Considerazioni estemporanee sulla comunicazione e la pubblicità del Vino

Si parla spesso di comunicazione del Vino, di “come farla”, di “a chi affidarla”, di quali siano i mezzi più indicati per sviluppare una rete comunicativa opportuna, efficace e concreta, ma si perde spesso l’orientamento, nei meandri delle varie posizioni presa da fazioni discordanti o semplicemente dalle varie categorie enoiche (produttori, media, appassionati e consumatore generico).
La confusione sorge quando la verità e l’accortezza di pochi, prende il sopravvento sulla realtà… mi spiego meglio… è palese e comprensibile che ci sia bisogno di una comunicazione enoica radicalmente migliore in termini di approfondimento dei macrotemi più sensibili come ad esempio i territori, l’approccio in vigna, le reali peculiarità delle diverse vinificazioni, ma ancor prima l’abisso che separi il grande brand dalla piccola cantina ed il lavoro in quanto tale che c’è dietro ad ogni bottiglia di Vino, il tutto – magari – senza discriminazioni di sorta.
tastiera tasto vino

Il Vino è di tutto, comunichiamolo a tutti!

Ciò che, però, a volte ci sfugge è che la stragrande maggioranza del Vino prodotto, compreso quello dell’azienda medio-piccola italiana (che sono la maggior parte), è acquistato e consumato da chi difficilmente ha una cultura enoica di base approfondita e non gliene possiamo di certo fare una colpa, dato che non tutti noi siamo esperti di formaggio eppure lo mangiamo ed ancor meno capiamo di pasta, nonostante sia l’alimento che consumiamo di più e con meno consapevolezza.

Parlare di Vino a quel 99,999…% di consumatori che acquistano e bevono Vino considerandolo una semplice bevanda o ancor peggio una sostanza che porti all’ebbrezza, non è di certo semplice, non tanto per i contenuti che potremmo offrire, bensì perché è quasi impossibile arrivare tramite la carta stampata specializzata, ma persino tramite i wine magazines online ed i wine blogs.

Il perché è ovvio ed è relativo all’esclusività intrinseca ad una materia spesso sin troppo tecnica ed elitaria come quella enoica. Ciò che, però, pone il Vino in un assurdo assoluto è il fatto che questa esclusività poi cozzi completamente con i numeri dei consumi e con la normalità del ruolo del Vino nella vita della maggior parte delle persone (astemi a parte!), ovvero la sua fruizione quotidiana (o quasi) indipendente da ogni singola questione su cui io stesso mi affanni a disquisire un giorno sì e l’altro pure: diatribe sui vini “naturali”, sulle certificazioni bio, mode insensate o correnti da seguire vedi anfora, vegan e derivati e forse, l’unica che avrebbe una reale attinenza con un bacino più generico di pubblico, ovvero l’etichetta del Vino.


In questo mondo di social-dipendenti, in cui lo smartphone è divenuto una appendice se non un diretto prolungamento del nostro corpo e della nostra persona, mi chiedo se non siano davvero quegli stessi social networks il modo migliore per cercare di arrivare ad un pubblico maggior di consumatori di Vino e – ripeto – non necessariamente appassionati, ma – magari – potenziali tali.
Io credo nella libertà di espressione e che la comunicazione sia qualcosa di meraviglioso, purché non sfoci nella disinformazione o nell’eccessiva superficialità che può portare ad incomprensioni di fondo così largamente distribuiti dal finire con il disinformare.
Credo che si possano utilizzare tutti i social e tutte i mezzi che essi ci mettano a disposizione, ma con equilibrio ed onestà, poi che si parli di potatura in termini prettamente tecnici o si facciano degustazioni leggere e di provi a far arrivare il Vino nella casa della massaia di Voghera, non importa, ogni contenuto avrà il suo pubblico ed avrà successo se sarà stato in grado di dare al target di riferimento ciò che stesse cercando. E’ fondamentale, però, evitare di creare chiusure, muri e strade a senso unico, in quanto il Vino è un argomento troppo ampio e la sua comunicazione è troppo stratificata per pensare di poter aver una sola linea di contenuto. 
Poi, sia chiaro, io non mi sono mai posto l’obiettivo di arrivare a tutti e di certo continuerò per la mia strada nicchia o non nicchia, raccontando storie che per qualcuno potrannoe essere interessanti per altri meno, parlando spesso di Vini che anche volendo non arriverebbero mai al consumatore generico per via del nome poco altisonante e dei piccoli numeri e facendo approfondimenti su temi che, magari, saranno più interessanti per chi è dentro ed intorno al Vino e non per il consumatore occasionale, ma è giusto che qualcosa si faccia anche per allargare il pubblico rispetto a questi temi e credo che se ognuno, a partire dalle cantine stesse, si adoperasse per ampiare il proprio bacino di utenza in termini comunicativi, gioverebbe a tutti e ci sarrebbe molta meno polemica e molta meno disinformazione.
comprare vino online

