I produttori italiani sanno fare squadra! Basta con i soliti luoghi comuni!

Girovagando incessantemente per vigne e cantine italiane mi sono spesso ritrovato ad ascoltare discorsi che suonavano più o meno così “noi italiani non sappiamo fare gruppo, mentre i francesi sì!”; “in Italia c’è troppa invidia tra produttori!”; “Se solo fossimo più uniti saremmo più bravi dei francesi!”.
Ecco, questi sono solo alcuni dei luoghi comuni meramente italici in puro stile “mors tua vita mea”, ma è davvero così? In Italia manca lo spirito di aggregazione? I produttori italiani evitano di parlar bene dei “dirimpettai”, elogiando solo i propri vini? Forse un tempo era così per via di un retaggio socio-culturale legato alla rivalsa e all’emancipazione del singolo, ma ciò che vivo ogni giorno, specie nei miei tour territoriali in cui riesco a raggruppare più produttori è una situazione ben differente!
associazioni vignaioli
Sarà per l’avvento delle nuove generazioni, sarà per una maggior apertura anche dei decani del vino che grazie ad eventi e social network hanno una maggior facilità di confronto con i propri colleghi, ma la realtà è che in Italia, oggi, lo spirito dei produttori sta cambiando.
A testimoniarlo è la nascita continua di piccole associazioni tra vignaioli che fa seguito all’esempio più luminoso e ben riuscito di aggregazione fra produttori italiani rappresentato dalla FIVI.
Il saggio e lungimirante Henry Ford diceva: “Ritrovarsi insieme è un inizio, restare insieme è un progresso, ma riuscire a lavorare insieme è un successo.”
Sono proprio queste le parole a cui penso ogni volta che mi ritrovo seduto allo stesso tavolo di un numero importante di produttori che decidono di fare squadra. 
In un’Italia enoica in cui il tessuto vitivinicolo è formato principalmente da piccole e medie realtà, spesso a conduzione familiare, è fondamentale cercare nell’aggregazione quella massa critica che da sola, la singola cantina, non potrebbe mai avere. Non parlo solo in termini di numeri, bensì di forza comunicativa, di potenziale di crescita e di confronto con delle dinamiche che non necessariamente siano comuni a tutte le entità coinvolte in un “gruppo” di produttori. L’aggregazione è un momento di crescita fondamentale che all’Italia del vino è mancato per troppi anni ma che, oggi, sembra vivere una fase di grande slancio. Ho avuto modo di stendere ideali statuti associativi, di lavorare a decaloghi i quali punti mirassero a fissare gli obiettivi delle associazioni, ad elevare la qualità del lavoro del singolo in funzione di una sempre più positiva percezione di interi territori e, soprattutto, ho avuto l’onore di moderare tavole rotonde che poco hanno a che fare coi moti carbonari in quanto nulla hanno da nascondere ma molto hanno da mostrare e dire. Alcuni dei più luminosi esempi sono associazioni di vignaioli legati dall’appartenenza ad una specifica sottozona, distretti bio uniti dalla volontà di lanciare un messaggio di sostenibilità e rispetto del territorio o reti d’impresa territoriali finalizzate a valorizzare più espressioni di uno stesso areale facendo della diversità un valore aggiunto fondamentale. Ne cito alcune: i Vignaioli  Montepulciano, la rete d’impresa Vite in Riviera, Bianchello d’Autore, Generazione Vulture, Cirò Revolution o gruppi di produttori capaci di arrivare al riconoscimento di una Doc e alla nascita di un consorzio come quelli delle Terre di Pisa.
Ne prossimi mesi e nei prossimi anni ne nasceranno molte altre, non ho dubbi a riguardo! Ciò che manca, a volte, è solo l’occasione di ritrovarsi, di confrontarsi e di valutare strade comuni.
Credo fortemente nelle associazioni fra produttori e nella nascita di piccole e grandi squadre di vignaioli capaci di apportare all’interno di un gruppo la propria singolarità al fine di crescere e migliorare in maniera coesa e congiunta. Una crescita che, insieme, abbrevia notevolmente i propri tempi, permettendo di giungere a conclusioni decisive in maniera più sicura e ponderata. E’ per questo che nei miei viaggi cerco sempre di contemplare incontri con più produttori finalizzati alla possibilità di conoscere in maniera più approfondita quel determinato areale ma anche alla stimolazione di una maggior consapevolezza di gruppo, fondamentale per fare step in avanti sia come singolo che come movimento territoriale.
Il tutto senza pestare i piedi alle attività consortili, là dove si siano costituiti consorzi di tutela  virtuosi, realmente attivi e propositivi come ce ne sono – per fortuna – tanti in Italia.

cena con produttori vino
Scrivo questo pezzo, che poco ha a che fare con le mie impressioni su tematiche enoiche specifiche e ancor meno su recensioni di cantine e vini, perché sin troppe volte ho ascoltato produttori e addetti ai lavori sostenere che in Italia non si possa fare squadra a causa di invidie e di un eccesso di individualismo, ma ciò che vedo girando l’Italia costantemente è che la realtà è tutt’altra! Basta davvero poco per creare qualcosa di grande insieme e mi piace pensare che i vignaioli italiani – specie le nuove generazioni – baseranno buona parte della propria crescita futura proprio sulla comprensione delle infinite potenzialità dell’aggregazione e del valore della diversità. Tutto questo, però, potrà dare risultati coerenti e costanti solo e soltanto se alla base di ogni forma associativa ci sarà il rispetto in senso stretto e in senso lato.

F.S.R.
#WineIsSharing

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