Il mio viaggio enogastronomico in Abruzzo, ad Atri, fra cucina creativa ed ottimi Vini

Era da un paio di giorni che non mi mettevo al pc, penso fossero almeno 10 anni che non mi accadeva, ma avevo davvero bisogno di qualche ora di distacco da quello che ormai non è solo un mezzo di “lavoro” per me, bensì un compagno fidato con attraverso il quale condivido i miei pensieri e le mie emozioni con tutti Voi.


Ho deciso di passare questi due giorni in Abruzzo, dove tra splendidi uliveti e vigneti rigogliosi, ho potuto apprezzare la serenità di una vita sempre in marcia, che raramente mi da modo di fermarmi.
Senza dilungarmi troppo, però, mi piacerebbe raccontarvi qualcosa di ciò che ho vissuto, sentito e gustato in questi 2 giorni abruzzesi, perché credo ci siano spunti interessanti per… magari… permettere anche a Voi di passare qualche ora di puro e sereno piacere in questa regione che ha davvero tanto da offrire in termini enogastronomici ed umani.
Ho scelto una città meravigliosamente calma, lontana dal caos e dal turismo marittimo, eppure con il mare ad “un tiro di schioppo”, ovvero la suggestiva Atri, che dall’alto del suo colle racconta secoli di fasti storico-artistici con modestia e pacatezza.
Un posto unico nel suo genere, regno della liquirizia, dove, mi dicono gli abitanti del posto, si poteva camminare a due passi dall’ormai delocalizzata fabbrica Menozzi De Rosa, inebriandosi del profumo di questa stupenda invenzione, amata sin dai tempi antichi e rinomata per i suoi benefici effetti sulla salute. Vi consiglio di leggervi la storia di questa eccellenza tutta italiana e di assaggiare i prodotti di un’azienda di quelle come non ce ne sono davvero più… purtroppo… intrisa di passione e caparbietà, di poesia e tradizione, ma soprattutto di tanta qualità!

Fatta questa doverosa digressione, veniamo ai miei incontri enogastronomici, che non vedevo l’ora di poter condividere con Voi, in quanto ne sono davvero entusiasta! Parlo della serata passata presso il Ristorante Tosto, dell’allievo della scuola di formazione del mitico Chef pluri Stellato Niko Romito (si è vero… abbiamo lo stesso parrucchiere e qualcuno dice che ci somigliamo… ma ammetto che lui è un po’ più bravo di me in cucina… per quanto io possa cavarmela :-p ), tale Gianni Dezio.


Il giovanissimo Gianni (29 anni) e sua moglie Daniela gestiscono un Ristorantino davvero interessante nel bel mezzo del centro storico di Atri, nel quale troverete un piacevole contrasto fra l’arredo e l’illuminazione dal design contemporaneo, con qualche strizzatina d’occhio al vintage, e gli antichi soffitti a volte.
Un posto in cui ci si sente a casa, ma, al contempo, si possono assaggiare piatti originali ed intriganti, capaci di appagare dalle papille gustative del gourmet più esperto a quello del “neofita” della cucina d’autore.
Io personalmente ho trovato molto divertente per molti dei miei sensi (vista, olfatto, tatto e palato) i piatti che ho avuto modo di assaggiare:



Gli Antipasti: l’insalatina che ho soprannominato “nascondino”, poiché i gamberi crudi, con caprino, pesca e mandorle caramellate erano nascosti da semplici e volutamente fuorvianti foglioline di lattuga.
Il formaggio fritto è un esercizio di stile portato a termine con grande maestria, ma il tocco di classe è la salsa all’aceto che trasforma un piatto potenzialmente noioso in qualcosa di davvero sfizioso ed originale;
Le Portate Principali: un hamburger di agnello, con pane al rosmarino panificato in loco, maionese fatta “in casa”, l’immancabile pecorino e le dolci cipolle glassate al Vino. Un piatto che ti impone di essere mangiato con le mani, servito in maniera moderna e minimale, ma a suo modo calda e confortevole, che diverte con i suoi contrasti cromatici ed organolettici, che si riuniscono in un’armonia unica per un piatto forse abusato, ormai, da molti, ma che in pochi sanno trasformare in qualcosa di effettivamente equilibrato e gustoso, nel quale si possano distinguere tutti i diversi sapori degli ingredienti, piuttosto che essere “fregati” da eccessi ruffiani di “salse, salsine e salsette”. Inutile dire che l’accompagnamento delle french fries (fritte molto bene) rigorosamente “artigianali” è una sicurezza!
Poi… beh… poi un Maialino così  non lo mangiavo dall’ultimo viaggio in Sardegna! I friggitelli sono la scelta più sensata nell’abbinamento, ma anche in questo caso troviamo una vera e propria pennellata d’artista a base di carote e zenzero, ingredienti che insieme trovano un equilibrio davvero interessante tra dolcezza, piccantezza e freschezza quasi balsamica capace di pulire la bocca dalla grassezza della carne.
Ho abbinato queste portate con un Vino che può sembrare fuori luogo data la varietà di proposte servitemi, ma in realtà, vi assicuro, si sia dimostrato piacevolmente un passepartout: il Trebbiano d’Abruzzo 2013 di Emidio Pepe.
Un Vino “stra-bio”, dalla vigna alla cantina, con una raccolta manuale ed un’accurata selezione dei grappoli prima ed una totale assenza di lieviti selezionati e di filtrazioni poi. Bello, torbido e dai sentori così maturi, intensi e minerali, che mi accompagnano ad un sorso fresco, asciutto, salino e davvero lungo! Mangiando è stato impossibile non accorgersi di quanto fosse perfetto con la liquirizia, grazie ad una comune nota balsamica che ha rappresentato il maggior piacere enoico della serata.
Non penserete mica che sia andato via così?!? Senza dolce?!? Giammai!


