In questo WineBlog sono solito scrivere
maggiormente di realtà medio-piccole, di scoperte personali, magari
poco note ai più, questo perché nel mio girovagar enoico la
curiosità mi ha portato più spesso a visitare questo genere di
cantine, piuttosto che ad assaggiare Vini prodotti in numeri più
contenuti. In realtà, oggi, vi parlerò di una Cantina che
rappresenta da anni per me la vera eccezione che conferma la regola e
forse quella che più di ogni altra, a mio modo di vedere, può far
comprendere quanto siano inutili preconcetti legati ai numeri ed alle
dimensioni, là dove ciò che conta è sempre e solo l’approccio che
si ha nel fare Vino.
maggiormente di realtà medio-piccole, di scoperte personali, magari
poco note ai più, questo perché nel mio girovagar enoico la
curiosità mi ha portato più spesso a visitare questo genere di
cantine, piuttosto che ad assaggiare Vini prodotti in numeri più
contenuti. In realtà, oggi, vi parlerò di una Cantina che
rappresenta da anni per me la vera eccezione che conferma la regola e
forse quella che più di ogni altra, a mio modo di vedere, può far
comprendere quanto siano inutili preconcetti legati ai numeri ed alle
dimensioni, là dove ciò che conta è sempre e solo l’approccio che
si ha nel fare Vino.
Parlo della Casa Vinicola Garofoli e lo
faccio con malcelata emozione, dato il legame profondo che da sempre
ho sentito con un’azienda, ma ancor prima una famiglia del vino che
rappresenta in Italia e nel mondo la mia terra natìa: le Marche.
faccio con malcelata emozione, dato il legame profondo che da sempre
ho sentito con un’azienda, ma ancor prima una famiglia del vino che
rappresenta in Italia e nel mondo la mia terra natìa: le Marche.
Parliamo di un’azienda che affonda le
sue radici nella fine dell’800, quando Antonio Garofoli, nel 1871,
iniziò la produzione e la vendita di vini locali.
sue radici nella fine dell’800, quando Antonio Garofoli, nel 1871,
iniziò la produzione e la vendita di vini locali.
Suo figlio Gioacchino continua e
sviluppa l’attività paterna e fonda, nel 1901, la ditta Gioacchino
Garofoli, che passerà, dopo la seconda guerra mondiale, nelle mani
dei due figli, Franco e Dante, che lasceranno a loro volta ai figli
di Franco, ovvero Carlo e Gianfranco, l’azienda di famiglia a partire
dai primi anni ’70.
sviluppa l’attività paterna e fonda, nel 1901, la ditta Gioacchino
Garofoli, che passerà, dopo la seconda guerra mondiale, nelle mani
dei due figli, Franco e Dante, che lasceranno a loro volta ai figli
di Franco, ovvero Carlo e Gianfranco, l’azienda di famiglia a partire
dai primi anni ’70.
Nel settembre del 2005 ha fatto il suo
ingresso in azienda la quinta generazione Garofoli; i figli di
Gianfranco, Caterina e Gianluca.
ingresso in azienda la quinta generazione Garofoli; i figli di
Gianfranco, Caterina e Gianluca.
Di solito non mi dilungo molto in
questo genere di cronistoria, ma come avrete capito si tratta più di
un albero genealogico che di una successione in ambito
imprenditoriale, questo perché ciò che rende così speciale la Casa
Vinicola Garofoli (non a caso si chiama “Casa”) è proprio il
fatto di essere rimasta in mano alla stessa famiglia per più di un
secolo. Una storia di Vini, di uomini e di donne che da ormai cinque
generazioni fa ciò che gli riesce meglio: grandi Vini! Il tutto con
un’attenzione continua e mai doma nella ricerca e la sperimentazione
di tecniche produttive che non vadano a ledere quel continuum
storico-gustativo che ha reso la Garofoli l’azienda che è.
questo genere di cronistoria, ma come avrete capito si tratta più di
un albero genealogico che di una successione in ambito
imprenditoriale, questo perché ciò che rende così speciale la Casa
Vinicola Garofoli (non a caso si chiama “Casa”) è proprio il
fatto di essere rimasta in mano alla stessa famiglia per più di un
secolo. Una storia di Vini, di uomini e di donne che da ormai cinque
generazioni fa ciò che gli riesce meglio: grandi Vini! Il tutto con
un’attenzione continua e mai doma nella ricerca e la sperimentazione
di tecniche produttive che non vadano a ledere quel continuum
storico-gustativo che ha reso la Garofoli l’azienda che è.
