Cantina Lunarossa – Quartara e Borgomastro vini carichi di passione ed emozione

Erano mesi che avevo in testa quest’articolo e che sentivo forte la voglia di condividere con voi la storia e le dinamiche di una cantina che negli ultimi due anni ha saputo emozionarmi come poche altre hanno saputo fare. Credo di non esser mai partito con tutta questa enfasi, sarà l’influenza? Bah… probabilmente no ed ora vi spiego il perché…
Oggi vi porto a Giffoni Valle Piana, comune del salernitano noto ai più per il Giffoni Film Festival, rassegna cinematografica per ragazzi, ma che vede nella cantina di cui vi parlerò oggi una meta degna di una visita a prescindere dal festival!
Parlo della Cantina Lunarossa vini e passione, dell’istrionico Mario Mazzitelli. laureato in scienze delle preparazioni alimentari, con un Master in viticoltura ed enologia, che vanta nel suo background enoico ed umano esperienze come enologo in Friuli, Puglia, Toscana, Abruzzo, Argentina e Campania, con un picco professionale raggiunto presso la Winemaking di Roberto Cipresso.
cantina lunarossa
I vigneti dell’azienda Lunarossa sorgono a ridosso dei monti Picentini nell’enclave igt dei Colli di Salerno e si protendono verso il suggestivo golfo di Salerno. Le vigne in gestione diretta (circa 6 ettari), insistono su un terreno di natura calcarea-argillosa e sono immerse in un terroir a dir poco vocato. Il clima è mite e soleggiato; tutto il territorio è ben protetto alle spalle dalle vette picentine ed irpine ed è influenzato dalle brezze marine, che favoriscono la crescita di uve perfettamente in salute, limitando, quindi l’intervento dell’uomo.
Per me è particolarmente importante parlare di un territorio che, solo, da pochi anni ha acquisito una certa notorietà in termini vitivinicoli, in quanto da anni ancorato ad un ruolo subalterno nei confronti dei territori limitrofi dell’Irpinia, del Cilento e della Costiera Amalfitana. Pensare che un giovane vignaiolo come Mario abbia scelto di investire e confidare in questo territorio, pur vantando esperienze in alcuni dei più importanti contesti vitivinicoli italiani e non solo e con un c.v. che di certo non gli avrebbe impedito di lavorare altrove, probabilmente con meno difficoltà, ma al contempo molte meno soddisfazioni, conferma ancora una volta quanto la passione enoica ed il richiamo della propria terra siano forze impossibili da contrastare.
L’ispirazione, la passione e l’entusiasmo, mi racconta Mario, provengono dalla bellezza nella quale la cantina ed i vigneti di Lunarossa sono immersi: “gli occhi guardano al mare e i piedi sono piantati nella terra fra le splendide colline a metà strada fra la costiera amalfitana e quella cilentana.”
E’ in questo incantevole contesto che i vitigni locali come l’Aglianico, il Fiano e la Falanghina riescono ad esprimere peculiarità uniche, affiancati da alcuni selezionati varietali internazionali atti a fungere da gregari e non di certo da protagonisti, nell’ottica di una produzione contenuta e votata alla ricerca continua di una qualità sia organolettica che in termini di salubrità.
Avevo parlato di Lunarossa e precisamente di quello che considero il Vino più rappresentativo dell’azienda, il Quartara, nel mio articolo/studio riguardante i Vinivinificati e/o elevati in anfora ed è proprio l’anfora a segnare svolte importanti per Lunarossa, tanto che in occasione di questa 10° vendemmia sono state realizzate delle nuove anfore con un impasto particolare, una miscela di argilla dell’Impruneta e pietra lavica del Vesuvio, quindi di colore nero, nelle quali verranno fermentate le uve di aglianico selezionate per il Borgomastro, il rosso di punta.
Anche Mario sa quanto, oggi, utilizzare anfore per la produzione di Vino sia qualcosa di decisamente più comune di quanto lo potesse essere qualche anno fa, ma gli va dato atto che nella provincia di Salerno Lunarossa sia stata la prima in assoluto a credere in questo metodo, non limitandosi all’acquisto di contenitori, bensì creando un concept che potesse rappresentare un unicum e, quindi, indurre estrema curiosità tanto in chi fa Vino che in chi se lo ritrovi nel calice.
Questo nuovo impasto sarà una sfida per Mario e per la sua piccola cantina, ma sono certo che la affronterà con la positività e la competenza che ha sempre dimostrato.
La volontà di creare sinergie e di implementare la qualità diffusa del territorio in cui Lunarossa è incastonata, si palesa nell’interessante Progetto UVA (Unione Vignaioli Associati), che vede Mario e la sua cantina in contatto sul territorio con i piccoli vignaioli per promuovere il recupero di vecchi vigneti abbandonati in modo da valorizzare le produzioni autoctone mantenendo viva la tradizione vitivinicola dei Monti Picentini. Con questo progetto si affronta anche il concetto di “cantina condivisa” offrendo la possibilità agli eno-appassionati di adottare un filare e renderli partecipi a tutte le fasi della produzione, dalla vigna fino alla bottiglia. Quest’attività permette di educare il consumatore e far conoscere l’impegno, ma soprattutto la cura che c’è dietro la produzione di una bottiglia di vino. Cosa che, anche a livello di comunicazione, io stesso cerco di far comprendere quanto più possibile, perché è facile dare un punteggio o una valutazione negativa ad un Vino dimenticandosi che anche là dove un assaggio non sia di nostro gusto, dietro quella bottiglia ci siano sempre e comunque tempo, impegno, sacrificio, investimento e passione… in parole povere tanto lavoro che dovrebbe essere rispettato, specie quanto si tratti di realtà come questa, nella quale si persegue un approccio in vigna ed in cantina volto a rispettare e rispecchiare l’andamento naturale delle annate e quindi l’espressione più sincera dei varietali, seppur con un’interpretazione del vignaiolo/enologo che imprima personalità al Vino.
Questa variabilità di annata in annata può essere considerata, sicuramente, un rischio a livello commerciale, in particolare sui mercati esteri, dove grandi nomi/aziende del settore offrono prodotti organoletticamente di “qualità”, ma con caratteristiche immutabili e standardizzate, indipendentemente dall’andamento dell’annata. A Mario, invece, piace sorprendere, rischiare e mai produrre un vino scontato e per noi winelovers queste sono parole sante!
Veniamo ai due Vini di cui vorrei parlarvi oggi il Quartara ed il Borgomastro, i due fiori all’occhiello di Lunarossa.
quartara vino

