30 anni di Franciacorta firmati Uberti – Tra tradizione, evoluzione ed emozione

In questi ultimi giorni sono tornato
dopo anni di latitanza enoica in Franciacorta, in quanto invitato ad
un evento storico sia per l’azienda organizzatrice che per l’intera
denominazione.
Appena rientrato, dopo alcune
peripezie, non vi nego che la voglia di raccontarvi di questa realtà
storica franciacortina e della degustazione da essa organizzata,
fosse tale da essere già qui a scriverne.
Oggi vi parlerò di una famiglia, la
famiglia Uberti, che affonda le radici là dove neanche le più
vecchie viti potrebbero arrivare, vantando generazioni di Viticoltori
che si susseguono dal 1793, in Località Salem a Erbusco, nel cuore
della Franciacorta.

uberti franciacorta
Questa eredità carica di tradizione,
di consapevolezza e di legame territoriale si palesa, però, sul
mainstream enoico moderno solo nel 1980, quando, alla guida
dell’azienda, subentrarono gli attuali proprietari G. Agostino Uberti
e la moglie Eleonora, due persone e due personaggi di grande umiltà
e forza d’animo, ma con le idee molto chiare riguardo l’identità
della propria azienda.
Idee chiare che, oggi, vengono portate
avanti con freschezza e passione ed altrettanta dedizione dalle
giovani figlie Silvia e Francesca, capaci di contribuire sempre più
attivamente alla continuità in termini di qualità produttive ed
immagine aziendale di un pezzo di storia della Franciacorta, che pur
mantenendo saldo il legame con la tradizione sa guardare avanti con
grande lungimiranza e garbo.
Una realtà, quella degli Uberti, che
fa del pionierismo una sorta di pulsione incondizionata ed
incondizionabile, che spinge la famiglia ad essere fra i fautori del
consorzio e che li spinge a credere nella svolta bio dell’intero
contesto, quando erano pochissimi a farlo.
Tutto questo fa evincere una mission
aziendale ben chiara: produrre vini di qualità nel rispetto della
tradizione, del territorio e dell’ambiente.
La volontà forte di esprimere con ogni
Vino un vigneto ha portato la Cantina Uberti ha dedicare ad ogni
appezzamento un’etichetta: Francesco I, Magnificentia, Comarì del
Salem e Sublimis.
Eccezion fatta per il Quinque, che
diviene la rappresentazione in toto del terroir dell’azienda, nelle
sue varie sfaccettature in termini di esposizione e terreno, ma non
di un’annata bensì di cinque diverse vendemmie, assemblate
sapientemente con risultati straordinari.
Inutile dirvi che i tempi di permanenza
sui lieviti delle bottiglie di Uberti si dilatino in maniera
importante se non imponente rispetto alla consuetudine
franciacortina, per non parlare di altri metodo classico italiani e
questo è permesso e sostenuto da una struttura materica davvero
eccellente, capace di integrare al meglio i lieviti e di rendere il
tempo un concetto alquanto malleabile.
Ora, però, passiamo all’evento
organizzato da questa storica cantina, che rappresenta un unicum in
questa “regione vitivinicola”, in quanto alle annate degustate ed
alla profondità dimostrata da ciascun calice nel quale abbia avuto
modo di mettere il naso e dal quale abbia degustato.
Si è trattato, infatti, di una
verticale senza eguali del primo Vino prodotto dagli Uberti, ovvero
il Francesco I, con una sequenza, senza soluzione di continuità, dal
1979 al 2008.
30 volte Uberti, 30 volti della
Franciacorta, 30 emozioni differenti e 30 prove di classe e coraggio.

