Maledetti Wine Bloggers!!!

Non ve l’aspettavate un titolo del genere da un Wine blogger, vero?! Inutile dire che fosse ironico, ma la realtà e che mi sento un po’ confuso, sapete?!
Ultimamente vedo da un lato un aumento dei miei followers e delle visite a questo wineblog, concomitante alla nascita di nuovi wine bloggers – sia chiaro, io sono per il “più siamo è meglio è” purché ci sia unità d’intenti, ovvero comunicare il vino in maniera positiva e propositiva, meglio se obiettiva -, ma dall’altro sento una sorta di
insofferenza nei confronti della figura del blogger e, purtroppo,
anche verso quella del Wine Blogger.
In realtà, credo la cosa sia
comprensibile data la congiunzione socio-economica che ha portato al
fiorire, in maniera indiscriminata, di bloggers di ogni categoria,
che trattino di ogni genere di argomento e che approccino il proprio
settore nei modi più svariati. Il fatto è che il giovane senza
lavoro, la casalinga annoiata, l’appassionato (eccomi!), ma anche
l’esperto e persino il giornalista oggi siano tentati dall’aprire un
blog, questo per via della facilità di creazione e di gestione di
uno dei canali di comunicazione più importanti (quanto meno in
termini di numeri) del nuovo millennio.
Ora, senza spendersi troppo in paragoni
e confronti e senza perdersi in poco utili digressioni, passiamo a
quello che è accaduto e sta accadendo nel mondo del Vino.
La figura del Wine Blogger si fa a
posizionare in un comparto già critico di per sé, con notevoli
problematiche comunicative e questo rende questo canale molto molto
delicato da approcciare e da sostenere.
Qualche settimana fa sono stato
convocato da un caro amico professore allo IED di Roma, per portare a
ragazzi poco più giovani di me la mia esperienza diretta in questo
frastagliato mondo del wine blogging.
La lezione iniziava proprio con una
divisione dei Wine Blog in alcune categorie focali:
  • Commerciali/Promozionali – si tratta di blog
    in cui vengono recensite cantine e/o vini in maniera palesemente
    commerciale, quindi dietro compenso, stringendo un rapporto di
    collaborazione con le aziende stesse;
  • Aziendali – lo dice la parola
    stessa… si tratta di wine blog gestiti direttamente da produttori
    ed aziende vitivinicole per la promozione dei propri vini o
    semplicemente per avere un canale di comunicazione più informale e
    diretto con i propri followers/clienti (le pagine facebook, e gli
    account social in generale, stanno pian piano sostituendo il blog
    interno ai siti);
  • Informativi – parliamo di blog a
    carattere meramente informativo con notizie, dati statistici,
    ricerche e cronaca enoica. L’approccio è distaccato;
  • Divulgativi – blog che
    forniscano nozioni più o meno approfondite riguardo la tecnica di
    degustazione, l’enologia e la viticoltura o più in generale la
    cultura del vino;
  • Degustazione – spesso gestiti da
    Sommelier professionisti, sono wine blog nei quali potremo trovare
    descrizioni organolettiche/sensoriali dei vini assaggiati
    dall’autore in modo più o meno tecnico e più o meno emozionale, in
    base all’approccio del degustatore;
  • Storytelling – termine che viene
    utilizzato in molti campi, dai blog di viaggi a quelli di lifestyle,
    ma che nel mondo del vino acquisisce un valore aggiunto. Parliamo di
    blog nei quali potrete trovare veri e propri racconti riguardanti
    storie di territori, cantine e produttori/vignaioli. Il carattere
    è, spesso, narrativo/emozionale.
Questi sono solo alcuni dei principali
focus che un Wine Blogger possa avere e nessuno impedisce di creare
commistioni fra i vari punti – wineblogroll ne è un esempio – e,
che ci piaccia o no, è normale che sia così! In ogni settore della
comunicazione, dalla moda al food, dall’elettronica ai viaggi,
l’invasione dei blogger e dei social influencers
è progredita più o
meno allo stesso modo, ma è nel mondo del vino, in realtà, è
quello che sta mantenendo un maggior equilibrio.
Questo perché in Italia siamo tutti
allenatori di calcio, cuochi e stilisti, ma non di certo –
purtroppo – degustatori o enologi e questo perché il Vino è,
specie nell’era moderna, diventato argomento elitario, distaccante e
poco coinvolgente. Questo è un vantaggio in termini di contenimento
dell’invasione dei wine blog a carattere commerciale (do ut des –
richiesta campioni + compenso = recensione positiva), ma sta
mostrando sempre di più problematiche legate alla sua capacità di
arrivare ad un bacino di utenza meno ristretto e ad un target di
riferimento più ampio.
Il problema principale è rappresentato
dalla visione distorta di social e wine blogs da parte di produttori
e giornalisti stessi e dalla superficialità/furbizia – decidete voi come vederla – con cui molti blogger arrivano a scrivere di vino.
I primi – giustamente – non nutrono
fiducia in questo canale a causa delle centinaia di emails di
scrocco-bloggers che avanzano richieste su richieste, portando in
dote numeri (followers e visite) puntando sulla, spesso, scarsa
conoscenza delle dinamiche di visibilità, posizionamento e social
influence dei produttori stessi, al solo fine di guadagnare e
accaparrarsi qualche campione, spesso rivenduto al “peggior”
offerente.
I secondi si vedono “cornuti e
mazziati” in quanto privati del valore intrinseco della propria
professione e depredati di fette di comunicazione, fino a pochi
lustri fa, a loro esclusivo pannaggio. Questo è più che
comprensibile, in quanto un blogger – almeno per il momento – può
non essere iscritto all’albo dei giornalisti e non deve
necessariamente avere un percorso di studi alle spalle che ne
giustifichi le capacità giornalistiche.
Per quanto concerne i bloggers improvvisati, in realtà, anch’io lo sono stato o forse no… non so! Chi può dirlo in fondo? Avevo studiato, assaggiato, visitato decine di cantine, ma non ero di certo un esperto, come non lo sono adesso. Eppure in molti mi seguono, molti produttori credono nel mio palato e nella mia “penna”, alcuni altri mi stimano come persona e c’è persino chi pensa che capisca qualcosa di vino, proprio strano il mondo!!!
Ma… sono consapevole di poter non piacere a qualcuno, di poter essere criticato per aver barattato l’emozione con la tecnica sin troppe volte ed apprezzo chi decida di non leggermi perché non si ritrovi nelle mie parole o nel mio modo di vedere e vivere il mondo del vino, ma io il vino lo vivo! Lo assaggio! L’assurdità, oggi, è rappresentata da quel mondo di pseudo comunicatori ed influencers che diventano tali perché postano foto preconfezionate, producono contenuti scialbi e privi di alcuna competenza diretta, copiano ed incollano descrizioni o ancor peggio si fanno inviare campioni per poi rivenderli, come compenso di una marketta. Come già detto, io rispetto tutti ed accetto ogni modus operandi purché dichiarato e, probabilmente, se esistono questi bloggers/influencers è perché esistono produttori che stanno al gioco o forse… sono state proprio quelle grandi cantine a creare questi mostri! E chi può biasimarli!? Da un lato visibilità in cambio di qualche bottiglia di vino, dall’altra un compenso per qualche click… ma non è quel che auguro al mondo del vino e credo che potremmo evitarlo, più di altri settori, facendo cultura in modo semplice e diretto con rispetto ed unità di intenti fra tutte le categorie di media.
In un recente convegno dal tema “Comunicare il vino” Francesco Iacono, parla così dello storytelling del vino: 

