Un territorio dall’indubbia vocazione che in pochi anni ha saputo raccontarsi all’Italia e al mondo con crescente consapevolezza e qualità interpretativa, anche e soprattutto attraverso l’evento “Masterclass – BRDA home of Rebula”
Per me che ho deciso di scrivere solo di vigne, vini e cantine italiane è strano valicare i confini nazionali in termini di divulgazione, ma da anni c’è un areale che mi ha spinto a farne un’eccezione. Parlo della Goriška BRDA.
Un’area di confine, caratterizzata da una forte continuità con l’omonimo areale italiano, con colline lievi che qui, però, sono rigorosamente terrazzate a causa delle forti pendenze (tra il 20% e il 50%). Il clima mite, di matrice mediterranea, in quanto il BRDA gode della protezione dai venti freddi del nord fornita dalle Alpi Giulie, e dall’apertura alle dolci brezze marine provenienti dall’Adriatico. La superficie vitata del Brda è di ca. 1.830 ettari e rappresenta il 25% del parco vigne dell’intera Slovenia.
Geologicamente e pedologicamente parlando i terreni in cui affondano le radici le viti della BRDA sono di origine eocenica, frutto di sottili stratificazioni millenarie derivanti dal lento ritiro del mare e alternano ciclicamente calcare pelagico, argilla e arenaria, prendendo il nome di “Opoka” (ponca nella sponda italiana).




Terre non particolarmente fertili ma ricchissime di sali minerali, microelementi e fossili marini che caratterizzano in maniera inconfondibile il profilo organolettico dei vini, dallo spettro olfattivo più fine, austero e minerale a quello gustativo con una tessitura quasi gessosa e chiusure lungamente saline. A livello strutturale il pedoclima locale permette un grande equilibrio fra materia e slancio, fra ottime maturazioni tecnologiche, buon nerbo acido e fenoliche che, nonostante gli esiti dei cambiamenti climatici, non si fanno attendere troppo (sia nei rossi che nel vitigno principe di queste terre: la Rebula). Questo, anche, grazie alla rinnovata consapevolezza agronomica dei viticoltori sloveni che hanno imparato, meglio di altri, sia annate calde e siccitose (sempre più frequenti) che criticità legate all’abbondante piovosità come quelle affrontate quest’anno. Interessante l’indagine condivisa con l’agronomo Giovanni Bigot, che ha delineato le specificità della pedologia di BRDA legate al mesoclima locale e alla sua evoluzione nell’era dei cambiamenti climatici, mostrando la capacità della Rebula di reggere meglio di altre varietà all’inesorabile impatto del global warming.

Vignaioli che si stanno adattando con grande sensibilità a queste “nuove” condizioni ed ecco quindi che è sempre più frequente trovare interfilari inerbiti, lavorazioni del terreno ponderate, sfogliatura modulata a seconda dell’annata con un’ottima gestione della parete. Approccio agronomico abbinato allo sviluppo di cantine in cui non mancano dotazioni tecnologiche ma è l’uomo a fare la differenza, con un approccio tecnicamente consapevole e rigorosamente rispettoso della materia prima raccolta e, ora, vinificata per produrre i propri vini, cosa non scontata in una terra in cui fino a non troppo tempo fa questo non era possibile.





La Goriška Brda afferma la sua vocazione attraverso diversi traduttori territoriali disponendo di una vasta base ampelografica: tra i vitigni a bacca bianca troviamo la Ribolla Gialla (qui Rebula), la Malvasia, il Friulano (qui Jakot, Sauvignonasse o Sauvignon Vert), il Sauvignon blanc, lo Chardonnay, il Pinot bianco, poi passiamo per il Pinot Grigio (Sivi Pinot), per arrivare ai rossi alloctoni, qui perfettamente acclimatati, come Cabernet sauvignon, Merlot e il Pinot nero.

Dal 2017, però, la BRDA sta lanciando un messaggio importante legato alla varietà che di più ne preserva e racconta l’identità, ovvero quella Rebula attorno alla quale un manipolo di virtuosi produttori, capitanati dal Marjan Simcic, si è riunito per dar vita a un evento di livello internazionale: “Masterclass – Brda – Home of Rebula”.
Un evento che coinvolge realtà come Edi Simčič, Dolfo, Klet Brda, Erzetič, Medot, Ščurek, Ferdinand, il già citato Marjan Simčič ma che apre anche a realtà del Collio italiano, quest’anno rappresentate da Gradis’ciutta, Sturm e Jermann.

