Rosato 2017 – I vini che mi hanno colpito di più

E’ un “fenomeno” in crescita, tutti
i principali mercati globali sembrano adorarli eppure gli italiani lo
vedono ancora come un “non vino”! Sì, parlo del Vino Rosato
ingiustamente vittima di pregiudizi e assurde confusioni. Sfatiamo
sin da subito la convinzione diffusa fra i consumatori che vorrebbe
il vino rosato come frutto di un uvaggio o un blend di mosti di uve a
bacca rossa e mosti di uve a bacca bianca, in quanto questa tecnica è
vietata per legge in tutti i paesi produttori di vino (fatta
eccezione per gli spumanti rosé, ma questa è un’altra storia…).

migliori vini rosati italiani
Anche se non è propriamente giusto
parlare di tradizione in senso stretto, ci sono alcuni areali
italiani nei quali il vino rosato è stato in grado di radicarsi
nelle abitudini produttive e enogastronomiche locali e sono stati
proprio questi distretti a siglare un patto che mira a valorizzare
questa tipologia di vino a livello nazionale ed internazionale:
Bardolino, Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte e Salice
Salentino.
Eppure, negli ultimi anni, in Italia la
produzione di rosati è in crescita praticamente in tutte le regioni
con la Toscana ad aver manifestato un interesse sempre più marcato
nei confronti delle vinificazioni in rosa del Sangiovese e non solo.
Per quanto concerne la modalità di
vinificazione il Rosato prevede l’utilizzo di sole uve a bacca rossa
trattate in principio come verrebbero trattate per la produzione di
un vino rosso per poi proseguire con pratiche comuni alle
vinificazioni in bianco. Si procederà, quindi, con macerazioni brevi
(da poche ore a un paio di giorni) in base alla tipologia di uva (e
alla sua capacità colorante) e all’annata (determinante per definire
spessore e qualità delle bucce). Esistono vari metodi di
vinificazione in “rosa”, ma i principali utilizzati in Italia
sono:
– la vinificazione in bianco: si
applicano le medesime tecniche enologiche di produzione di vini
bianchi utilizzando uve a bacca rossa. Le macerazioni possono essere
identificate nei “Vini di una notte e Vini di un giorno”. Con
macerazioni di 6-12 ore, il vino viene definito “vino di una
notte”, con macerazioni di 24 ore ca. il rosato verrà definito
“vino di un giorno” (è possibile spingere le macerazioni anche
oltre le 36 ore). La fermentazione verrà lasciata partire (dapprima
bloccata dalla SO2)solo dopo la sosta del mosto sulle bucce.
– il salasso o saignée: tecnica
utilizzata dai produttori di vini rossi, che ha una duplice utilità:
quella di permettere la produzione di un vino rosato prelevando una
più o meno importante quantità di mosto dalla vasca o dal tino di
macerazione che poi verrà vinificata in bianco mantenendo solo parte
della sua colorazione; quella di rendere il vino rosso che si andrà
a produrre più concentrato e più strutturato. Questa scelta si
rivela molto utile in annate difficili, in termini di struttura
potenziale, come la 2014. Non a caso molti rosati prodotti da aziende
a trazione rossista sono nati proprio nel 2014 o comunque in annate
“magre”.

Per quanto concerne l’estero. molto
diffusi sono i vin gris (vini dal colore rosa tenue, prodotti
evitando la macerazione sulle bucce. Per produrre un Vin Gris vengono
utilizzate uve con capacità colorante molto bassa, come il Cinsault
Rose, Cinsault Gris e Cinsault ecc…) e i Blus Wines (sono
l’interpretazione dei “Vini Grigi” nel Nuovo Mondo e in
particolare negli USA, dove le macerazioni sono ridotte al minimo e i
vini prodotti hanno un percettibile residuo zuccherino e risultano
petillant).

