Una storia di famiglia, una storia di vino…
Parlo della storia della famiglia Saffirio, che inizia, enoicamente parlando, nel lontano 1870, quando Giovanni Battista Saffirio
decide di emigrare da Prunetto, paese dell’Alta Langa, a
Castelletto, comune della Langa più vicina ad Alba. Giovanni Battista, che faceva il “cartunè” (trasportatore – all’epoca a dorso di muli o cavalli), acquista il suo primo
fazzoletto di terra tra Alba, Monforte e Serralunga e lì si sposa e
vive con la sua famiglia. Come tutti i contadini, viveva di ciò che
la terra regalava. Una mucca e un paio di capre offrivano latte e
carne, le pesche frutta di stagione e le vigne l’uva, che in parte
si usava a fare il vino (all’epoca un vero e proprio alimento)
e in parte veniva venduta.
dirigente dell’ Ente Previdenziale Italiano a Cuneo, dove sceglie
di vivere con sua moglie Maria e la figlia Josetta.
legato alle sue radici. Per questo decide di acquistare la parte dei
fratelli e tenere la terra nel momento in cui tutti abbandonano la
campagna per cercare fortuna nelle città.
figlia Josetta, docente di viticoltura ed enologia alla Scuola
Enologica di Alba, e a Roberto Vezza, enologo, di occuparsi dei
vigneti. Josetta e Roberto accettano la sfida e comincia questa
avventura meravigliosa che ci lega da quattro generazioni alla terra
di Langa.
dedicati ai figli Alessio e Sara.
di vigneto da cui proveniva l’intera produzione, si arriva a
cinque, la maggior parte vitati a Nebbiolo da Barolo e situati nei
cru di Castelletto, nel cuore delle Langhe.
futuro fosse il vino.
vendemmia del nuovo corso, vinificata nelle cantine dell’Azienda,
con una produzione di poche migliaia di bottiglie di Barolo.
privilegio di nascere qui, di aver potuto crescere conoscendo luci,
colori e odori di questa terra. Finché un giorno mi sono resa conto
che non era la terra ad appartenermi, bensì io ad appartenere ad
essa. Questa consapevolezza mi ha cambiata profondamente. Mi sono
resa conto di non avere altre possibilità se non continuare a
lavorare i vigneti in cui erano fusi sogni, speranze e sacrifici di
generazioni. Con passione e voglia di imparare, ho deciso di
impegnarmi affinché questo sogno vada avanti, affinché questa terra
ricca e generosa continui ad esserlo per i figli che verranno. Per
questo mi impegno ogni giorno a fare in modo che tutte le nostre
scelte aziendali (agronomiche, sociali, commerciali, produttive e
culturali) abbiano come denominatore comune la sostenibilità.
Ritengo che questa sia l’unica scelta possibile per garantire un
futuro a me stessa e alle generazioni che percorreranno i filari
delle vigne dopo di me.
prova ad aprile, nel rivedere una vite germogliare e tornare a nuova
vita dopo l’inverno. Vorrei raccontarvi il profumo intenso e
delicato dei nebbioli in fiore a maggio. Vorrei essere in grado di
esprimere la gioia nel portare in cantina il raccolto e il lavoro di
un anno a settembre. Ma è impossibile farlo con le parole. Spero di
raccontarvelo attraverso il mio vino.”
Ciò che mi ha colpito sin da subito dell’Azienda Josetta Saffirio è stata la concretezza con la quale Sara e la sua famiglia abbiano da sempre affrontato ogni loro scelta in vigna ed in cantina, perché le chiacchiere stanno a zero e, per quanto le parole siano il mio strumento di comunicazione preferito, la necessità di fatti che abbiamo in questo periodo è vitale. Beh, in questa cantina le idee, i principi e le scelte si traducono in azioni reali ed appurabili, perché essere contadino significa avere una
grande responsabilità nei riguardi dell’eredità che viene lasciata e
quella che si lascerà ai propri figli. Ecco alcuni punti distintivi di questa Cantina:
sintesi;
biologica (dal 2014);
sostenibili, quali inerbimento e concimazioni organiche;
aziendale;
(consorsio Cascina Pulita);
volte il fabisogno interno;
scuro riciclato al 90%;
dei bambini e delle scuole alla campagna ed al mondo del Vino.