“non si puòraggiungere il
consumatore solo con la classica comunicazione pubblicitaria.
Semplificando, si potrebbe infatti dire che narrazione è riportare
una storia…. ma, di fatto, non è solo questo, perché la storia
deve essere vera e condivisa. Questo vale ancor più nel mondo del
vino, dove molti sono i luoghi comuni. La narrazione deve essere
quindi basata sulla trasparenza, bisogna comunicare quello che si sa
e che si può comunicare. La sfida è farlo senza banalizzare ma
rendendo il racconto bello, emozionante e, soprattutto, vero.”
Ed io non posso che essere d’accordo!

Quindi, per quanto possa essere scontato
dirlo – ed in questo caso non lo è! – non si può fare di tutta
l’erba un fascio, perché esistono wine bloggers davvero
preparati, in Italia ancor più che all’estero, e con una propria etica editoriale, spinti da motori che
possono sembrare meno nobili di un diploma o una laurea, ma possono
portare – almeno nel mondo del vino – ad una conoscenza adeguata,
ovvero curiosità e passione. Inoltre, non sono pochi i giornalisti
che abbiano compreso le potenzialità del blog e l’anacronismo della
carta stampata, tuffandosi nel wine blogging e, a parte qualche
eccezione, tutti con rispetto e grande dedizione.