Per quanto mi riguarda, mi sono
concentrato sull’Italia andando a ricercare molteplici espressioni
territoriali, varietali ed interpretative del rosato “nostrano”,
con non poche sorprese.
Ecco i vini che mi hanno colpito di più
durante questo mese di assaggi in rosa:

Mjere e Cerasa Salento Rosato IGP-
Michele Calò e Figli
: parto con la realtà che più di tutte mi ha
permesso di credere nel vino rosato italiano non come prodotto creato
per assecondare mode o tendenze di mercato, bensì come frutto di una
sua storicità e di una ponderata consapevolezza produttiva.
Impossibile non citarli entrambi, in quanto i due vini della famiglia
Calò rappresentano da anni un riferimento, per me, per i rosati del
Salento. Il Mjere è giocato sulla freschezza del frutto e
sull’agilità della beva e la mineralità, nonostante l’indiscussa
struttura, mentre il Cerasa è, ancora una volta, quel Rosato che
impone alle mie papille gustative e al mio cervello di trattarlo come
un vino rosso per quanto concerne la sua struttura e il suo
potenziale evolutivo. Un vino che sdogana ogni preconcetto e, grazie
alla capacità di mantenere una spiccata verve acida, si fa bere con
buona dinamica e profonda sapidità.

Roseo Marche IGT Rosato – Boccadigabbia:
senza tema di smentita, il rosato che mi ha colpito di più tra
quelli assaggiati di recente, per la sua finezza e per
un’interpretazione inattesa di un’uva ostica come il Pinot Nero nella
mia terra natìa. Eleganza da vendere per un rosato teso e minerale,
che riesce a non risultare troppo esile grazie ad un equilibrata
componente glicerica.

Amore Umbria IGT Rosato – Barberani: il
Sangiovese Grosso nella sua veste più femminile e divertente. Un rosato longilineo, sferzante di freschezza e sapidità, in grado di mostrare una lunghezza non comune. Concretezza e dinamica si uniscono in un sorso davvero completo.



Il “Rosé” e “Le Cicale” – Toscana Igt Rosato – Fattoria Sardi: un’azienda che mi ha colpito sin dalla prima (recente) annata dei suoi due rosati il “Rosé” e “Le Cicale” che in questa 2017 si sono espressi con spettri olfattivi freschi e varietali e un sorso slanciato più dinamico nel “Rosé” e più pieno e profondo ne “Le Cicale”. Entrambi chiudono molto sapidi e invitano alla beva con una notevole inerzia.

Osato Toscana IGT Rosato – La Salceta: un Rosato che mi aveva incuriosito già qualche tempo fa al mercato dei vini della FIVI e che ho voluto assaggiare nella nuova annata a conferma della sua vocazione a stupire. Detto fatto! Questo Cabernet Franc (con un piccolo saldo di altre uve presenti nei vigneti aziendali) intriga già a primo naso con note vive e vivaci di frutto abbracciate da note verdi balsamiche e da una velata speziatura naturale. Pieno, fresco e salino il sorso, che vanta una buona dinamica e chiude lungo e disteso.
Un rosato non scontato, con una spiccata identità varietale.

BonBonBiò Toscana IGT Rosato – Croce di
Febo:
a Montepulciano Maurizio Comitini si sta divertendo da qualche annata a produrre questa piccolissima quantità di Rosato che si fa apprezzare sin da subito per la sua fresca spensieratezza. Una semplicità solo apparente, che sa tramutarsi in fine eleganza, privilegiando il fiore al frutto e la souplesse alla grassezza lenta e poco dinamica. Un vino longilineo con una saporita chiosa minerale.

RosAntico Toscana IGT Rosato – Podere
Pomaio:
un altro esempio di Rosato di grande agilità di beva capace, però, di non cadere nell’oblio della scontatezza. Scontatezza elusa alla grande grazie alla complessità di un naso che coniuga l’indiscutibile espressività varietale del frutto a sfumature floreali più lievi e fini. In bocca entra carico di spinta per poi distendersi con disinvoltura, mantenendo una coerente sapidità comune a tutti i vini prodotti da queste vigne.

Vurria Terre Siciliane IGP Rosato – Di Giovanna: il Nerello Mascalese traslato a Sambuca, dove acquista connotazioni davvero peculiari. Nella sua versione in Rosa sono gli agrumi a identificare al meglio lo spettro olfattivo, che trova nella sua vena solfurea un rimando alle più consuete espressioni Etnee. Il sorso è coerente con quanto anticipato dagli aromi, con il sole della Sicilia che incontra la freschezza dei suoi agrumi e la mineralità dei suoi terreni.