Perché un’azienda che produce oltre
1milione di bottiglie potrebbe essere così interessante vi
chiederete voi? Perché un winelover appassionato e curioso dovrebbe
approfondire la conoscenza di una realtà come questa e dei suoi vini? Beh, le risposte sono molteplici, ma vi butto lì alcuni punti
fondamentali:
1milione di bottiglie potrebbe essere così interessante vi
chiederete voi? Perché un winelover appassionato e curioso dovrebbe
approfondire la conoscenza di una realtà come questa e dei suoi vini? Beh, le risposte sono molteplici, ma vi butto lì alcuni punti
fondamentali:
-
E’ la cantina più antica delle
Marche ed è stata tra le primissime ad imbottigliare Vino in
Italia; -
Avrebbero potuto impiantare ettari
ed ettari di varietali internazionali seguendo le mode ed i trend,
ma hanno per primi creduto nella validità di vitigni autoctoni delle Marche come
il Verdicchio ed il Montepulciano, dando lustro alla viticoltura
delle Marche e rappresentando l’Italia bianchista con stile,
eleganza e la semplicità di una famiglia che non solo non è snob
nei modi, ma lo è ancor meno nei Vini che produce; - Essere piccoli vignaioli è difficilissimo e sul quanto sia incerto “fare vino” ho già scritto molto, ma è palese che anche riuscire a fare qualità eccellente nonostante i grandi numeri non è facile e che con il crescere delle dimensioni di un’azienda aumentano responsabilità, costi e rischi. Quindi i due punti focali saranno sempre la qualità del Vino e delle persone. Il rispetto per il territorio, per l’uva e per chi berrà il vino che ne scaturirà, nonché l’interdipendenza tra filosofia produttiva ed annata permettono di trascendere dimensioni e numeri e di non farne parametri di giudizio attendibili in toto.
La storia del Verdicchio in breve
Facendo un piccolo excursus riguardo la storia del Verdicchio, possiamo dire che dai primi anni
del dopoguerra in poi sia stata la storia di un vino alcolico, robusto,
ricco di struttura; in tutto e per tutto in linea con la tecnica
enologica e con la richiesta del consumatore di allora.
del dopoguerra in poi sia stata la storia di un vino alcolico, robusto,
ricco di struttura; in tutto e per tutto in linea con la tecnica
enologica e con la richiesta del consumatore di allora.
Consumatore che era, in gran parte,
anche produttore dato che l’autoconsumo, ancora importante nelle
nostre campagne, era enormemente diffuso allora.
anche produttore dato che l’autoconsumo, ancora importante nelle
nostre campagne, era enormemente diffuso allora.
Ovviamente non c’era solo autoconsumo, in quanto il
Verdicchio arrivava agevolmente sulla costa marchigiana e in grossi
centri dell’Italia centrale e settentrionale.
Verdicchio arrivava agevolmente sulla costa marchigiana e in grossi
centri dell’Italia centrale e settentrionale.
Il Verdicchio di cui stiamo parlando
era tale non solo perché il consumatore
così lo voleva, ma anche perché la tecnica enologica e viticola
erano quelle di quaranta anni fa.
era tale non solo perché il consumatore
così lo voleva, ma anche perché la tecnica enologica e viticola
erano quelle di quaranta anni fa.
In campagna le viti erano maritate agli
aceri o erano coltivate in piccoli appezzamenti con sesti d’impianto
molto stretti; di conseguenza la produzione di uva era bassa ed il
mosto aveva le gradazioni zuccherine atte a dare un grado alcolico
alto e la tecnica enologica non prevedeva certo le finezze attuali.
aceri o erano coltivate in piccoli appezzamenti con sesti d’impianto
molto stretti; di conseguenza la produzione di uva era bassa ed il
mosto aveva le gradazioni zuccherine atte a dare un grado alcolico
alto e la tecnica enologica non prevedeva certo le finezze attuali.
