Nella bellissima cornice di Palazzo Bufalini si è tenuto un evento che nel suo “piccolo-piccolo” strizzava l’occhio al più noto ed importante Wine festival di Merano, in quanto a bellezza degli spazi espositivi, nella comodità di fruizione dei desk e nella democraticità della gestione degli spazi espositivi, uguali per tutti, senza i “Davide contro Golia” di fiere come il Vinitaly per intenderci.
L’intento dell’Only Wine era quello di portare alla ribalta piccole e giovani realtà che avessero qualcosa da dire in termini di storia personale, di territorio e di imprenditorialità ed a mio parere le aziende selezionate erano in gran parte all’altezza di questo compito, in quanto ho riscontrato davvero molta positività, in un ambiente in cui, per fortuna, si riusciva a fare due chiacchiere in tutta tranquillità con vecchi e nuovi amici produttori, che si dimostravano lieti di far assaggiare i propri Vini, non solo a me, come da prassi, ma anche agli avventori meno preparati, in quanto consci che il loro miglior biglietto da visita è e sarà sempre il proprio Vino.
Mi piace sempre ritrovarmi ad un desk con altre persone, ascoltare i parere più o meno professionali, più o meno tecnici e comprendere la percezione comune di un prodotto altamente soggettivo come il Vino, che, però di dimostra trasversale quando si tratta di qualità. Per intenderci… quando un Vino è buono i commenti possono variare dal più polivalente ed alquanto paracool “questo Vino è notevolmente complesso ed elegante” al più easy “proprio buono! Complimenti!”, ma in molti casi il giudizio positivo è convergente. Lasciando perdere l’avventore dell’ultimo minuto che si presenta al banco d’assaggio chiedendo “Mi dai il più vecchio che hai?!” ho avuto modo di incontrare, anche questa volta, molti appassionati e professionisti del settore sempre più curiosi ed interessati a realtà emergenti che in molti casi abbracciano filosofie “green” e sono votate alla continua ricerca della qualità fondendo saperi e sapori tradizionali ad una forte e palpabile spinta innovatrice.
Detto questo passiamo alle mie emozioni enoiche legate all’Only Wine Festival 2015, che legherò principalmente a 5 Cantine e per ognuna il Vino della loro linea che mi ha colpito di più:
Elena Fucci: Elena non ha bisogno di presentazioni e merita la stima di tutti noi Winelovers come persona e come produttrice, in quanto non tutti lascerebbero i propri piani di vita per tornare sui propri passi, impedendo la vendita dei vigneti di famiglia ed iniziando a studiare enologia da “0”, per poter contribuire alla nascita e la crescita di un’Azienda che, pur portando il suo nome, esiste grazie a suo nonno ed è resistita grazie a suo padre. Un Vino, il Titolo, che parla la lingua del cuore, caldo e suadente, dal naso importante, carico di nitidi aromi che spaziano dal frutto maturo alle spezie, fino ad una leggerissima nota verde. Uno spettro aromatico di spessore, destinato a confermarsi in bocca ed ad evolversi negli anni al meglio.
Pomaio: vi ho già parlato di Pomaio qualche giorno fa, prendendola come esempio di rispettosa coesistenza fra Uomo che lavora e Natura che dona nell’articolo sull’uso dei diserbanti in vigna, ma oggi vi dirò due parole sul loro Porsenna, un IGT Toscana Rosso 100% Sangiovese, che fa della sua mineralità (ricorrente in tutti i Vini dell’azienda, grazie alle peculiarità del terroir) la sua caratteristica prevalente, ma che con il suo nerbo acido sembra dirti “Son Toscano, h-osa credi?!”. Uno stile semplice per un Vino contemporaneo eppure senza tempo. Dimenticavo…Attenzione! I ragazzi di Pomaio stanno sfornando un Rosato da paura!