E’ dunque la Ribolla, vitigno “cross-border” per eccellenza, a unire due territori che esprimono in maniera congiunta l’eccellenza di vini bianchi prodotti secondo tre principali approcci tecnico-stilistici: la Ribolla “classica”, ovvero quella più orientata alla freschezza e alla più schietta espressività varietale; la Ribolla “matura” ovvero quella prodotta, spesso, dai vigneti più vecchi, con rese generalmente inferiori, con macerazioni più o meno lunghe ma mai eccessive, una maggior concentrazione e l’opportunità di fermentare e/o affinare in legno; la Ribolla “da lunghe macerazioni”, ovvero quella in cui la sanità delle uve e l’integrità delle bucce permette una lunga sosta sulle stesse per estrarre quell’anima da rosso travestito da bianco che la varietà possiede, sia in termini di profondità che di tessitura tannica, esaltandone altresì la percezione sapido-minerale.

Durante l’ultima due giorni trascorsa in BRDA ho potuto appurare, in maniera più approfondita, la versatilità della Rebula, attraverso corrette declinazioni della varietà in versione spumante sia Metodo Martinotti (più spigliato, fruttato e in grado di sopportare bene anche un discreto residuo, grazie alla chiusura fenolica leggermente tannico-amaricante che bilancia la morbidezza di alcune referenze degustate) che Metodo Classico, da sola o coadiuvata dallo Chardonnay e/o Pinot Nero (con espressioni tecnicamente ben gestite sin dal primo naso sempre armonico con incidenze dei lieviti modulate in base alla scelta della singola cantina, sferzanti nella tensione acidica e intensamente sapide). Personalmente ho molto apprezzato la versione prodotta con sola Rebula, senza dosaggio, con una non eccessiva sosta sui lieviti, presentata da Ščurek (Brut Zero), in quanto capace di raccontare l’attitudine della varietà alla spumantizzazione senza offuscarne l’identità e la riconoscibilità, giocando tutto su freschezza, finezza e salinità. La prima serata è stata, invece, dedicata a una carrellata orizzontale di 2022 che mostrano la bontà dell’annata, dichiarata tra le migliori per l’areale in quanto a profumi (frutto, fiore, erbe medicinali e mineralità perfettamente in armonia), struttura (materia, acidità e tessitura tannica in equilibrio, con vino tonici, appaganti e agili) e lunghezza (la lieve percezione tattile e la chiusura tra gesso e sale donano persistenza e abbrivio all’inerzia di beva). Molto in linea con ciò che vorrei dalle versioni “fresche” della Rebula/Ribolla tra le referenza slovene la Rebula 2022 di Ferdinand (nitida, fresca e saporita, con un’eleganza soffusa) e la “Classic” Rebula BRDA di Marjan Simčič (coerente all’identità varietale come poche altre, fine, armonica e capace di coniugare agilità di beva a grande profondità di sorso grazie alla profusa sapidità); mentre tra quelle italiche spicca la Ribolla “bio” 2022 di Sturm, netta, sferzante e saporita.

Passiamo ai vini della masterclass divisa, quest’anno, in due atti, ovvero in una sessione mattutina dedicata alle migliori espressioni delle tre macro categoria di “Rebula” sopracitate e una pomeridiana in cui si è data, agli astanti, la possibilità di comparare due vini dello stesso produttore o della stessa annata con stili differenti o di annate differenti.