Il cambiamento della realtà economica
delle nostre zone spinse anche questo vino verso mercati e
consumatori più vari, meno preparati a gusti e profumi molto
“caratterizzati”. Il Verdicchio, uscendo da casa propria,
divenne di colore più chiaro, di grado alcolico più basso, più
gentile. E si vestì di nuovo; gli fu cucito addosso un abito su
misura, solo per lui, l’anfora.
delle nostre zone spinse anche questo vino verso mercati e
consumatori più vari, meno preparati a gusti e profumi molto
“caratterizzati”. Il Verdicchio, uscendo da casa propria,
divenne di colore più chiaro, di grado alcolico più basso, più
gentile. E si vestì di nuovo; gli fu cucito addosso un abito su
misura, solo per lui, l’anfora.
E venne il tempo del “leggero,
fresco, fruttato e acidulo”. Nelle Marche, in tutta Italia, ma
anche Oltre Oceano.
fresco, fruttato e acidulo”. Nelle Marche, in tutta Italia, ma
anche Oltre Oceano.
Al contempo, però, qualcuno produceva ancora un
Verdicchio passato sulle vinacce che, magari troppo possente da
giovane, trovava una giusta dimensione con una certa maturazione.
Verdicchio passato sulle vinacce che, magari troppo possente da
giovane, trovava una giusta dimensione con una certa maturazione.
E ci fu anche qualcun altro, come la
Garofoli, che arrivando fra i primi alle tecniche più moderne di
vinificazione, pensò di tornare indietro senza rinunciare alle migliorie tecniche e tecnologiche che avevano portato indubbiamente una certa a
eleganza e finezza al Verdicchio. Tanto indietro da tornare sulla
vigna a fare raccolte in due tempi (la più importante delle quali
leggermente ritardata), tanto indietro da abbandonare il vestito “su
misura” del Verdicchio, cioè l’anfora, per rivestirlo
dell’abito più anonimo: una bottiglia bordolese, perché è il
contenuto che conta! Il tutto per tornare ad avere un prodotto ricco,
oltre che di aromi fruttati, anche di sapore, struttura e morbidezza
in bocca.
Garofoli, che arrivando fra i primi alle tecniche più moderne di
vinificazione, pensò di tornare indietro senza rinunciare alle migliorie tecniche e tecnologiche che avevano portato indubbiamente una certa a
eleganza e finezza al Verdicchio. Tanto indietro da tornare sulla
vigna a fare raccolte in due tempi (la più importante delle quali
leggermente ritardata), tanto indietro da abbandonare il vestito “su
misura” del Verdicchio, cioè l’anfora, per rivestirlo
dell’abito più anonimo: una bottiglia bordolese, perché è il
contenuto che conta! Il tutto per tornare ad avere un prodotto ricco,
oltre che di aromi fruttati, anche di sapore, struttura e morbidezza
in bocca.
Carlo Garofoli (socio ed enologo
dell’azienda) iniziò anche a produrre uno spumante metodo classico
prodotto a metà degli anni settanta: se un’uva poteva dare una base
spumante tale da reggere un ciclo di spumantizzazione così lungo poteva,
forse, dare anche un prodotto che poteva essere bevuto non solo entro pochi mesi dalla vendemmia. La riprova di
tutto ciò fu la sperimentazione prima e la produzione poi di
Verdicchio maturato in piccoli fusti a metà degli anni ottanta e che
diede prodotti che dimostrarono di resistere e migliorare per un
numero di anni impensabile solo poco tempo prima.
dell’azienda) iniziò anche a produrre uno spumante metodo classico
prodotto a metà degli anni settanta: se un’uva poteva dare una base
spumante tale da reggere un ciclo di spumantizzazione così lungo poteva,
forse, dare anche un prodotto che poteva essere bevuto non solo entro pochi mesi dalla vendemmia. La riprova di
tutto ciò fu la sperimentazione prima e la produzione poi di
Verdicchio maturato in piccoli fusti a metà degli anni ottanta e che
diede prodotti che dimostrarono di resistere e migliorare per un
numero di anni impensabile solo poco tempo prima.
Innovatori, pionieri, ma sempre con uno
sguardo indietro alla tradizione ed i piedi ben saldi su quella terra
che non hanno mai lasciato, se non per portare i propri Vini
praticamente in tutto il mondo.
sguardo indietro alla tradizione ed i piedi ben saldi su quella terra
che non hanno mai lasciato, se non per portare i propri Vini
praticamente in tutto il mondo.
