Ingredienti e valori nutrizionali del Vino in etichetta

Ne scrivo? Non ne scrivo? Dico la mia? Me la tengo per me? Beh, alla fine cedo sempre, ormai lo sapete, ed anche stavolta non ho saputo cogliere l’occasione per star zitto ed una mia riflessione su quanto stia accadendo in questi giorni in seno alla FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), costola della CEVI (Confederazione Europea Vignaioli Indipendenti), mi sono sentito di pubblicarla.

chimica del vino ingredienti

Partiamo dal comunicato che la stessa FIVI ha pubblicato nel proprio sito e che vi riporto pari pari qui di seguito in modo da non influenzare il vostro giudizio con potenziali parafrasi di parte e per paura di poter perdere qualche passaggio cercando di sintetizzarlo:

Vignaioli Indipendenti: gli ingredienti in etichetta sono un inutile aggravio

“La Confederazione Europea Vignaioli Indipendenti contraria alla nuova normativa sulle etichette. Matilde Poggi: “il vino non ha una ricetta”.

La lista degli ingredienti e i valori nutrizionali nelle etichette del vino sono inutili e portano solo ad un aggravio di costi per i produttori. Ne è convinta la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) che nell’ambito della CEVI (Confederazione Europea Vignaioli Indipendenti) si è dichiarata contraria alla possibile modifica della legislatura europea in termini di etichettatura del vino.

Il presidente della CEVI, il francese Thomas Montagne, ha pertanto inviato una lettera al Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis, per ribadire con forza le ragioni della contrarietà dell’associazione che riunisce le associazioni dei Vignaioli Indipendenti di tutta Europa, tra cui appunto la FIVI.

In vista della pubblicazione del report della Commissione Europea sugli ingredienti e le informazioni nutrizionali delle bevande alcoliche, la CEVI chiede di mantenere la specificità del settore vitivinicolo. “Chiediamo l’esenzione dall’obbligo di riportare in etichetta la lista degli ingredienti e i valori nutrizionali perché riteniamo che per il settore del vino, e in particolare per noi piccoli produttori – commenta Matilde Poggi, presidente FIVI e vicepresidente CEVI – sarebbe un inutile aggravio sia in termini di tempo che economici. Il vino non ha una ricetta, cambia di anno in anno, sulla base della stagione e delle condizioni fitosanitarie dell’uva. Noi produttori dovremmo quindi farci carico di far analizzare il vino ad ogni nuova vendemmia, e cambiare di conseguenza anche l’etichetta”.

La CEVI ritiene che il settore del vino sia già dotato di una legislazione esaustiva e molto precisa, oltre che rigida. Per questo il consumatore è già ampiamente tutelato, oltre che essere poco interessato alla parte nutrizionale di una bevanda che ritiene fonte di piacere, oltre che prodotto di una cultura più che di una ricetta.”

Ecco… sarà che io la FIVI l’ho sempre apprezzata, ma leggendo questo comunicato non mi meraviglio che un’associazione che miri a tutelare una nutrita e variegata schiera di vignaioli e produttori, famosa proprio per la sua “multirazialità enoica” e per la sua apertura mentale in termini di filosofie di pensiero e di approccio enologico e vitivinicolo, si sia espressa contraria ad una proposta di legge del genere, ma non tanto perché sia d’accordo con la decisione della FIVI in toto, bensì perché, a mio parere, è la proposta di legge stessa ad essere sbagliata a priori.

