Tenuta Benedetta e quell’inatteso Sangiovese dell’Etna

Oggi vi porto in Sicilia, più precisamente in uno degli areali vitivinicoli più affascinanti al mondo: l’Etna.
Torno ai piedi del Vulcano per raccontarvi una storia che vanta tratti davvero inconsueti.
La storia che sto per raccontarvi è quella di Daniele Noli e della sua famiglia. Daniele, dopo aver conseguito la laurea in Farmacia ed aver esercitato la professione per alcuni anni, ha deciso di rimettersi a studiare seguendo la passione tramandatagli da suo padre e da suo nonno, arrivando ad ottenere una seconda laurea: in viticoltura ed enologia.
tenuta benedetta
Toscani, della provincia di Arezzo, ma innamorati della Sicilia, Daniele e sua moglie erano alla ricerca di una residenza estiva, di una casa che permettesse loro di poter godere di quella terra tanto amata senza dover alloggiare in hotel o residence. L’idea di fare vino era solo una chimera e non era di certo nei piani l’acquisto di una cantina. Infatti, Daniele non acquistò nessuna cantina! Partì dalle vigne, delle quali si innamorò a tal punto da decidere di iniziare a mettere in pratica i suoi studi di viticoltura ed enologia al fine di produrre grandi vini in un territorio che più che vocato potremmo definire baciato da Dio.
E’ così che nel 2013 nasce Tenuta Bendetta, dal nome della figlia di Daniele e Laura, una proprietà costituita da tre vigneti: Vigna Laura, Vigna Benedetta e Vigna Mariagrazia.
Vigna Laura si trova in contrada Verzella nel comune di Castiglione di Sicilia. È costituita da due vigneti dei primi anni del ‘900 di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio coltivati ad alberello etneo con una densità di 9.000 piante ad ettaro.
Vigna Benedetta è un vigneto di Sangiovese coltivato ad alberello etneo con una densità di 10.000 piante ad ettaro, a Passopisciaro contrada Feudo di Mezzo anch’esso nel comune di Castiglione di Sicilia.
Vigna Mariagrazia è un vigneto di Carricante coltivato ad alberello etneo con una densità di 10.000 piante ad ettaro, nel comune di Milo.
vigne etna alberello
Tutte le vigne sono coltivate ad alberello etneo, tutte all’interno dell’area Etna DOC, quella del Carricante a Milo all’interno dell’Etna DOC Superiore. Le vigne del Nerello Cappuccio e Nerello Mascalese, all’interno delle quali si trovano anche alberelli di Catarratto che vengono vinificate insieme al Carricante, sono state piantate tra il 1910 e il 1940.

