Dopo anni in cui, purtroppo, non ero riuscito a partecipare all’evento Sangiovese Purosangue di Davide Bonucci, quest’anno sono, finalmente, riuscito a dedicarmi a questa vera e propria full immersion nel Sangiovese che si è tenuta presso la bellissima Enoteca Italiana di Siena.
In una location suggestiva media e winelovers hanno potuto assaggiare decine di espressioni differenti per terroir e filosofia produttiva del principe dei vitigni italiani. Sangioveto, Sangiocheto, Sangiovannina questi sono solo alcuni i nomi dai quali si pensi possa derivare il nome di questa fantastica uva così radicata nella viticoltura del centro Italia, da essere presente in tutte le maggiori denominazioni di Toscana, Umbria, Marche e Romagna.
Molte di queste denominazioni erano presenti in degustazione presso l’Enoteca Italiana di Siena, dalle più blasonate Brunello e Nobile di Montepulciano al Romagna Sangiovese Doc.
Un’occasione unica, per me, per poter vivere il Sangiovese in due modalità differenti: in un primo momento, degustando alcuni selezionati Vini, senza la presenza dei produttori, ma in seconda battuta potendoli riassaggiare confrontandomi apertamente con ciascun produttore.
Dalla 3, intense giornate, all’insegna del Sangiovese ciò che è emerso, almeno per quanto mi riguardi, è la grande duttilità espressiva di questo varietale così nobile, ma democratico allo stesso tempo. Un’uva che pretende grande rispetto, ma sa ricambiarlo con uno spettro organolettico dalle infinite sfaccettature.
Ho avuto modo di assaggiare più o meno un centinaio di Vini e la qualità è devo ammettere che il lavoro di tutti i produttori si sia dimostrato lodevole, ma le sorprese non sono mancate.
Come sempre, citerò alcuni delle Cantine che con i loro vini mi hanno convinto di più organoletticamente ed emozionalmente, ma questo non significa che gli altri siano stati inferiori. Semplicemente, i vini che troverete qui sotto sono quelli che rappresentano meglio la mia idea di Sangiovese.
Costa Archi: conoscevo già i vini di Gabriele Succi, ma aver la possibilità di assaggiarli in una così ampia comparativa poteva far emergere eventuali lacune o pecche, invece non ha fatto altro che confermare, se non esaltare, la cifra stilistica del Assiolo e del GS.
Il Molinaccio di Montepulciano: un’azienda relativamente giovane, che vanta già una forte identità minerale data da terreni molto carichi di scheletro. Finezza costante. La loro è stata una delle Riserve di Nobile più eleganti assaggiate negli ultimi anni e c’è ancora tanto margine. soprattutto per le scelte in cantina.
Marta Valpiani: trovo sempre i vini di quest’azienda molto diretti, schietti eppure molto femminili e non so voi, ma a me piace molto la femminilità nel Sangiovese, là dove coincide con un’eleganza non ostentata, fatta di semplicità ed umiltà. Da notare che il loro Romagna Sangiovese era uno dei pochi, se non l’unico, tappo stelvin presenti e ne ho apprezzato la coerenza.
Marco Capitoni: Marco è un produttore di cui ho già avuto modo di scrivere, ma non mi stancherò mai di farlo, in quanto trovo il suo Frasi uno di quei vini che, davvero, possono essere ricondotti alla personalità del produttore e Marco è davvero un uomo di grande valore e dai grandi valori… proprio come il suo vino. Interessante la sua sperimentazione in anfora.
Condé: un’azienda che non conoscevo, seppur di notevoli dimensioni. Siamo a Predappio ed a gestirla è una ragazza giovanissima, Chiara Condello, ora supportata dal Maestro Federico Staderini (l’unica azienda fuori dalla Toscana in cui Federico metta a disposizione il suo sapere e la sua esperienza). Vini forte evoluzione, che crescono di annata in annata con la crescita delle viti (molte ancora giovincelle) e, nelle ultime annate, grazie al lavoro di squadra fra Chiara e la sua squadra, capitanata proprio da uno dei più grandi uomini del Vino italiano per personalità, capacità ed umiltà. Ammetto che la voglia di seguire il percorso di Chiara e di Federico è forte e non mancherò di aggiornarvi sui prossimi assaggi. Mi aspettavo qualcosa di più “commerciale”, invece ho trovato naturale eleganza e quella buona dose di rischio che precede i grandi salti di qualità.
Monterotondo: aspettavo da tempo di incontrare il mio omonimo, Saverio Basagni, vignaiolo con le idee molto chiare, ma di quelli che fa dell’equilibrio e della ragione le prime regole per poter produrre grandi vini. Una piccola cantina a Gaiole in Chianti, che fa biologico vero da oltre 20 anni e che non ha mai seguito mode. Un equilibrio che ho riscontrato sia in Saverio che nei suoi vini e che oggi è ciò che di meglio ci si possa aspettare da un vino, specie nel Chianti.
Nicolucci: un riferimento per la viticoltura romagnola e la massima espressione del Sangiovese a Predappio, per quanto mi riguardi. Il Vigna del Generale 2006 è in assoluto l’assaggio che mi ha colpito di più in tutta la manifestazione per personalità e territorialità.
Sanlorenzo: Luciano Ciolfi ormai non sbaglia più un colpo. La piccola realtà ilcinese ha ormai catturato la mia attenzione anni fa e dal primo assaggio del suo Brunello ho sentito forte la necessità di approfondire la conoscenza del produttore e dell’azienda. Luciano vuole fare vini buoni con rispetto, ma non smettendo mai di sperimentare, con senno e cognizione di causa. E’ un tipo schietto e che non ama troppo i voli pindarici, ma assaggiando il suo Brunello 2011 ad occhi chiusi ho volato come fossi un drone sopra le sue vigne, tanto sia riconoscibile il suo terroir.