Che ci siano dietro le solite faziose ed opportuniste dinamiche commerciali e di potere legate a tutto ciò che sembra voler tutelare il consumatore finale, ma in realtà non fanno altro che gettare fumo negli occhi? Io non lo so di certo, quindi lo lascio valutare a voi, ma per quanto mi riguarda vorrei spostare l’attenzione su un paio di cosette:

– In primo luogo sentir parlare di obbligo di mettere in etichetta “ingredienti” e “valori nutrizionali” del Vino mi fa sorridere, ma ben venga almeno facoltativamente questa opportunità, per quanto bisognerebbe fare un profondo distinguo fra ingredienti ed eventuali residui di essi in bottiglia. Sì, perché alcuni “ingredienti” (mamma mia quant’è brutta ‘sta parola quando si parla di Vino..!) che vengono utilizzati, ad esempio, in chiarifica non sarebbero riscontrabili in bottiglia neanche con apposite analisi. Ripeto… io la facoltà di scegliere non la disdegnerei, anche perché l’obbligo porterebbe ad un’omologazione (“ingredienti” in gran parte più meno simili e valori pressoché identici per la maggior parte dei Vini) che a sua volta farebbe calare l’impatto della controetichetta stessa nei confronti del consumatore.

Per quanto concerne il discorso legato ai valori nutrizionali nello specifico, bah… non faccio intervenire il ragionier Fantozzi, ma fate vobis, non mi esprimo a riguardo, magari c’è qualcuno a dieta che vuole bersi il suo bicchiere di Vino nella certezza di non sgarrare..?!

– In secondo luogo mi chiedo – e qui viene il bello – Ma è davvero questo il problema focale del Vino? Sono davvero queste le lacune di un’etichetta che, ormai da anni in molti definiamo a dir poco carente in termini di trasparenza? Secondo me no! Il focus, per quanto siano importanti quelli che vengono definiti “ingredienti” utilizzati/addizionati in cantina durante le varie fasi di vinificazione, dovrebbe essere ciò che viene utilizzato in vigna! L’obbligo di scrivere che nel proprio vigneto vengano usati concimi chimici e/o fitofarmaci e di quale classe, ma soprattutto l’obbligo di dichiarare l’utilizzo di diserbo chimico e del glifosato in primis, almeno finché non ne verrà davvero vietato l’uso in vigna(e non ditemi che ci sono già le certificazioni per questo… vi prego). Del rame e dello zolfo ne parleremo il giorno in cui deciderò di “sbottare” tutto quello che penso del bio fatto solo per opportunismo e marketing, a discapito di quelle virtuose aziende che nel bio credono davvero e che si fanno il mazzo, a prescindere dai contributi, per portare avanti una viticoltura sostenibile e il più sinergica possibile con la natura.

Comunque, oltre agli obblighi di una potenziale controproposta di legge (che avverrà solo nei miei sogni, ne sono consapevole!), andrebbero inseriti anche dei divieti riguardanti tutti quei termini e tutte quelle parole che possano indurre in chiara confusione il consumatore o ancor peggio risultare ingannevoli.

Ora so che tra i miei lettori ci siano degli amanti dei vini “naturali” e persino dei vignaioli che sostengono di fare il Vino solo con l’uva e la cosa “assurda” è che è davvero così… più meno dai, qualcosa sull’uva di quel che si da in vigna rame, zolfo o composti organici che siano, rimane, no?… e so anche che siano, giustamente, i più adirati riguardo questa posizione della FIVI, perché confidano da sempre nella possibilità di mostrarsi e dimostrarsi ufficialmente diversi da chi, invece, “ar vino c’ha messo altro”, ma mi chiedo se sia davvero una serie di valori scritti su di una controetichetta a poter cambiare le cose in tal senso..? Mi spiego meglio… la maggior parte dei vini definiti da molti “naturali” non arriveranno mai in contesti di GDO (a parte rare eccezioni) e che se mai arrivassero a scaffale in un’enoteca lo farebbero con cognizione di causa da parte dell’enotecaro stesso, che sarà il primo a volerne descrivere minuziosamente le peculiarità al cliente finale. Si tratta di aziende e di vignaioli che possono e devono raccontare il proprio prodotto e farlo vivere nelle loro parole, purché non sfocino in dinamiche esoteriche o fantastiche, e forse è anche questo il bello di quella branca enoica, ciò che la avvicina di più a quella nicchia di consumatori. 