Rocco di Carpeneto: non vi nego che questa azienda mi aveva già colpito al Live Wine di Milano ed era uno dei miei obiettivi di questo weekend quello di approfondire la conoscenza dei loro Vini, ma soprattutto dei simpaticissimi proprietari Lidia & Paolo. Se al Live Wine mi aveva colpito l’Ovada, ieri mi sono invaghito della loro Barbera Rapp 2012 (in dialetto arcaico del luogo “grappolo”), che ha un naso così diretto e schietto da non poter fare a meno di sorridere appena buttato il naso nel calice. In bocca si distingue per freschezza e concretezza. Una Barbera a mio parere “diversa” e per questo di mio gusto! Una filosofia, quella di Rocco di Carpeneto che vede la sostenibilità ed il rispetto della Natura permeare ogni scelta ed ogni aspetto dell’azienda, a partire dai propri 5ha di Vigneti biologici per finire con l’accoglienza con il loro “eco-bio-agriturismo” (che mi sa proprio sarà una delle mie mete estive). Un buon punto di riferimento per chi pensa che qualità faccia rima con naturalità, non solo nell’allitterazione, ma anche nel calice!
Li Duni: come spesso accade, terminato il mio consueto giro di appuntamenti prefissati e di assaggi previsti, mi riservo un’oretta per andare “a pelle” e questo è stato il caso della Cantina Li Duni, una realtà Sarda che mi ha colpito subito per le immagini che vedevo alle spalle dei referenti presenti al desk, intrise di colori e sensazioni che solo la Sardegna sa dare. In questo caso specifico nelle immagini un particolare ha catturato particolarmente la mia attenzione: la sabbia.
Su terreni sabbiosi a pochi passi dal mare, questa azienda dispone di vigneti per lo più a piede franco che possono godere di particolare microclima che permette ai bianchi grande freschezza e struttura ed ai Rossi complessità e calore. Il Vino che mi ha colpito di più è stato sicuramente il Tajanu 2009, un I. G. T. “Isola dei Nuraghi”, Rosso. prodotto con uve rosse autoctone di diverso tipo (probabilmente Cannonau, Bovale sardo e Monica). L’azienda dimostra con questo Vino intenso e profondo di saper attendere qualche anno in più pur di presentare un Vino che sia già abbastanza armonico dall’essere apprezzato, ma che possa allo stesso tempo far percepire la sua prospettiva importante. Un Vino davvero importante.
Mongioia: “dulcis in fundo”…o forse no?!? Da un’azienda che dispone di soli vigneti di Moscato a confine fra Asti e Cuneo, ci si può aspettare solo qualche carie indotta, no?! Non in questo caso! Grazie alla segnalazione del collega Matteo Carlucci del Taccuvino, ho conosciuto Riccardo Bianco sua moglie Maria. Riccardo, proprietario, enologo e cantiniere…insomma… Mongioia in persona, da quando suo padre Marco, grande innovatore, gli ha lasciato le redini dell’azienda “si diverte” a rimettere in discussione l'”ordina in-naturale delle cose”, portando la Natura alla sua massima espressione e non a quella indottale dall’uomo per assecondare mere dinamiche di mercato. Detto questo vi accenno 3 peculiarità di Mongioia per le quali da ieri sera penso continuamente ai loro Vini:
- Vigneti principali a piede franco tra i 170 ed i 90 anni (altri più recenti fino a 40 anni)…avete letto bene!
