Il mio Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti FIVI 2017 tra considerazioni su una delle migliori fiere del vino italiane e impressioni sui vini assaggiati a Piacenza
Sono passati solo pochi giorni dal weekend di assaggi trascorso al Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti della FIVI, a Piacenza. Giusto il tempo di riordinare foto, appunti e pensieri e sono qui a condividere con voi le mie impressioni su questa 7° edizione di un evento che non smette di crescere e migliorarsi. Quella del 2017 è stata, a mio parere, la miglior edizione di sempre e vi spiego il perché:
Prosecco Superiore – Col del Lupo – Extra Dry: cercavo un Prosecco
che potesse esprimere territorialità e non cadesse nel calderone
dell’omologazione e questo c’è riuscito alla grande, grazie a
vigneti tra i più belli e difficili della denominazione.
Bellese Giacomo & Enzo – Vino Spumante Brut Millesimato 2016:
assaggiai la prima versione di questo vino in tempi non sospetti, ma
questa 2016, seppur da non troppo in bottiglia, è già una
spanna superiore. Ormai il 373 ha trovato la sua “cifra” e già risulta riconoscibile di annata in annata. Cosa non scontata per un vino come questo!
Lodi Corazza – Pignoletto Metodo Classico 2015 Dosaggio Zero: il
Pignoletto in una veste elegante, ma non troppo, tradizionale nel
metodo ma contemporanea nell’espressione. Un metodo classico che
privilegia il varietale ai lieviti e la dinamica alla complessità. Astenersi enofighetti!😜
Narciso
– Vitivinicola Valla – Ortrugo dei Colli Piacentini Frizzante
2016: un rifermentato con un tocco di macerazione a dargli forza e
personalità. Non mancano un’equa struttura, una longilinea
freschezza e tanta sapidità. Vino che destabilizza nella più positiva delle accezioni del termine, ergo… perfetto per spezzare il ritmo dei molteplici assaggi fatti in fiera.
Tenuta Belvedere – Ancestrale IGT Bianco Provincia di Pavia: il
vino più divertente della giornata! Quello che fa parlare, divide,
ricongiunge e nel frattempo è finito! Se la mission del vino è
farsi bere, il Wai ha pochi rivali!
Classico – Lazzari – Extra Brut: più di 50 mesi sui lieviti non
lo privano del filo della sua lama acida. Un Metodo Classico di
grande freschezza ed eleganza, che fa pensare possa evolvere ancora
per anni in bottiglia tirando fuori ancor più personalità.
Cantaro
– Broccanera – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC 2014: uno degli
esempi più nitidi di quanto la 2014 sia un’annata da riconsiderare
specie per i bianchi ed ancor più per un vino come il Verdicchio che
vede nelle annate fresche un maggior bilanciamento fra struttura e
freschezza, fra corpo e dinamica. Questo Cantaro è nel pieno della
sua evoluzione, ma ancora in una fase ascendente che ne rendere più
complesso il naso, mantenendo una beva fresca e salina.
Chiaraluna – Muralia – Toscana Bianco IGT 2016: un Viognier mediterraneo, intriso di sensazioni balsamiche e di erbe aromatiche. In bocca si apre per abbracciare ogni papilla gustativa prima dell’allungo finale fresco e marino. Un vino che sa di terra e di mare, che entra pieno, ma si distende con grande dinamica.
La Piotta – Vino Bianco 2015: Riesling (90%), Moscato e Muller
Thurgau (10%) per un vino che vanta uno spettro aromatico importante,
ma non troppo spinto quindi la noia, dopo il secondo calice, è
scongiurata! In bocca c’è bilanciamento fra morbidezza e acidità e
il sorso e la dinamica del sorso è decisamente slanciata.
– Cappella di Sant’Andrea – Vernaccia di San Gimignano DOCG 2014:
la Vernaccia si fa “orange” mantenendo integro la sua identità
varietale e territoriale. Un macerato pulito, che mostra forza e
mineralità in quantità.
Dornach – Gewürztraminer Mitterberg IGT 2015: altro giro, altro
orange! La mia ricerca sui macerati mi spinge ad assaggiarne molti
negli ultimi mesi, ma questo resta uno dei riferimenti per ciò che
la macerazione può tirar fuori da alcuni vitigni, specie se
aromatici come il Gewürztraminer. Il vino è sempre questione di
equilibrio, ma nei macerati bilanciare estrazione, aromaticità e
freschezza, mantenendo una buona struttura e una chiara identità non
è semplice! Patrick ci è riuscito rendendo questo vino una luminosa
espressione del varietale e delle sue vigne.
