Quando imprendere nel Vino significa rispettare e valorizzare un intero territorio: Cantina Siddura

Dato che giorni fa scrissi tramite uno
dei miei profili social qualcosa riguardo la differenza fra chi fa
Vino solo per mero guadagno e chi invece lo fa per vocazione, spesso
non arrivando mai ad una soglia di introito tale da garantirgli una
certa sicurezza, a confutare la totale assenza di pregiudizi di sorta
in me, oggi voglio parlarvi di un’azienda che nasce da un positivo
mix di passione e capacità imprenditoriale: la Cantina Siddura.
La Cantina Siddura si trova nel
territorio comunale di Luogosanto, Comune ubicato nel nord della
Sardegna, in Gallura. Il nome deriva della Cantina deriva dalla zona
su cui sorge l’azienda. Siddura è nata per volontà di due
persone: il noto imprenditore tedesco Nathan Gottesdiener e
l’imprenditore sardo Massimo Ruggero. Sono i due soci della Cantina
Siddura
. Gottesdiener opera nel settore della moda, Ruggero era un
imprenditore edile. Due mondi differenti e due persone differenti,
con in comune un’incondizionata passione per il Vino, che li ha
spinti a creare un sodalizio e a lanciarsi in una nuova avventura che
non rappresenta soltanto un freddo investimento economico, bensì la
realizzazione di un sogno, portato avanti con la volontà di lasciare
il segno nella storia presente e futura dell’enologia Sarda.

Siddura è una realtà giovane, nata
nata nel 2008, ma che imbottiglia dal 2011, eppure ha già saputo
distinguersi per qualità ed innovazione.

Produrre in purezza, alla ricerca della
qualità, dell’eccellenza, sembra essere questa la mission
dell’azienda e da quello che ho avuto modo di assaggiare posso
assicurarvi che sia così! Sicuramente la notevole estensione
dell’azienda potrebbe essere fuorviante, ma la Cantina ha pensato
bene di contenere la produzione a discapito della quantità, ma a
favore della qualità. Lo slogan dell’azienda è “Sardegna in
purezza” e l’obiettivo di ogni membro coinvolto nella produzione
sembra proprio essere quello di onorarlo.
Sette etichette, tra le quali le 3 dei
bianchi risultano essere tutte base Vermentino, mentre per i Rossi
andiamo dal blend di vitigni autoctoni, al Cannonau, passando per
mitico Cagnulari, oltre ad un extra, ovvero un Vino dal respiro più
continentale, ovvero un Sangiovese con un saldo di Cabernet.

La filosofia Siddura prevede
l’integrazione totale con il territorio e il rispetto assoluto
della Natura, tanto da aver citato durante la mia breve intervista,
molto spesso il proprio agronomo, al quale devo la massima “E’ la
pianta che comanda la produzione, e non il contrario”.

Ciò che mi piace di aziende come
Siddura, nonostante possano risultare più imponenti e strutturate,
delle realtà che sono solito raccontare, è che, nonostante le
dimensioni e la forza economica, non operano per la mera
realizzazione individuale, bensì mirano a fare ricerca, a sviluppare
un territorio che ha bisogno di investimenti importanti per la sua
valorizzazione ed ancora per promuovere quello stesso territorio.
L’identificazione della Cantina con la propria Regione e non solo con
il proprio Brand, porta Siddura a fungere da riferimento in eventi
nazionali ed internazionali.
E’ vitale per una Regione stupenda come
la Sardegna, avere il sostegno di realtà produttive come le Aziende
Vitivinicole nella promozione turistica ed il Vino è un ottimo
catalizzatore in tal senso.

Tornando al Vino, che è ciò che ci
interessa maggiormente, mi ha fatto molto piacere rilevare in
un’azienda che avrebbe potuto votare tutto ai numeri ed alle vendite
di Vini “pronti”, la volontà di dare al Vermentino una
dimensione diversa e più nobile, legata alla sua longevità.
Trattiamo i nostri bianchi come fossero rossi”… questa è la
filosofia che stanno cercando di portare avanti con dedizione e
fiducia nei confronti del vitigno a bacca bianca principe della
Sardegna.
Inoltre, Siddura sta sperimentando in
Sardegna il progetto denominato “Piante che parlano”, importato
da Israele. Attraverso l’inserimento di alcuni sensori nella pianta
e nel suolo, si cerca di stabilire una comunicazione diretta tra
pianta e agronomo, al fine di contrastare efficacemente la secchezza
dei terreni dovuta al costante aumento della temperatura e aggravato
da scarsa piovosità, in un’area dove è davvero difficile ipotizzare
una coltivazione non irrigua a priori.

Per quanto riguarda i miei assaggi ho avuto modo di apprezzare 2 “Vermentini” di Gallura, ovvero Maia e Spera, e i due rossi autoctoni in purezza ovvero Fola (Cannonau 100%) e Bacco (Cagnulari 100%).
Tutti e 4 si sono dimostrati molto territoriali e davvero interessanti in termini di sfumature, ma quelli che mi hanno colpito di più sono i seguenti:

Maia 2014 – Vermentino di Gallura DOCG Superiore: la piccola parte di Vermentino passata in Barrique, dona al Vino una vena davvero romantica ed a suo modo intrigante… se il Vermentino è il Sole della Sardegna, questo Maia è un bellissimo tramonto, denso di sfumature dall’arancio degli agrumi, al giallo dell’ananas al rosa chiaro della pesca… il tutto reso più originale ed interessante da una nota di zafferano e menta piperita.
In bocca il richiamo al mare ed ai suoi fru

tti è palese, nella sua minerale sapidità è facile intuire un sentore tipico della bottarga. La nota finale di mandorla amara è ciò che mi piace di più, in quanto lo accomuna ad un Vitigno che amo particolarmente, come il Verdicchio. Buona la persistenza ed intenso il trasporto emozionale che questo Vino sa donare. Sorseggiandolo in una fresca sera d’estate, purtroppo distante dalle meravigliose spiagge Sarde, sembra prenderti per mano e teletrasportarti in quelle terre.

Fola 2013 – Cannonau di Sardegna DOC: il Re incontrastato dei vitigni autoctoni di Sardegna, questo Cannonau offre un naso di grande spessore, dal frutto rosso e nero bello maturo, succoso, con una velata nota di ciliege sottospirito, per condire il tutto con spezie dolci prima e piccanti poi, che vengono sferzate dalla balsamica menta piperita che torna anche in questo rosso. Il sorso è ben strutturato, importante, ma grazie ad una buona vena acida si fa bere con grande piacevolezza. Mai aggressivo e molto educato, sa essere giustamente persistente.
Un Vino che anche d’estate si fa apprezzare per la sua dinamica vitalità, nascosta solo inizialmente da una compostezza stilisticamente inoppugnabile.
Bella interpretazione del Cannonau che non mancherò di riassaggiare fra 3 o 4 anni per valutarne al meglio l’evoluzione, che sono certo non deluderà, date le premesse.


In conclusione la realtà che ho condiviso con Voi oggi, è sicuramente particolare e può sembrare fuori dai canoni di quelle di cui parlo di solito, ma solo nell’approccio, in quanto il risultato è più che interessante e se è vero che alla fine ciò che conta è e sarà sempre e solo ciò che troviamo nel nostro bicchiere, vi consiglio di provare questi Vini e di farmi sapere che ne pensate! Inoltre, la Cantina è davvero un gioiello di architettura integrata nel contesto naturale e paesaggistico e se capitate da quelle parti vi consiglio davvero di farci una capatina! 😉

F.S.R.
#WineIsSharing

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