Rosato Etna Doc – Girolamo Russo: si parla di Etna e non poteva mancare uno degli interpreti più rispettosi e integri di quella che è l’identità del vulcano. Giuseppe Russo colpisce ancora una volta con quello che, a mio modo di vedere, è uno dei più assennati rosati italiani. Le note di granatina si alternano a quelle di fiori bianchi e al tipico sottofondo balsamico delle uve nate dalle viti allevate in Contrada San Lorenzo. Il sorso è forte della 
sua vena acida e del suo scheletro minerale, denso quanto basti per apprezzarne la solarità e tanto agile da non poterne che apprezzare la dinamica fresca e sapida.
Vino dalla straordinaria complessità, che fa pensare di esigere ancora un po’ di vetro per rendere al meglio la sua impressionante espressività.

Cistus Terre Siciliane IGT – Vini Daino: “pista e mutta” (pesta e spingi) questo è il metodo di vinificazione tradizionale di questo Rosato da uve Nero d’Avola con contatto con le bucce solo in pressatura. Il naso mette in risalto le note più fresche e fini di un varietale che siamo, spesso, abituati ad apprezzare nelle sue versioni in rosso affinate in legno, quindi più cariche e speziate. La struttura c’è, ma non è un ostacolo alla beva agevolata da una acidità slanciata e l’inerzia minerale ricorrente anche in questo rosato.


Osa! “Questo non è un vino
tranquillo” Frappato Rosato IGT – Paolo Calì:
quando ho assaggiato questo vino mi è scattato automaticamente un sorriso sul viso, vuoi per la simpatia dei Paolo vuoi per il nome di questo vino. Sorriso che viene alimentato dagli aromi prettamente varietali di un vitigno che ben si presta alla vinificazione in rosa e dai sorsi (doverosamente al plurale!) che vantano un lieve e voluto residuo di carbonica che sembra voler anticipare la sapidità al palato e sulla lingua. Espressione divertente e luminosa del Frappato che si lascia bere come pochi altri vini noti all’essere umano.

Rosato Toscana IGT – Sator: il Ciliegiolo sta godendo di grande interesse negli ultimi anni e questo vino dimostra la sua predisposizione alla vinificazione in rosa che evidenza la freschezza dei suoi profumi varietali primari e mette in risalto una buona acidità di base coadiuvata dall’abbondanza di scheletro di cui dispongono queste terre. Un vino ben congegnato.



La Via delle Rose Lazio IGT Rosato – Riserva della Cascina: questo Rosato base Sangiovese e Montepulciano sa essere sé stesso, senza la boria di chi esaspera corpo ed estrazione né l’esilità di chi scarica troppo pur di avere qualcosa di cromaticamente simile ai modelli imposti dalla Provenza. Il naso è affabile, garbato con le sue note dolci, fresche e agrumate. Come sempre, però, è il sorso a dover dare indicazioni più concrete sulla reale personalità di un vino e questo Rosato entra con grande carattere, schietto e sicuro nel suo incedere consapevole dell’annata favorevole alla sua espressività. Acidità e sale non mancano e, anche in questo caso, agevolano une beva dinamica e inerziale. Una rosa che ha nello stelo la spina dorsale minerale dei terreni a matrice vulcanica e che non ha spine ma petali affilati, leggiadri, morbidi al tatto ma, soprattutto, forte e resistente… persistente!

Cybelle Lazio IGT Rosato – Vini
Raimondo:
altro Rosato del Lazio, regione sin troppo spesso snobbata, che mi ha stupito con entrambi gli assaggi in rosa che ho deciso di inserire in selezione. In questo caso il vitigno è autoctono che più autoctono non si può! Parliamo del Cesanese di Affile che mi aveva già colpito molto nelle sue interpretazioni classiche in rosso, ma che si fa apprezzare anche in questa veste rosata fine e dalla grande beva. Un vino dalla forte identità varietale e territoriale.

Marinu Cannonau Rosato Doc – Cantina Berritta: nella Valle di Oddoene, a Dorgali, il Cannonau ci viene da Dio e questo la famiglia Berritta lo sa da sempre, tanto da produrne diversi vini di grande carattere. Questo Rosato era il vino che mancava, l’interpretazione meno comune – forse – ma al contempo molto azzeccata di un varietale che ha ormai sdoganato e acclarato la sua diretta parentela con la Grenache. E’ proprio in questa veste che si palesano le similitudini con le interpretazioni francesi e spagnole grazie ad un naso puramente varietale, al quale, però si vanno ad aggiungere toni mediterranei tipici di questo areale. Mediterraneità che ha il suo culmine al sorso equamente pieno, fresco e saporito di terra, di sole e di mare.

