Il Prosecco Superiore Docg è il vino di un grandissimo territorio! Lo dice anche l’Unesco. Basta generalizzare!

In Italia siamo soliti accanirci contro ciò che dimostra un’inattesa attitudine al successo, è come se non accettassimo gli exploit in nessun comparto perché tendiamo ad essere prevenuti – spesso a ragion veduta, non lo nego! – sull’effettività del merito.

E’ un po’ quello che sta accadendo con il Prosecco, tacciato di ignominia in maniera, spesso, qualunquista e demagogica, andando ad enfatizzare ciò che non va senza mai prendere in considerazione e valorizzare ciò che, invece, rende unica almeno uno dei sottoinsiemi raccolti all’interno di questo grande macro-insieme territoriale e produttivo.

prosecco unesco docg

Persino all’annuncio del riconoscimento de “Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene” come Patrimonio dell’umanità UNESCO, in molti hanno cercato di addurre fuorvianti e negative affermazioni denigrando questa nomina, trovando nella generalizzazione un’arma sin troppo forte in quanto capace di aizzare le masse e di far leva sull’ignoranza e la superficialità di molti nei confronti di tutto ciò che ricade sotto il termine Prosecco.

areale prosecco docg

Il primo problema è sicuramente semantico, in quanto questo nome è usato trasversalmente in più denominazioni molto differenti fra loro capaci di coprire areali molto vasti nei quali condizioni morfologiche e qualitative della viticoltura e target enologici e commerciali vantano divergenze molto ampie.

Per questo ho voluto organizzare una vera e propria full immersion in quella che è la core zone del sito Unesco che abbraccia una piccola area collinare della provincia di Treviso, dove l’interazione positiva tra uomo e ambiente ha creato un paesaggio culturale unico.

Si tratta della fascia collinare che va da Valdobbiadene fino al Comune di Vittorio Veneto andando verso est, ovvero una parte importante dell’areale di produzione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG.

vendemmia prosecco 2019

E’ proprio qui che inizia la storia del Prosecco, a Conegliano Valdobbiadene, area collinare nel Nord Est d’Italia, a 50 km da Venezia e circa 100 dalle Dolomiti. Qui da più di tre secoli si coltivano le uve che danno origine al Prosecco Superiore quali GleraVerdiso, Bianchetta trevigiana, Perera e Glera lunga. E’ qui che nel 1876 viene fondata la Scuola Enologica di Conegliano, prima in Italia, a testimonianza della vocazione vitivinicola di questo territorio e della volontà di perorare la causa della qualità e di elevare la concezione agronomica ed enologica di un tempo, senza andare a snaturare quella che era la più sana e ancora oggi fondamentale cultura rurale dei vecchi vignaioli.

rese prosecco glera

Un areale che tocca 15 comuni e rappresenta il cuore del mondo del Prosecco, è una denominazione storica italiana riconosciuta nel 1969. Nel 2009, con la riorganizzazione delle denominazioni Prosecco, il Ministero dell’Agricoltura la classifica come Denominazione di Origina Controllata e Garantita (DOCG) massimo livello qualitativo italiano. Ad essa si affiancano l’altra piccola e virtuosa DOCG Asolo e la DOC Prosecco, una delle più vaste denominazioni italiane, estesa su 9 province di Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Il mio ultimo tour nella DOCG di Conegliano Valdobbiadene è partito volutamente dai boschi che abbracciano gran parte delle colline e che, assieme ai numerosi prati, costituiscono la vera e tangibile fonte di biodiversità dell’areale. Biodiversità che si contrappone alla monocoltura che impera e imperversa in altri noti areali italici e che rischia di compromettere lo stato di salute di piante, suolo e dell’intero ecosistema con notevoli ripercussioni in termini di patologie della vite e qualità delle uve.

Vi basterà camminare per gli irti ma praticabili sentieri di Farra di Soligo, nell’esatto centro del sito Unesco (che comprende i territori collinari ricadenti nei Comuni di Valdobbiadene, Miane, Farra di Soligo, Pieve di Soligo, Follina, Cison di Valmarino, Refrontolo, San Pietro di Feletto, Revine Lago, Tarzo, Vidor, Vittorio Veneto), per rendervi conto di quanto il bosco (per lo più termofilo) sia interconnesso alla viticoltura, tanto da poter sbucare nei ripidi ed eroici vigneti della zona più volte durante la vostra “passeggiata”.

biodiversità vigna prosecco

Il colpo d’occhio, una volta arrivati in cima ad una delle colline vi aiuterà a prenere coscienza di quanto siano fuorvianti e non veritiere le affermazioni di chi vuole ridurre tutto il Prosecco a ciò che viene prodotto in pianura, spesso con poco rispetto in termini agronomici sia per la sostenibilità che per la qualità, preferendo un utilizzo più massivo della chimica e della meccanizzazione.

