la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per
risalirvi sopra. Gli antichi connotavano il gesto di tentare di
risalire sulle imbarcazioni rovesciate con il verbo resalio. Forse il
nome della qualità di chi non perde mai la speranza e continua a
lottare contro le avversità, la resilienza, deriva da qui.»

Non ho conosciuto Eugenio personalmente, ma ho potuto assaggiare alcune delle annate storiche del “primo” Paleo e non è difficile comprendere, attraverso quei vini, quanta dedizione, attenzione e consapevolezza si riversasse in ogni bottiglia di quei blend di Cabernet Sauvignon e Sangiovese. Ma, se c’è una cosa in cui Le Macchiole non sono mai cambiate è la voglia di sperimentare, di evolversi e di rischiare, a prescindere dalle certezze e dalle commodities enoiche dettate dalle mode e dalle tendenze di mercato, con il solo fine di raggiungere qualità e identità. E’ così che nel 2001 il Paleo diviene Carbernet Franc in purezza (dopo essere entrato nel blend, nel corso degli anni, gradualmente in piccole percentuali), andando a completare la linea di monovarietali nata nel 1994 con le prime annate di Messorio e Scrio.
Una scelta che la dice lunga sulla volontà de Le Macchiole di andare oltre lo stile “bolgherese”, sin troppo spesso mero scimmiottamento di quello “bordolese”; una scelta coraggiosa volta alla massima espressione dell’identità dei propri vigneti e di chi il vino lo fa e ne ama l’unicità, la personalità varietale e territoriale tenendo a doverosa distanza l’omologazione.
Vigne dislocate in diverse zone (le più importanti sono: Casa Vecchia 1983, Puntone 1993, Casa Nuova 1998, Vignone 1999, Madonnina 2002 ) e la scelta, molto azzeccata – specie con l’andamento climatico delle ultime annate -, è stata quella di impiantare in ogni zona tutti i vitigni utili alla produzione dei vari vini, pensando al cru non più come ad una zona fissa, per forza di cose soggetta al suo specifico pedoclima e maggiormente esposta a situazioni critiche (gelate, grandine e malattie), bensì come alla miglior espressione di vigna aziendale in quella singola annata. Una sorta di cru itinerante che, a pensarci bene, ha molto più senso dell’idea che una singola particella possa dare in ogni annata il miglior risultato (partendo da un buon livello di vocazione generale del territorio e da un’età delle piante non troppo distante direi che più sono dislocati in posizioni differenti, con terreni differenti, altitudini ed esposizioni differenti i vigneti più possibilità ci sono di avere risultati diversi in zone diverse di annata in annata).
Torniamo, però, alla resilienza e alla capacità di cambiamento dimostrate da Le Macchiole ma ancor più da Cinzia, perché è di lei che vorrei parlare e di quanto sia stata in grado di dare un volto nuovo e ancor più identitario a questa già nota realtà.
Come? Partendo proprio dalle vigne e dall’approccio agronomico che Cinzia ha fortemente voluto portare su un livello di rispetto ancor più elevato adottando su tutta la proprietà una conduzione a regime biologico e iniziando, insieme a suo fratello Massimo (che si occupa principalmente dei vigneti) e a suo figlio Elia (agronomo preparatissimo) a sperimentare alcuni principi della biodinamica su alcune particelle, con l’obiettivo di estendere la prassi su tutti i ca. 30ha di vigneti. Non più prese di posizione che prescindono l’annata come quelle sulle basse rese che alcuni si ostinano a perpetrare ma, piuttosto, la ricerca continua dell’equilibrio della pianta che passa anche per il suo carico e per il suo stato di stress.
Il cambiamento è graduale, ma radicale e lo si vede dallo stato vegetativo delle viti e dai terreni mai compattati che ho avuto modo di calpestare, anche dopo una combo non semplice da gestire in questa zona, in particolare, come quella prodotta dagli esiti dell’annata 2017 e dalle criticità dalle 2018.
Che il mio focus siano i vigneti ormai è risaputo, ma non sempre le aspettative indotte dal vino vengono ripagate da ciò che trovo in campo, come, invece, è accaduto qui.