Rosatico Toscana IGT Rosato – Poggio
al Grillo:
da questa piccola azienda che punta tutto sull’Aleatico a Bolgheri mi aspetto sempre vini dalla spiccata personalità e anche questo Rosatico 2017 ha saputo destare la mia curiosità sin dal primo naso, intenso e varietale, complesso nel suo ventaglio di aromi che spazia dalla freschezza del frutto alla finezza del fiore, per poi giocare con note di agrume e iodio. Il sorso è coerente e sa armonizzare al meglio morbidezza e verticalità. Vino con una struttura tanto equilibrata da non risultare affatto esile pur mantenendo un’ottima dinamica di beva.

Cloé Terre Siciliane IGT Rosato –
Abbazia San Giorgio:
a Pantelleria Battista Belvisi coltiva con profondo rispetto le sue vigne terrazzate allevate ad alberello pantesco traendone vini di grande identità e spiccata spontaneità. Questo Rosato è volutamente avulso dai dettami delle mode e scevro da scimmiottamenti cromatici, perché? Perché queste uve di Nerello Mascalese devono esprimere a pieno la loro ricchezza organolettica anche nella versione rosata. Ecco perché la macerazione sulle bucce è più prolungata delle consuete vinificazioni “in rosa”, conferendo al Cloé un carattere aromatico molto varietale, che alla cieca potrebbe far pensare ad un Rosso. E’ il sorso a determinarne la natura, con la sua sferzante freschezza e una profondità minerale più unica che rara. Un vino completo, 
un vino che racconta un territorio e una cultura con grande sincerità.


Minnammentu – Isola dei Nuraghi IGT Rosato – Li Duni: Nelle sabbie di Badesi, in Gallura, l’azienda Li Duni produce da anni vini di grande personalità e questo Minnammentu non è da meno! Un naso tutto frutto e mediterraneità. Uno di quei rosati che sin dalla intensità cromatica e per struttura si avvicinano ad un rosso, eppure la densità del corpo non è affatto un ostacolo alla beva, agevolata da una buona percezione fresca e marina.

La Grazia Coste della Sesia Doc Rosato -Cantina del Signore: che figata i rosati da Nebbiolo, specie quando riescono a mantenere lo integrità varietale al naso e a sfruttare l’acidità e l’eleganza del vitigno principe del Piemonte in modo così nitido. A Gattinara si possono fare (e si fanno!) rosati una “spanna” sopra a molti!

Sètt Vino da Tavola – Aurelio Settimo: stavolta siamo in Langa e nella terra del Barolo questa piccola realtà a conduzione familiare ha optato per un blend di Nebbiolo e Dolcetto per il suo Rosato. Un duetto ponderato che esalta le nobili durezze del Nebbiolo e le suadenti morbidezze del Dolcetto. Ampio, suadente nell’ingresso, ma poi subito dritto, teso e vibrante. Divertente il finale lungo e saporito quanto basta ad arrivare al secondo calice.

Terre Lontane Val di Neto Rosato IGT – Librandi: non poteva mancare un esponente di una terra che nel Rosato ha sempre creduto e dalla quale sono prodotti vini dal carattere unico. Il loro Cirò manifesta sicuramente maggior identità varietale e territoriale, ma ho voluto selezionare questo blend di Gaglioppo e Cabernet Franc perché il pregiudizio è davvero il peggior nemico del vino e di chi lo assaggia e comunica. Assaggiato alla cieca ha vinto la sua territorialità che mi ha portato subito dritto dritto in Calabria, ma è evidente che il Franc non stia lì per caso e il dosaggio ben ponderato di questo varietale nel taglio arricchisce il profilo aromatico di note erbacee e lievemente speziate molto intriganti. Il sorso è fresco e di buona profondità.