Lungi da me incorrere nell’errore di generalizzare a mia volta seppur si tratti di pianura e, quindi, di una viticoltura generalmente più omogenea, sta di fatto, però, che quando penso al Prosecco penso ai vigneti delle due Docg e la mia mente va, principalmente, a questi vigneti e al lavoro dei vignaioli, obbligati dall’orgoglio e dalla conformazione dei vigneti stessi a lavorare totalmente a mano.

Parlo proprio di quello che nella candidatura Unesco è stato definito “hogback“, ovvero quella parte dell’areale costituita da un sistema di rilievi irti e scoscesi a corde allungate in direzione est-ovest e intervallate da piccole valli parallele.

valdobbiadene conegliano prosecco superiore docg

E’ in queste zone che si percepisce in maniera nitida quanto l’uomo abbia modellato questa aspra terra con rispetto e saggezza, nonché con estrema fatica, affinando nel tempo la propria consapevolezza tecnico-agronomica al fine di elevare il proprio concetto di terroir dalla vigna al bicchiere. 

Vignaioli come custodi della terra, quindi, che attraverso tecnica come quella del terrazzamento a ciglione, utilizza la terra inerbita al posto della pietra per evitare il dilavamento e l’erosione del suolo.

Un vero e proprio mosaico in cui le tessere sono le micro-parcelle di vigneto che si alternano agli inserti boschivi e ai prati improduttivi. 

Avendo avuto modo di visitare l’areale durante la stagione vendemmiale ho potuto vivere in prima persona la raccolta eroica in questi ripidissimi vigneti terrazzati, con una mole di lavoro e un tasso di rischio che, unitamente all’equilibrio produttivo delle – spesso – vecchie viti in quei terreni a forte matrice argilloso-calcarea con grande presenza di conglomerati detti “croda”, rendono davvero virtuosa la produzione di Prosecco su queste colline.

Un’opera virtuosa che, purtroppo, non sempre viene valorizzata quanto meriterebbe in termini economici e di percezione comune, in quanto anch’essa finisce nel grande calderone dei “Prosecchi” in cui la forbice di prezzo è sì ampia, ma parte da livelli troppo bassi che mai potrebbero garantire marginalità adeguate ai vignaioli di gran parte della docg.

rive prosecco pendenze

La vera sfida, dunque, è quella di elevare la percezione comune del Prosecco Superiore Docg non solo attraverso una sempre maggiore qualità del prodotto in bottiglia ma anche e soprattutto comunicando le peculiarità concrete, tangibili e inconfutabili del territorio.

Un territorio che non può valere quanto la pianura e non può e non deve essere penalizzato dagli errori commessi altrove nella produzione di un vino che pur portando lo stesso nome vede nella denominazione di riferimento le specifiche e fondamentali differenze.

prosecco docg wine blogger

E’ proprio sul nome che si sta molto disquisendo negli ultimi mesi, in quanto una fazione di produttori della Docg vorrebbe addirittura omettere il nome “Prosecco” nelle proprie etichette (è già possibile farlo, tanto che alcune aziende hanno già iniziato questo provocatorio ma lecito percorso volto ad anteporre il territorio al nome “generico” del vino), mentre l’altra manifesta reticenze in quanto fortemente attaccata ad un nome che è parte integrante della storia della viticoltura locale e della vita rurale degli abitanti di questa zona del Veneto. Inoltre, non è da trascurare che, per quanto fuorviante possa risultare, il termine “Prosecco” vanta una potenza commerciale e di marketing tale da rendere difficile la possibilità che realtà giovani che ancora devono farsi notare ma anche realtà più importanti forti su certi mercati di riferimento si possano permettere omettere la famosa “parolina magica” che distributori e importatori, nonché clienti finali, vogliono trovare in etichetta.