Classe per la tenuta di gran parte dei
Vini, non solo in struttura, ma anche e soprattutto in finezza e
coraggio per la scelta tanto rischiosa quanto apprezzabile ed onesta,
di far servire bottiglie sboccate al momento (con tappo a corona,
quindi ancora sui lieviti) con i produttori stessi ad assaggiare ogni
singola annata con noi, pochi, selezionati degustatori.
Diciamocela tutta, in pochissimi
avrebbero avuto gli attributi e, vi assicuro, non la spavalderia di
impostare una degustazione con questo margine di rischi odi
presentare Vini non presentabili.
Devo dire, da par mio, che nonostante
le ovvietà, ovvero alcuni picchi di ossidazione in determinata
annate e qualche chiusura dovuta semplicemente al fatto che quei Vini
venissero da una lunghissima fase di apnea, non ci sia stato alcun
singolo calice che io mi sarei rifiutato di assaggiare.
Vini che hanno trasceso i confini della
ragione, traslando in una dimensione creata appositamente per loro,
fatta di contraddizioni in essere fra la percezione di un’annata in
epoca di vendemmia e quella che ho avuto al momento della
degustazione, specie se a distanza di molti anni, e prodiga di
emozioni uniche ed inattese dovute, ad esempio, all’onore di
assaggiare le annate legate agli anni di nascita delle figlie della
famiglia Uberti con le stesse Silvia e Francesca o al piacere di
leggere in ogni Vino ed in ogni annata una fase, sì, dell’azienda
Uberti, ma anche e soprattutto dell’evoluzione del Franciacorta.
Entro pochi giorni troverete molti
articoli nei quali potrete leggere di voti ed opinioni sulle singole
annate e credo sia importante per l’azienda che vengano dati
riscontri oggettivi, ma io, come ormai saprete, non sono solito
scandire una degustazione razionalmente e mi piacerebbe raccontarvela
alla mia maniera, ovvero così…
Per me che ho poco più di 30
annate
, molto di quegli anni rappresentavano un momento della mia
vita, un attimo lungo un istante o un’eternità…
molte di quelle annate hanno avuto
la forza e la schiettezza per dimostrare che non c’è nulla di più
certo dell’incertezza nell’evoluzione di un Vino, come delle persone
stesse…
molti di quei calici mi hanno
stupito con la loro verve, con l’identità territoriale, con
un’interpretazione tutta ubertiana di un Vino che sin troppo spesso
ho trovato omologato, come il Franciacorta
molti di quegli assaggi mi hanno
scosso le mie papille gustative direttamente grazie ad uno spettro
aromatico disarmante, ad una freschezza mai esausta ed alla grande
mineralità iper-salina, ma hanno soprattutto toccato le corde giuste
del mio cuore, grazie a sinestesie uniche nel loro genere, capaci di
rievocare suoni e colori, immagini ed emozioni fuori dal comune.
Se mai vi dovessero
interessare i miei appunti tecnici per ciascun annata, sarà un
piacere parlarne in altra sede, ma qui… in questo mio strano diario
enoico, vorrei continuare a condividere con voi gocce di passione
liquida e stimoli ad un approccio più emozionale a questo
meraviglioso mondo, in cui ciò che conti di più, in termini
razionali e tecnici, non sia di certo la performance dalla singola
bottiglia, specie in casi come questi, bensì la conoscenza e quindi
la consapevolezza di come un’azienda stia lavorando e di come sia
arrivata ad oggi, in vigna, in cantina ed umanamente ed io credo che
la Famiglia Uberti rappresenti un esempio di solidità, continuità,
rispetto ed onestà intellettuale e pratica, nonché personale. Una cosa, però, ci tengo a sottolinearla, dato che le annata degustate, degorgiate al momento, non sono in commercio, ciò che dovrebbe contare di più per un winelover è la capacità che pressoché tutte le bottiglie presentate, chi più chi meno ovviamente, abbiano avuto di perpetrare freschezza, spessore ed in alcuni casi estrema eleganza su tutta la linea temporale d’assaggio, fino ad arrivare alle annate più recenti, in grado di confutare una continuità ed una crescita importante di quelle che sono le peculiarità dei Vini prodotti dalle vigne degli Uberti. Vini ottimi dopo il periodo “minimo” di permanenza sui lieviti deciso in cantina, ma grandiosi alla distanza, alla stregua dei più grandi metodo classico dei cucini d’oltralpe.


F.S.R.
#WineIsSharing

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