Granatu Calabria IGT – Casa Comerci: dopo il Gaglioppo ecco l’altro principe dei vitigni calabresi, ovvero il Magliocco Canino che ben si presta a questo tipo di vinificazione dando risalto agli aromi primari fruttati e floreali, su uno sfondo balsamico mediterraneo di mirto, origano e menta. Tutto fa pensare alla freschezza che, per fortuna, si conferma al sorso con annessa salinità.

L’Amore Alta Valle della Greve IGT –
Jurji Fiore & Figlia:
Sulle colline tra i 500 e i 600 metri
slm c’è Lamole, culla del Sangiovese. E’ qui che Jurij Fiore e la
sua giovanissima figlia Sara coltivano poco meno di 2 ettari di
Sangiovese per lo più da vigne vecchie recuperate, tra le quali
spiccato alcune parcelle allevate ad alberello. Lamole è nota per la
finezza che sa conferire allo spettro olfattivo del Sangiovese e per
l’eleganza e dinamica freschezza che sa donare ad ogni sorso dei vini
ivi prodotti, quindi quale miglior territorio per produrre un Rosato
capace di coniugare classe e beva? Non c’è niente da fare, il Sangiovese a Lamole ci viene proprio bene!



La Bisbetica Rosato Umbria IGT – Madrevite: che il Gamay del Trasimeno (Grenache) si presti alla vinificazione “in rosa” è già stato palesato in più occasioni e in più parti d’Italia e dell’Orbe Terracqueo e questa interpretazione di Nicola Chiucchiurlotto e della sua piccola azienda umbra Madrevite non può che confermarlo. Un naso ricco, nitido nel frutto e nelle tonalità a tratti minerali che fanno da coerente preludio al sorso intenso nell’abbrivio e disteso, lungo e sapido nella sua progressione.


Puntarosa Cerasuolo d’Abruzzo Doc – Marchesi de’ Cordano: siamo a Loreto Aprutino, territorio dall’indiscussa vocazione alla coltivazione del Montepulciano, che si presta tradizionalmente a dar vita a dei vini rosati/cerasuoli molto profumati, freschi ma al contempo di buona struttura e morbidezza. Anche questo Puntarosa manifesta la sua completezza organolettica senza perdere il suo piglio duttile e dinamico.

Rosato Umbria IGT – Roccafiore: una storia particolare per questo Rosato che nasce dall’amore del padre di Luca (che attuamente gestisce questa ormai consolidata realtà biologica a Todi) per i Rosati provenzali. Un amore spassionato che Luca, però, ha voluto reinterpretare rispettando l’identità del proprio territorio e di un varietale che qui si esprime al meglio, ovvero il Sangiovese. Una breve macerazione sulle bucce produce cromie lievi ed eleganti che danno già una chiara idea di quel che sarà il naso di questo Rosato pulito, fine e sfumato tra le tonalità di frutto, di fiore e quelle minerali. Il sorso è asciutto, lungo e di grande sapidità.


Petriera Terre Degli Osci Rosato IGT – Catabbo: in Molise, terra che fa da culla ad un vitigno che, per quanto poco conosciuto, sta attirando sempre più attenzioni su di sé e sulla sua terra natìa. Parlo della Tintilia ottima (il nome dice molto a riguardo) per la produzione di vini rossi, ma altrettanto interessante nella sua veste rosata che, nel caso del Petriera della Cantina Catabbo, privilegia e mette in risalto i profumi più freschi del varietale con sfumature balsamiche a renderlo per nulla scontato. Il sorso entra ampio, per poi chiudere con un netto allungo fresco e di buona persistenza.

Ci tengo a precisare che questa è solo una prima scrematura dei circa 200 vini Rosati italiani assaggiati durante gli ultimi 3 mesi, in vista di un importante evento che si terrà nel 2019 in cui gestirò un’intera area dedicata a questa tipologia di vino sin troppo bistrattata nel nostro paese.



Mancano ancora all’appello dei vini che conto di poter assaggiare in occasione dei prossimi eventi enoici autunno-inverno, al fine di poter allargare la selezione ad un numero ancora maggiore di realtà, di territori e di vini.

Come sempre, l’ordine è totalmente casuale e la mia non vuole essere una classifica ma semplicemente la condivisione di quei vini che in quel determinato momento e in quel determinato contesto mi hanno colpito più positivamente per personalità, identità ed equilibrio.


F.S.R.
#WineIsSharing


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