Torniamo in Piemonte, più precisamente
a San Marzano Oliveto, nel cuore pulsante del Monferrato, terra di
barbera e moscato.
a San Marzano Oliveto, nel cuore pulsante del Monferrato, terra di
barbera e moscato.
Vi accompagno in un piccolo grande
mondo, passatemi il gioco di parole, ovvero quello dell’Azienda Agricola Franco Mondo, dove il Vino parla tante lingue, ma non rinuncia mai all’accento monferrino.
mondo, passatemi il gioco di parole, ovvero quello dell’Azienda Agricola Franco Mondo, dove il Vino parla tante lingue, ma non rinuncia mai all’accento monferrino.
A parlarmi dell’azienda è la giovane
Beatrice, che con suo padre Valerio Mondo porta avanti un’azienda
nata dopo la seconda guerra mondiale quando il nonno Ernesto, tornato
dalla guerra, inizia a costruire la casa, a coltivare la vite e a
vinificare, vendendo il vino in damigiane come si soleva fare a quel
tempo.
Beatrice, che con suo padre Valerio Mondo porta avanti un’azienda
nata dopo la seconda guerra mondiale quando il nonno Ernesto, tornato
dalla guerra, inizia a costruire la casa, a coltivare la vite e a
vinificare, vendendo il vino in damigiane come si soleva fare a quel
tempo.
Beatrice rappresenta la quarta
generazione di una famiglia che è rimasta legata a questa terra ed
all’azienda evolvendosi tanto da essere oggi in mano, sì a padre e
figlia, ma anche a due produttori che hanno sentito il bisogno di
frequentare la Scuola Enologica di Alba, al fine di aggiungere a
quella sana consapevolezza che solo la tradizione e l’esperienza
sanno dare una competenza tecnica capace di gestire al meglio e nel
modo meno invasivo possibile le dinamiche di vigna e di cantina.
generazione di una famiglia che è rimasta legata a questa terra ed
all’azienda evolvendosi tanto da essere oggi in mano, sì a padre e
figlia, ma anche a due produttori che hanno sentito il bisogno di
frequentare la Scuola Enologica di Alba, al fine di aggiungere a
quella sana consapevolezza che solo la tradizione e l’esperienza
sanno dare una competenza tecnica capace di gestire al meglio e nel
modo meno invasivo possibile le dinamiche di vigna e di cantina.
Il rispetto per la natura, il seguire
l’andamento stagionale e climatico del Monferrato e il lavoro
costante ed attento sono quindi da sempre la priorità di una
famiglia di vignaioli che negli anni ha saputo creare il giusto mix
di tradizione e lungimiranza.
l’andamento stagionale e climatico del Monferrato e il lavoro
costante ed attento sono quindi da sempre la priorità di una
famiglia di vignaioli che negli anni ha saputo creare il giusto mix
di tradizione e lungimiranza.
Sui 13 ha di vigneti coltivati il 60%
ospita la varietà storica di questo territorio, la Barbera, mentre i
il restante 40% è coltivato a Moscato Bianco , Dolcetto, Cortese,
favorita per quanto concerne gli autoctoni, con un po’ di Chardonnay
e Cabernet Sauvignon per i tagli più internazionali.
ospita la varietà storica di questo territorio, la Barbera, mentre i
il restante 40% è coltivato a Moscato Bianco , Dolcetto, Cortese,
favorita per quanto concerne gli autoctoni, con un po’ di Chardonnay
e Cabernet Sauvignon per i tagli più internazionali.
Tagli internazionali che ho trovato interessanti nel voler comunque esportare un territorio, tramite vitigni i vitigni storici/autoctoni del Monferrato affiancati e resi più “accessibili” dai passepartout Cabernet Sauvignon e Chardonnay. Nel DI.VINO Rosso, infatti, troviamo un blend di Barbera (70%) e di Cabernet Sauvignon lasciato appassire sui graticci. Vino ben congeniato, grazie alla freschezza della Barbera domata dalla morbidezza dall’appassimento del Cabernet Sauvignon. A primo naso potrebbe sembrare piacione, ma che in bocca si dimostra moderno ed intrigante, comunque aperto a tutti i palati.