Fattoria San Vito – Rosso Toscana IGT 2016: “il vino quotidiano”,
così, i produttori di questa piccolissima cantina a pochi Km da
Pisa, mi hanno presentato questo Sangiovese con qualche saldo delle
classiche uve bianche e rosse presenti in molte vigne toscane. Io, da
par mio, ho risposto che la scelta della Magnum è più che azzeccata
e che non mi dispiacerebbe trovarne una “quotidianamente” sulla
mia tavola. E’ un vino conviviale, che sa di Toscana, con una grande
beva, ma non per questo semplice o scontato. Molti parlano di
tradizione, predicando bene e razzolando male… questo è un vero
esempio di vino tradizionale toscano in tutto e per tutto e dimostra
che si può fare “il vino di una volta” in maniera pulita e
contemporanea.
– Podere la Madia – Rosso Toscana IGT 2015: il primo di un
trittico di Pinot Nero che non mi aspettavo di trovare, data la mia
risaputa diffidenza riguardo molti dei Pinot Nero italiani. Eppure,
se si dimenticano a priori paragoni transalpini e si valutano
espressività ed eleganza, questo Pinot Nero si dimostra davvero una
bella interpretazione della bestia “noir” di tutti i vignaioli.
Vuoi vedere che nell’aretino il Pinot Nero non viene bene solo in
Casentino? Scherzi a parte, parliamo di terroir diversi, ma La Madia
ha dimostrato di avere capito molto bene sia il vitigno che le
proprie vigne e di certo questo è un vino da seguire da qui in
avanti.
Tiurema
– EnoTrìo – Terre Siciliane Rosso 2015: se c’è un territorio
dove il Pinot Nero può esprimersi in maniera davvero unica ed
intrigante questo è l’Etna… beh, a pensarci bene qualsiasi vitigno
potrebbe riservare grandi sorprese in questo meraviglioso areale!
espressiva, fresca eleganza e grande mineralità vulcanica per un
Pinot Nero fuori dagli schemi, ma che non manca di nulla per regalare
una delle emozioni più esplosive della giornata.
Pinot Nero – Diegale – Rosso Toscana IGT 2014: l’avevo già
assaggiato quest’estate e mi aveva sin da subito stupito quanto,
ancora una volta, l’annata 2014 si sia rivelata capace di enfatizzare
la classe di vitigni delicati e difficili, ma con grande
predisposizione all’eleganza. Le tonalità balsamiche fanno da marker
territoriale, ma lo slancio del sorso e la sua profondità lo
collocano nella categoria “vini importanti che vorrei sempre avere
in cantina”. Sorprendente!
Podere Pomaio – Rosso Toscana IGT 2014: il ritorno alle origini,
guardando al futuro e senza mai voltarsi indietro. Questo è il mood
di un Sangiovese lavorato in sottrazione, privo di chimica, ma carico
di consapevolezza. La pulizia che solitamente considero un fattore
necessario di default in questo vino diventa un valore aggiunto. Vino
da bere, senza fronzoli, ma che dopo qualche sorso inizia a rompere
il ghiaccio coi miei sensi e sembra volermi ricordare che la veste
più “naturale” del Sangiovese è questa!
Tacet –
Az. Agr. Roberta Tiberi – Rosso Toscana IGT 2014: un ettaro di
vigna, per un altro Sangiovese molto tradizionale, che scomoda
paragoni importanti e si fa apprezzare per l’intrigante contrasto fra
i suoi toni cupi e profondi al naso e la sua buona apertura e grande
freschezza al sorso.
Guaite di Noemi – Rosso del Veronese 2011: ero andato per
riassaggiare l’ottimo Amarone di Noemi e mi ritrovo a perdere
letteralmente la testa per questo Rosso del Veronese. E’ un uvaggio
da vendemmia tardiva, ma senza appassimento. Il naso è territoriale,
ma la bocca preferisce alla classiche morbidezze dei vini da
appassimento, una beva secca, fresca, salina con un tannino ben
presente, ma che non ne inficia lo slancio.
– Fabrizio Dionisio – Syrah Cortona 2014: assaggiato qualche
giorno prima a Merano, sono passato di nascosto a riassaggiarlo! Uno
dei Syrah più buoni assaggiati in Italia e il secondo era l’annata
precedente del quale avevo scritto la stessa cosa all’epoca (l’anno scorso!). Non sono solito sbilanciarmi così, ma deve esserci una strana connessione tra me e
questo vino, che anche in un’annata difficile come la 2014 è capace
di stupirmi. Un’evoluzione, probabilmente, più rapida della 2013, ma
questo lo fa apprezzare già sin da ora nel suo equilibrio e nella
sua finezza.
Gianfranco Fino Viticoltore – Primitivo di Manduria 2016: grande
annata! L’ho detto a primo naso e l’ho confermato a pochi istanti dal
primo sorso. Ancora una volta si stenta a credere che un vino di
questa struttura possa invocare descrittori come “elegante” o
“armonico”, ma il bilanciamento che l’ES ha tra acidità e
materia, unito alla finezza di un naso che vede un degno antagonista
solo nell’anteprima della Riserva 2014, rendono questo vino di un
equilibrio disarmante.
