Continua il mio percorso a ritrovo attraverso le anteprime toscane e giungo oggi a parlarvi della prima, alla quale ho partecipato, in ordine temporale, ovvero quella del Nobile di Montepulciano.
Sarò onesto con voi e lo farò mantenendo il massimo rispetto per il lavoro dei produttori e del Consorzio, ma soprattutto per un territorio che ha rappresentato tanto e potrebbe ancora rappresentare molto per il vino italiano… per la seconda volta in vita mia – la prima alla prima edizione dell’anteprima del Sagrantino – mi sono trovato in una situazione di disagio dopo un’anteprima, in quanto, rientrando alla base, mi sono reso conto valutazioni, appunti ed emozioni alla mano che io ed il Nobile di Montepulciano, oggi, non riusciamo ancora a trovare il feeling giusto, se non in rare eccezioni.
Questo, non tanto per il lavoro dei produttori, che c’è e sta crescendo, ma per lo più, per via delle caratteristiche il varietale principale assuma in questo areale, che nella maggior parte dei casi lo rendono inadatto ad essere anche solo proposto en primeur, senza una previa adeguata maturazione, che porti ad uno smussamento delle asperità ed una maggior armonizzazione delle parti dure e morbide del vino stesso.
Cosa dovuta, principalmente, alla prevalenza di terreni argillosi, abbastanza pensanti, e quindi ad un Sangiovese, che senza il supporto del taglio, rischi di risultare, sin troppo spesso, troppo imponente e dal tannino amaro, mancando un po’ di grazia. Eppure un’annata “storta” come la 2014, per quanto difficoltosa, ha lasciato scorgere uno spiraglio dal quale non è entrata luce, ma vento… un vento fresco, che in rari, ma importanti, casi è stato enfatizzato da una buona dose di mineralità. Forse è questa la strada – a meno che non si abbia la forza e la pazienza di attendere -… un Nobile più fresco, che abbia una beva più agevole sin dai primi anni di vita e che riesca a smussare i propri spigolo da un lato ed a mantenere freschezza dall’altro, senza scadere nelle marmellatone. Questo grazie al lavoro in vigna (purtroppo non ovunque il Sangiovese è stato impiantato nelle condizioni più favorevoli per far sì che si esprima in eleganza e non solo in potenza), ma – è inutile negarlo – anche grazie alla tradizionale arte del taglio. Inutile far i puristi, là dove non si puote!
Io amo il Sangiovese in purezza è lo cerco come un eno-rabdomante, ma se una zona, per terreno e clima, non è particolarmente vocata alla coltivazione di questo vitigno, sia esso prugnolo gentile (mi viene quasi da pensare che non sia il clone più giusto per questa zona) o altro clone, come i cari cugini francesi insegnano e come ci suggeriscono le vigne stesse – e, quindi chi le impiantò -, che nei loro filari prevedevano già altre varietà da taglio come tra le quali mammolo, colorino, canaiolo e malvasia nera e bianca, trebbiano e colombana – più recentemente sostituite da vitigni internazionali -, per trovare gli equilibri, specie in annate difficili, la coesione ed il supporto vicendevole fra diversi varietali è fondamentale in questa terra.
Questo, non tanto per il lavoro dei produttori, che c’è e sta crescendo, ma per lo più, per via delle caratteristiche il varietale principale assuma in questo areale, che nella maggior parte dei casi lo rendono inadatto ad essere anche solo proposto en primeur, senza una previa adeguata maturazione, che porti ad uno smussamento delle asperità ed una maggior armonizzazione delle parti dure e morbide del vino stesso.
Cosa dovuta, principalmente, alla prevalenza di terreni argillosi, abbastanza pensanti, e quindi ad un Sangiovese, che senza il supporto del taglio, rischi di risultare, sin troppo spesso, troppo imponente e dal tannino amaro, mancando un po’ di grazia. Eppure un’annata “storta” come la 2014, per quanto difficoltosa, ha lasciato scorgere uno spiraglio dal quale non è entrata luce, ma vento… un vento fresco, che in rari, ma importanti, casi è stato enfatizzato da una buona dose di mineralità. Forse è questa la strada – a meno che non si abbia la forza e la pazienza di attendere -… un Nobile più fresco, che abbia una beva più agevole sin dai primi anni di vita e che riesca a smussare i propri spigolo da un lato ed a mantenere freschezza dall’altro, senza scadere nelle marmellatone. Questo grazie al lavoro in vigna (purtroppo non ovunque il Sangiovese è stato impiantato nelle condizioni più favorevoli per far sì che si esprima in eleganza e non solo in potenza), ma – è inutile negarlo – anche grazie alla tradizionale arte del taglio. Inutile far i puristi, là dove non si puote!
