Sassotondo – L’identità “vulcanica” del Ciliegiolo e la continua ricerca dalla vigna al bicchiere

Anni di viaggi per vigne e cantine e ancora mi stupisco davanti alla varietà di contesti storici, sociali e paesaggistici in cui esse sono incastonate, eppure alcune realtà vantano suggestioni difficili da eguagliare. Una di queste è, senza tema di smentita, quella di Sassotondo, piccola azienda vitivinicola fondata negli anni ’90 da Carla Benini ed Edoardo Ventimiglia, agronoma trentina – la prima – e documentarista romano – il secondo.

Una sfida quella di questa coppia che ha sentito forte il richiamo della campagna, lasciando la città alla volta di una Maremma incantata, costruita e scavata nel tufo di Sorano e Pitigliano. Ci sono voluti anni per rimettere in sesto i vigneti e allestire una cantina atta a produrre vini che di lì a poco sarebbero divenuti un riferimento per l’intero areale. Le scelte più complesse e ponderate sono state quelle ampelografiche, che hanno visto coinvolto sin da subito l’esperto enologo Attilio Pagli, con il quale Edoardo e Carla hanno maturato un rapporto di continuo confronto e crescita enoica. Ecco quindi che entra in gioco il Ciliegiolo, varietale tanto bistrattato quanto tornato in auge negli ultimi anni ma nel quale in pochissimi credevano all’epoca in cui proprio a Sassotondo si scelse di puntare tutto su quest’uva. Non solo pionieri, quindi, bensì sperimentatori tanto incauti quanto lungimiranti nei riguardi di un vitigno che in queste zone manifestava e manifesta tutt’ora peculiarità originali in termini di maturazione, di complessità aromatica (con una speziatura tipica del territorio), di equilibrio strutturale e di predisposizione all’invecchiamento.

carla sassotondo vigna

L’avventura del Ciliegiolo e dei vini di Sassotondo ha inizio nel 1997, anno della prima vendemmia nella cantina ipogea, appena ristrutturata, scavata nel tufo. Entrarvi è come entrare nel cuore di Sassotondo e nell’animo dei suoi due custodi: un cuore fatto di tufo e aria, un animo fiero e colmo di energia.

Quando si percorre il viale che porta alla cantina, ci si rende conto di quanto Sassotondo sia simile alle aziende agricole d’un tempo, quelle in cui l’alternanza fra vigna e ulivi si incastonata in quella di paesaggi disegnati da pascoli e campi dedicati al seminativo, con i boschi ad abbracciarla. Questo comporta una buona biodiversità che va preservata anche grazie all’approccio biologico dell’azienda.

Ovviamente, a me erano i vigneti ad interessare! Dei 12ha, 9 sono a bacca rossa (Sangiovese, Merlot e Teroldego e, ovviamente, il protagonista Ciliegiolo) e 3 a bacca bianca (Trebbiano, Greco, Sauvignon) e tutti affondano le proprie radici su terreni prevalentemente vulcanici.

La mia visita a Sassotondo mi ha visto impegnato in un focus sul Ciliegiolo, in quanto ho sempre ritenuto questa particolare zona e l’estrema dedizione di Edoardo e Carla la combinazione perfetta per comprenderne peculiarità e potenzialità.

ciliegiolo grappolo

Un nome che ne evoca i profumi e una storia ancora in bilico fra leggenda e verità che lo vorrebbe portato in Italia nel 1870 da alcuni pellegrini di ritorno dal lungo cammino di Santiago di Compostela (per questo viene chiamato anche Ciliegiolo di Spagna). Confutata la teoria che ne asseriva la congruenza genetica con il Sangiovese, alcuni noti ampelografi agli inizi del nuovo millennio hanno, finalmente, evidenziato che Aglianicone e Ciliegiolo sono lo stesso vitigno e che, quindi, il legame con il Sangiovese sussiste ma è di tipo genitore-figlio (non sappiamo ancora in che ordine).

pedro parra agronomo buche

La fiducia in questo vitigno da parte della coppia è tale da aver sentito il bisogno di andare ancora più a fondo (nel vero senso della parola) nella ricerca delle sue identità in relazione alle singole peculiarità pedologiche. Proprio questo hanno deciso di coinvolgere il consulente di fama mondiale Pedro Parra, noto per i suoi studi geologici in vigneti di tutto il mondo tramite scavi profondi in grado di evidenziare la predisposizione di ciascuno all’impianto di determinati cloni con specifici portainnesti. Linee che tracciano poligoni all’interno, anche, di uno stesso vigneto, proprio com’è avvenuto per il “cru” San Lorenzo di Sassotondo.

poligoni clos vigna pedro parra

Ecco quindi due “clos” che al posto dei muretti a secco hanno dei fili tesi a delimitarne i confini: Poggio Pinzo e Monte Calvo, corrispondenti ai primi due poligoni creati, vendemmiati e vinificati separatamente.

