Orcia Wine Festival 2017
Anche quest’anno, come ogni anno del resto, sono tornato a San Quirico d’Orcia per una manifestazione che sin dalla sua prima edizione ho voluto seguire ed appoggiare, in quanto espressione di un territorio meraviglioso, ma ancora molto sottovalutato dal punto di vista vitivinicolo. Parlo, ovviamente, della Val d’Orcia e della manifestazione Orcia Wine Festival, che ogni anno vede la parca schiera di piccoli produttori di questa “giovane” denominazione presentare i propri vini ad un nutrito e variegato pubblico di avventori, tra winelovers ed operatori del settore.
 |
val d’orcia |
Abbracciata, o forse chiusa – decidete voi il termine più appropriato – fra due storiche e ben più note denominazioni come Brunello e Nobile, l’Orcia DOC non ha di certo vita facile e farsi conoscere ed apprezzare è cosa ardua. C’è da dire, però, che dopo anni in cui vi è stata molta disomogeneità in termini qualitativi, oggi, almeno per quanto concerne un manipolo di abili produttori e di valide cantine, i vini cominciano ad avere una loro ragion d’essere ed un profilo sempre più in linea con la bellezza di questi luoghi, che non si può fare a meno di ricercare anche nel calice dei vini ivi prodotti.
Mi piacerebbe, quindi, citare le aziende che stanno, a loro modo ed ognuna seguendo un loro preciso percorso di identità e personalità, trainando questa denominazione in termini qualitativi.
 |
Orcia Wine Festival – Vini e Cantine |
Cantine e Vini dell’OrciaWineFestival 2017
Poggio Grande: Luca Zamperini e sua figlia Giulitta sono, ormai, un riferimento di questa doc e, nonostante siano già noti a molti appassionati, non smettono mai di ricercare ulteriori stimoli ed ulteriori sfide da intraprendere e, possibilmente, vincere con sè stessi e con il territorio. Se il Sesterzo è, a detta mia e di molti, una delle espressioni più classiche e pertinenti di Sangiovese nell’areale, è il Tagete a continuare a stupire per la sua identità trovata in un luogo inaspettato. Marsanne e Roussanne che a San Quirico hanno trovato la loro casa ideale per esprimere un vino davvero espressivo, con un ottimo bilanciamento di struttura e freschezza ed un potenziale evolutivo ancora inesplorato, ma che si prospetta davvero importante.
Marco Capitoni: Marco è innanzi tutto una persona squisita, come lo è il suo approccio alla vita ed alla vite, rispettoso, preciso, attento, ma sempre molto pacato, seppur fermo e consapevole della sua idea di vino. Un’idea di vino, che in realtà, non è una prigione, bensì uno spazio aperto, circoscritto nell’area della tradizione, ma con al suo interno spiragli di sperimentazione, come per il suo Troccolone, un sangiovese vinificato ed affinato in anfore di terracotta, che trova nella sua naturale serbevolezza e nel suo carattere originale in senso stretto ed in senso lato i propri punti di forza. E’ con il Frasi, però, che quest’azienda raggiunge il proprio apice e non vi nego che sia uno dei vini che mi diverta di più ad inserire in degustazioni alla cieca per dimostrare quanto sia capace di tenere testa anche ai più blasonati stendardi della nobilità enoica toscana.
Podere Albiano: probabilmente l’azienda più coerente e costante su tutta la linea, con un marcatore unico per tutti i vini riconducibile all’equilibrio. Equilibrio che si traduce con garbo e finezza, senza però rinunciare ad una buona potenza espressiva, in eleganza. Sempre ottimo il Tribolo che nulla ha da invidiare a molti dei figli delle due grandi sorelle. Bottiglie instancabili, che non sembrano volerne sapere di cedere un sol colpo al tempo.
Campotondo: l’azienda più particolare della denominazione, con vigneti altissimi, fino a sopra gli 800mslm, che nasce dal sogno di far vino ed oggi è una più che concreta realtà, capace di produrre un ottimo Chardonnay, che difficilmente potreste ricondurre alla Toscana, per nerbo e stile, oltre a rossi che hanno tutte le carte in regola per stupire dopo qualche lustro di cantina. Il Banditone, blend di Sangiovese, Colorino ed un piccolo saldo di merlot da vigneto ad alberello, si va sempre apprezzare per la sua naturale predisposizione ad intrigare in un gioco di vedo non vedo, tra accenni di frutto e soffi di spezie. Vino oltremodo lungo.
Il Pero: piccola azienda a Radicofani, che punta a mettere in bottiglia l’essenza delle proprie vigne e che dopo qualche anno di assaggi poco convincenti, quest’anno si merita di diritto di entrare fra le aziende da seguire in questa denominazione. Un Sangiovese puro e semplice, senza tanti fronzoli, eppure saggio… con tutto ciò che serva per lasciarsi bere con piacevolezza e curiosità, ovvero bella vena acida e quell’approccio di spontanea e schietta eleganza che solo questo grande varietale sa avere. Non è un contadino arricchito, né un ricco che giochi a fare il contadino, questo vino è un contadino consapevole della nobiltà d’animo e del valore del suo ruolo.
Val d’Orcia Terre Senesi: altra new entry fra le aziende che ho il piacere di segnalarvi all’interno di questa piccola doc. Una realtà alla quale mi sento di dare ulteriore fiducia, in quanto ho avuto modo di assaggiare le nuove annata in due occasioni tra le quali una alla cieca nella quale il Sangiovese Ripario 2011 si è comportato egregiamente. Cosa che a mio modo di vedere vale molto più degli assaggi fatti, come ultima cantina del mio percorso degustativo, all’Orcia Wine Festival. Egregio il lavoro che si sta facendo in vigna e sempre più inquadrata la rotta da percorrere per dar vita ad un’ottima linea di vini di territorio che traducano nel calice quanto di buono fatto in campagna.
In linea di massima, i picchi qualitativi restano più o meno gli stessi dello scorso anno, con qualche novità, ma sarà interessante valutare se questo abbrivio in termini di crescita qualitativa generale all’interno della denominazione darà luogo ad ulteriori exploit già dal prossimo anno. C’è da dire che, oggi, in questa zona si possono bere grandi vini a costi più che abbordabili ed anche per me, che raramente in questo blog parlo di prezzi, non può che essere un valore aggiunto ed un fattore di cui tener decisamente conto. Inoltre, aspetto da non sottovalutare, qui l’enoturismo funziona ed anche bene, cosa rara per un’Italia che sin troppo spesso punta poco e male su quello che dovrebbe essere il motore primario per gran parte delle nostre terre del vino, specie per le piccole realtà.
F.S.R.
#WineIsSharing
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.