E’ annoso il dibattito riguardo un’eventuale zonazione dell’areale del Brunello di Montalcino e probabilmente se ne parlerà ancora per molti anni, ma se c’è una zona che si è meritata, storicamente parlando, l’onore e l’onere di essere definita “Cru” quella è, senza tema di smentita, la collina di Montosoli.
E’ proprio a Montosoli che voglio portarvi e più precisamente in una piccola azienda a conduzione familiare che vede tutti i propri vigneti affondare le radici nel “grand cru” del Brunello: l’azienda agricola Le Gode.
Siamo nella zona nord di Montalcino, in un contesto dall’intatta e integra biodiversità, con i vigneti dell’azienda letteralmente abbracciati dal bosco. Anche per questo Le Gode hanno deciso di aderire alla certificazione biologica, ufficiale dalla vendemmia 2019.
Facendo un salto nel passato e parlando degli albori di questa realtà fu Ilano Ripaccioli, più di 60 anni fa, ad acquisire i primi terreni in questa zona già nota per la sua vocazione. La svolta, però, avvenne nel 1997 grazie all’ingresso in azienda di Claudio Ripaccioli che ha implementato la qualità attraverso l’attenzione costante dalla vigna alla bottiglia. Oggi ad accoglieremo è Carlotta, che con suo cugino Federico, rappresenta la terza generazione de Le Gode. Carlotta è giovane e intraprendente e se l’azienda oggi è ancor più conosciuta di quanto lo fosse qualche lustro fa è anche merito della spinta in termini commerciali e di comunicazione che lei ha saputo dare negli ultimi anni.
Con i suoi 6,28 ettari di vigneto, tutti iscritti a Brunello e tutti – come già accennato – sulla collina di Montosoli l’azienda Le Gode è, a mio parere, una delle realtà più interessanti per vocazione del parco vigne e per la crescita qualitativa che ha palesemente avuto nelle ultime annate, con ancora margini di miglioramento che, a giudicare dagli assaggi da botte, stanno per essere confermati in bottiglia.
Poche le bottiglie prodotte, ca. 30.000 bottiglie, tra Rosso e Brunello di Montalcino. Con il nuovo “cru” Vigna Montosoli 2015, nato per festeggiare la 20ma vendemmia. Un cru che, in realtà, ha più le dinamiche produttive di un “Clos” in quanto viene realizzato con le uve che di una sola piccola parcella della vigna vecchia dell’azienda, ovvero quella più in alto, che io immagino racchiusa da immaginari muretti a secco. Un vino che coniuga in maniera ponderata ed elegante la potenza dell’annata con l’eleganza di Montosoli. Un corpo importante ma non eccessivo e un nerbo che permette una dinamica di beva agile, con una trama tannica ben delineata, seppur in giusta evoluzione, a garantire un finale di sorso senza intoppi. La nota ematica che permane al palato è distintiva.
La piccola ma funzionale cantina è stata ultimata nel 2006 e tata costruita nel 2006, ma l’azienda è in continuo divenire e nei progetti di Carlotta e della sua famiglia ci sono nuovi spazi dedicati sia alla vinificazione che all’accoglienza.
Tra i vini che ho avuto modo di assaggiare ho deciso di condividere con voi le mie impressioni sulle annate in commercio, nonostante la carrellata di vecchie annata (sia di Brunello che di Rosso) mi abbiano piacevolmente colpito per la tenuta e per la profondità, a conferma del fatto che quest’azienda è tra le poche a poter vantare più di 20 anni di storia con già mire qualitative importanti.
Rosso di Montalcino 2018 – Le Gode: espressione di frutto fresca ed integra, con la viola a farsi intrigare da una lieve spiezia nera, giusto preludio per un sorso che entra sicuro per poi distendersi in maniera disinvolta e chiudere saporito, senza eccessivi grip tannici. Un Rosso da bere oggi con grande piacevolezza ma che non teme di essere dimenticato in cantina per poi essere ritrovato e stappato dopo qualche annetto.
Brunello di Montalcino 2015 – Le Gode: un naso che a qualche mese dall’anteprima ha deciso di aprirsi e di svelare la propria indole, senza più remore e senza più timidezza alcuna. Un vino pieno, fiero di essere frutto di un’annata solare e di aver mantenuto un grande equilibrio maturativo. Note lievemente balsamiche e un pizzico di spezia nera lo rendono ancor più complesso. Intenso il sorso, muscolarmente tonico e dal passo lungo e cadenzato. La trama tannica è fitta e già ben definita.
Il finale di terra e ferro richiama percezioni umami. Tra le migliori 2015 della denominazione.
Del Brunello Vigna Montosoli 2015 ho già accennato qualcosa, ma oltre a vederlo come il grande vino da invecchiamento dell’azienda lo vedo come la massima espressione dell’identità di questa realtà interamente dedita a questa collina. La 2016 sarà l’anno della svolta per molti ma ancor di più per Le Gode che verserà nei vostri calici vini che alla consueta struttura e solarità aggiungeranno maggior slancio ed eleganza. Intanto, però, “godiamoci” (scusate il gioco di parole) le fiere 2015 e il dinamico Rosso 2018.
Una piccola realtà che da anni antepone la territorialità ai vizi di forma indotti da mere dinamiche commerciali. Con l’avvento delle nuove leve ho avuto la sensazione che il percorso de Le Gode verso la massima espressione dei propri vigneti sia ancor più evidente.
F.S.R.
#WineIsSharing
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.