L’Amarone secondo Pietro Zardini

E’ arrivato il momento di tornare ai miei racconti enoici, di andare avanti, nonostante ciò che sia successo e che stia accadendo in questi giorni e lo faccio parlando di una realtà che mi ha affascinato per la sua storia ricca di aneddoti e di verità, ma soprattutto capace di entusiasmare attraverso il calice.
Questa è la storia di Pietro Zardini, perito agrario con
specializzazione in viticultura, che dopo aver lavorato a fianco dei migliori Enotecnici del
Veronese, primo fra tutti Roberto Ferraini (il professore che
seguiva le migliori aziende di Verona che purtroppo non è più fra noi), dal 2000 segue con attenzione e premura i 7ha vitati dell’azienda di famiglia.
Un’azienda che dapprima portava il nome del padre di Pietro, Leone Zardini, ma che ha sempre visto una linearità ed una consequenzialità nelle scelte e nel rispetto di una tradizione sin troppo spesso deviata o male interpretata in Valpolicella.
cantina pietro zardini
Pietro mi confida aver come riferimento, da sempre, il mostro sacro dell’Amarone, ovvero Giuseppe Quintarelli, con il quale ha avuto modo di confrontarsi direttamente e dal quale ha appreso molto, cosa che in pochissimi possono dire. E’ proprio da questo confronto che nascono il desiderio e la convinzione di non fare la rincorsa alle grandi aziende, bensì di ritagliarsi una nicchia nella quale dimostrare che con la qualità ed un’espressione fedele, ma non scontata, di territorio e tradizione enoica, si possa arrivare a riconoscimenti importanti.
Uno dei tanti aneddoti legati a questa Cantina è sicuramente quello che vede protagonista il trattore Landini che oggi rappresenta l’etichetta ed il simbolo dell’azienda: 
In cinque generazioni non ci siamo mai spostati dal piccolo paese di san Floriano nel comune di San Pietro in Cariano.
Mio padre negli anni 50 acquisto un
trattore Landini testa calda, con il quale lavorava la terra a
tante delle aziende viticole vicine.
Questo trattore che mio padre ha
venduto per 500 mila lire negli anni ’90 io l’ho ricomprato per 9000
euro e adesso è il marchio della mia cantina.”

Una storia che da l’idea di quanto forte sia il valore della tradizione e dell’attaccamento alla terra in questa famiglia ancor prima che in questa cantina della Valpolicella.
Una cantina che vuole produrre vini della tradizione, senza molta
tecnologia anzi riutilizzando vecchie tecniche come l’affinamento
in anfora per i vini rossi, al fine di far tornare sulle tavole un Amarone che non sia solo il vino fruttato, scuro, corposo, legnoso, che ormai per qualcuno è “quel che dovrebbe essere l’Amarone”, perché – dice Pietro – quel Vino non centra nulla con
l’Amarone
!
L’Amarone è un vino eccezionale con
delle caratteristiche molto particolari, elegante lungo in bocca, ma
mai super corposo. Può e deve essere leggermente tannico a garanzia della sua potenziale longevità, ma può e e dovrebbe rispecchiare le esigenze dei palati odierni, alla ricerca di vini con maggior armonia, una freschezza che ne bilanci il calore ed un pizzico di mineralità che ricordi le origini dei terreni della Valpolicella.
Passiamo quindi ai due Vini che ho avuto modo di assaggiare:
vini zardini
Rosignol Vino Rosso da Tavola: partiamo dal nome Rosignol che non è, ovviamente, un nome a caso…  Rosignol è l’Usignolo in dialetto Veronese e questo uccellino
dalle doti canore eccezionali ha sempre
affascinato il genere umano..
In Valpolicella classica, un tempo, quando una persona si dimostrava avere spiccate doti canore veniva chiamata appunto
Rosignol e nella famiglia Zardini, Leone ed i suoi fratelli erano tutto
cantori sopraffini, tanto che a 16 anni il padre di Pietro si esibì all’Arena di Verona, riscuotendo molto successo. All’epoca non vi erano i moderni talent scout, ma molti mecenate proposero a Leone di pagargli le
scuole di canto a Milano scommettendo sulle sue doti. Il nonno di Pietro, dal quale ha ereditato il nome, non volle, perché
appena dopo la guerra la zona, un po’ come tutto il resto del paese, era molto
povera e la priorità erano le due braccia per l’aiuto nei campi. 
Fatta questa piccola premessa, che rappresenta l’ennesimo aneddoto legato alla famiglia Zardini ed a questa Cantina, passiamo al Vino, che non è altro che un “piccolo Amarone”, volutamente declassato a vino da tavola in quanto Pietro voleva godere di maggior libertà e pensa, da sempre, che le denominazioni rappresentino di più le grandi aziende e limitino le piccole. Sì, lo definirei “piccolo Amarone”, anche se solitamente odio questo genere di paragoni, perché è effettivamente una sorta di anteprima di quello che è l’Amarone secondo Pietro Zardini. Un’ulteriore prova di quanto possano essere piacevoli ed inerziali i Vini da appassimento, là dove riescano ad esprimersi al meglio in verticalità, senza cadere in quel calderone chiamato omologazione, in cui molti Amarone si crogiolano.

