La curiosa storia del Bordò e La Ribalta della cantina Pantaleone

Mai smettere di cercare! Lo ripeto a me stesso ogni giorno mentre mi metto in cammino alla volta di nuove piccole e grandi scoperte o, semplicemente, di realtà che sento il bisogno di conoscere meglio, di storie che ho la necessità impellente di approfondire. 
Questa volta la mia ricerca mi ha riportato nelle mie Marche, alla scoperta di un vino che negli ultimi anni ha fatto molto parlare di sé pur essendo prodotto in tirature che definire limitati sarebbe un eufemismo.
Parlo del Bordò, vino prodotto dalle omonime o almeno questo è il nome che i vignaioli marchigiani davano storicamente a quello che sembra essere in tutto e per tutto un “biotipo storico appartenente alla famiglia dei Grenache”. Meno di una manciata di ettari vitati e una produzione media di neanche 500 bottiglie a produttore la dicono lunga sulla nicchia rappresentata dal Bordò.
bordò vino marche
Sulle sue origini non si ha ancora certezza, ma la storia legata all’etimologia del nome sembra dare anche validi indizi riguardo la sua provenienza. Pare, infatti, che il nome Bordò derivi dal dialetto sardo “sa vite burda”, frase che i pastori sardi dicevano spesso rivolgendosi a quelle piante che essi tessi potrebbero aver portato durante la transumanza dalla loro terra alle Marche. 
Il Bordò va, quindi, ad unirsi alla lunga lista di biotipi legati alla famiglia delle Grenache poi adattati in differenti areali italiani come il Cannonau, la Granaccia, il Tai Rosso, il Gamay del Trasimeno, l’Alicante, il Nelson e, sempre nelle Marche, la Vernaccia Nera di Serrapetrona.
Cantina Pantaleone Bordò
A prescindere dalla provenienza e dalle similitudini genetiche con altri vitigni sta di fatto che il Bordò nel Piceno sembra essersi adattato a tal punto da dare origini a espressioni molto peculiari nel calice. 
Per comprenderne di più la storia, lo spettro organolettico e la tipicità di questi vini ho deciso di iniziare la mia ricerca dall’azienda che ha dalla sua un’effettiva storicità riguardante il Bordò e ad attestarlo c’è il vecchio vigneto dal quale la famiglia ha preso le marze per gli innesti e, soprattutto, una bottiglia del 1987 che già porta in etichetta il nome del varietale.
bordò 1987
L’azienda Pantaleone è la tipica realtà a conduzione familiare di cui l’Italia enoica è colma ma delle quali non se ne ha mai abbastanza! Ci troviamo a Colonnata Alta, sulle colline ascolane, dove la biodiversità domina incontrastata e le vigne si sono conquistate il proprio spazio tra i rigogliosi boschi che guardano al monte dell’Ascensione. I vigneti sono disposti ad anfiteatro in una valle ai piedi della quale corre un fossato chiamato “Pantaleone”.
Il nome del fossato “Pantaleone” (dal greco παν ossia tutto e λέων ossia leone, forza ) si rifà ad un’antica leggenda popolare che gli abitanti del luogo tutt’ora raccontano, secondo la quale quel terreno aveva una spiccata fertilità.
vigne pantaleone
E’ qui, a ca. 450 m s.l.m. che Nazzareno ha sempre coltivato le sue vigne vendendone, però, l’intero frutto a terzi. Almeno fino al giorno in cui le sue due intraprendenti e lungimiranti figlie Francesca (laureata in economia) e Federica (grafica) non lo hanno convinto a riversare il frutto del suo grande lavoro in bottiglia. Nazzareno stanco di veder trattare le proprie uve, coltivate con saggezza e rispetto, alla stregua delle uve di altri conferitori qualitativamente inferiori, accetta e inizia quest’avventura costruendo, insieme alle proprie giovani figlie, la cantina Pantaleone. Ad aiutarli c’è il marito di Francesca, l’enologo Giuseppe Infriccioli, capace di dare subito un piglio nitido nell’espressività territoriale e varietale ai vini di questa piccola realtà di ca. 16ha vitati.
onirocep pantaleone
Se il dinamico e mineralissimo Pecorino “Onirocep” (io ho avuto modo di assaggiare l’annata 2018 da poco in bottiglia ma già molto espressiva, dinamica e sapida) è stato sin da subito il vino portabandiera dell’azienda Pantaleone è proprio il Bordò a rappresentare la sfida più ardua e il fulcro dell’attenzione e della sperimentazione di questa cantina che crede fortemente nelle potenzialità di quest’uva.
L’interpretazione di Pantaleone del Bordò si chiama La Ribalta (molti dei nomi dei vini dell’azienda si rifanno al teatro) e io ho avuto modo di assaggiarlo nelle versioni relative alle annate 2016, 2015 e 2010.
La Ribalta 2016 – Bordò Marche IGT Rosso – Pantaleone: ancora non in commercio ma già pronto a stupire con la sua pulizia varietale, esemplare nell’integrità del frutto e nella tipica speziatura naturale. Un vino di classe che coniuga forza e slancio in maniera dinamica e mai statica. Un vino carico di luce.