Di certo nel 2009 qualcosa di meglio poteva essere fatto, ma è una questione di difficile valutazione in quanto i pro e i contro tendono ad equivalersi. Sono convinto, però, che il solo fatto che si sia scatenata questa dialettica rappresenti a pieno la consapevolezza dei produttori della Docg dell’unicità del proprio areale e dei propri vini e la conseguente volontà di emanciparsi dalle mere dinamiche commerciali che, purtroppo, hanno fatto del Prosecco uno spumante percepito come “facile ed economico”.

agronomi prosecco docg

Tra i fattori sui quali questo areale potrebbe improntare una comunicazione volta a fare chiarezza sui doverosi distinguo è il tema della sostenibilità che ho affrontato durante la seconda tappa del mio tour per la quale avevo richiesto la presenza di un agronomo. Se ormai nella stragrande maggioranza (anche grazie all’invito del Consorzio e ai regolamenti emanati da alcuni comuni interni alla Docg) dei vigneti non sono diserbati chimicamente e vengono trattati per lo più con prodotti adottati anche in regime biologico, l’unico limite alla creazione di un vero e proprio “distretto bio” è l’annosa lotta alla flavescenza dorata che miete vittime a iosa nei vigneti della zona. Purtroppo i prodotti che vengono consigliati e utilizzati per la lotta all’insetto vettore, ovvero lo scaphoideus titanus, non sono idonei alla certificazione biologica e ho potuto appurare personalmente l’insofferenza di quei produttori che vorrebbero fare un ulteriore passo verso la sostenibilità ma non possono per via dell’impossibilità di trovare alternative agli insetticidi attualmente in uso. Parliamo comunque di prodotti a basso impatto.

prosecco docg vendemmia a mano

A mio parere, però, la mission della Docg resta quella di puntare tutto sulla valorizzazione del territorio e sulla comunicazione nitida e trasparente di quelle peculiarità, quelle diversità e quelle unicità che caratterizzano e distinguono questo areale da quello della Doc e da qualsiasi altra zona vitivinicola italiane non mondiale.

Se di Cartizze e della sua importanza in termini di pedigree e di età media dei vigneti (e quindi di archivio storico di cloni e biotipi) ne avevo già parlato nel mio articolo “Il Prosecco senza pregiudizi” è importante conoscere alcune specifiche che potreste incontrare in etichetta e che molti non conoscono a dovere:

Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg: identifica uno spumante DOCG prodotto esclusivamente nelle colline di Conegliano Valdobbiadene, a partire dal vitigno Glera, prodotto nei 15 comuni della Denominazione. La resa consentita è 13,5 t per ettaro e ogni produttore può creare la propria cuvèe con il blend delle uve raccolte nelle varie microzone del territorio. Il Conegliano Valdobbiadene può avere il seguente dosaggio: Extra Brut, Brut, Extra Dry e Dry.

Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Rive: con il termine “Rive” vengono identificate le pendici delle ripide colline che caratterizzano il territorio. Si fregiano della menzione “Rive” i Prosecco Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg prodotti dai vigneti con maggior pendenza e più vocati, con uve provenienti da un unico Comune o frazione di esso. Il fine è quello di mettere in risalto l’identità della singola sottozona alla stregua di un ideale “cru”. Nella denominazione sono presenti 43 rive, ed ognuna esprime una diversa peculiarità di suolo, esposizione e microclima. Nel Rive la produzione è di 13t per ettaro, le uve vengono raccolte esclusivamente a mano e viene indicato in etichetta il millesimo. 

Eccovi le 43 Rive (UGA): San Vito; Bigolino, San Giovanni, San Pietro di Barbozza, Santo Stefano, Guia, Vidor, Colbertaldo, Miane, Combai, Campea, Premaor, Farra di Soligo, Col San Martino, Soligo, Follina, Farrò, Cison di Valmarino, Rolle, Pieve di Soligo, Solighetto, Refrontolo, San Pietro di Feletto, Rua di Feletto, Santa Maria di Feletto, San Michele di Feletto, Bagnolo, Tarzo, Resera, Arfanta, Corbanese, Susegana, Colfosco, Collalto, Formeniga, Cozzuolo, Carpesica, Manzana, Scomigo, Collalbrigo-Costa, Ogliano, San Vendemiano, Colle Umberto.

Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Cartizze Docg: è il fiore all’occhiello della denominazione, una sottozona disciplinata fin dal 1969 di soli 107 ettari di vigna, compresa tra le colline più scoscese di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol, nel comune di Valdobbiadene. Il pedoclima è unico: suolo è composto da arenarie e morene, modellato nel tempo per formare uno spesso strato di argille. Questo fondo argilloso consente all’apparato radicale della vite di scendere in profondità, garantendo riserve anche nelle annate più siccitose. Grazie alle Alpi l’escursione termica notturna è molto alta.