Leone Zardini – Amarone della Valpolicella Classico DOC 2009 Riserva: nonostante l’iter classico di produzione di questo Amarone basta poco per rendersi conto che gli equilibri aromatici e gustativi di questo Vino sono spostati verso un’interpretazione votata ad un attitudine meno “ruffiana”, ma sicuramente più agevole alla beva. Si parla spesso di Vini da meditazione, di quanto l’Amarone sia un grande Vino, ma non in grado di lasciarsi bere calice dopo calice, con agilità e piacevolezza, per via di un’eccessiva, passatemi il termini, pesantezza nella sua totalità e forse, ad alcuni va bene così, che male c’è? Un Amarone può essere davvero un grande “vino da caminetto” come anche questo potrebbe essere senza alcun problema, ma la differenza, Pietro Zardini, credo l’abbia fatta nel riuscire a mostrare e dimostrare l’attitudine dell’Amarone alla tavola ed alla convivialità. Molti Amaroni sono come uno smartphone bellissimo, capace di tutto, ma senza connessione, questo è iper-connesso e spinge alla socialità, con fare romantico là dove la compagnia lo richieda, ma anche con il calore e la premura di un abbraccio familiare se posto al centro della tavola domestica.
Credo sia un bel riferimento per comprendere a pieno le potenzialità di un territorio in grado di infondere grande freschezza e mineralità, che con l’appassimento si tende ad occultare ed inibire, ma che possono contribuire ad un’armonicità unica ed una maggior fruibilità dell’Amarone.
Ci tengo a fare una considerazione riguardo entrambi i Vini assaggiati, rimarcando quanto, a volte, i varietali (in questi casi: Corvina, Rondinella, Molinara e Rosignola) si perdano con l’appassimento e l’affinamento in legno, specie se piccolo e quanto, invece, Pietro Zardini sia riuscito a farli emergere nelle loro sfumature sottese quasi a voler rifuggire tutto ciò che possa cercare di oscurarne la franchezza espressiva.

Io credo che il Vino sia un po’ come un’opera d’arte davanti alla quale chiunque possa soffermarsi in silenzio o filosofeggiando in maniera più o meno estemporanea, commuovendosi o magari sorridendo, sentendosi in linea con l’artista o essendo sopraffatto dalla noia, quindi le mie opinioni ed ancor più le mie sensazioni sono e saranno sempre mere impressioni soggettive, che vi invito a confutare e credo, in questo caso più che mai, possano quanto meno concedervi un punto di vista diverso su qualcosa di così conosciuto ed al contempo sconosciuto come l’Amarone.


F.S.R.
#WineIsSharing

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