Sintetizzando…

Io, a prescindere da naturale e convenzionale, da buono o cattivo, da bio o non bio, ciò che vorrei sapere sia da degustatore che da comune bevitore non è tanto quante Kilocalorie ci siano in 100ml di Vino (per quanto se ci fossero non lo troverei così strano, ma se davvero possa rappresentare un costo gravoso per le aziende, lascerei al singolo produttore la scelta) o se sia stata utilizzata o meno la bentonite in chiarifica, bensì se in tutto il suo percorso produttivo, dalla concimazione all’imbottigliamento siano stati utilizzati agenti chimici sintetici o sostanze pseudo-naturali come i metalli pesanti, che possano essere potenzialmente nocivi per il mio organismo, oltre ovviamente agli allergeni (che in teoria sarebbero già obbligatorio indicare). 

E’ così strano?!? Poi, massima libertà a chi voglia inserire anche dei “virtuosismi naturali” che possono di certo aiutare e chi voglia evidenziare metodi più logicamente e scientificamente salutari, sempre nel rispetto dell’onestà intellettuale e senza risultare illusori ed ingannevoli.
Un aneddoto estemporaneo che metto a questo punto dell’articolo perché… non so perché, ma spero vi faccia riflettere:
“una bimba di 3 anni mettendo il naso nel mio calice mi guarda e mi fa “Ma, che c’è dentro?” – Ed io… “Vino!” – E lei “Sì, ma che c’è dentro al Vino?” Ed io… “L’uva!” – E lei “Si, ma che ingredienti ci sono? Perché non profuma come l’uva! La fragola c’è?”. Vi assicuro che è accaduto davvero e che non ho modificato né parafrasato alcuna parola. 

Comunque, lasciando a voi le diatribe fra chi sostenga che il consumatore generalista se ne freghi ampiamente dell’etichetta in termini tecnici e chi, invece, sostenga il contrario, io do un colpo al cerchio ed un colpo alla botte…

da una parte c’è la FIVI che, in fondo, in quanto associazione, ha fatto il suo dovere se schierarsi contro quella proposta, ha significato per gli organi interni tutelare i suoi associati, ma confido, comunque, sia aperta ad una proposta di modifica dell’etichetta più sensata.

Dall’altra parte, c’è chi tra i consumatori ed i vignaioli stessi, sia interni all’associazione che esterni o facenti parte di altre associazioni, non abbia digerito troppo bene questa presa di posizione, e credo che sia comprensibile, in quanto, come la FIVI ha voluto tutelare il bene comune degli associati, consumatori e vignaioli/produttori a favore della proposta vorrebbero tutelarsi a loro volta.

Per concludere, se da un lato l’idea di un’etichetta piena di ingredienti, con tanto di tabella nutrizionale, mi faccia pensare alle merendine piuttosto che al Vino, di certo l’etichetta ha da cambiare e/o forse, andrebbe vietato di sana pianta l’utilizzo di alcune sostanze in vigna ed in cantina, specie se dannose all’organismo, e molte diatribe verrebbero meno.

Ah, io continuo a ripeterlo a tutti gli amanti del Vino che sento ed incontro quasi quotidianamente: -“Informatevi, ma se potete girate di cantina in cantina, conoscete personalmente i produttori dei Vini che acquistate!”

Meglio una cantina con 10 referenze di 10 cantine diverse, nelle quali siate stati e che portino con sé ricordi ed emozioni uniche, che 1000 bottiglie prese qua e là solo per il gusto di acquistare vini diversi. Se volete arrivare ad avere 1000 bottiglie si può fare… visitate più cantine e datevi più tempo! Ovviamente, c’è anche l’enoteca e sia chiaro… ci sono enotecari bravissimi nel loro lavoro che avranno a loro volta visitato le cantine che hanno a scaffale (speriamo!), quindi… discernere e meglio che sperare! Scegliete bene dove e che vini acquistare a prescindere da ciò che verrà posto in etichetta. Ora come ora abbiamo la possibilità di conoscere tutto in maniera molto più rapida ed approfondita, quindi non abbiamo scuse! Beviamo c’ho che ci piace e se possibile il Vino fatto come vorremmo fosse fatto.

F.S.R.

#WineIsSharing

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