- Primo Brut di Moscato (millesimato) e probabilmente l’unico “folle” e piacevolissimo che avrete modo di bere: il Meramentae (prodotto con un particolare Metodo che non è Charmat, ma strizza l’occhio al metodo tradizionale, pur seguendo un iter studiato ad hoc per conferire a questo Vino le sue eccezionali caratteristiche organolettiche);
- Il terzo motivo? E’ ovviamente il Vino per il quale ho scelto di annoverare questa Cantina fra le mie emozioni enoiche dell’Only Wine Festival, ovvero il Crivella. Un geniale esperimento o un esercizio di stile enologico? Entrambi, a mio parere, ma, altresì, frutto di un terroir pazzesco (argilla bianca) e di vitigni a piede franco di oltre 90 anni, che conferiscono in Cantina un Uva della più alta qualità possibile, per produrre un Vino che, con buone probabilità, senza questo livello in quanto a materia prima nessun enologo potrebbe mai produrre. Detto questo, “diamo a Riccardo ciò che è di Riccardo”, ovvero la capacità di aver deviato ancora una volta dai paradigmi e dai dogmi della tradizione del Moscato d’Asti, ma stavolta in maniera opposta, ovvero non abbattendone la dolcezza, ma”elevandola” non nella quantità, bensì a livello qualitativo ed espressivo, donando a questo Vino caratteristiche simili ai migliori muffati, tanto che non bisogna essere degli esperti per dire “a primo naso”… qui ci vuole un erborinato! Come se non bastasse, l’aver raggiunto una tale complessità ed eleganza organolettica, la peculiarità più importante del Crivella è la sua prospettiva di vita, una longevità già apprezzabile nelle prime annate, ma che è stata quantificata, addirittura, fino ai 30 anni. Cosa assolutamente inedita per un Moscato d’Asti, ma che vi assicuro aprirà le porte ad un nuovo modo di concepire questo vitigno e questo Vino. I’m in love with Crivella! Lo ammetto…mannaggia a te Matteo e quando me l’hai consigliata! Davvero…emozione in purezza!
“Brand New Wineries” da seguire:
Le Vigne di Clementina Fabi: Cantina nata a Montedinove (AP), così come la possiamo apprezzare ora, nel 2012, ma che ha alle spalle una grande tradizione di famiglia.
Il loro IGT Marche Rosso Cerì (Centolitri) è un Vino davvero particolare, affinato in botti da 100l di rovere bruciato, che conferiscono complessità degli aromi ed una bocca capace di intrigare i palati più curiosi.
Il Roglio: Grazie al suggerimento di un Sommelier (e produttore) che segue WineBlogRoll, incontrato fra i banchi d’assaggio, ho potuto conoscere il simpatico David, un giovane che con me ha in comune l’aver trascorso qualche anno della propria vita all’estero ed ovviamente l’Amore spassionato per il Vino e la Natura. Tanto che 3 anni fa decise di trasformare la sua passione in qualcosa di più pragmatico, impiantando in un piccolo appezzamento di famiglia 2ha di vigneto a Chiusi. “GLI INCONTRI” è un vino bianco prodotto con uve di chardonnay di grande freschezza e mineralità, un Vino che sa dire molto di sè sin da ora (io ho assaggiato la 2013), ma che a mio parere sarà perfetto in un paio di annetti!
Entrambe le realtà, radicalmente differenti, ma con la medesima voglia di farsi conoscere tramite i propri Vini meritano grande attenzione da qui in avanti.
Concludo dicendo che eventi come questo mi fanno toccare con mano l’evoluzione dell’enologia e della viticoltura italiana, che vede nei giovani e nelle giovani Cantine un motore importante ideologico ed economico, ma che soprattutto mette la qualità al primo posto, probabilmente ancor più di quanto facessero i nostri amati nonni, che non avevano il know how e la visione d’insieme che attualmente le nuove leve hanno.
Tradizione e modernità possono coesistere ed auto-alimentarsi vicendevolmente al fine di conferire al Vino identità territoriale, peculiarità organolettiche apprezzabili ed una naturalità che prescinda da certificazioni e leggi, ma che sia intrinseca all’essere Vino.
N.B.: ci tengo a precisare che non ho fatto neanche un accenno all’interessantissima degustazione guidata dalla Sommelier Annalisa Linguerri, riguardo le sottozone della Romagna del Vino, in quanto credo proprio che mi sarà utile per un articolo che pubblicherò nelle prossime settimane, interamente dedicato a questa Regione, per anni bistrattata, ma che sta dando vita a Vini di qualità assoluta e grande identità.
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