Una perlustrazione interessante, nel bel mezzo dell’epoca vendemmiale, che ci ha permesso di fare il punto della situazione riguardo l’annata corrente ma, anche e soprattutto, rispetto al futuro, specie per i nuovi impianti appena entrati in produzione o che devono ancora a dare i primi frutti atti a contribuire alla qualità e all’identità dei vini de Le Macchiole. Vigneti che godono della salubrità che arriva dal mare e di contesti in cui è ancora preservata la biodiversità, fattori che agevolano una conduzione agronomica rispettosa in cui la chimica di sintesi è bandita.
Se in vigna le idee sono, ormai chiare, tutto sta nel rispettare al massimo il prodotto di questo “nuovo” approccio anche in cantina dove, grazie all’aiuto dell’enologo interno Luca Rettondini, si vogliono privilegiare freschezza, eleganza e finezza esaltando le peculiarità minerali saline e ferrose di questo territorio, abbattendo drasticamente l’impatto del legno e la sua incidenza organolettica grazie ad una scelta minuziosa e ponderata dei barili e delle botti.
Una cantina contemporanea nelle dotazioni tecniche mirate a prendere il meglio di ciò che l’enologia moderna può mettere a disposizione dell’identità ma tradizionale nel rispetto dei varietali e dei processi di vinificazione mirati ad ottenere la massima espressività in maniera lineare e senza forzature di sorta.
Gli assaggi dei mosti e dei vini che verranno fatti con Luca e Cinzia sono stati più che esaustivi nell’evidenziare ancor una volta quanto la cifra stilistica de Le Macchiole sia riconoscibile e riconducibile a fattori propri dell’eleganza, della dinamica di beva e dell’espressività minerale che solo un approccio estremamente pulito e rispettoso può e sa esaltare.
Passiamo ora alle mie impressioni sui vini che ho avuto modo di assaggiare in anteprima:
Paleo Bianco 2016 – IGT Toscana Bianco – Le Macchiole: un vino nato un po’ per diletto un po’ per assecondare le richieste dei ristoratori di zona in tempi non sospetti, ma che sin dal principio ha rappresentato una piccolissima produzione (della 2016 sono state prodotte solo 3000 bottiglie ca.). Un taglio di Chardonnay e Sauvignon che conferma, a primo naso, quanto l’identità del territorio riesca a marcare tanto quanto quella varietale se non, addirittura, oltre. Sì, perché negli equilibri mediterranei di questo vino, tra note di agrume e balsamiche folate di menta e rosmarino, si inseriscono al meglio gli aspetti più fini dei tue vitigni d’Oltralpe capaci, qui, di non risultare noiosi e scontati ma, al contrario, di distendersi con grande agilità mostrando un incedere dritto e sicuro verso la consuete (qui!) chiosa salina. Il legno c’è ma non rende opalescente la luminosità di un vino che vuole esprimersi nella sua solare freschezza.
Bolgheri Rosso Doc 2016 – Le Macchiole: lasciatemi esordire con un’esclamazione che non ho esternato durante la degustazione solo perché Cinzia e Luca stavano parlando e non volevo interromperli:-“Che buono!”. Solitamente per farmi piacere un taglio bordolese, specie se interpretato in maniera più “pronta” ce ne vuole perché sin troppo spesso questo approccio coincide con note vegetali verdi troppo spiccate e una coperta sempre troppo corta che tende a lasciar scoperti o la struttura o l’equilibrio tra essa e l’acidità. Eppure, questo vino si presenta intrigante la naso, assecondando una ponderata maturità del frutto a note lievi e naturali di spezia e a tonalità balsamiche rinfrescanti. Il sorso è teso e ha una dinamica di beva da slalomista. Il finale è inerziale per il tannino già integrato e la nota minerale ferrosa distintiva di questi terreni. Harmonia in greco significa unione, proporzione, accordo, ma nel canto e nella musica, oggi, per armonia si intende una “consonanza di voci che arriva al nostro udito producendo una sensazione piacevole”… ecco, in questo vino Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Syrah riescono a confluire in un solo piacevolissimo suono, pur mantenendo integre le peculiarità, il colore e il tono di ogni singola voce.