Due vini della Cantina Lunarossa di Giffoni: Quartara & Borgomastro

Quartara Colli di Salerno (Fiano) 2011/2012: se dopo il mio primo incontro con il Quartara, durante la degustazione comparativa di Vini in anfora, avevo parlato per lo più delle caratteristiche organolettiche di questo Fiano in purezza affinato in otri di terracotta interrati, oggi sento forte la voglia di condividere con voi qualcosa di più in linea con la natura delle mie descrizioni enoico-emozionali. Lo faccio citando un aneddoto legato allo scorso Vinitaly, durante il quale un caro amico produttore piemontese, mi chiese di portarlo ad assaggiare un Vino che potesse stupirlo, perché aveva qualche minuto “libero” e confidava in me per qualche dritta. Ci misi poco più di un decimo di secondo a decidere dove, da chi portarlo e cosa fargli assaggiare e per uno che, solitamente, ci mette mezz’ora per scegliere un Vino dalla carta di un qualsiasi ristorante è tutto un dire! Scherzi a parte, sono solitamente così piacevolmente confuso dalle emozioni che ho provato grazie a vini e vignaioli che non c’è domanda che mi metta più in crisi della fatidica “se dovessi consigliarmi un Vino quale mi consiglieresti?”. Quel giorno, però, non ebbi alcun dubbio, vuoi perché avessi assaggiato il Quartara pochi giorni prima del Vinitaly, vuoi perché avevo finalmente avuto modo di conoscere Mario personalmente, dopo averne percepito la personalità e la concezione enoica solo tramite i suoi Vini. Sapete perché portai un produttore, dal palato molto esigente, proprio ad assaggiare il Quartara? Perché mi aveva emozionato come pochi altri Vini avessero mai saputo fare ed ho sempre pensato che per quanto il Vino sia soggettivo in termini di gusto, alcune bottiglie abbiano la capacità di indurre sensazioni comuni a chi vanti la sensibilità di poterle percepire e di poterne godere a pieno e così fu. La cosa più bella, però, non fu l’emozione condivisa nell’assaggio di questo Fiano dal colore del sole, dalla disarmante freschezza e dalla profonda mineralità, ma il vedere Mario e questo produttore parlare di Vino come se si conoscessero da anni e constatarne una visione comune, nonostante le diverse interpretazioni di cantina. Affinità elettive…
mario mazzitelli lunarossa
Tornando al Vino posso asserire, senza tema di smentita, che, per quanto diverse, sia la 2011 che la 2012 esprimano interpretazioni di Fiano di altissimo livello complementari in termini organolettici, ma identiche nell’approccio svincolato dai canoni comuni e libero dalle standardizzazioni. Un esempio di quanto firma dell’annata e del vignaiolo possano coesistere con rispetto reciproco e risultati grandiosi, rinunciando all’omologazione.

