“Rosso di sera, diserbante si spara”
Inizio con ironia, un discorso da prendere più che sul serio, come quello del diserbo.
Negli ultimi giorni ho avuto modo di tornare in una terra che amo particolarmente – e come biasimarmi?! -, tra le più importanti al mondo per quanto concerne il valore dei vigneti e tra quelle che di più hanno saputo valorizzare la propria “naturale” bellezza attraverso ed in favore del vino, fino al punto di divenire, proprio grazie ai proprio vigneti, patrimonio mondiale per l’Unesco.
Parlo delle Langhe, ovviamente, e del raro connubio uomo-natura che vede il viticoltore come custode ed “artista”, nell’accezione più artigiana del termine, plasmare la terra con garbo e rispetto… o forse no?
Oggi non vi parlerò dei vigneti spuntati in ogni dove e della poca attenzione che in alcuni casi si ha nel valutare come e dove impiantarli, bensì dell’obbrobrio che viene operato dall’utilizzo di diserbo chimico – glifosato – in interi vigneti, in zone che dovrebbero rispettare il riconoscimento concesso dall’Unesco, ma ancor prima la terra stessa e chi berrà ciò che verrà prodotto dalle uve prodotte in quei vigneti.
Foto di repertorio non scattate nelle Langhe |
Premetto che non sono un tecnico, quindi sapendo per certo che la maggior parte di Voi, che seguite il mio umile Wine Blog, è composta da produttori ed addetti ai lavori, nonché da winelovers di grande esperienza, do per assunto che ne sappiate ben più di me riguardo l’argomento che proverò a trattare oggi. Quindi lo farò con la dovuta cautela e la mia consueta leggerezza, aprendo un potenziale dialogo a riguardo. Parliamo del diserbo chimico in vigna.
Innanzi tutto vorrei porre l’attenzione, in maniera oggettiva, seppur come sempre opinabile, su alcuni semplici concetti, ovvero i “contro” relativi all’utilizzo di diserbanti chimici (ed altri prodotti chimici tossici) in vigna ed i “pro” di una viticoltura maggiormente sostenibile.
Il Diserbo Chimico:
- mette a rischio la salute degli operatori, nonostante essi si possano proteggere in maniera più o meno consapevole;
- nuoce all’ignara popolazione (chiunque si viva o transiti nelle zone limitrofe alle aree diserbate) che entra a contatto con queste sostanze che una volta nebulizzate mantengono la propria tossicità a lungo termine;
- produce un appurabile aumento delle frane e degli smottamenti che possono finire su strada e provocare incidenti stradali in caso di forti piogge;
- abbassa drasticamente la biodiversità vegetale ed animale di un determinato micro-ecosistema;
- provoca un imbruttimento in termini paesaggistici delle aree trattare chimicamente;
- i prodotti chimici utilizzati possono raggiungere le falde acquifere sotterranee e permanere, come per il terreno, per anni ed anni con conseguenti danno su chi usufruirà dei prodotti derivati da quelle colture;
- riduce sensibilmente l’assorbimento dell’anidride carbonica e l’abbattimento delle sostanze azotate contenute nelle acque superficiali da parte della copertura vegetale eliminata.
Va precisato, inoltre, che il principio attivo presente nella maggior parte dei diserbanti in commercio è il glifosato (gliphosate); una sostanza che, nonostante rientri nella gamma di prodotti fitosanitari (fitofarmaci) autorizzati sia a livello nazionale che europeo è ormai appurato, possa provocare a lungo termine effetti dannosi anche sull’uomo, come tumori del sangue, alterazioni al sistema endocrino, disfunzioni ormonali e danni sui meccanismi di neurotrasmissione cerebrale
L’assurdo sta nel fatto che Secondo il decreto legislativo 194/1995 un prodotto fitosanitario può essere autorizzato solo se “non produce effetti nocivi, in maniera diretta o indiretta, sulla salute dell’uomo o degli animali o sulle acque sotterranee”. Dato, quindi, che nelle indicazioni tecniche degli stessi diserbanti a base di glifosato viene riportato che: “Può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente acquatico”, perché cavolo sono ancora commercializzati? La risposta non è poi così difficile e può essere sintetizzata con una sola parola: Monsanto (acquisita da qualche mese dalla Bayer).
Questo lo ignoro, o almeno cerco di evitare astruse teorie, potenzialmente realistiche, legate a dinamiche politico-economiche che in paesi come Italia e Francia limitano da anni gli interventi in favore di una viticoltura più ecosostenibile.
Cosa accadrebbe, però, se si adottasse ancora di più una viticoltura più sostenibile, non necessariamente “bio”, ma che escluda, comunque, l’utilizzo di diserbanti chimici in vigna?