Fatte queste premesse, condivido con voi le mie impressioni sulle referenze base Ciliegiolo prodotte da Sassotondo e su alcuni assaggi “extra” fatti durante la mia ultima visita all’azienda:

ciliegiolo sassotondo

Ciliegiolo – Maremma Toscana Doc 2019: dalle vigne più giovani un Ciliegiolo tutto sui primari varietali, con frutto e fiore freschi e lieve spezia a rendere meno scontato il naso. Il sorso è fresco ma non esile, slanciato ma non sfuggente. Buona dinamica di beva e finale saporito.

sanlorenzo sassotondo vino verticale

San Lorenzo – Ciliegiolo Maremma Toscana Doc 2015 – 2016 – 2017 – 2018: il cru storico dell’azienda, da una vigna di oltre 60 anni che guarda Pitigliano. Al di là della suggestione della posizione, è indubbia la vocazione di questa terra che da origine a un vino capace di tradurre l’annata in maniera sincera ma equilibrata, senza incorrere in eccessi di maturazione in annate calde. Proprio per questo la 2015, attualmente in commercio, si mostra fiera ma dal giusto calore. Varietale integro e bocca piena, in grado di distendersi con buono slancio. La 2016, è già pronta a stupire grazie ad una maggior tonicità e ad un’agile finezza. Vino forte, dinamico e saporito dai nitidi tratti vulcanici. La 2017 e la 2018 sono due anime apparentemente antitetiche ma l’affinamento in bottiglia le porterà a non essere poi così distanti nell’espressività varietale. Di certo l’una sarà più ricca e saporita dell’altra ma l’altra sarà più longilinea ed elegante.

monte calvo vino

Monte Calvo – Maremma Toscana Doc 2019: il primo dei “poligoni” vinificati singolarmente. Un vero e proprio “clos”, all’interno del cru San Lorenzo, che aggiunge al frutto una distintiva balsamicità mediterranea. Il sorso è integro e sicuro, fresco nell’incedere e dal grip tannico prospettico.

monte pinzo ciliegiolo

Poggio Pinzo – Maremma Toscana Doc 2018 (vinificato in grandi anfore di terracotta): l’altro clos, orientato sui piccoli frutti, con una spezia nera intrigante e sensazioni umami, tra terra e sale, che ritroviamo al termine di un percorso palatale tonico, ritmato e dall’indubbia spinta. Tannini già ben definiti.

anfora poggio pinzo

In linea generale posso asserire, senza tema di smentita, che Carla ed Edoardo rappresentano il fulcro dello studio sul Ciliegiolo e, insieme ad Attilio Pagli, confermano di esserne interpreti sensibili e attenti, che rispettando ed evidenziando le cangianti sfaccettature del varietale gli permettono di tradurre al meglio ogni singola geolocalizzazione.

nocchianello nero rotundone

Tra i vari assaggi non posso, però, non segnalarvi un vino che ha attirato sin dal primo naso la mia attenzione, in quanto portatore di una quota – a mio parere – percettibilmente importante di Rotundone, molecola alla quale ho dedicato già alcuni scritti e diverse masterclass in giro per l’Italia. Parlo del Nocchianello Nero con il quale Sassotondo produce il Monte Rosso, vino tutta spezia nera, fiore e note vegetali che potrebbero indurre un naso poco avvezzo a questo genere di vini ad una percezione rustica, poco raffinata, ma che per me rappresentano linfatica freschezza. In bocca è scattante, ma non esile, spensierato ma non facile. Un vino che ha solo bisogno di trovare armonia in bottiglia per divertire anelando ad un’eleganza d’altri tempi, non ostentata ma seducente. Un vitigno che rischiavamo di perdere se non fosse stato per la caparbietà di Edoardo e Carla che, coadiuvati dal Crea di Arezzo, sono riusciti ad innestare ca. 260 piante di Nocchianello Nero (e altrettante di Nocchianello Bianco, altra varietà ivi riscoperta), avviando successivamente (nel 2013) delle microvinificazioni propedeutiche all’inserimento (nel 2017) del varietale nel Registro nazionale. Un vitigno reliquia che vanta peculiarità che lo rendono più che contemporaneo, non solo nel “gusto”, ma anche a livello di resistenza alle patologie e nella risposta ai cambiamenti climatici.

franze vino

Passiamo al Franze 2017, unico nel suo blend e sensato nella motivazione personale: un IGT prodotto da uve Ciliegiolo e Teroldego, che vede Carla convogliare l’identità di un varietale così legato alla sua terra natìa e quella della sua “nuova” casa in un vino forte, deciso, ma per nulla rigido. Finale giustamente tannico e persistente.

vino numero 6 macerato sassotondo

Concludo con il Numero Sei 2018, un bianco macerato da uve Greco (lunga macerazione sulle bucce) e Sauvignon capace di non scadere in note omologanti da macerazioni mal gestite e da negligenti ossidazioni, bensì in grado di esprimere un naso netto tra la menta e il fiore giallo, dal sorso agrumato e minerale. Ottima per tergere il palato la chiusura lievemente tannica e decisamente sapida.

Lascio Sassotondo e i suoi due eclettici custodi con ancor più consapevolezza di quanto questa piccola realtà rappresenti non solo un riferimento per il Ciliegiolo, ma anche per la ricerca continua della massima espressione identitaria del vitigno stesso. Solo continuando a mettersi alla prova e ad accettare sfide con la terra e con sé stessi Carla ed Edoardo sanno di poter appagare, almeno momentaneamente, la propria curiosità di vendemmia in vendemmia. Una volta giunti al risultato sperato, ecco che l’asticella viene alzata nuovamente, pronti per una nuova sfida.

vigna pitigliano

“Noi siamo il nostro territorio, la nostra terra è noi!

Abbiamo fatto il vino con l’uva e la terra di qui, il nostro vino è l’uva e la terra di qui!”

F.S.R.

#WineIsSharing

Lascia un commento

Blog at WordPress.com.

Up ↑