Esattamente un anno fa si diffuse la notizia relativa al progetto portato avanti dall’università di Tor Vergata riguardante un “Naso Elettronico” capace di individuare previamente i difetti dei tappi in sughero, prevenendo così potenziali problemi di TCA.
Oggi, andiamo molto oltre, in quanto mi sono appena imbattuto in una notizia proveniente dalla Danimarca, che da come “ormai alle porte” l’utilizzo di una “Lingua Elettronica” per la valutazione della sensazione di astringenza nei Vini.
Se i produttori fino ad ora si sono premurati di far degustare il proprio Vino ad assaggiatori professionisti in carne ed ossa, ben presto, questa lingua dotata di nanoparticelle capaci di percepire la quantità di fenoli responsabili dell’astringenza, potrebbe prendere il loro posto. Gli scienziati, infatti, hanno sviluppato un nanosensore – un dispositivo che rileva le interazioni molecolari a livello di nanoscala – che sostengono sia capace di imitare le nostre lingue, sperimentando la sensazione di astringenza. Il dispositivo potrebbe consentire alle Cantine di monitorare e regolare i livelli di fenoli durante tutto il processo di vinificazione piuttosto che contare sul gusto umano soggetto a errori ed alla personale percezione di questi composti chimici, ma uno strumento tecnologico, per quanto evoluto, può davvero surrogare l’essere umano? La nostra capacità di discernere, di abbinare a sensazioni particolari come l’astringenza una serie di altre connotazioni e valutazioni legate alla sfera dell’esperienza enoica personale, nonché la sensibilità dei più esperti degustatori nel valutare un Vino in prospettiva, nonostante un apparente momentaneo squilibrio, possono davvero essere sostituite da byte e numeri?
Duncan Steward Sutherland, professore associato presso l’Interdisciplinary Nanoscience Center presso l’Università di Aarhus in Danimarca, che ha guidato la ricerca nanosensori, prevede che molti produttori ricorreranno a questa tecnologia tra non più di tre anni, ma io confido di no!
Vi spiego come funziona…il Vino rosso è dotato di composti chiamati fenoli, che si trovano nella buccia e nei vinaccioli (semi). Questi fenoli tendono a legarsi alle proteine presenti nella saliva, causando un cambiamento nella texture della lingua, lasciando la superficie interna della bocca secca e ruvida. Il dispositivo – una piastra sottile coperta di nanoparticelle di oro, che misura meno delle dimensioni di un computer portatile – imita tale processo.
Fin qui tutto ok, ma, mentre il naso elettronico doveva scovare una muffa già presente nel tappo prima ancora di essere utilizzato, al fine di poterlo scartare, in questo caso la macchina agirebbe sul Vino monitorandone varie fasi della vinificazione e questo andrebbe, a mio modo di vedere, a rendere la produzione troppo omologata e tendenzialmente industrializzata anche là dove si punti alla qualità.
Questo perché la sensazione di astringenza è molto soggettiva e nonostante si possano effettivamente valutare le quantità di fenoli presenti, questa macchina è limitata ad una sola categoria di questi composti, che a loro volta possono essere bilanciati ed ammorbiditi da altre componenti o persino soltanto dall’ossigeno ed ovviamente dall’invecchiamento.
Voler produrre Vini “perfetti” basandosi solo sulla chimica mi sembra come voler “giocare a fare Dio” e confido davvero che prima o poi venga studiata una bella gamba elettronica, con tanto di piede possibilmente come il mio (tg 47), per quanto riguarda i test sugli uomini ed il futuro utilizzo ho già qualche idea! 😉
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