Gli assaggi: un bianco sorprendente, un rosato originale ed un rosso, scusate… un Barolo fra passato, presente e futuro…
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Un cuore extra/potenziale in attesa di un’ulteriore evoluzione. Questo Vino è uno dei miei assaggi migliori di questo 2016. |
Rosato Langhe D.O.C. 2014: che a molti fare Rosato con il Nebbiolo, soprattutto quando è buono come quello di questa azienda, potrebbe sembrare un’eresia e non vi nego che anch’io ho le mie preferenze riguardo le uve da rosato e tra queste sangiovese e nebbiolo restano in disparte per il semplice fatto che le preferisco vinificate in rosso. Eppure, come accaduto per i vari rosati di sangiovese che ho avuto modo di assaggiare, anche in questo caso, da un’uva capace di grandiosi Vini rossi come il Nebbiolo è scaturito un Rosato dalle peculiarità varietali, seppur affievolite, sicuramente integre e ben definite. Un Vino piacevole, che si fa bere, nonostante la struttura alcolica importante, perché anche in questo caso lo scheletro minerale rende agevole il primo sorso ed inerziale il secondo… il terzo…
Un Vino capace di coniugare una ventata di fresca e spensierata modernità ad un educato savoir faire, tra terra e mare, fra lavoro duro in campagna ed il privilegio di una vacanza rigenerante.
Barolo D.O.C.G. 2011: assaggiato in una verticale comparativa con la cifra stilistica di altre aziende e di altri terroir, questo Barolo è spiccato sin dal primo naso per voglia di esprimersi senza timidezza e con una spontanea vocazione al dialogo. Un dialogo senza fraintendimenti, dal linguaggio dolce e delicato, elegante, ma mai anacronistico. Non occorre essere poi così austeri (seppur quasi tutti i grandi Barolo lo siano) e farsi desiderare, non sempre almeno… anche se ti chiami Barolo e per quanto possa essere ovvio pensare che non sia possibile valutare al meglio le potenzialità e la qualità di un Vino da lungo/lunghissimo invecchiamento a pochi mesi dalla sua uscita sul mercato, è altrettanto assurdo creare alibi là dove quello stesso Vino sia già acquistabile, stappabile e, quindi, ipoteticamente bevibile da quel 99% dei consumatori che non degustano, ma semplicemente gustano un Vino. Quindi le mie sensazioni sono più che positive riguardo un Barolo che oggi sa già palare di sé in modo spigliato e senza essere snob, pur consapevole della propria natura e di una prospettiva che non può che essere quella della longevità.
Qui il terroir si sente ed abbraccia chi lavora in vigna ed in cantina includendo l’uomo nell’equazione che porta dall’uva al vino. Palesi le scelte indirizzate ad una maggior agilità di questo Vino, pur mantenendo grande rispetto per ciò che imponga l’annata, in questo caso molto particolare per il suo andamento, soprattutto sul finale.
Nel complesso posso dire in tutta onestà che i tre Vini assaggiati mi abbiano permesso una panoramica importante su questa cantina, in quanto in ogni singola etichetta ho potuto trovare un pezzo del viaggio della famiglia Saffirio, fatto di lavoro e lungimiranza, di storia e di futuro.
C’è poesia nelle Langhe ed in quel dell’Azienda Josetta Saffirio se ne scrivono versi niente male, intrisi di concretezza e spontaneità, di certo non astrusi, seppur creativi ed loro modo fantasiosi, un po’ come gli Gnomi raffigurati nelle etichette e volti a rappresentare la coscienza degli uomini buoni, quasi invitandoci a non perdere mai il bambino che è in noi, cosa che Ernesto Saffirio sapeva bene ed ha saputo tramandare a figli e nipoti.
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