Calici da Vino – Come? Quando? Perché?

Oggi sarò un po’ bacchettone, ma ci sta dai… non potevo esimermi dal parlare di calici o bicchieri da Vino, che dir si voglia! Lo farò partendo nel
modo più idoneo, ovvero citando l’introduzione allo studio del
calice elettivo dell’azienda regina nella produzione di queste
trasparenti e più o meno fragili culle dei nostri Vini:

“Tre sono gli elementi interessati:
il bevante, lo stelo e la base di appoggio. Lo studio della
conformazione del calice deve garantire che le dimensioni, l’altezza
e l’ampiezza siano in perfetta armonia tra loro. Le dimensioni del
bevante devono essere ben proporzionate all’altezza dello stelo e
all’ampiezza della base. Il calice si sviluppa in modo corretto,
proporzionato e armonioso solo se si rispetta il rapporto esatto tra
queste dimensioni. Alla magica formula 8 9 d’oro nell’arte
vetraria – la primigenia concezione stilistica dei calici introdotta
nel 1920 da tre architetti viennesi: Loos, Hoffmann, Ertl – dobbiamo
le geometrie classiche. Gli studi di Claus Riedel risalenti alla fine
degli anni Cinquanta rielaborano questo concetto che, combinato con
l’influenza dei classici francesi e irlandesi, genera calici dalle
forme estremamente gradevoli.”
Ormai lo sappiamo tutti, da quando
Riedel a “imposto” il concetto di calice elettivo l’escalation è
stata inevitabile e tutti i winelovers hanno sperimentato l’effettiva
veridicità di questa teoria, iniziando ad utilizzare un calice per
ogni tipologia di Vino: uno da bollicine, uno da rosso, uno da
bianco, uno da dolce/passito. orma di un bicchiere di vino è
fondamentale.
Oggi, però, ci sono davvero
un’infinità di modelli di calice in commercio e questo da una parte
ci stimola ad una ricerca ancor più mirata del “calice perfetto”
da adattare a ciascun Vino, dall’altra, a mio parere, ci da modo di
divertirci in maniera più libera e spensierata nel testare le varie
rese dei vari Vini in calici di forme e fatture differenti.
Detto questo, riprendendo l’introduzione
della Riedel, andiamo ad analizzare le parti del calice,
indipendentemente dalla sua forma:
  • La base: la base molto
    probabilmente è la più semplice di tutte le parti sia come
    conformazione (che se ultimamente ci sono eccezioni molto
    interessanti votate alla massima ergonomia) che come comprensione
    della sua utilità. E’ ciò che permette, in primis, di sostenere
    tutto il resto del calice e quindi di non permettere al Vino di
    rovesciarsi, ma ancor più può fungere da impugnatura perfetta per
    i degustatori più attenti.a
  • Lo stelo: lo stelo serve a scopi
    distinti: il primo è quello di consentire a chi beve di tenere il
    bicchiere senza toccare la coppa, mentre il secondo è quello di
    permettere la roteazione nel caso si opti per l’impugnatura classica
    e non dalla base. Inoltre, se si tiene un bicchiere di Vino per la
    coppa si rischia il riscaldamento del Vino stesso per via della
    nostra temperatura corporea. Lo stelo è quindi ciò che divide le
    nostre mani dalla coppa e dal Vino, nonché dai nostri sensi ed in
    particolare tiene abbastanza distanti le nostre mani dal nostro
    naso, cosa fondamentale in quando l’olfatto potrebbe essere deviato
    da odori che portiamo sulla nostra pelle (saponi, profumi ecc…)
    incidendo negativamente sulla nostra degustazione.
  • La coppa: la coppa serve ad
    accogliere il Vino. I migliori calici hanno una coppa più larga del
    bordo per consentire un’adeguata roteazione. La turbolenza rilascia
    i composti aromatici volatili e crea un vortice al centro del
    bicchiere verso il quale questi composti convogliati. Quando il
    bevitore poi mette il naso nel bicchiere, dopo la roteazione, ciò
    che sentirà sarà una quantità di aromi convogliati fuori dal
    calice in una spirale che passi dal centro del vortice ai nostri
    recettori olfattivi. Più grande è la coppa, più superficie il
    Vino può coprire roteando e più superficie il Vino riesce a
    coprire più composti volatili verranno liberati.
  • Il bordo: questo cerchio è il
    punto in cui il Vino entra in contatto con la nostra bocca. Più
    sottile sarà il bordo del bicchiere più il passaggio da calice a
    bocca del Vino sarà senza soluzione di continuità, dando modo al
    degustatore di concentrarsi sulla percezione del Vino in bocca e
    meno sulla sensazione tattile del vetro.
In linea di massima le forme di
calice adatte alle diverse tipologie di Vino si possono ridurre, con un po’ di “sforzo”, a 4:
  • I Bianchi in genere hanno una
    coppa più piccola e sono di dimensioni inferiori rispetto rossi. Io
    personalmente utilizzo calici più stretti per Vini bianchi
    aromatici e calici più ampi per quelli non aromatici.
  • I Rossi avranno una coppa più
    ampia, ma possono essere più bassi, nel complesso, rispetto a
    quelli da bianco. La proporzione fra ampiezza della coppa ed
    ampiezza dell’apertura del bordo si amplifica con l’invecchiamento
    del Vino, in quanto più sarà affinato in bottiglia più avrà
    bisogno di un ampia base per l’ossigenazione, ma un’apertura più
    stretta per convogliare al meglio i delicati aromi rimasti.

