Chiacchierata con l’enologo Emiliano Falsini su: annata 2019, riconoscimenti, progetti e comunicazione del vino

Negli ultimi anni ho avuto modo di incontrare e conoscere molte figure professionali legate attivamente al mondo del vino e, di certo, quelle con cui ho trascorso più tempo – vignaioli a parte – sono quelle che si occupano di vigna e cantina: agronomi ed enologi.
Ho sempre pensato che per raccontare territori e realtà come faccio io fosse imprescindibile avere un continuo confronto con chi vive e vede il vino dall’interno e si occupa della conduzione dei vigneti e/o del percorso produttivo che trasformerà l’uva in vino.
Ecco perché, su wineblogroll.com, troverete la condivisione di chiacchierate con agronomi ed enologi che stimo e con i quali ho avuto modo di relazionarmi camminando tra i filari, campionando acini pre-vendemmia o assaggiando mosti e vini da vasca e da botte, ancor prima che dalla bottiglia.
Oggi è la volta di Emiliano Falsini, giovane enologo che sta vivendo un momento d’oro della sua carriera di consulente e che, operando in molte regioni italiane dal Nord al Sud, rappresenta un riferimento ideale al quale porre alcune delle domande che troverete qui di seguito. 

Vi lascio alla breve ma esaustiva chiacchierata enoica con Emiliano Falsini:

– Ciao Emiliano. Parliamo, spesso, in maniera sin troppo generica di “enologi”, ma cosa significa, per te, essere un enologo consulente?
Essere un enologo consulente significa, dopo anni in cui lavori in molti territori e dopo esperienze in tante cantine, anche importanti, portare la mia conoscenza al servizio delle aziende con cui collaboro, siano esse aziende storiche con cui lavoro oramai da tanti anni sia alle nuove realtà con cui ho iniziato un rapporto da poco tempo.
– Ormai tutte le uve delle cantine che segui in giro per l’Italia sono giunte in cantina. Che idea ti sei fatto di questa annata 2019?
Una bella vendemmia, un po’ in tutta Italia. Ci sono come al solito punte di eccellenza legate a fattori umani ( gestione del vigneto e capacità di lavorare bene in cantina) e a fattori climatici e vitigni che hanno risposto meglio di altri ma in linea generale l’annata è molto buona tendente all’ottimo. Ci sono sicuramente punte di eccellenza sulla Costa Toscana e a Montalcino ma ho riscontrato ottime performance anche sull’Etna, Romagna, Umbria, Marche e nei Nebbioli da Barolo. Direi che dopo una 2018 più complicata in alcune zone, questa ha dato una bella mano a tutti noi in termini qualitativi; discorso diverso sulle quantità che, soprattutto nei vitigni bianchi si sono abbassate di un 20-30% in molte zone fra cui Sicilia, Costa Toscana, Marche, Umbria e Sardegna.
 
