sharing!
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