La pubblicità del Vino

Ciò che è successo con l’ultima pubblicità di una nota catena di supermercati (che non citerò per non fare ulteriore pubblicità gratuita, ma che tanto, avrete capito quindi… è come se l’avessi fatto!) è esemplificativo di quello che non dovrebbe essere la comunicazione del Vino, ma anche di ciò che fior fior di agenzie di marketing reputano sia adatto ad un bacino d’utenza generalista, di consumatori italiani. Che succede in quella pubblicità? Molti di voi avranno pensato “ma come si fa ad abbinare un “Lambrusco”, per di più con un prezzo vergognoso ed irrispettoso per chi il Vino lo produca con tutti i Santi crismi, con le ostriche crude?”, ma nel marketing generalista nulla è lasciato al caso e se noi appassionati ed addetti ai lavori siamo balzati sulla sedia inorriditi o, forse meglio, siamo scoppiati a ridere ascoltando quelle parole, la percezione del consumatore quel promo non ha posto l’attenzione sull’assurdo in essere nell’abbinare un “vino” scadente ad un alimento di lusso dal costo proibitivo, bensì ha elevato in un istante quel “vino” scadente ad un livello che non gli compete. Quindi nella mente del consumatore quel vino sarà un affare, un’occasione da non perdere, perché le ostriche non le acquisterà mai, ma stappando quella bottiglia sarà convinto di assaggiare un prodotto che vanti qualità ben superiori a quelle deducibili dal suo prezzo. Dietro uno spot del genere, a prescindere dal testimonial, nulla è lasciato al caso e purtroppo noi ci perdiamo dietro giustissime osservazioni riguardanti il rispetto per il Vino, per i produttori e per tutto ciò che di bello c’è in questo settore, ma le nostre osservazioni, purtroppo, resteranno racchiuse in un fazzoletto, in una nicchia e sottonicchia di winelovers che in termini di numeri non conta nulla nell’ottica della gdo.
La cosa che mi fa rabbia, però è che se chiedi ad una medio-piccola realtà di fare uno spot ti risponde quasi stizzita, come se fare pubblicità al prodotto del proprio lavoro, al proprio territorio ed alla propria persona sia qualcosa di non compatibile col fare Vino… a mio parere, vi sbagliate! In Francia la pubblicità del Vino è a livelli stratosferici, in Spagna non ne parliamo (vi posto un video qui di seguito) e gli unici rimasti a non voler fare video-promo aziendali creativi, dinamici e spendibili più che in tv attraverso social e web, siamo noi italiani. Io non voglio un mondo del Vino intriso di markette, ma vorrei che non fossero solo le grandissime realtà a promuoversi in ogni dove, anche perché ora come ora i costi di produzione di una campagna pubblicitaria per il web, con video che fino a pochi anni fa ci sognavamo (droni compresi) sono davvero irrisori ed hanno un ritorno davvero importante. Creatività e spinta verso il futuro sono fondamentali per riuscire a promuoverci entro i nostri confini ed all’estero in maniera concreta e produttiva e credo che non ci sia mai stato un momento più opportuno di questo per farlo.
Conclusioni…