Eccovi i migliori assaggi emersi dalla mia personale degustazione:
Rebula/Ribolla “classica”
Klet Brda – Rebula Quercus 2022 – impeccabile armonia fra frutto, fiore ed erbe aromatiche. Sorso energico, slanciato e dinamico nell’incedere verso la chiusura tra gesso e sale. Grande equilibrio e buona proiezione evolutiva.
Rebula/Ribolla “Matura”
Medot – Rebula Journey 2022 – solare, generosa nel frutto e fresca nel fiore, con una lieve speziatura e note fumè ben integrate. Sorso ampio in ingresso, capace di distendersi con buona disinvoltura. Piacevolmente saporito il persistente finale.
Edi Simčič – Rebula 2021 – Coerente nell’espressione varietale, con frutta bianca, zagara, bergamotto ed erbe officinali, avvolti da un sottile ma percettibile velo balsamico e una speziatura ben integrata nel compendio olfattivo. Sorso concreto, dritto, tonico e profondamente sapido. Una Rebula che coniuga maturità di frutto a grande dinamica di beva.
Rebula/Ribolla “con lunghe macerazioni”
Marjan Simčič – Rebula Opoka Medana Jama Cru 2020: ottima gestione della macerazione (14gg) in uova di cemento. Naso pulito, con note di agrume, fiori di campo, elicrisio, tè verde, iodio e una lieve balsamicità destinata ad aumentare con l’evoluzione in bottiglia. Sorso integro e teso, vibrante e tonico, con una trama tannica fine e fitta che da tridimensionalità alla percezione di un vino capace di grande persistenza sapida. Un esempio di sensibilità interpretativa dell’annata attraverso uno strumento esigente come quello della macerazione.
Sessione pomeridiana

Il potenziale di longevità della Rebula/Ribolla
Jermann – Vinnae Ribolla Gialla Igt Venezia Giulia 2012: ho richiesto al sommelier due volte se mi avesse versato per sbaglio due volte la 2019 (annata “giovane” in comparazione) tanto era simile il contenuto dei due calici per cromia e luminosità. A quanto pare non c’è stato alcun errore se non il mio nel non ricordare quanto possano e sappiano stupire le Ribolla della storica realtà di Ruttars con qualche anno alle spalle. Vino di una freschezza e di un’integrità disarmanti. Di certo l’assaggio che ha dato più da riflettere tra quelli presentati nella batteria.
Ferdinand – Rebula Epoca 2017: scelta come metro di comparazione con la più matura 2007, in realtà si prende subito la scena mettendo in evidenza la capacità della Rebula di dare il meglio di sé in annate calde e secche. Agrume, erbe officinali, zenzero e pepe bianco e intriganti note fumè. Vino fiero, intenso ma non privo di agilità e ritmo di beva. Lungo, lievemente tannico e sapido il finale.
Edi Simčič – Fojana Rebula 2021: molto integra e piacevole la 2017 servita in contemporanea, ma è questa 2021 a colpire per precisione stilistica e afferenza territoriale. Vino parla della Rebula e ancor prima di BRDA in maniera nitida, nonostante l’affinamento, con la componente materica e il nerbo acido a completarsi scambievolmente in un sorso di muscolo e di slancio, lievemente tannico e persistente nella chiusura saporita.
Klet Brda – Rebula Bagueri 2013: non un mero esercizio di stile per un vino che vuole tradurre la storia della Rebula di BRDA con rinnovata consapevolezza tecnica, per dar vita a un vino contemporaneo ma profondamente rispettoso dell’identità varietale, in grado di evolvere in maniera sorprendente. Naso orientato verso note dolci di frutta matura, miele e arancia candita, con palesi accenni iodati a rinfrescare un profilo olfattivo ricco ma non eccessivo. Sorso integro, pieno, reso tonico e vitale dalla buona tensione e dal tannino ancora percettibile. Sapido il finale.
Marjan Simčič – Rebula Opoka 2014: uno di quei vini che alla cieca difficilmente riesci a collocare nell’idea che ti sei fatto di quell’annata. Un vino che è si capace di mostra una freschezza e uno slancio da 2014 ma che colma con appagante materia e ampia progressione un sorso dall’affondo lungo e sapido. Così buona da mettere per un attimo in secondo piano una 2016 impeccabile per equilibrio ed eleganza.
Rebula/Ribolla da differenti vinificazioni
Medot – Rebula Golden Epoque 2021: a differenza della Journey, questa G.E. vira verso maggiore complessità espressiva sia al naso che in bocca. Frutta più matura, agrumi, fiori e spezie dolci con accenni minerali a fare da preludio a un sorso di buon equilibrio fra materia e slancio. Ottimale l’apporto mannoproteico delle fecce fini che assieme al legno donano la giusta grassezza a un vino in grado di tendersi con slancio e sapore.
Dolfo – Rumena rebula maceracija 2022: il primo tentativo di macerazione per una realtà che ha sempre interpretato la Rebula in maniera precisa, netta, senza fronzoli ma che, spesso, necessitava di tempo e di aria per potersi esprimere al meglio. Ecco perché, se la 2018 nella sua versione “classica” è sicuramente un’interpretazione di Rebula dall’evoluzione ottimale, questa prima esperienza con contatto prolungato con le bucce mostra coraggio ed elasticità da parte di Dolfo. Ho molto apprezzato la nitidezza olfattiva e la grande agilità di beva, con l’opportuno tenore tannico e buona sapidità finale. Buona la prima!
Gradis’ciutta “Robert Princic” – Sveti Nikolaj 2018: l’annata 2018 dona particolarmente a questa Rebula fortemente voluta da Robert che in maniera pragmatica e concreta decide di abbattere ogni ideale confine fra Collio italiano e Collio sloveno acquisendo vigneti nelle più vocate zone del BRDA per poi vinificarle nella sua cantina di Giasbana, a San Floriano del Collio, dunque in Italia. Un vino ancora fresco nel frutto e fine nello spettro minerale, riscaldato da intriganti note speziato. Il sorso è ampio ma non opulento, profondo e saporito.
Ščurek – Rebula Up 2018: non nascondo la mia indecisione nel decidere quale tra le due interpretazioni di Rebula di questa realtà che seguo da anni mi abbia colpito di più ma, se la versione “Orange” è uno di quei vini che mentre ne discuti tra addetti ai lavori la bottiglia finisce (con l’aiuto di quelli che dicono di non apprezzare gli “orange wine”) la Rebula Up 2018 mette tutti d’accordo grazie all’accorta gestione della seppur breve macerazione e a un utilizzo del legno ben ponderato. Intensa espressività varietale e grande riconducibilità territoriale grazie all’incontro di frutta gialla, tè, arancia candita, albicocca e spezia bianca. Il sorso è energico, materico nella percezione tattile del tannino e decisamente saporito nel finale. Umami.
Erzetič – Rebula Orbis 2018: vino complesso, in cui il tempo ha giovato all’integrazione dei legni utilizzati per la vinificazione. Il frutto è maturo ma non eccessivo, le lievi note ossidative accentuano la percezione minerale e la speziatura cede gradualmente il passo a note balsamiche di menta e liquerizia. Il sorso è ampio, ma dal buon nerbo acido, profondo e saporito. Una declinazione sui generis ma capace di raccontare una delle sfaccettate anime del vitigno principe del BRDA.

