Bevo dunque sono – Buoni propositi da Wine blogger e Winelover

Nei meandri dell’editoria enoica, anni fa trovai un libro che, a giudicare da titolo e prefazione, prometteva di coniugare la passione per il vino ad un approccio più introspettivo e filosofico del bere: “Bevo dunque sono” di Roger Scruton. L’autore di questo vero e proprio eno-manifesto ci ha lasciati pochi giorni fa ma le sue parole sono e resteranno sempre attualissime.
Quella scritta da Scruton è definita da egli stesso una “guida filosofica al vino” ma, sia chiaro, l’intento dell’autore non è di certo quello di illudere il lettore con la promessa che il vino possa agevolare l’ascesi filosofica. È, altresì, interessante quanto un punto di vista così colto, erudito e consapevole, si “riduca”, in fin dei conti, a qualcosa di accessibile a tutti e, soprattutto, di pienamente condivisibile. Secondo Scruton, infatti, il vino può e deve essere <<usato per ravvivare la conversazione e quest’ultima sia civile
ed estesa a tutti», ponendosi come catalizzatore emozionale, capace «di collocare l’amore e il desiderio a una distanza» tali «che permette di discuterne>>.
Bevo dunque sono – Roger Scruton
L’Amore, il desiderio e il vino cos’hanno in comune secondo voi? La pulsione, quella spinta interiore che non si comprenderà mai nella sua complessità, eppure ci sembra ciò che di più semplice e naturale esista quando scorre nelle vene dell’anima.
Vi scrivo di questo, non perché sono impazzito o tanto meno perché ho bisogno di inculcare in voi chissà quale pensiero pseudo filosofico, bensì perché il vino è, troppo spesso, imbrigliato da meri tecnicismi e, io stesso, mi ritrovo schiavo impotente di dogmi e paradigmi in certi contesti imprescindibili per farsi valere, per poter dire la propria. Lungi da me pensare che la tecnica, in degustazione, come nel far vino, non conti come base per poi poter dire la propria fuori dagli schemi, ma, forse, questo approccio, spesso, iper-razionale al vino ci sta facendo perdere il punto di vista più importante in termini enoico come nella vita: l’emozione.
Il vino, per R. Scruton, «irradia il senso dell’Io, si rivolge all’anima, non al corpo, e pone domande formulabili solo in prima persona e nella lingua della libertà:”Che cosa sono io? Come sono? Dove sto andando?”. M’invita a fare il punto della situazione, a ricapitolare i fatti del giorno e a prendere le decisioni che stavano aspettando questo momento di calma» è strumento dinamico e vivo per avviare un percorso esistenziale originale, unico per ognuno di noi, che non veda come obiettivo la risposta a tutti questi retorici quesiti, ma possa agevolarci e coadiuvarci nel vivere in maggior sintonia con noi stessi e gli altri.
Il vino è di tutti! Continuo a sostenerlo in ogni maniera possibile e per quanto scontata sia questa affermazione, non lo è così tanto il riscontro in una realtà che vede sempre più questo meraviglioso acceleratore di socialità e veicolo di cultura, come qualcosa di troppo circoscritto ad una nicchia di esperti ed addetti ai lavori. Eppure, per molti di noi, ora grandi enoappassionati o addetti ai lavori – senza contare i produttori – non è forse da un bicchiere di vino che è nato tutto? Da una passeggiata in vigna? Da una chiacchierata con un nonno vignaiolo? Mille possono essere stati i motivi grazie ai quali il vino è entrato nelle nostre vite, ma proprio per la facilità con la quale ci ha fatti innamorare perché non usare quest’esperienza a favore di chi potrebbe non aver la fortuna di incontrarlo, più o meno casualmente, sul proprio cammino?
Parliamone, confrontiamoci, rispettiamo profondamente la componente tecnica, ma non prescindiamo la sfera emozionale e antropologica di cui il vino deve essere intriso.
Questo potrebbe essere uno dei buoni propositi di chi ama il vino non credete? Riportare le persone in cantina, ma ancor più in vigna, sarebbe un sogno ed è più che giusto continuare a provare a creare eventi e manifestazioni che vadano in tal senso, ma sarebbe utopistico pensare di poter ricondurre la democraticità del vino a questo, in quanto il suo posto è sulle tavole di chiunque sia capace di intendere e di volere, quindi di scegliere e di non assecondare scelte indotte inculcate dall’eno-guru di turno.
Il vino, quello vero, non è troppo costoso, astruso o difficile
da apprezzare per quelli che “Io non so niente di Vino, te lo dico!”… è proprio l’inverso! Il vino buono, sia esso fatto in Trentino da uve Enantio o in Sicilia da Perricone o da Merlot e Sauvignon ovunque vogliate, se fatto con coscienza e rispetto sarà in grado di essere compreso e apprezzato da chiunque, quindi che la curiosità sia il vero motore che vi spinge alla ricerca di una realtà da scoprire o di una bottiglia da stappare.
Il mio non è un inno al bere -semmai lo fosse sarebbe al bere meglio in termini di quantità, qualità e modalità – ma è piuttosto un grazie a tutti coloro che hanno saputo stimolare la mia curiosità fino a spingermi a fare delle vigne, delle cantine e del vino il fulcro delle mie giornate e della mia vita da ormai 15 anni. 
Dopo anni di studio e di  ricerca continuo a pensare che un approccio più emozionale, meno statico e iper-pragmatico, sia ancora oggi il modo più opportuno per vivere il vino senza rischiare di cadere nel baratro della noia. Detto questo, più si impara più si può godere di ogni singola sfaccettatura di questo meraviglioso mondo, in quanto il sapere è sicuramente un ottimo mezzo per arrivare all’emozione enoica più pura.
 
F.S.R.
#WineIsSharing

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