Un mondo diverso dalle piccole realtà,
ma che se vissuto dall’interno, come mi è capitato di fare seppur
per pochi attimi, riduce tutto a quelle che sono le dinamiche normali
di un’azienda prima e di una famiglia poi, con chi lascia l’ufficio
per un’ora per andare a prendere le bambine a scuola e chi accoglie i
parenti venuti da fuori con un bicchiere di vino ed una chiacchierata
informale. Capita di entrare in bottaia e restare a bocca aperta
davanti a botti grandi che nelle Marche raramente incontri e magari
di imbatterti in una mostra del fotografo locale che coniughi l’Arte
di fermare il tempo a quella di evolvere il Vino nel tempo.
ma che se vissuto dall’interno, come mi è capitato di fare seppur
per pochi attimi, riduce tutto a quelle che sono le dinamiche normali
di un’azienda prima e di una famiglia poi, con chi lascia l’ufficio
per un’ora per andare a prendere le bambine a scuola e chi accoglie i
parenti venuti da fuori con un bicchiere di vino ed una chiacchierata
informale. Capita di entrare in bottaia e restare a bocca aperta
davanti a botti grandi che nelle Marche raramente incontri e magari
di imbatterti in una mostra del fotografo locale che coniughi l’Arte
di fermare il tempo a quella di evolvere il Vino nel tempo.
I Vini della Casa Vinicola Garofoli
E’ un mondo tanto grande quanto piccolo
e contenuto, che è reso ancor più interessante da ciò che alla
fine conta più di ogni parola per chi, come noi, è innamorato del vino in quanto tale, ovvero la qualità di ciò che arriva nel
bicchiere, specie per le Selezioni.
e contenuto, che è reso ancor più interessante da ciò che alla
fine conta più di ogni parola per chi, come noi, è innamorato del vino in quanto tale, ovvero la qualità di ciò che arriva nel
bicchiere, specie per le Selezioni.
Primo fra tutti il Podium, che ha fatto
e continua a far conoscere le qualità del Verdicchio nella sua
espressione più pura, capace di coniugare la freschezza e la
struttura di questo grandissimo varietale ad una longevità che non
solo dimostria durevolezza nel tempo, bensì è in grado di
manifestare in maniera sincera le sfumature evolutive di anno in anno
e in annata buone, come ad esempio la 2006, di farti andare in estasi
con un bianco di 10 anni, che fai fatica a credere possa aver retto
così.
e continua a far conoscere le qualità del Verdicchio nella sua
espressione più pura, capace di coniugare la freschezza e la
struttura di questo grandissimo varietale ad una longevità che non
solo dimostria durevolezza nel tempo, bensì è in grado di
manifestare in maniera sincera le sfumature evolutive di anno in anno
e in annata buone, come ad esempio la 2006, di farti andare in estasi
con un bianco di 10 anni, che fai fatica a credere possa aver retto
così.
Poi c’è il Serra Fiorese, una Riserva
che fa da riferimento per l’invecchiamento in legno del Verdicchio e
si colora di note tanto profonde quanto eleganti ed intriganti,
acquisendo rotondità e longevità che ancor più in questo caso
sembra non tener conto delle normali regole della fisica.
che fa da riferimento per l’invecchiamento in legno del Verdicchio e
si colora di note tanto profonde quanto eleganti ed intriganti,
acquisendo rotondità e longevità che ancor più in questo caso
sembra non tener conto delle normali regole della fisica.
Il massimo della longevità del
Verdicchio di casa Garofoli, io personalmente, l’ho potuto constatare
nel Metodo Classico Gran Riserva, una bollicina che se ne sta sui
suoi lieviti a discrezione di Carlo da i 10 ai 20 anni, che io ho
avuto modo di assaggiare nelle versioni 2001, 2003 e 2004 tutte
sboccate nel 2015 e semplicemente straordinarie. Non ho timore
nell’asserire che non ho avuto modo di apprezzare un metodo classico
italiano di quella qualità e di quella capacità evolutiva, fermo
restando che sono un dichiarato amante delle bollicine base
Verdicchio e che creda fermamente nel fatto che sia una delle uve più
adatte alla spumantizzazione in genere ed ancor più sui lieviti.