I Dessert: un omaggio alla liquirizia ed alla fabbrica Menozzi, con una crema bruciata a base di questo superbo ingrediente, che appaga vista e palato, ma soprattutto il cuore! Mai troppo stucchevole, da divorare in pochi istanti!
In abbinamento ho scelto un Passito rosso, nel quale ho confidato data la mia scelta di un dolce difficile da abbinare come quello a base di liquirizia, per di più “bruciata”. Parliamo dello Shirin 2010 della Cantina Contesa, prodotto con Uve Montepulciano ed un piccolo saldo di Malvasia nera, che si dimostra più che adeguato per il mio dessert, non tanto nel tenergli testa, ma piuttosto nel tenergli la mano, grazie alle note speziate e balsamiche ti pepe nero, chiodi di garofano e radice di liquirizia che si fondono con il dolce amarena tipica del montepulciano.


Panna, salsa alla maracuja, meringhe e granitina di cocomero… un dolce di rara femminilità, oserei dire, quasi, afrodisiaco! Suadente, leggero, fresco, ma a suo modo intrigante, sia nel gusto che nella disposizione degli ingredienti che impone un affondo profondo del cucchiaio per poter gustare tutti i sapori in un sol boccone.


L’abbinamento migliore della serata si è rivelato sicuramente quello fra questo dessert ed il Moscato Passito Plaisir 2013 dell’Az. Zaccagnini. E’, infatti, impossibile non percepire il profumo di anguria che si fa largo fra le più consuete note mielose e floreali. Un passito davvero piacevole che ha esaltato il suo “compagno” e si è esaltato grazie ad esso in questo azzeccato e quanto mai fortuito abbinamento.



La nota più amara è stata quella del caffé… no, ma che avete capito!? Lo dicevo nel senso gustativo del termine, dato che Daniela, la moglie di Gianni, si presenta al mio tavolo con una tazzina di caffé Moka, che avevo intuito dal profumo che sentivo uscire dalla cucina!  A differenza del caffé espresso, quello della Moka ha nella sua nota amara il suo pregio migliore e faccio volentieri a meno di un’artefatta schiumetta, quando posso assaporare una buona miscela (bio), rigorosamente senza zucchero, per quanto lo zucchero grezzo servitomi nella zuccheriera “della nonna” era davvero carino!
Ovviamente, essendo in Abruzzo, terra di Amari, non potevo evitare di concludere con un’ottima Genziana! Se capitate in Abruzzo non potete non assaggiarla!


Nota extra: ottimi i panificati in loco e davvero da assaggiare l’olio servitomi in degustazione: Olio di San Martino dell’Az. Agr. Persiani. Non troppo fruttato, con un gradevole accenno di amaro ed un’equa piccantezza. Un Olio molto duttile in termini di condimento.


In conclusione, posso dire che la mia capatina in Abruzzo mi abbia donato sincere emozioni enogastronomiche e che non vedo l’ora di tornare a trovare Gianni e Daniela e, magari, di condividere con loro qualche scelta enoica, volta a rendere ancora più divertente ed interessante la loro Carta dei Vini.
Non posso, poi, che ribadire il piacere, come sempre, di ritrovarsi nel calice i Vini di Emidio Pepe, che reputo tra i pochissimi capaci di mettere d’accordo tutte le filosofie, le correnti di pensiero, gli estremismi più o meno anonimi, che imperversano nel mondo del Vino, che dovrebbe essere piuttosto che “guerreggiar continuo e sterile” solo condivisione e piacevolezza, qualità e schiettezza. Vini che sanno di natura, ma anche di consapevolezza… che parlano di un territorio, di un terroir e di una tradizione, eppure sono sempre più contemporanei ed oserei dire, un passo avanti agli altri!

Insomma… se vi capita di andare ad Atri sapete dove andare e cosa ordinare! :-p




F.S.R.
#WineIsSharing

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