Fin qui tutto “normale” direte..?! Sì, ma come vi avevo detto la storia di Daniele, della sua famiglia e della Tenuta Benedetta ha dei tratti distintivi ed inconsueti, persino per me che di storie enoiche “strane” ne sento con cadenza giornaliera.
La particolarità di quest’azienda è racchiusa nella prima bottiglia che ho avuto modo di assaggiare prodotta da Daniele: un Sangiovese in purezza.
No, non avete le traveggole! Avete letto bene: un Sangiovese in purezza dell’Etna.
Non preoccupatevi perché la mia sorpresa e, immagino, anche la vostra non sono nulla di fronte a quella che deve aver provato Daniele quando, vinificando l’uva di quella vigna che gli era stata venduta come Nerello Mascalese, si ritrovò ad assaggiare qualcosa a lui molto familiare.
A confermare i dubbi e l’intuizione di Daniele è stata l’analisi del DNA che ha identificato quell’uva come un clone di Sangiovese Grosso.
Probabilmente, se quel vigneto fosse capitato tra le mani di altri, oggi ci ritroveremmo ad assaggiare un Etna Rosso DOC con all’interno una buona percentuale di Sangiovese, che magari saremmo in grado di percepire, ma che non avrebbe riscontro, in quanto quell’impianto fu, effettivamente, dichiarato come Nerello Mascalese – probabilmente, l’abbiamo già fatto senza saperlo ma questa è un’altra storia…
Non è la prima volta che mi capita di trovare in una vigna qualcosa di diverso da quel che dovrebbe esserci, ma mi piace pensare che quello capitato a Daniele sia un dono del destino e non un problema da risolvere, perché trovare del Sangiovese nell’Etna per un toscano non può che essere un “segno”!
Al di là di questa particolare storia legata al Sangiovese, l’idea di Daniele e della sua famiglia è quella di prodigarsi nella salvaguardia del territorio e del patrimonio ampelografico presente nei vigneti della Tenuta Benedetta, conducendo le vigne in regime biologico e rispettando quanto più possibile il contesto in cui i vigneti sono immersi. L’obiettivo primario è quello di non perdere gli alberelli centenari capaci di incidere con la loro esperienza e personalità negli equilibri del vino.
Per quanto riguarda i vini, io ho avuto modo di assaggiare praticamente tutta la produzione di Daniele, tra prima annata e annata attualmente in commercio, facendomi un’idea molto chiara sulla volontà di questa piccola cantina etnea, ovvero quella di produrre vini di grande personalità, che raccontino il territorio dal quale provengono.
tenuta benedetta etna vini
Etna Bianco DOC Vigna Mariagrazia 2015 (80% Carricante e 20% Catarratto): un bianco dell’Etna a tutti gli effetti per intensità del frutto, sferzante acidità e vulcanica mineralità. Il 50% della massa passata in tonneau per 6 mesi conferisce al vino una grassezza in grado di tenere alla larga la scontatezza e da far pensare ad una prospettiva molto interessante per questo bianco.
Sole e sale, luce e sapore per un vino che ti lascia la Sicilia in bocca al termine di ogni sorso.
IGP Terre Siciliane Vigna Laura 2014 (80% Nerello Mascalese e 20% Nerello Cappuccio): quello che sarebbe a tutti gli effetti un Etna Doc Rosso con il classico taglio etneo, nel quale il Mascalese si fa apprezzare in tutta la sua potenza ed il Cappuccio conferisce colore ed armonia aromatica.
I due vitigni sono nati per stare insieme, e questo vino ne dimostra la complementarietà con il suo grande equilibrio. Siamo alle prime annate, ma per fortuna i legni erano già di secondo e terzo passaggio, quindi più scarichi. Un corpo presentante, potente ma al contempo slanciato, longilineo e dritto nella sua spina dorsale come ci si aspetta da un vino vulcanico. Gran bel portamento ed ottima predisposizione al riposo in cantina.
IGP Terre Siciliane Unico di Benedetta 2015 (100% Sangiovese): eccolo qui l’”intruso” che non poteva trovare scopritore più consono e rispettoso. Ci sono altri toscani che producono vino nell’areale etneo, ma solo Daniele ha avuto la fortuna da un lato e l’intuito dall’altro di produrre un vino come questo. Chi ha letto della mia trasversale del Sangiovese, quale mese fa, avrà trovato un appunto proprio su questo Vigna Benedetta, che alla cieca si è distinto tra quasi 100 vini base Sangiovese di zone più “tradizionali” per la coltivazione di questo vitigno, grazie ad una forte identità territoriale. Sì, perché il territorio in questo caso non è dato dal varietale, bensì dall’incidenza del pedoclima su un varietale che permette comparative con altri territori ed altre interpretazioni dello stesso. Se la 2014 mostrava già una forte territorialità, seppur leggermente offuscata dal legno nuovo, in questa 2015 l’identità del vulcano è talmente forte da segnare in maniera netta il confine tra questo assaggio e tutti gli altri. Lo fa con un frutto pieno, maturo ma non cotto, leggeri lapilli speziati e note sulfuree minerali, con il calore dei più bei tramonti etnei.

Una storia curiosa quella della Tenuta Benedetta che valeva la pena raccontare a prescindere dalla qualità dei vini prodotti ma, per fortuna, non è stata solo la storia raccontatami da Daniele ad avermi affascinato, bensì lo hanno fatto anche i suoi vini e la sua consapevolezza che sono certo lo porterà a fare sempre meglio di qui in avanti.

Un’altra piccola cantina, un’altra grande scoperta per la quale non posso che ringraziare Daniele Moroni per un’estemporanea segnalazione sui social che mi ha spinto ad incontrare Daniele Noli nel giro di un paio di giorni.

F.S.R.
#WineIsSharing

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