Curiosità e passione, come accennato,
non bastano da sole a poter essere presi sul serio ed a volte neanche
l’etica ha un senso, in quanto materia opinabile e provocatoria,
capace di indurre dubbi ancor più che di placarli dando maggior
sicurezza e garantendo affidabilità. Ciò che occorre è verità,
filtrata dagli ovvi canoni di soggettività individuale, ma
obiettiva.
Seguendo tanti wine bloggers italiani e
stranieri
, tramite la mia rassegna stampa enoica e confrontandomi con essi
attraverso i social, mi rendo conto di quanto l’obiettività sia
fondamentale e quanto essa possa permettere ad ognuno un approccio
diverso. L’errore è pensare che tutti debbano seguire una certa
linea guida, che tutti debbano scrivere degustazioni tecniche perché
il Vino è tecnica ed il produttore vuole un parere razionale sul
prodotto del suo lavoro – per la cronaca… quello è un lavoro e
si chiama enologo, ancor più che sommelier -, piuttosto che fare
informazione proponendo news, ricerche di mercato, dati statistici o
che tutti debbano parlare di vino in maniera più emozionale e meno
fredda. Il vino è materia viva e complessa e vanta una miriade di
sfaccettature e, mi piace credere, che la strada giusta sia quella
della libertà d’espressione e di approccio purché subordinata
all’obiettività. Io non posso criticare il blog commerciale, perché
c’è chi vede il blog come un lavoro e non fa altro che gestirlo come
fosse un’agenzia di marketing o una concessionaria di pubblicità, ma
credo andrebbe palesato ed a volte questo viene furbescamente omesso.
Il lettore va tutelato e deve sapere che se si sta elogiando un vino
o si sta parlando di una cantina come fosse la migliore al mondo ci
sono buone possibilità che questo sia stato, quanto meno, agevolato
da un compenso diretto. 
Come non credo si possano criticare i
degustatori che pubblicano note meramente tecniche, perché c’è
tutta una nicchia di lettori, appassionati, professionisti e
produttori che amano quel tipo di approccio e si nutrono di quelle
descrizioni trovando nella razionalità la bellezza del sapere e
nella tecnica un’espressione emozionante dell’attività cognitiva
umana.

Ovviamente, la mia propensione è verso un approccio più emozionale, che sia un blend
equilibrato ed armonico di storytelling e note di degustazione, ma
questo solo perché è quello che io sento di fare, non di certo
perché la trovi l’unica via per comunicare il vino, anzi… sono
molto critico nei confronti di chi utilizza lo storytelling in
maniera poco coerente e poco concreta, in quanto evidenzia lacune
nella conoscenza di territori, cantine e vino e questo può indurre i
lettori a credere o pensare cose che hanno poca attinenza con la
realtà. Il realismo nello storytelling del Vino è fondamentale, per
il resto ci sono i romanzi.
Il mio approdo nel mondo del vino, ad
esempio, nasce da una grande passione sbocciata 10 anni fa con il mio
primo trasferimento in Toscana, dopo aver girato un po’ il mondo e
l’Italia ed aver incontrato produttori, vini e territori, ma ha a
monte una scelta indotta da un percorso di studi consono alla scelta
dello scrivere, nonché da una serie di corsi ed approndimenti
tecnici riguardanti degustazione ed enologia. Inoltre, il know how
che ho acquisito lavorando nel mondo della comunicazione online e
nella gestione di siti web è stato fondamentale nel comprendere cosa
non fare! La mia è stata una scelta radicale: non seguire regole
ferree regole di SEO, non creare un wine blog troppo complesso o
accattivante, ma semplicemente dar libero sfogo ad una grande
passione, con rispetto per chi fa il vino e per chi legge di vino, il
tutto con il massimo della semplicità.
Persino le gratificazioni relative alle
segnalazioni tra i migliori wine influencers, le migliaia di visite
al giorno e la grande mole di followers che i miei profili social
hanno acquisito negli ultimi anni sono frutto di una comunicazione
organica e priva di “spintarelle”, ma dispiace mettere così
tanto impegno e così tanta volontà nel provare a parlare i vino a
più persone possibili, sperando in un avvicinamento ad un mondo che,
ripeto, è stato troppo elitario per troppo tempo senza motivo, per
poi vedere una disaffezione nei confronti del web, dei sociale e
degli stessi blog da parte di chi conta più di ogni altra cosa
nell’equazione della comunicazione enoica, ovvero i produttori.
Io capisco i giornalisti e so che
piano piano la critica e l’insofferenza da loro provata nei confronti
dei blog lascerà spazio ad un confronto e, magari, ad una sempre più
rispettosa collaborazione verso lo stesso fine, ma pensare che dei
produttori perdano la possibilità di parlare della propria realtà e
dei propri vini a causa di qualche mela marcia è davvero spiacevole,
per quanto più che comprensibile.

Alcuni produttori mi hanno chiesto: “Come scelgo a chi spedire i campioni?”