Verdicchio di casa Garofoli, io personalmente, l’ho potuto constatare
nel Metodo Classico Gran Riserva, una bollicina che se ne sta sui
suoi lieviti a discrezione di Carlo da i 10 ai 20 anni, che io ho
avuto modo di assaggiare nelle versioni 2001, 2003 e 2004 tutte
sboccate nel 2015 e semplicemente straordinarie. Non ho timore
nell’asserire che non ho avuto modo di apprezzare un metodo classico
italiano di quella qualità e di quella capacità evolutiva, fermo
restando che sono un dichiarato amante delle bollicine base
Verdicchio e che creda fermamente nel fatto che sia una delle uve più
adatte alla spumantizzazione in genere ed ancor più sui lieviti.
Garofoli, però, non è solo
Verdicchio, ma è anche Rosso Conero, una delle denominazioni
storiche delle Marche, che purtroppo sta vivendo all’ombra del più
popolare bianco e la cosa mi dispiace molto data la qualità di
alcune bottiglie di quello che è a tutti gli effetti un
Montepulciano che alcuni tagliano con un più o meno piccolo (max
15%) di Sangiovese, mentre altri, come la Garofoli, lasciano in
purezza nel loro Grosso Agontano. Inutile dirvi che anche in questo
caso ci troviamo di fronte ad un punto di riferimento per la
denominazione, che forse ancor più dei Verdicchio si pone su un
gradino superiore soprattutto per quanto riguarda la longevità. Io
ho assaggiato da poco alcune bottiglie di Grosso Agontano del 1993 e
posso solo dire che nessuna presentasse il benché minimo difetto,
che non vi ho riscontrato alcun accenno di stanchezza e che… beh…
ho goduto davvero di una beva eccezionale!
Verdicchio, ma è anche Rosso Conero, una delle denominazioni
storiche delle Marche, che purtroppo sta vivendo all’ombra del più
popolare bianco e la cosa mi dispiace molto data la qualità di
alcune bottiglie di quello che è a tutti gli effetti un
Montepulciano che alcuni tagliano con un più o meno piccolo (max
15%) di Sangiovese, mentre altri, come la Garofoli, lasciano in
purezza nel loro Grosso Agontano. Inutile dirvi che anche in questo
caso ci troviamo di fronte ad un punto di riferimento per la
denominazione, che forse ancor più dei Verdicchio si pone su un
gradino superiore soprattutto per quanto riguarda la longevità. Io
ho assaggiato da poco alcune bottiglie di Grosso Agontano del 1993 e
posso solo dire che nessuna presentasse il benché minimo difetto,
che non vi ho riscontrato alcun accenno di stanchezza e che… beh…
ho goduto davvero di una beva eccezionale!
Potrei parlarvi per ore anche dei
passiti e di quanto il Brumato dimostri l’ennesima sfaccettatura di
quel duttilissimo diamante chiamato Verdicchio, capace di dare il
meglio di sé anche in presenza della Botrytis, dando vita ad un
muffato dalle caratteristiche molto vicine a quelle dei Sauternes, ma
… beh… in realtà l’ho appena fatto!
passiti e di quanto il Brumato dimostri l’ennesima sfaccettatura di
quel duttilissimo diamante chiamato Verdicchio, capace di dare il
meglio di sé anche in presenza della Botrytis, dando vita ad un
muffato dalle caratteristiche molto vicine a quelle dei Sauternes, ma
… beh… in realtà l’ho appena fatto!
Concludo con quelle chicche che chiudo
il cerchio in termini gustativi e nel concetto di Cantina circolare,
prendendo in prestito un termine caro al noto Chef Igles Corelli, che
vede concludersi ogni degustazione presso la Cantina Garofoli con i
distillati: due grappe una di Rosso Conero e l’altra di Verdicchio e
due splendidi Brandy uno invecchiato oltre 12 anni e l’altro più di
20 anni.
il cerchio in termini gustativi e nel concetto di Cantina circolare,
prendendo in prestito un termine caro al noto Chef Igles Corelli, che
vede concludersi ogni degustazione presso la Cantina Garofoli con i
distillati: due grappe una di Rosso Conero e l’altra di Verdicchio e
due splendidi Brandy uno invecchiato oltre 12 anni e l’altro più di
20 anni.