Per quanto riguarda le uve a bacca bianca, abbiamo il DI.VINO Bianco, un assemblaggio di Cortese, Favorita e Chardonnay da vendemmia tardiva e criomacerate, scelte che unitamente allo start fermentativo in legno donano al Vino un naso davvero interessante in cui lo Chardonnay per fortuna lascia spazio ai due vitigni autoctoni. In bocca te l’aspetti morbido, invece arriva secco e salino e, quindi, dalla gran bevibilità.
Due Vini poliglotti, molto coerenti con la loro veste e con il target al quale mirino.
Ciò che mi incuriosiva di più, però, erano ovviamente le Barbera in purezza e posso ritenere la mia curiosità appagata e dissetata, grazie al cru aziendale Vigna del Salice 2013 (vigna vecchia), una Barbera d’Asti Superiore come Barbera comanda, dal naso in fase primordiale, che lascia scorgere dietro all’intensità del frutto, una serie di sfumature che spaziano dal più sincero aroma che si possa trovare in un Vino, ovvero quello della Cantina post-vendemmia, fino alle più lievi note che sanno di passeggiate autunnali in mezzo ai boschi, quelle in cui da piccolo andavo in cerca di porcini. La Barbera, quando ben fatta, ha il dono di arrivare a tutti, senza tanti fronzoli, con una complessità mai troppo snob ed elitaria, bensì un’affabilità tipica di chi quel Vino lo fa e del territorio che la ospita storicamente. Molto simpatico l’aneddoto che vede come protagonista questo Vino, che un cliente tedesco definì meglio dell’aspirina, prendendo spunto dal principio attivo, ovvero l’acido acetilsalicilico, che si estrae proprio dalla corteccia Salice, pianta dalla quale prende il nome questo cru.
L’altro cru aziendale, il Vigna delle Rose 2011, rientra invece nella sottozona Nizza della Barbera d’Asti Superiore. Sicuramente il Vino che di più lascia intendere le potenzialità di questa realtà vitivinicola, manifestando una personalità inizialmente introversa, di quelle che ti spingono ad andare a fondo, a cercare risposte in ogni gesto, in ogni attimo, per delineare un carattere che una volta trovata la chiave di lettura, è di grande umanità. Umanità che ritrovo nella voglia di non concedersi subito, ma di farlo con ponderata armonia e velata sensualità, tanto da spingerti oltre col pensiero e la fantasia, fino a vedere il Vino farsi Donna. Una Donna che sa quello che vuole, dall’incedere imperturbabile e dal fare sicuro, dalle linee sinuose e dal tono di voce netto ed autoritario. Una di quelle che non si fanno mettere i piedi in testa, insomma! Bell’assaggio, bel viaggio anche questo, non c’è che dire!
Dulcis (ma non troppo!) in fundo vi segnalo anche il Sileo, un passito di Moscato da vigne di oltre 80 anni, che nella sua versione 2008 mi ha stupito ed ammaliato come ti stupisce una coccola di quelle che non annoiano, non sono mai sdolcinate, ma che non vedi l’ora ti siano dedicate ancora ed ancora…
Una Cantina, una famiglia, quelle di cui Franco Mondo ha gettato le basi, che riescono a coniugare in modo magistrale tradizione e visione contemporanea e poliglotta del Vino restando fedeli al proprio nome che sembra un invito ad abbattere ogni confine, il tutto, però, senza accettare compromessi che snaturino integralmente le radici di questa realtà, ma cercando di interpretare un gusto che spazi dal classico al moderno, dal più sofisticato e pretenzioso al meno preparato e democratico, con acume e personalità. Scelte che non rinunciano al territorio e che, anche là dove strizzino l’occhio all’internazionalità parlando lingue diverse con accento monferrino, mirano ad educare ed incuriosire il consumatore nei confronti delle potenzialità del Monferrato.
F.S.R.
#WineIsSharing
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