La più piccola cantina di Montalcino – L’Aietta di Francesco Mulinari

Montalcino è sinonimo di grandi Vini, di aziende di prestigio e di pedigree importanti, ma è anche sede di realtà meno conosciute, per via di un’identità più “low profile” e dei numeri contenuti della propria produzione.

Nel mio ultimo viaggio in una delle terre più conosciute al mondo per quanto concerne il Vino, ho scovato una Cantina che neanche alcuni ilcinesi conoscono: l’Aietta.

aietta montalcino

L’Aietta sembra essere la più piccola cantina di Montalcino, ma non sono solo dimensioni e bottiglie prodotte ad avermi attirato come una vera e propria calamita per winelovers verso di essa, bensì sono state l’unicità e la bellezza del vigneto di cui l’azienda dispone proprio sotto le mura della città. Un piccolo appezzamento in cui Francesco Mulinari – questo è il nome del giovane proprietario dell’Aietta che a sua volta prende il nome da una vera e propria aia dove venivano fatte rievocazioni e feste paesane ora interna al vigneto di Francesco – ha rimesso in piedi i muretti a secco originariamente presenti ed ha impiantato un vigneto ad alberello libero, in quanto con le forme di allevamento “moderne” la densità sarebbe stata davvero ridicola. A prescindere dal discorso meramente produttivo, anche con la pioggia battente, non potevo perdermi quello che è l’unico vigneto di questo genere a Montalcino ed è inutile dire che è proprio di queste piccole grandi scoperte che la mia passione enoica continua imperterrita ad alimentarsi.

Francesco Mulinari è a tutti gli effetti un “one man wine”,  in quanto è lui ad occuparsi di ogni dinamica dell’Aietta, dal lavoro in vigna a quello in cantina e non manca di sperimentare e di utilizzare la sua creatività e voglia di stupire, senza mai risultare eccessivo e senza lasciar nulla al caso.

Questo è il caso del suo metodo classico base sangiovese, un Rosé dosaggio zero, davvero interessante, con struttura da vendere, ma altresì una netta freschezza e buona armonia.l generale. Una bollicina che assaggiata pre-sboccatura da ancor più l’idea di quanto stia lavorando bene Francesco sia in vigna che in vinificazione.

Questo giovane vignaiolo ha circa 15 vendemmie alle spalle e ciò che mi ha fatto più piacere constatare è che sia da uomo di vigna che da cantiniere ha saputo progredire ed evolvere verso una concezione di vino sempre più equilibrata, step by step, dal convenzionale ad un “bio-ragionato” arrivando persino alle lavorazioni dei terreni ippotrainate. Un approccio rispettoso al quale è arrivato non per inseguire una chimera ideologica, ma per una maggior sostenibilità aziendale e per poter esprimere ancor di più la propria nicchia ed il proprio terroir in maniera sincera e pulita. 

Il suo Rosso di Montalcino e il suo Brunello di Montalcino, sono nitidi esempi di quanto non occorrano chissà quali accorgimenti enologici e chissà quali attrezzature di cantina per fare un grande vino, anzi è proprio nel saper togliere più che nel dare che risiede il segreto dell’eccellenza.

Intenso, fresco e dal tannino già ben integrato il Rosso di Montalcino; armonico, vibrante, dal tannino fitto e dal finale ferroso l’elegante Brunello di Montalcino.

vino bio montalcino aietta

La sorpresa nella sorpresa, però, è stata la chicca prodotta da Francesco, un vino che può sembrare quello dal respiro più internazionale perché venduto quasi tutto all’estero ma che, in realtà, rappresenta la più classica delle identità toscane. Un vino così sensato e piacevole da catturare la mia attenzione e da sollecitare i miei sensi.

Parlo del Quintoelemento, fatto con un uvaggio di vigna classico del Chianti in cui si incontrano Sangiovese, Canaiolo e Colorino, ma anche un’uva a bacca bianca, ovvero il Trebbiano, presente da sempre nella tradizione chiantigiana. Vi chiederete quale sia il quinto elemento, beh… le vie per scoprirlo sono due o ancor meglio una che le congiunge ad entrambe, ovvero chiederlo a Francesco e/o assaggiare il vino in questione e cercare di scoprirlo da soli, cosa non facile, ma neanche così impossibile.

Veri e propri “vins de garage” quelli del giovane vignaiolo Francesco Mulinari, che continuano a stupire per gli equilibri e la pulizia che sono in grado di raggiungere nonostante le dimensioni e le dinamiche di “cantina”.

Bell’esperienza quella fatta in un contesto che, ancor più a Montalcino, ti riavvicina ad un modo di intendere, di fare e di vivere il vino scevro da sovrastrutture di sorta, ma allo stesso tempo più impegnativo e di sacrificio a livello di gestione della vigna e di vinificazione.

Vini che definirei razionalmente rispettosi, data l’ottima convivenza, in Francesco e quindi in ogni suo vino, di preparazione tesa al perfezionismo da un lato e rispetto volto all’identità territoriale ed alla sostenibilità dall’altro.

Una tappa obbligata per tutti gli appassionati e gli addetti ai lavori che cercano qualcosa di particolare, che anelano all’unicità e alla nicchia, ma che non accettano compromessi e non tollerano di essere presi per i fondelli da mere favolette o discutibili ideologie, a L’Aietta si fa del vino e neanche “poco bono!”, come si direbbe in loco.

F.S.R.

#WineIsSharing

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