I Brandy, in particolare, sono gli
ultimi arrivati nella linea di punta delle referenze della Casa
Vinicola Garofoli, ma testimoniano quanto in questa azienda il tempo
venga trattato in maniera completamente differente da molte altre
realtà e non pensate che questo dipenda dalle possibilità e dal
“cuscino” che una grande azienda possa avere, almeno non in
questo caso specifico, in quanto si tratti solo e soltanto di
lungimiranza e di pazienza… della volontà di uscire sul mercato
solo con prodotti che rappresentino al meglio una famiglia ed un
territorio, nonché le scelte di chi vuole lasciare un segno ed ormai
credo ci sia riuscito e parlo di Carlo Garofoli.
ultimi arrivati nella linea di punta delle referenze della Casa
Vinicola Garofoli, ma testimoniano quanto in questa azienda il tempo
venga trattato in maniera completamente differente da molte altre
realtà e non pensate che questo dipenda dalle possibilità e dal
“cuscino” che una grande azienda possa avere, almeno non in
questo caso specifico, in quanto si tratti solo e soltanto di
lungimiranza e di pazienza… della volontà di uscire sul mercato
solo con prodotti che rappresentino al meglio una famiglia ed un
territorio, nonché le scelte di chi vuole lasciare un segno ed ormai
credo ci sia riuscito e parlo di Carlo Garofoli.
Fondamentali all’interno dell’azienda
Gianluca e Caterina Garofoli, due giovani con compiti radicalmente
diversi, ma al contempo fondamentali per far sì che quest’azienda non perda il contatto con i mercati, con il tempo che corre e
non risulti mai essere anacronistica o lacunosa. Due persone, ancor
prima che due professionisti, di rara educazione e di grande
simpatia… di quelle con cui mangeresti volentieri una pizza ogni
sabato sera, per intenderci!
Gianluca e Caterina Garofoli, due giovani con compiti radicalmente
diversi, ma al contempo fondamentali per far sì che quest’azienda non perda il contatto con i mercati, con il tempo che corre e
non risulti mai essere anacronistica o lacunosa. Due persone, ancor
prima che due professionisti, di rara educazione e di grande
simpatia… di quelle con cui mangeresti volentieri una pizza ogni
sabato sera, per intenderci!
Lasciatemi concludere, però, con un
plauso a una persona che ho citato più volte nei miei articoli e
che reputo, senza paura di risultare ruffiano (chi mi conosce sa che
non sono bravo in questo genere di cose), la più grande Donna del
Vino italiana, che ogni giorno è presente in Cantina e per la sua
famiglia e che ancora oggi prende voli intercontinentali, per poter
parlare di Vino, di Marche e di vita al mondo intero. Parlo
ovviamente di Daria Perego Garofoli, che posso solo ringraziare a
nome mio e di tutti coloro che amano le Marche ed il Vino per la
qualità della persona che è e per tutto ciò che ha fatto e
continua a fare in questa vita.
plauso a una persona che ho citato più volte nei miei articoli e
che reputo, senza paura di risultare ruffiano (chi mi conosce sa che
non sono bravo in questo genere di cose), la più grande Donna del
Vino italiana, che ogni giorno è presente in Cantina e per la sua
famiglia e che ancora oggi prende voli intercontinentali, per poter
parlare di Vino, di Marche e di vita al mondo intero. Parlo
ovviamente di Daria Perego Garofoli, che posso solo ringraziare a
nome mio e di tutti coloro che amano le Marche ed il Vino per la
qualità della persona che è e per tutto ciò che ha fatto e
continua a fare in questa vita.
Mi scuso… anzi non lo faccio… per
aver enfatizzato così tanto il mio apprezzamento per questa cantina,
ma quando si parla di persone di queste qualità umane e professionali è facile farsi
prendere la mano e lasciarsi andare a considerazioni scritte più
dall’uomo che dal WineBlogger.
aver enfatizzato così tanto il mio apprezzamento per questa cantina,
ma quando si parla di persone di queste qualità umane e professionali è facile farsi
prendere la mano e lasciarsi andare a considerazioni scritte più
dall’uomo che dal WineBlogger.
Potrei proseguire ore a parlare di questa realtà, di questa famiglia e dei loro Vini, ma credo che la cosa ideale per tutti voi o almeno per quelli di voi che sono riuscito ad incuriosire sia andarli a trovare e verificare personalmente ogni mia parola.
F.S.R.
#WineIsSharing
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