Io amo il Sangiovese in purezza è lo cerco come un eno-rabdomante, ma se una zona, per terreno e clima, non è particolarmente vocata alla coltivazione di questo vitigno, sia esso prugnolo gentile (mi viene quasi da pensare che non sia il clone più giusto per questa zona) o altro clone, come i cari cugini francesi insegnano e come ci suggeriscono le vigne stesse – e, quindi chi le impiantò -, che nei loro filari prevedevano già altre varietà da taglio come tra le quali mammolo, colorino, canaiolo e malvasia nera e bianca, trebbiano e colombana – più recentemente sostituite da vitigni internazionali -, per trovare gli equilibri, specie in annate difficili, la coesione ed il supporto vicendevole fra diversi varietali è fondamentale in questa terra.
La mia è una posizione del tutto personale ed una sensazione prettamente individuale, quindi non credo opportuno parlarvi della manifestazione in senso lato, bensì preferirei dedicarmi proprio a quelle eccezioni, che potrebbero, step by step, riappacificarmi col Nobile e, soprattutto, con un Sangiovese che in questa terra acquisisce peculiarità molto differenti da quelle espresse dai cugini di Montalcino e del Chianti Classico, com’è normale ed ovvio che sia, specie viste le condizioni pedoclimatiche divergenti.
Eccovi i miei assaggi da ricordare dell’Anteprima del Nobile di Montepulciano:
Boscarelli: parto con una certezza, che – per fortuna – non accenna a deludermi con vini puliti, equilibrati e di forte identità territoriale. Il Nobile 2014 è il sunto di quanto premesso in questo articolo, mostrando quanto contino sapienza e rispetto nella ricerca del naturale equilibrio del vino in bottiglia, da ritrovare poi nel calice. I saldi classici con uve tradizionali, unitamente all’abilità nel comprendere ed interpretare l’annata, rendono questa 2014 una bottiglia da bere e condividere, con interesse e curiosità, in quanto capace di rappresentare a pieno il territorio, ma di veicolare il palato e le sensazioni verso una concezione che fa della tradizione la più contemporanea modernità. Ulteriore esempio di quanto i vitigni siano apolidi finché non trovino la propria “casa”, ovunque essa sia, è la Riserva “Sotto Casa”, che esprime anch’essa notevole armonia, grazie al piccolo supporto di vitigni internazionali. Da dimenticare il cantina il Nocio 2012.
Il Molinaccio: in primis una bellissima azienda, dotata di tutto ciò che possa affascinare un winelover: storia, aneddoti, ma soprattutto location incantevole e vigne che definirei assennate, oltre che belle e ben allevate.
Uno dei pochi “clos” in cui il Sangiovese a Montepulciano venga davvero bene e lo si può apprezzare grazie alla grazie e l’educazione dei tannini in tutti i vini presentati, ma soprattutto dalle masse in purezza che ho avuto modo di assaggiare da botte. Oggi, per me, la più bella eccezione che confermi la regola, parlando di Sangiovese. Nello specifico, ho molto apprezzato la Riserva La Pojana 2012, che ebbi modo di assaggiare qualche mese fa e che si conferma sulla retta via evolutiva, barattando, giorno per giorno, un po’ di struttura con maggior finezza, senza perdere profondità e guadagnando in persistenza. Sfizioso il Rosso 2015 e di buona dinamica il Nobile 2013.
Croce di Febo: stimo molto Maurizio Comitini per la sua competenza e la sua visione del Vino che parte dagli estremi per volgere verso un equilibrio fondamentale, tra natura e uomo.
Divertenti e di gran beva le novità BonBonBio, rosato che non eccede in struttura e mantiene una buona dinamica acido-sapida in bocca e BioLupo un rosso tutto frutto e freschezza, da bere qualche grado sotto la temperatura di servizio consueta, a secchiate! Il Nobile 2014 si conferma pulito ed armonico, seppur da attendere, mentre il Nobile di Montepulciano Riserva Amore Mio 2011 mostra una stoffa non da tutti, che mi fa ben sperare in un’evoluzione degna di una gran bella Riserva.