– Oltre ad essere stata un’annata dal buon potenziale in vigna, questo 2019 è stato per te un anno ricco di soddisfazioni e di nuovi progetti. Vuoi parlarne ai lettori di wineblogroll.com?
Diciamo che negli ultimi giorni la critica è stata benevola nei miei confronti ma soprattutto con due vini che porto nel cuore: il Piaggia Carmignano Riserva 2016 premiato come miglior Rosso dell’Anno dalla Guida Gambero Rosso e Graci Etna Arcuria Sopra il Pozzo 2015 entrato nei primi 5 vini italiani per il Corriere della Sera. Come dicevo sono due vini che porto nel cuore perché amo questi due territori e le aziende in questione: Carmignano mi ha visto crescere in tutti i sensi perché ho iniziato con Piaggia oramai 20 anni fa’ e perché sono nato e cresciuto a pochi chilometri dal paese di Carmignano quindi sono luoghi a me familiari e cari. Poter contribuire al successo di questo vino e di questa denominazione è motivo di grande orgoglio personale. Arcuria Sopra il Pozzo invece rappresenta un altro territorio che ho incontrato casualmente nel mio percorso professionale e umano circa 15 anni fa’ e ne sono rimasto folgorato! Fin da subito avevo capito che l’Etna aveva qualcosa di unico, magico e che poteva esprimere vini degni di essere paragonati ai grandi vini italiani. Oggi, a distanza di anni questa zona regala emozioni con tante bottiglie, quindi, evidentemente avevo ragione! Arcuria Sopra il Pozzo di Alberto Graci è un esempio stupendo di eleganza, finezza e di cosa il connubio vitigno-territorio possa dare. Vedere questo vino siciliano insieme a vini di Bolgheri, Montalcino e al Barolo nella top five dei vini italiani è stato bellissimo e mi dà ancor più consapevolezza in quello che facciamo. 
Per quanto mi riguarda invece, dopo tanti anni di viaggi, assaggi e riflessioni ho deciso che era giunto il momento di provare anche a fare qualcosa di personale in cui la mia libera interpretazione potesse andare ad incontrare due territori che amo, conosco da anni e che sono simboli dell’enologia italiana di qualità, ed ho quindi deciso di portare avanti due piccoli progetti paralleli, uno in Toscana a Bolgheri a base Cabernet Franc e uno sull’Etna con il Nerello Mascalese. Due progetti realmente paralleli ma che simboleggiano nella mia idea la bellezza e la incredibile unicità del vino italiano: da una parte il perfetto connubio vitigno autoctono-territorio con il Nerello Mascalese sull’Etna e dall’altra un territorio come Bolgheri che ha saputo accogliere e valorizzare una varietà recentemente portata in Toscana come il Cabernet Franc elevandola hai massimi livelli nel Mondo. Una piccola grande sfida dove voglio mettermi in gioco con le persone a me care e che voglio vivere come un piacevole divertimento.
– Quali sono gli areali che reputi maggiormente vocati e quali i varietali con cui ti piace lavorare di più?
Potrei dirti Etna e Bolgheri ma sarebbe troppo scontato visti i miei recenti interessi, sinceramente da Nord a Sud ci sono tantissimi areali e vitigni che ogni volta mi sorprendono e mi entusiasmano. Credo che la differenza la fanno spesso le persone, di come interpretano i loro vigneti, dell’idea di vino che hanno in testa e che tu devi cercare di interpretare al meglio. Avendo la fortuna di lavorare in bellissimi luoghi e con vini importanti non posso fare una classifica e non è giusto perché sicuramente sarei in difetto. Ci sono territori più conosciuti che ovviamente porto nel cuore come le Langhe, Bolgheri, Carmignano, Montepulciano, il Chianti Classico, Montefalco e Montalcino ma onestamente ci sono zone meno conosciute come la Romagna, le Marche, la Campania, il Molise, la Calabria e la Sardegna che mi emozionano ogni volta perché si scoprono potenzialità enormi e vini interessantissimi. Ripeto: questo è il bello del nostro paese, credo che nessun altro paese vitivinicolo come il nostro possa esprimere questa diversità a questo livello qualitativo. Potenzialmente, in Italia, si possono fare grandi vini in tantissime zone e con tantissimi vitigni, forse è realmente questo ciò che mi ha sempre spinto a lavorare in tutta Italia e non prendere mai in considerazione altri paesi.
– Negli ultimi anni sei riuscito a coadiuvare produttori di molte e diverse regioni italiane nella produzione di vini di grande qualità. Quanto è importante saper scegliere le realtà con le quali collaborare e quanto credi sia cambiato il tuo approccio enologico dai primi anni di attività ad oggi?
La scelta delle aziende con cui lavorare è una scelta importante che fa’ si che il rapporto duri nel tempo e che poi possa portare a risultati importanti. Ho sempre avuto il desiderio di lavorare con persone appassionate che avessero in testa il sogno di produrre grandi vini, di valorizzare il territorio e portare avanti la loro idea enoica insieme a me. Questo penso sia fondamentale. Cerco di interpretare le aspettative, i desideri e l’ideale di vino che ogni produttore ha in testa, non deve essere il vino dell’enologo Emiliano Falsini ma deve essere il vino dell’Azienda, questo è il mio credo professionale che ha sempre animato il mio spirito e, per questo, non credo che l’approccio nei confronti della mia professione e il mio modo di intendere la Consulenza Enologica sia cambiato molto nel corso degli anni. E’ sempre stata basata sul rispetto delle persone e sul confronto perché mi sento, in tutte le aziende parte integrante del loro progetto di crescita.
– Rosati e spumanti metodo ancestrale rappresentano due sfide che hai raccolto ormai da qualche anno. Come vedi questi due trend in Italia?
Sono vini che amo bere e quindi quando mi hanno chiesto di produrli mi sono subito prestato a realizzare queste tipologie di vino. Certamente il mondo Rosato oramai rappresenta una realtà consolidata in crescita, il mondo ancestrale invece lo stiamo scoprendo e con noi anche i consumatori. Credo però che il trend sarà in crescita perché c’è sempre voglia di nuovo e di diverso. Il vino è un qualcosa in continua evoluzione e l’Ancestrale ne è l’esempio lampante.
– Si pensa che l’enologo debba occuparsi del solo lavoro in cantina, ma tu sei sempre passato per la vigna. Quanto conta per un enologo consulente avere una visione d’insieme delle realtà con le quali collabora partendo proprio dai vigneti?
E’ fondamentale, il vino lo facciamo con l’uva e quindi conoscere i vigneti, assaggiare le uve, vederne l’evoluzione nella vigna è fondamentale! Dico sempre che per fare un grande vino occorre una grande uva ma che poi deve essere raccolta al momento giusto, nei modi giusti e interpretata nel modo corretto. Se l’enologo non è a conoscenza di tutto questo personalmente credo che non sia possibile tirare fuori il meglio da un’azienda. Io non conosco altra strada se non quella di monitorare i vigneti da solo o insieme ad altri professionisti del settore viticolo che condividono le idee aziendali e interpretano ciò che si vuole fare dalle uve. Non esiste vigneto o azienda dove prima della vendemmia da Luglio non tenga monitorato i vigneti per decidere come procedere nella gestione delle uve, nei protocolli di vinificazione e nelle varie selezioni aziendali, questo è un aspetto imprescindibile del mio lavoro.
– “Sostenibilità” – Cos’è per te? Quanto contano le certificazioni?
La sostenibilità è un concetto ampio che deve partire dalla campagna e finire in cantina, una filiera fatta di rispetto per il consumatore e per l’ambiente, dove si riesce ad ottimizzare le risorse energetiche, i trattamenti e l’impatto soprattutto sul Mondo che ci circonda.
Le certificazioni sulla sostenibilità e sul biologico sono fondamentali, se fatte con serietà e professionalità sono le garanti che le cose sono fatte seguendo le regole; quello che vedo che spesso ci sono molte falle nel sistema che mina la credibilità dell’intero sistema.
– L’eterna e inutile diatriba tra vino convenzionale e vino naturale ha, però, portato ad una maggior sensibilità nei confronti della sostenibilità e di un approccio enologico in sottrazione. Quali sono i tuoi pensieri a riguardo? Quali credi siano le possibilità del vino italiano in tal senso? Possiamo pensare ad un’Italia leader nel mondo dei vini “sostenibili”?
 