Borgomastro Colli di Salerno (Aglianico) 2008-2009: tutto pensavo tranne che, dopo l’amore a primo naso con il Quartara, Lunarossa potesse stupirmi anche con un rosso, per quanto i vigneti di Mario si trovino non così distanti dalla culla d’elezione dell’Aglianico. Eppure anche il mio incontro con il Borgomastro, Aglianico in purezza, non ha lesinato emozioni intense e sincere. Un Vino che racchiude in sé l’essenza del varietale e lo eleva, grazie ad una lunghissima macerazione sulle bucce ed all’affinamento in legni selezionati fra il più classico rovere francese e l’autoctono castagno locale, fino a renderlo sensuale ed intrigante. Il tannino sembra tessere una trama ed un ordito di grande finezza ed eleganza, senza rinunciare ad una personalità spiccata. Una conferma in rosso di quanto questo terroir, corroborato dall’attitudine all’unicità di Mario, possa dar luogo a piccoli grandi capolavori.

Nello specifico, la 2008 mostra un’apprezzabile maturità, mantenuta in piena forma da una freschezza ancora vivida e da uno vena salina che stimola la curiosità di sorso in sorso. Finale appagante quello del sorso, ma deprimente quello della bottiglia, in quanto risulta davvero dura accettare di averla terminata ed è in quel momento che la gioia per averla condivisa con amici winelovers, viene lievemente intaccata da una bonaria rabbia nei confronti di chi si sia versato l’ultimo calice! Scherzi a parte, se la 2008 è stata una lieta sorpresa in termini di agilità nonostante l’età, la 2009 sembra uscita da cocoon, tanto sia evidente il nerbo acido, in perfetto equilibrio con morbidezza vellutata e sinuosità del corpo. Non oso pensare alle potenzialità evolutive di questo Vino, più che altro perché vorrebbe dire doverne conservare qualche bottiglia in cantina a tempo indeterminato e non credo ne sarei capace, ma sarà un buon motivo per andare in cantina tra qualche anno per verificare con una bella verticale se le mie sensazioni siano giuste o meno.
Come si può intuire dalle mie impressioni riguardo il Quartara ed il Borgomastro, ciò che mi ha colpito di più di entrambe le etichette nelle quattro annate assaggiate è il paradosso che si crea nel dover dare un valore ideale alla freschezza di ognuno dei Vini e la loro età. Questa grande gestione dell’acidità unitamente ad un sapiente utilizzo della terracotta e del legno confermano quanto minuzioso sia il lavoro in cantina, nel rispetto della materia prima accudita e coccolata in vigna con massima naturalezza. Eppure nei Vini di Mario ho sempre la percezione ci sia una sorta di contrasto armonizzante, fra la naturalezza e la consapevolezza tecnica, fra il grande lavoro in vigna ed in cantina e la voglia di non apparire snob o troppo fighetti. Un po’ come nel Quartara, in cui ad una complessità organolettica unica si alternano la semplicità nella beva ed il “look” così privo di artifizi… così puro nella sua opaca limpidezza.
E’ come se ci fosse sempre qualcosa da scoprire ancora… ed ancora… sorso dopo sorso, annata dopo annata ed è per questo che non mancherò di seguire le evoluzioni dei Vini di Lunarossa da qui in avanti.
F.S.R.
#WineIsSharing

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