- La Val d’Orcia ha terroir, uve e viticoltori degni di competere con chiunque in Italia e nel mondo, ma il “Brand” deve ancora farsi strada, in quanto soffre un po’ la sudditanza psicologica indotta da due mostri sacri del panorama enologico italiano e mondiale come il Brunello ed il Nobile;
- La fase di crescita della qualità media, di una produzione che attualmente è di circa 300.000 bottiglie totali suddivise nelle ca. 40 aziende che rientrano nella DOC, è palpabile e si sta dimostrando, non solo una nicchia da conoscere e valutare con attenzione, ma una solida realtà;
- La Doc Orcia non ha bisogno di altro, che di un po’ di tempo, per permettere a chi ha impiantato le proprie vigne in terroir vocatissimi, ma da poco, di entrare a regime (condivido ciò avevo scritto tempo e fa e Donatella Cinelli Colombini, ha opportunamente ribadito durante una verticale multipla a Palazzo Chigi, ovvero che non bastano i classici 8 anni per permettere alla pianta di dare il meglio di sè, ma ne occorrono almeno 20!);
- C’è ancora molta eterogeneità a livello di qualità e di identità in questa Doc, con giustissimi stili ed altrettanto apprezzabili filosofie produttive differenti, ma anche molto divario nel bicchiere. La verticale alla quale ho avuto modo di partecipare (magistralmente diretta dalla Delegata ONAV Alessandra Ruggi), ha mostrato, però, un positivo filo conduttore, che è quello rappresentato dalla unanime volontà di portare in Cantina Uve sane e adeguatamente mature, con un’accurata selezione ed un’attenzione particolare ai tagli ed alle metodologie di vinificazione, andando ad accentuare i pregi e le peculiarità di ogni singolo terroir. Spesso, avendo l’umiltà e l’intuito di affidarsi a professionisti d’esperienza e di grande sensibilità che hanno già operato nella vicina Montalcino, ricercando però una propria identità, senza scimmiottare il Brunello, cosa che mi preoccupava molto. Le grosse differenze sono nell’uso del legno, che a mio avviso, è ben ponderato in molte delle aziende che ho conosciuto, senza mirare ad accontentare questo o quel mercato straniero, bensì andando a coccolare al meglio Vini di grande vitalità.
finale amandorlato ed un educatissimo sentore boisé. Il sorso è
fresco, minerale ed ancor più intenso del naso, con una lunghezza
inattesa per un Vino che ancora deve finire il suo corso in
bottiglia, ma che è già una piacevolissima realtà. Emozionante!
Beh…la accendiamo! Dico solo questo, aggiungendo che i 3 mesi di
bottiglia hanno giovato molto in termini di equilibrio e finezza
degli aromi, ma che mi confermano, in particolar modo, il fatto che
questo Tagete sia un Vino di quelli che ora stupiscono, ma con
qualche anno stravolgono! Non mi sbilancio mai così tanto, ma
sappiate che in questo caso vi troverete di fronte a qualcosa di più
unico che raro, che catturerà la vostra attenzione al naso, vi strapperà un sorriso incredulo al primo sorso e vi creerà una sana dipendenza alla prima bottiglia terminata! Taste it and, then, let me know!
Trìbolo Orcia DOC Sangiovese 2010 –
Podere Albiano:probabilmente una delle 3 realtà più solide e
conosciute di questa DOC, ma anche quella dalla quale ci si aspetta
di più in termini di qualità ed armonia. Specifiche che sono state
puntualmente confermate da tutti i Vini in linea, ma in particolare
da questo Sangiovese in purezza che brilla per intensità, nerbo
acido, ancora ben presente e tannini eleganti, ma ancora vividi, che
ne fanno intuire un potenziale in termini di longevità da seguire
non anno dopo anno, ma di lustro in lustro! Pulito!
Cenerentola Doc Orcia 2010 – Fattoria
del Colle: degustato in verticale insieme alle annate 2001 (che ne fa
percepire una longevità con ancora un buon margine evolutivo) ed
alla 2004 (dal tannino già raffinato e con aromi terziari di rara
intensità) questa 2010, del Cenerentola (65% di Sangioves 35% Foglia
Tonda) evidenzia uno step importante nella ricerca dell’estrema
pulizia e qualità dell’Azienda di Donatella Cinelli Colombini, deus
ex machina dell’evento e presidente del Consorzio. Interessante la
lunga ed accurata ricerca svolta ed ancora implementata riguardante
la varietà Foglia Tonda, uva che affonda le proprie radici
nell’antichità, con origini toscane (tanto che ne ritroviamo esempi
persino in corti urbane all’interno della città di Siena, dove si
pensa venisse utilizzata per produrre Vino finalizzato alla
conservazione di acqua in una città carente di fonti di
approvvigionamento) e che Donatella ha recuperato e valorizzato
coniugandolo con il Sangiovese, in un mix di intensità aromatica,
struttura e freschezza. Il colore è vivido, brillante, ma è il suo
naso così suadente e distintivo che mi invita subito ad approfondire
la conoscenza di questa Cenerentola, antica nelle sue origini, ma,
altresì, moderna nella sua ricercatezza (in questa annata si è
passati alla selezione degli acini oltre che la già importante
selezione dei grappoli). Se nel naso sono le spezie ed un finale
balsamico a rendere più interessanti le più comuni note “sangio”
di viola, visciola e prugna, in bocca sono l’incedere della
freschezza e la texture tannica a completare l’opera, dotandola di
una pulizia ed una finezza interiore e non vanificabile con lo
scoccar della mezzanotte, in quando non ci sono abiti, scarpette e
carrozze con su scritta una scadenza temporale, anzi…tutt’altro…
questo Vino invita a far scoccare molte mezzanotte per poterne godere
della sua massima espressione.