Sinceramente non credo che l’Italia possa essere l’unico paese dove si parla di vino sostenibile o naturale o biologico; il movimento dei vini cosìdetti naturali o di un approccio enologico in sottrazione credo riguardi tutto il Mondo o almeno tutti i paesi evoluti in tal senso che stanno andando verso una direzione del genere. L’Italia, sicuramente, ha la possibilità di esserne uno dei leader purché – come dico sempre – non si perda di vista la qualità assoluta del vino in termini di piacevolezza, equilibrio e rispetto dell’identità del vitigno e territorio. Il vino naturale è una forzatura nei termini, non ci dimentichiamo che il vino è un prodotto della natura ma dove l’uomo gioco un ruolo fondamentale e imprescindibile, perché in natura non esiste il vino…
– Sei uno dei pochi enologi che sa comunicare in modo diretto e costante il proprio lavoro. Cosa ne pensi della comunicazione del vino odierna?
La comunicazione – inutile negarlo – è fondamentale a tutti i livelli e oggi, per fortuna, c’è una grande pluralità che, però, non deve scadere nella banalità e superficialità. Questo, a mio avviso, è importante e da tenere sempre in considerazione. Nell’era digitale la possibilità da parte di tutti di scrivere e giudicare è un aspetto bello ma che non deve sfociare in una comunicazione e una critica di basso spessore.
Fondamentale è avere una comunicazione libera, plurale e senza condizionamenti esterni. Questo vale in tutti gli ambiti, vino compreso! Io, personalmente, ho scelto di rendere partecipi del mio lavoro e del lavoro delle aziende con cui collaboro le persone che mi seguono, senza esprimere giudizi, ma semplicemente raccontando la mia vita nel mondo del vino. Una condivisione che mi mette in contatto con l’esterno e che porta il lavoro delle aziende oltre i confini della loro cantina.
– Concludiamo con un tuo consiglio ai giovani enologi che stanno muovendo i primi passi nel mondo del vino.
 
E’ estremamente complicato dare consigli in un momento storico non facile come questo. Quando ho iniziato io erano gli ultimi anni della rinascita del vino italiano, oggi è tutto molto più cristallizzato e le posizioni anche professionali sono molto meno fluide. L’unico consiglio che posso dare è avere tanta passione, tenere duro perché fare il Consulente enologo implica sacrifici, voglia di mettersi sempre in discussione, momenti di grande euforia a momenti difficili, un percorso non facile che personalmente ho avuto la fortuna di intraprendere con persone che mi hanno dato la possibilità di esprimermi e hanno rischiato credendo in me. Forse proprio questo è il consiglio che posso dare hai giovani: cercate persone che credano in voi e se sarete bravi il vostro valore verrà fuori nel tempo; non mollate e credete in quello che è il vostro sogno, cioè lavorare nel mondo del vino!
Ringrazio, come di consueto, l’enologo Emiliano Falsini per il tempo dedicatomi e per aver condiviso con me e, di conseguenza, con voi tutti le sue le sue impressioni, i suoi progetti e importanti considerazioni enoiche che, confido, possano esservi utili quanto lo sono a me.
F.S.R.
#WineIsSharing


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