Roccafiore – Cantina Roccafiore – Umbria Sangiovese IGT 2015: un
Sangiovese agli albori della sua evoluzione. La botte grande non lo
ha plasmato, bensì ne ha delineato un profilo netto, tipico ed
austero in questa prima fase della sua vita “pubblica”. Un vino
da aspettare, ma non troppo! Si lascerà bere alla grande, sviluppando una complessità difficile da trovare nelle espressioni di questi vitigno in questa regione.
Damoli – Amarone della Valpolicella 2010: questa piccola realtà
non smette mai di stupirmi! Un Amarone dagli equilibri tanto sottili
quanto concreti. Il naso è intenso, maturo, senza note verdi, ma con
una forte balsamicità ed una lieve ed intrigante speziatura. In
bocca è asciutto ed il finale ferroso sembra voler ricordare la
mineralità vulcanica di quei suoli. Davvero convincente!
Saltapicchio
– Boccadigabbia – Marche Sangiovese IGT 2012: il Sangiovese che
non t’aspetti, quello che non assaggiavo da tempo, ma del quale avevo
avuto modo di stappare una vecchia bottiglia (1999) qualche mese
stupendomi per la sua longevità. Se il vino di punta dell’azienda
resta il Cabernet Sauvignon Akronte, questo Saltapicchio sembra voler
dimostrare di non essere da meno e di poter portare in dote una
maggior identità territoriale. Intenso, forte, con un tannino ben
integrato e un sorso lungo quanto basta per arrivare al secondo in
maniera inerziale.
Adriano Marco & Vittorio – Barbaresco 2013: assaggio i vini di
quest’azienda da un po’ e il loro Basarin è un Barbaresco che di
annata in annata si è dimostrato spesso capace di agevolare il
lavoro del mio palato e della mia mente nell’intuire cosa potrà
essere in prospettiva. Questo perché questo Nebbiolo non se la tira,
non ha la puzza sotto il naso, ha voglia di esprimersi seppur in
maniera composta, garbata e con la classe innata del vitigno e di
questo terroir. Perfetto da prendere in cassetta da 6 al Mercato dei
Vignaioli FIVI.
Cirò Rosso Classico Superiore – Cataldo Calabretta – Riserva 2013: nonostante la grande struttura, questo Cirò entusiasma i sensi con un naso elegante e complesso, carico di personalità e di identità territoriale tra spezia e mediterraneità. In bocca il calore che ti aspetteresti viene mitigato dalla dinamica agile e dissipato da un finale minerale/ferroso da grande rosso. Attenti anche al nuovo Alicante di Cataldo… un vino che si lascia bere con una facilità disarmante, senza risultare affatto scontato.
– Cantina San Biagio Vecchio – Vino da uve stramatura 2015: questa
piccola azienda dell’MGA di Romagna “Oriolo non smetterà mai di
stupirmi! Questa volta lo ha fatto con un vino, da uve stramature
autoctone botritizzate, vinificato sulle bucce in anfora georgiana
interrata. Un vino “dolce” solo il naso e per il residuo
zuccherino, perché in bocca entra dritto, secco e finisce sapido
bilanciando alla grande le morbidezze della surmaturazione.
Complessità in divenire quella donata dalla Muffa Nobile a quello
che sembra essere l’ennesimo “esperimento” riuscito di Lucia e
Andrea.
– La Salceta – Rosso Toscana IGT 2007: un gran bel sodalizio
quello fra il Sangiovese ed il Cabernet Franc de La Salceta. Questa
2007 è ancora piena di sé, quasi irriverente per la vena acida, che
attraversa e scuote una struttura materica importante. Un sorso
saporito, speziato e salino. Cresce bene il ragazzo!
Brunello di Montalcino – Sanlorenzo – 2010: la 2010, grande annata – seppur, a mio parere, a tratti sopravvalutata – a circa 3 anni dalla sua presentazione sta mettendo in risalto quanto nelle buone annate e nella qualità diffusa i picchi siano più difficili da evidenziare. Questa 2010 di Luciano Ciolfi si è dimostrata davvero in forma al momento dell’assaggio con un’integrità propria della grande annata ed uno slancio ancora vivo e dinamico del sorso con il classico tannino in stile Sanlorenzo, che ormai riconoscerei tra mille.
Silvano Ferlat – 2009: un corredo aromatico ancora integro, tanto
da far fatica a credere all’annata riportata in etichetta. Il sorso è
vivo e spigliato, neanche avesse 5 anni di meno! Da ristapparne una
ogni anno da qui a 10 anni!
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