Un areale, quello del BRDA, che si conferma proteso verso il futuro senza accennare al minimo rallentamento nella volontà di proporsi come portabandiera di un’intera nazione meritevole di grande attenzione. Attenzione che la Slovenia sta acquisendo a 360°, attraverso l’enoturismo (le cantine si stanno dotando di strutture di accoglienza per curate degustazioni in loco e di wine shop interni per la vendita diretta, mentre il governo sloveno incentiva il turismo con un occhio costante e attento rivolto al mondo del vino) e l’alta ristorazione (confermato dall’ingresso della Slovenia nella guida Michelin che in soli 4 anni ha visto crescere stelle e riconoscimenti in tutto il paese), aspetti fondamentali per la valorizzazione dell’eccellenza vitivinicola e della ricchezza paesaggistica e gastronomica locali. Eventi come questa “Masterclass – BRDA home of Rebula” la dicono lunga sull’apertura al mondo di queste piccole realtà che non temono di confrontarsi con una platea sempre più internazionale (vi consiglio di leggere il libro “Gold Wine: Rebula liquid gold that links Slovenia and Italy” dell’autore Noah Charney per comprendere quanto il vino sia elemento attrattivo e narrativo per queste zone) ma che vogliono affermarsi anche nella contingente Italia, ponendosi non come un’alternativa, bensì come una delle terre del vino emergenti a livello globale.


Premettendo che è palese che sia la Rebula la vera regina di questo areale, concludo con una suggestione, confessandovi che nelle prossime edizioni non disdegnerei uno spin-off dedicato ai vini rossi prodotti in BRDA, altra faccia di una vocazione sfaccettata e cangiante, che offre traduzioni territoriali intriganti e di sicuro interesse con le quali è possibile effettuare comparazioni internazionali facendo emergere ancor di più le peculiarità territoriali (avendo a disposizione varietà a bacca rossa coltivate in tutto il mondo sarebbe più semplice affiancare ai vini della zona produzioni, del medesimo vitigno, selezionate nelle principali denominazioni).






Ci vediamo il prossimo anno!
F.S.R.
#WineIsSharing
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