Montemercurio: azienda che si conferma una grande piccola realtà, capace di stupire come poche altre sanno fare, per concretezza e coerenza e per la forza di saper attendere i propri vini. Vini dalla cifra stilistica inconfondibile, che si lasciano bere oggi, ma fanno auspicare notevole goduria in un futuro più o meno prossimo – quello sta alla vostra pazienza! Molto ben interpretata la 2014 sia nel Rosso di Montepulciano che nel Nobile, del quale ho avuto modo di assaggiare un campione da botte molto rispettoso dell’andamento dell’annata, cogliendone tutto ciò che di positivo se ne potesse cogliere.
Damo 2009 sugli scudi, come sempre, grazie alla sua eterna gioventù data dalla complementarietà di vitigni dai caratteri diversi, ma uniti da una buona vena acida da un lato e da una solida struttura dall’altro. Una chicca il bianco, blend di uve locali, tra le quali il canaiolo bianco che spicca per sapidità e freschezza. Peccato non aver potuto assaggiare il Vin Santo 1990, ma mi rifarò quanto prima.
Podere della Bruciata: interessante incontro quello che ho avuto con questa piccolissima azienda che aderisce al protocollo di Vinnatur. Vini “naturali” che mostrano vitalità e personalità. Questa realtà conferma che, là dove si riesca a mantenere il profilo olfattivo pulito e si trovino i giusti equilibri fra intensità del frutto, profondità del sorso e morbidezza del tannino, si possano produrre ottimi vini ancor più espressivi del proprio terroir con grande rispetto e senza alcun ricorso alla chimica di sintesi. Mi ha colpito molto il Cesiro Nobile di Montepulciano 2012.
Massimo Romeo: il loro Lipitiresco funge da riferimento per questa terra per quanto concerne il Sangiovese in purezza, ormai da anni, e basta ritrovarselo nel bicchiere per comprendere il perché. C’è frutto, freschezza, tannino per nulla sgraziato… materia e disinvoltura, intensità e profondità. Un sorso nitido, che si fa apprezzare a lungo. Rispetto in vigna ed in cantina, che aiuta molto a produrre vini con un carattere molto riconoscibile. Sempre un piacere bere i vini di quest’azienda.
Nota di merito alla storia azienda Avignonesi che sembra essersi avviata verso un nuovo corso con Vini tecnicamente ineccepibili, ma che ritrovano un’identità che da tempo non avevo più riscontrato.
Nei prossimi mesi riassaggerò i vini di aziende che mi hanno incuriosito, ma che presentavano vini che avevano, com’è normale che sia, un grande bisogno di bottiglia: Contucci, il Conventino e Salcheto.
Nonostante la premessa, io credo che ci siano dei cru in cui è bene si continui a credere nel Sangiovese ed io sarò sempre molto lieto di assaggiarlo e acquistarlo, consapevole che, oggi, a Montepulciano, ancor più che a Montalcino, il Vino abbia bisogno di tanta bottiglia.
E’ pur vero che per ridonare i fasti che meriti ad una denominazione in una dubbia fase di transizione, sia fondamentale trovare un equilibrio qualitativo medio importante, livellandolo, ovviamente, verso l’alto e trovando una linea guida che non sia necessariamente la stessa per tutti in termini di vinificazione (il disciplinare è quello… a meno che qualcuno non arrivi, davvero, a cambiarlo), ma quanto meno riesca ad enfatizzare al meglio le peculiarità dell’areale e l’identità del singolo produttore. Credo che un maggior rispetto in vigna – cosa che molti produttori stanno adottando – sia già uno step importante.
Nonostante la premessa, io credo che ci siano dei cru in cui è bene si continui a credere nel Sangiovese ed io sarò sempre molto lieto di assaggiarlo e acquistarlo, consapevole che, oggi, a Montepulciano, ancor più che a Montalcino, il Vino abbia bisogno di tanta bottiglia.
E’ pur vero che per ridonare i fasti che meriti ad una denominazione in una dubbia fase di transizione, sia fondamentale trovare un equilibrio qualitativo medio importante, livellandolo, ovviamente, verso l’alto e trovando una linea guida che non sia necessariamente la stessa per tutti in termini di vinificazione (il disciplinare è quello… a meno che qualcuno non arrivi, davvero, a cambiarlo), ma quanto meno riesca ad enfatizzare al meglio le peculiarità dell’areale e l’identità del singolo produttore. Credo che un maggior rispetto in vigna – cosa che molti produttori stanno adottando – sia già uno step importante.
F.S.R.
#WineIsSharing
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