La Ribalta 2015 – Bordò Marche IGT Rosso – Pantaleone: un’annata più improntata alla potenza, in cui il frutto vanta fiero la propria maturità senza sfociare in toni surmaturi. La spezia è più lieve e ben integrata al corredo varietale e alla garbata incidenza delle demì-barrique in cui il vino affina.  In bocca la struttura è ben bilanciata dalla spalla acido-minerale che da profondità ad un sorso lungo e saporito.  Materico!

La Ribalta 2010 – Bordò Marche IGT Rosso – Pantaleone: un’evoluzione perfetta per un vino che al naso mostra tutta la sua speziatura tipica del Rotundone, precursore aromatico tipico di molti vitigni “figli” della Grenache. Il frutto e la mediterraneità si fanno più lievi e con grande eleganza lasciano spazio al pepe nero e a sfumature ematiche. Il sorso stupisce per la netta coerenza con l’incipit olfattivo. Un vino che da solo vale la scommessa “Bordò”. Tra i migliori assaggi in rosso mai fatti nella mia terra natìa.

Questa piccola realtà condotta dalla famiglia Pantaloni si è dimostrata esemplare nell’interpretazione sincera dei varietali autoctoni allevati con il Bordò a fare da capofila e il Montepulciano nelle sue versione Sipario (più fresco e spigliato) e Boccascena (più potente e incisivo) a costituire la solida struttura dei rossi aziendali.

Non è mancata, però, una inattesa sorpresa durante la sessione d’assaggio di tutta la linea aziendale, ovvero l’Atto I 2016, un Sangiovese in purezza brillante, longilineo, dall’incedere rapido e sicuro, che sfoggia classe innata in maniera spontanea e senza tanti fronzoli. Una conferma di quanto il Sangiovese possa dare ottimi risultati in questa zona spostandosi verso l’alto e interpretandolo in maniera fine e dinamica, esaltandone quel raro connubio fra beva ed eleganza mai scontate che questo grande vitigno sa esprimere al meglio in alcune vocate zone del Centro Italia.

degustazione cantina
Quella presso la Cantina Pantaleone è stata una tappa fondamentale, non solo nell’approfondimento delle peculiarità del Bordò, ma anche e soprattutto per comprendere quanto grande sia l’amore per queste terre di una famiglia intera che non teme le sfide e porta avanti la propria azienda con profonda consapevolezza del proprio passato e grande slancio verso il futuro.

Concludo con un plauso a molti dei produttori che hanno deciso di scommettere, seppur con piccolissime produzioni, sul Bordò lanciando un messaggio importante anche in termini di posizionamento in quanto quello che qualcuno potrebbe considerare un prezzo troppo alto è l’unico modo che piccole realtà come queste hanno per valorizzare il proprio lavoro e per dichiarare fermamente la propria fiducia in questo vitigno. 

F.S.R.
#WineIsSharing

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