Il disciplinare del Prosecco impone ai ca. 140 produttori di Cartizze racchiusi in poco più di 1kmq rese per ettaro più basse: 120 q.li/ettaro (135 q.li/ettaro area DOCG, 180 q.li/ettaro area DOC).

cartizze prosecco docg

Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore “Sui Lieviti” Docg: molti lo chiamano ancora Prosecco “col fondo” per ovvi motivi di legame con la tradizione, in quanto si tratta del metodo rurale, ovvero la prima versione di vino rifermentato nato tra queste colline. Il nome è dovuto al deposito dei lieviti che hanno svolto la rifermentazione sul fondo della bottiglia. Si presenta nella versione Brut nature ed è uno spumante fresco, torbido, perlage fine.

In fine, potrete trovarvi davanti a delle bottiglie di Prosecco che non recheranno l’aggettivo “Superiore” in etichetta ma fanno ugualmente parte della tradizione locale. Sto parlando Conegliano Valdobbiadene Frizzante (pressione massima 2,5 bar) e di quello Tranquillo (fermo).

unesco prosecco

Durante il mio viaggio il Consorzio di Tutela del Prosecco Superiore Docg Conegliano Valdobbiadene mi ha dato modo di assaggiare ca. 80 referenze selezionate in rappresentanza di ogni tipologia ricadente sotto la denominazione di origine controllata e garantita e il livello di qualità medio è cresciuto notevolmente negli ultimi anni nonostante l’aumento della richiesta sui mercati. Un aumento che, comunque, è molto morigerato se si pensa che il numero di bottiglie prodotte in Docg è pressoché stabile mentre quello della Doc è ormai “scappato di mano” andando quasi a saturare i mercati.

E’ proprio per questo che il produttore di Prosecco Superiore Docg deve trovare delle leve reali e peculiari tramite le quali innalzare la percezione del proprio prodotto e, quindi, elevare il posizionamento del proprio vino.

Purtroppo la generalizzazione che vige riguardo il “Prosecco” porta gli stessi commercianti (distributori e importatori) a indurre ulteriore confusione buttando doc e docg nello stesso calderone per poi lavorare solo sul prezzo.

Va da sè che il costo di produzione di una bottiglia di Cartizze o di Rive e più in generale di un Docg è notevolmente superiore a quello possibile in gran parte della doc, per motivi logici di costo del lavoro manuale nella gestione agronomica e nella raccolta e per le produzioni più basse.

Questi aspetti, unitamente alla maggior vocazione di alcune aree e ad un approccio spesso più accorto sia in campo che in cantina dovrebbero concorrere nel far comprendere le doverose differenze fra i vari “Prosecco”.

vigne rive prosecco

Pur non volendo dare la priorità alle individualità e, quindi, alle singole aziende è stato fondamentale visitare una serie di cantine rappresentative del territorio capaci di esprimere diverse identità di terroir, attraverso numeri e filosofie differenti ma convergenti sul comun denominatore della qualità. Ho già avuto modo di raccontarle attraverso i social ma dedicherò un articolo alle realtà che mi hanno colpito maggiormente e agli assaggi che ho apprezzato di più nei prossimi mesi.
La volontà di questo articolo è quella di fare chiarezza e di spingere chi ancora tende a generalizzare negativamente quando si parla di Prosecco ad approfondire e a valutare in maniera più ponderata e realistica le peculiarità di un territorio e di un vino che non merita di essere denigrato a priori, ancor meno nell’areale della DOCG.
Detto questo ci tengo a precisare che a spingermi a scrivere queste righe non è stata solo la voglia di elogiare il lavoro di chi opera una viticoltura virtuosa e di adopera per produrre vini rispettosi, ma è a stata anche la rabbia nei confronti di chi, invece, produce in maniera poco accorta in termini agronomici e omologata in termini enologici. Questo accade, spesso, dove la vigna non dovrebbe stare e solo per inseguire la richiesta del mercato. Il timore che “la bolla” del Prosecco possa esplodere diminuendo drasticamente la richiesta ed evidenziando, quindi, l’assurdità di molti impianti c’è, ma mi piace pensare che chi ha sempre lavorato bene e tutt’ora non si è lasciato ammaliare dal canto delle sirene dei mercati non ne risentirà, anzi ne uscirà più forte di prima.

F.S.R.

#WineIsSharing

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