Alcuni dei vantaggi sarebbero i seguenti:
- salvaguardia della fertilità naturale del terreno;
- riduzione di ogni forma di inquinamento determinato dalle tecniche agricole che prevedono l’utilizzo di concimi e diserbanti chimici e fitofarmaci;
- produzione di Vini di elevata qualità e dalle più integre caratteristiche organolettiche;
- produzione quantitativamente oculata e non intensiva ed eccessiva;
- preservazione della biodiversità di un determinato ecosistema;
- riduzione dei danni provocati a breve e lungo termine dai prodotti chimici/tossici utilizzati in vigna, nell’uomo.
- mantenimento di un paesaggio verde e di un equilibrio uomo-Natura rispecchiato dalla bellezza delle campagne e delle vigne sul territorio.
Ovviamente, ricordo che, proprio per le subdole caratteristiche di alcuni diserbanti chimici, è pressoché inutile pensare di poter coltivare in maniera “biologica” confinando con vigneti in cui si adottano sistemi tutt’altro che sostenibili. Quindi fondamentale è e sarà sempre l’unità di intenti, sia fra governo ed amministrazioni locali, che fra amministrazioni e produttori ed infine fra produttori e produttori stessi.
Detto questo, mi definisco da sempre un inguaribile sognatore, ma non un co… ops…un ingenuo, quindi so bene che per alcune realtà “pseudo-industriali” il diserbo chimico sia l'”unico modo” (a loro parere) per produrre con il massimo ritorno economico ed il minimo dispendio di energie “umane”, quindi, difficilmente si arriverà mai ad un’Italia totalmente “green”, ma di certo l’ecosistema ed il consumatore andrebbero maggiormente tutelati e per fortuna molti produttori si stanno prodigando da anni per migliorare le tecniche dell’agricoltura sostenibile, utilizzando diserbo meccanico interfilare ed arrivando a nuove tecniche come il diserbo a vapore che sembra rappresentare una soluzione ecocompatibile, capace di ottimi risultati.
Io sono un po’ restio riguardo le soluzioni più tecnologicamente avanzate, come i bruciatori per il pirodiserbo, che comunque utilizzano combustibile per funzionare.
Sia chiaro, questo è un problema che non flagella solo le Langhe, bensì molti areali in maniera ben più importante di ciò che accada qui, ma è palese che in un luogo così magico e universalmente conosciuto e riconosciuto per la sua bellezza l’impatto sia ancora più difficile da concepire.
Io preferirei che il Rosso, con tutte le sue meravigliose sfumature, finisse solo nel mio calice o nelle foglie delle vigne in autunno, e non nei sotto-filari degli stupendi vigneti che ogni regione italiana vanta e che il mondo ci invidia, perché alla lunga, i “vantaggi” economici comportati da questi abusi, non potranno che ritorcersi contro chi non comprende che i tempi stanno cambiando ed il consumatore sta diventando sempre più consapevole ed esigente, avendo accesso, con estrema facilità, ad una sterminata fonte di informazioni (per quanto a volte da selezionare accuratamente) come il web.
Detto questo, lungi da me fare proclami nei confronti dell‘agricoltura biologica, in quanto la certificazione attuale ha, non poche, lacune da colmare e, come ho avuto già modo di dire in articoli come questo ->www.wineblogroll.com, per me l’importante è e continua ad essere l’equilibrio rispettoso fra uomo e Natura, e non è di certo una certificazione a farmi stare più o meno tranquillo. Di certo, però, mi sento di dare il mio sostegno spassionato, a chi, nonostante i rischi e la fatica, opti per una viticoltura meno invasiva e più sostenibile, non necessariamente “bio-qualcosa”, ma comunque rispettosa dell’ecosistema, del prodotto e di chi come me, il Vino non lo fa, ma lo beve!
D’altro canto mi chiedo come si possa permettere ovunque, ma ancor più in un contesto paesaggistico insignito di un onore come quello concesso alle Langhe dall’Unesco, senza imporre un onere, ovvero l’imposizione di mantenere questo luogo meraviglioso integro e bello come sa essere. Sin troppo spesso ci dimentichiamo che quando una bottiglia di un qualsiasi vino italiano, specie se di luoghi come le Langhe e di denominazioni importanti ed universalmente conosciute e riconosciute come Barolo e Barberesco, esce dalla propria cantina sta portando con se la storia, la cultura, la tradizione ed anche la bellezza della terra dalla quale proviene e questo ci dovrebbe responsabilizzare ancor di più, ma ancor prima dovrebbe far stabilire delle leggi e/o dei regolamenti severi, che aboliscano totalmente qualcosa che, come il diserbo chimico, oltre ad essere dannoso e poco utile, svilisca la spontanea bellezza della terra.
Se volete fare qualcosa, un modo c’è in realtà! Potete firmare la petizione “Stop Glifosato” attraverso questo sito, nato proprio per imporre alle istituzioni di vietare l’utilizzo del diserbo chimico in agricoltura: www.stopglifosato.it.
F.S.R.
#WineIsSharing
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.