  • Le bollicine in realtà sono un
    eterno dilemma, in quanto, se pur sia ormai appurato che la famosa
    “coppa di champagne” non sia adatta agli spumanti secchi, bensì
    sia la miglior soluzione per quelli dolci, le flute stanno sempre di
    più evolvendo e crescendo di volume. La classica flute sta
    lasciando spazio a calici più simili a quelli da Vino bianco,
    nonché a vere e proprie forme di design che mirano a dare una
    performance migliore in termini di perlage e impatto aromatico, per
    dei Vini che notoriamente non necessitano di roteazione, in quanto è
    l’anidride carbonica stessa a spingere in superficie gli aromi. A me
    non dispiacciono affatto i calici in stile franciacorta.

N.B.: esistono poi dei calici “passepartout” anche detti calici da degustazione, ovvero quelli utilizzati per gli assaggi multipli. Parliamo di calici adatti
(se pur non perfettamente) alla degustazione di Vino rosso, bianco, rosato,
spumantizzato o passito, come quello che vedete nella foto qui sotto,
ma questo è uno dei motivi per cui io preferirò sempre stapparmi
una bottiglia di Vino a casa mia con i miei calici al bere ad una
degustazione mono-bicchiere, per quanto le differenze siano
effettivamente marginali in quanto ad assaggi di bianchi e rossi,
aumentano invece, ovviamente, per le bollicine ed i passiti.
In ultimo la scelta dei materiali che
sono principalmente Cristallo e Vetro. In realtà il cristallo non è
altro che vetro che presenti al suo “interno” una percentuale di
piombo (per la legge italiana) superiore al 24%, e si distingue per
la sua maggior lucentezza, dovuta appunto alla presenza del metallo
pesante, e per la sonorità intrinseca.
Se è vero che la presenza di piombo
non influisca sul gusto, potrebbe incidere sulla percezione, ovvero
sull’esperienza di degustazione in quanto un bordo più sottile come
quello possibile grazie al più resistente cristallo, può,
sicuramente, garantire un’esperienza più elegante e scorrevole.
Il vetro è considerato, quindi, un
materiale inferiore? Non sempre! Esistono aziende che stanno
lavorando a vetro con basso tenore di metalli pesanti, quindi tossici
ed inquinanti, creando calici in vetro ecologico, riuscendo lo stesso
ad ottenere un’ottima resistenza ed un buon equilibrio degli spessori
in modo da agevolare la degustazione.
Le scelte sono molteplici sia in
termini di forme che di costi, ma anche in questo caso credo che
l’equilibrio sia la risposta più opportuna alle esigenze di un
winelover, nonché, a mio parere, anche per la media ristorazione che
spesso pecca persino nella disponibilità dei 4 calici base.

Per equilibrio intendo l’acquisto di
calici che possano durare nel tempo, che siano facili da lavare (io
li lavo a mano perché sono fissato, ma se non volete impazzire come
me, assicuratevi che i calici che acquisterete possano essere lavati
in lavastoviglie sia per il materiale di cui sono composti che per la
loro dimensione) e che possano darvi una buona esperienza
degustativa, senza disturbare in alcun modo le vostre sensazioni
tattili ed organolettiche. Se attualmente il non plus ultra dei calici
è considerato lo Zalto e se è vero che i grandi nomi come Riedel
sono delle sicurezze, esistono in Italia tantissime realtà
interessanti che possono fare al caso vostro, dal polo mondiale del
Cristallo, ovvero le vetrerie toscana di Colle Val d’Elsa e del
Valdarno a fornitori come la vdglass di Parma, molto attenta alla
sostenibilità dei propri prodotti.



Concludo confidandovi che ho sempre amato una figura retorica, sin dai tempi degli studi classici, ovvero la Metonimia che annovera fra le sue espressioni le frasi del tipo “contenuto per il contenente” o viceversa. Vale a dire l’assurdo letterale del dire “ho bevuto un calice di Vino” in quanto si suppone il calice non sia fatto di Vino, ma vi dirò, che nel tempo, ho imparato ad apprezzare questa figura retorica proprio perché è nel Vino che trova, a mio parere, la sua contraddizione più bella, in quanto, diciamocelo, ci sono Vini che sono in grado di farci dimenticare del materiale e della forma del calice che stiamo utilizzando, a tal punto da farci pensare che ciò che abbiamo in mano ed in bocca sia fatto della stessa materia… quella di cui sono fatti i sogni!
Quindi il mio, probabilmente scontato, consiglio è quello di porre sempre molta più attenzione nella scelta di ciò che verserete dentro il vostro bicchiere che nella selezione del bicchiere stesso, ma… io predico bene e razzolo male… si sa!

F.S.R.
#WineIsSharing

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