Sesterzo
Orcia rosso DOC 2005/2007/2008/2012: vi avevo già parlato del
Sesterzo qui, ma averne degustate 4 annate (3 nell’ultima verticale)
e l’altra per la mia precedente recensione, mi ha fatto comprendere
ancora una volta (se mai avessi avuto dubbi…che non avevo!) quanto
la passione unitamente alla tradizione ed all’umile sensibilità di
sapersi contornare delle persone e dei professionisti giusti, senza
mai tralasciare o svilire le proprie idee la propria natura, possano
dar vita a delle vere e proprie magie. Il Sesterzo è una magia, una
magia fatta della forza di volontà e dell’umanità di Luca
Zamperini, della caparbietà e lungimiranza di sua figlia Giulitta e
dell’amore che si respira nell’Azienda Poggio Grande per quel
territorio dove fino agli anni ’70 non vi arrivava neanche la
corrente elettrica e per tutto ciò che è vivo, dalle loro Uve, ai
loro Cavalli, alle persone. In occasione della cena di gala, ho avuto
la possibilità di conoscere alcuni dei collaboratori di Luca,
l’agronomo Maurizio Saettini (che cura anche le scelte enologiche dell’azienda insieme a Luca) e l’enologo di Adour, Matteo Malpassi, che coadiuva Luca e Maurizio nella scelta dei “Legni” per l’affinamento…beh… se c’è una cosa che ho potuto appurare con
certezza è che la ricerca dell’Azienda Poggio Grande parte in vigna,
con un rispetto maniacale delle proprie uve e dei propri vocatissimi
terreni, passa per la fermentazione con tecniche evolute, ma anche in
questo caso pienamente rispettose della materia prima, e termina con
una premura più unica che rara nell’affinamento, sia attraverso la
scelta dei legni (la nuova Cantina è una piccola chicca in cui
troverete barriques e tonneaux di assoluta qualità) che dei tappi.
Non posso non segnalarvi anche il loro Syrah, quasi un vezzo data la
esigua produzione (ma credo presto avremo belle sorprese in merito)
ed il Cabernet Sauvignon, che dal mio assaggio di botte promette cose
egregie nell’annata 2013, ancora non in bottiglia.
Martin del Nero Orcia Doc 2012 –
Fattoria Resta: innanzi tutto, ringrazio la cara Gigliola Giannetti
de “Le Potazzine” per l’ennesimo apprezzatissimo consiglio,
che mi ha permesso di conoscere questo Vino ed ancor più la
simpaticissima Annalisa Tempestini, italo…o meglio tosco-americana,
che nella sua storica e suggestiva Fattoria Resta da vita a questo
Vino, 100% Sangiovese (Clone Montosoli) che fa dell’armonia e della
sua sottile schiettezza un Vino di quelli che piacciono a me, che non
accontentano si camminare su di un filo dell’equilibrio fra passato e
presente, sobrietà e complessità, fra tradizione ed originalità,
il Martin del Nero su quel filo ci balla! Balla una danza che non ha
tempo, ma che quasi ipnotizza per la sua melodica armonia. Un Vino
sincero, vero e che sa giocare su ritmi e sfumature in maniera
divertente, ma allo stesso tempo centratissima! E’ un po’ come
Annalisa, “ironique, but always focalized”.
Ciò che ci tengo a dire è che a
prescindere dalla mia scrematura, ciò che si è palesato ai miei
occhi, al mio naso ed al mio palato, ma soprattutto alla mia
percezione umana e professionale è un’elevazione della qualità
media dei Vini prodotti dalla DOC Orcia, davvero sensibile e che si
possono vantare esempi, rari anche in altre più importanti
denominazioni, di consapevolezza e correttezza, ovvero di qualità
produttiva e rispetto del prodotto stesso e quindi del consumatore,
come le aziende che ho citato ed altre già note come il Castello di
Ripa d’Orcia (ormai convertito a Biologico) del quale ho apprezzato
molto la 2011 del Terre di Sotto Riserva e l’Azienda Capitoni che
mette nella selezione delle uve per il suo Frasi una cura
ineccepibile che ritroviamo nella maturità dei suoi Vini nel calice.
Voglio concludere con un problema gravissimo che ho avuto modo di verificare in prima persona e che vorrei testasse anche Voi per confermare la mia sensazione o, magari (credo sia impossibile), per contestarla… parlo del fatto che la Val d’Orcia con i suoi Vini, i suoi paesaggi e la sua gente ha il terribile ed inevitabile “difetto” di portarti via il Cuore… ecco perché oggi non darò i miei cuori ad un Vino in particolare, ma a questa Terra, nella quale vi invito ad andare, bere e mangiare, conoscendo, parlando, vivendo con la gente del posto per innamorarvi ad ogni tramonto, ad ogni alba, fino alla ripartenza, in cui inizierete a contare i secondi che vi separano dal vostro ritorno.
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