L’unica cosa che mi sento di suggerire è diffidare di chi propone
collaborazioni commerciali fini a se stesse, ma al contempo di non
snobbare la figura dei wine bloggers a prescindere. Seguiteli sui
social, confrontatevi con loro, date un’occhiata al blog ed appurate che siano ricchi di buoni contenuti, cercate di comprenderne la
“filosofia” e l’approccio e sono certo che troverete qualcuno in
linea con la vostra idea di comunicazione.
Se togliamo tutto ciò che
di negativo c’è nel blogging, resta qualcosa di fondamentale, ovvero
la possibilità di arrivare ad un pubblico molto più ampio e
variegato anche per le cantine che fino a pochi anni fa avrebbero
dovuto investire migliaia di euro in campagne promozionali meramente
pubblicitarie. Se siete restii all’invio di campioni, invitati i wine
bloggers in cantina, segnalate la vostra presenza ad eventi, fate in
modo di aver un confronto diretto con loro, ma non etichettate questa
figura come qualcosa dalla quale tenersi a distanza, potreste perdere
buone occasioni di essere
 comunicati in maniera seria, sincera e,
soprattutto, gratuita.

Essere un wine blogger ha i suoi privilegi…
Per chiarezza, una volta acquisite stima ed influenza il wine blogger può godere del vantaggio di essere invitato a degustazioni a numero chiuso, di vedersi aprire le porte di cantine meno inclini alle visite e di poter ricevere campioni per dare il proprio parere, purché libero da dinamiche commerciali, riguardo i vini di una determinata cantina, ma questo arriva col tempo e, nel mio caso, con non poco stupore. Non credo ci sia un’altra via se non quelle dell’equilibrio e dell’umiltà, poggiate su una buona dose di sicurezza costruita cantina dopo cantina, assaggio dopo assaggio, incontro dopo incontro, ma soprattutto attraverso il confronto con chi ne sa più di noi.

Ci tengo a precisare che in questo
articolo ho espresso solo ed esclusivamente mie opinioni personali e
non ho alcun interesse nel rappresentare una categoria nella quale
sono stato inserito da altri e non credo mi stia poi così a
pennello, ma ci tengo a spezzare una lancia in favore di chi dedichi
tempo, passione e voglia di fare ad un mondo che ha bisogno anche di
questo, di essere svecchiato e reso più democratico e l’unione di
blog e social networks, se gestiti bene può sicuramente agevolare la
cosa. Un vero wine blogger è, nella maggior parte dei casi, un grande appassionato di vino che non scrive per un ritorno economico e che ha speso parte dei suoi guadagni in vino ed ancora oggi investe tempo e denaro per viaggi enoici e visite in cantina. Costi che non tutti i giornalisti devono sostenere in quanto godono della congrua copertura spese della testata o della guida per la quale lavorano, com’è giusto che sia dato che in quel caso si tratta di lavoro a tutti gli effetti.
Inoltre, all’uomo è stato fatto un
dono meraviglioso, il libero arbitrio, quindi inutile criticare
qualcuno o qualcosa, quando basterebbe semplicemente non seguire
quelle persone e non leggere quei blog, no? Sono convinto che chi ami
il vino sia in grado di discernere fra ciò che faccia al caso
proprio o chi/cosa no, ma l’unica cosa che invito a perseguire la strada dell’obiettività. Non prendetevela con chi ha fatto di una passione un blog, in fondo, non fa nulla di male – e non parlo di me, che ormai sono un caso a parte 😋 -, forse sono scomodi per qualcuno, forse sbaglieranno, forse sanno meno di altri, ma che male c’è nello scrivere di qualcosa che si ami, senza troppe pretese? Se hanno seguito e se un giorno condizioneranno davvero i mercati, sarà davvero così terribile? Guardatevi intorno… chi condiziona oggi l’informazione? Il mercato? L’economia? Ed il mondo del Vino in toto? Sono forse i wine bloggers? Naaa… e, ascoltate un cretino, i blog sono l’ultima cosa di cui dovreste preoccuparvi e, forse, una volta trovato quello giusto per voi potreste anche arrivare a fidarvi di quel blogger ed a scegliere cosa bere, quale cantina visitare, quale approccio in vigna ed in cantina seguire in base a ciò che vi suggerirà, ma non dimenticate mai di avere senso critico e di essere voi a decidere se quel consiglio sia stato opportuno o meno. E’ solo questo che conta.

Mi scuso per essermi dilungato troppo, ma questo è, per ovvi motivi, un argomento che mi sta molto a cuore e per me che non l’ho mai visto come un lavoro e che ho sempre messo l’anima e la faccia in tutto ciò che ho fatto e scritto, è importante evitare generalizzazioni.

F.S.R.
#WineIsSharing

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