San Biagio Vecchio: altra cantina che conoscevo già, ma dalla quale bisogna aspettarsi sempre qualche sorpresa! Sorpresa che anche questa volta è arrivata puntuale dal Porca Loca, uno di quei vini “bocciati” dalle denominazioni perché differiscono al naso dai dettami del disciplinare… uno di quei vini che, proprio perché bocciati, acquisiscono il valore aggiunto dell’unicità e della personalità. Nessun difetto, solo quelli che sono i sentori naturali di quel Sangiovese, coltivato in quel luogo, fatto da quel vignaiolo! Profumi ai quali forse siamo poco abituati, perché, sin troppo spesso, imbrigliati da scelte tendenti all’omologazione. Ottimo anche l’Oriolo, giocato su equilibri sottili tra affabilità e forza.
Poggio Grande: la Val d’Orcia e l’Orcia DOC devono molto a Luca Zamperini ed al lavoro svolto sino ad ora. Il suo Sesterzo continua ad essere un’espressione di Sangiovese Grosso che potrebbe competere alla cieca con molti dei più blasonati e costosi cugini ilcinesi. La grande materia si sviluppa in una profondità disarmante, dalla persistente eleganza. (Non dovrei parlare di bianchi in questo contesto, ma non perdetevi la 2015 del loro Tagete… tanta roba!).
Antonio Camillo: piccolissimo produttore maremmano, dalla palese esperienza, capace di produrre uno dei pochi Morellino che abbia apprezzato negli ultimi anni. Il suo apice, però, lo trova in una piccola produzione di Ciliegiolo, che ha avuto modo di farmi assaggiare, nonostante l’evento fosse dedicato al Sangiovese. Vini molto dinamici, figli di una visione molto spontanea, ma consapevole del vino.
Fattoria del Pino: dopo il mio ultimo Benvenuto Brunello, credo di aver consigliato i Vini di Jessica Pellegrini a decine di persone tanta fu la mia meraviglia nell’incontrare un Brunello così poco “fighetto”! Condizionamenti o meno, io continuo a sentire in ogni vino di questa vera vignaiola, così gelosa delle sue viti dal curare ogni fase in vigna in assoluta autonomia, quello che si sente quando si guardano le nuvole muoversi in cielo, ovvero la leggerezza e la spensieratezza, là dove per muovere anche solo un piccolo cumulonembo ci voglia una forza impressionante da parte del vento. Tanto lavoro, tanta attenzione, tanta passione si fanno bere con semplicità ed inerzia.
Colle Santa Mustiola: in una cantina in cui la storia si interseca al presente e la poesia sembra essere radicata in vigna ancor più profondamente di quanto lo siano le viti stesse, non poteva che nascere un Sangiovese di grande spessore come il Poggio ai Chiari. Uno di quei vini che sembrano non scomporsi mai nella loro integrità, eppure sanno far scomporre l’animo con caleidoscopiche sensazioni.
Fattoria Fibbiano: il Sangiovese è di casa nei vigneti dei fratelli Cantoni, che ne sanno tirar fuori il meglio, con un approccio molto rispettoso. Il Ceppatella, che avevo già avuto modo di assaggiare, è una grande espressione di Sangiovese, pieno ed elegante, senza mai perdere le peculiarità tipiche del terroir di Fibbiano, ovvero freschezza e sapidità.
Podere Marcampo: una scoperta recentissima per me, della quale ho scritto solo pochi giorni fa, ma che a Sangiovese Purosangue portava un Severus 2012 che conferma le potenzialità di Volterra come riscoperta terra del Vino.
-Da segnalare, sempre a Volterra, la cantina Monte Rosola, che approfondirò sicuramente nelle prossime settimane.
Castello di Velona: altra cantina di cui ho già avuto modo di parlarvi, ma che mi stupisce ad ogni assaggio per la crescita esponenziale avuta negli ultimi anni. Mario Fedolfi e la sua squadra di vignaioli e cantinieri stanno portando avanti questo progetto in maniera encomiabile, con grande umiltà e step by step ed i risultati si sentono… nel bicchiere!
Le Macioche: allo scorso Benvenuto Brunello feci una bella retrospettiva di ciò che quest’azienda fu prima del cambio al “comando” e non ero di certo stato deluso, anzi! Riassaggiando la nuova annata di Brunello ed approfondendo quello che è il nuovo progetto “green” di questa cantina la curiosità per le prossime annate è tanta e, per questo, credo che Le Macioche siano una delle realtà ilcinesi da tenere più d’occhio!
Tolaini: Vini di livello assoluto ed un Sangiovese di grande prospettiva, per quest’azienda che ho avuto modo di visitare e di approfondire, che vanta una storia tutta da raccontare. Una storia che vi racconterò prestissimo perché ne vale davvero la pena!
Marroneto: della profonda ed emozionale verticale di Marroneto condotta da Alessandro Mori ho parlato qui www.wineblogroll.com/marroneto-brunello-verticale.
Molti gli assaggi interessanti, oltre a quelli citati qui sopra, ma ci tenevo a condividere con voi quelli che di più mi hanno colpito per espressività di questo varietale così duttile e mutevole, eppure così riconoscibile… sempre! Il Sangiovese come veicolo di identità territoriale e personalità del singolo produttore, ecco cosa ho potuto evincere da questa full immersion “sangiovesiana” e, nella speranza… chissà… di trovare anche qualche espressione delle Marche, il prossimo anno, intanto mi godo questa piacevolissima esperienza, che andrebbe sviluppata anche con altri vitigni italiani, per poterne apprezzare al meglio il caleidoscopio di sfumature.
Viva il Sangiovese!
F.S.R.
#WineIsSharing
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