Paleo 2015 – IGT Toscana Rosso – Le Macchiole: un’anteprima del vino più rappresentativo de Le Macchiole, che ha portato l’attenzione sul Cabernet Franc e sulle potenzialità di questo vitigno se coltivato negli habitat ad esso più congeniali e se trattato con consapevolezza e rispetto dalla vigna alla cantina. Il Paleo ’15 risponde e corrisponde ad un’ottima annata in maniera esemplare, dando sfoggio della sua forza espressiva varietale in cui le pirazine sono domate con garbo e sapienza. Questo naso più che promettente è infuso in una struttura piena, ma longilinea, dritta, educata nella sua camminata sicura e dal grande portamento. Un vino votato alla massima eleganza del gesto atletico, come nel salto con l’asta in cui è l’inerzia di uno slancio forte e preciso a sospingere il saltatore lungo una linea verticale che tende verso l’infinito… un salto con l’asta ideale in cui l’asticella è sempre più in alto e l’atleta/vino resta sospeso, in aria, senza ricadere giù, se non nell’animo, pronto ad un altro salto/sorso. Trovo sempre estremamente elegante il connubio fra forza e leggerezza che solo rispetto, consapevolezza e tecnica affinati col tempo e con l’esperienza possono dare. Vino unico con un finale di ferro e ruggine proprio dei grandi rossi.
Scrio 2015 IGT Toscana Rosso – Le Macchiole: è la vera sfida de Le Macchiole, il vino voluto fortemente da Eugenio, amante spassionato di questo vitigno. Una Syrah in purezza fatto dove questo vitigno si pensava non potesse trovare le condizioni ideali per palesare quell’infinito caleidoscopio di colori che sa offrire nei suoi areali d’elezione. Sfida accettata e vinta, ancora una volta, da chi ha dapprima guardato (proprio in quegli areali), poi ascoltato e, in fine, capito un varietale complesso e delicato che ha insita nel suo DNA l’attitudine ad annoiarsi là dove l’interpretazione di chi lo alleva e lo vinifica si dimostra troppo standardizzata. Ecco quindi avere un naso in cui frutto, spezia e cuoio si compenetrano come a voler tessere una tela aromatica dalla trama fitta e compatta sulla quale verranno dipinti gli aromi proprio della sua prospettiva evolutiva.
Nel sorso lo Scrio de Le Macchiole segue la linea degli altri vini, quella voluta da Cinzia, in cui l’ampiezza e la rotondità deve necessariamente essere sostenuta e slanciata da freschezza e mineralità. Ora non resta che aspettare la crescita del nuovo vigneto di Syrah ad alberello che Massimo ed Elia sono riusciti a impiantare nelle terrazze sulle quali si affaccia la nuova casa di Cinzia, che inizialmente sembrava non voler vivere circondata da vigneti, ma che non ha potuto dire di no all’ennesima bellissima sfida. Camminandoci attraverso e valutandone le caratteristiche pedoclimatiche, la conduzione agronomica e l’impianto la sensazione è stata più che positiva.
Messorio 2015 – IGT Toscana Rosso – Le Macchiole: molti non lo comprenderanno, ma ho sempre avuto un rapporto di amore e odio per questo vino, che ho compreso sin dal principio della sua personalità ma che, al contempo, non ha mai avuto l’ardire di toccare le corde giuste del mio palato e del mio animo enoico. Temevo Cinzia non comprendesse la mia garbata dichiarazione, ma se il Messorio in passato aveva lesinato stupore è stata Cinzia stesa sorprendermi convenendo con me. Forse ci voleva proprio l’umiltà e la sincerità della mamma de Le Macchiole per riappacificarmi con questo Merlot in purezza che in questa annata si mostra meno denso e muscolare, più dinamico e piacevole nel suo piglio affatto sfacciato e prepotente, bensì compito ed elegante. Un Merlot che sa più di Macchiole che di Merlot. Probabilmente il mio più positivo incontro con questo vino, di sempre!
Rinnovo il mio doveroso plauso devo farlo all’enologo Luca Rettondini, che ha preso in mano un’azienda sempre in fermento accompagnandone e dirigendone le evoluzioni in maniera impeccabile. Un direttore d’orchestra che non lascia nulla al caso al fine di rispettare il più possibile la materia prima che Massimo ed Elia gli consegnano in vendemmia.
Una vendemmia che dura più di un mese, perché fatta di più passaggi per parcella, alla quale segue un’accurata selezione degli acini che andranno a fermentare in vasche d’acciaio e, principalmente, in cemento. Per Luca occuparsi delle vinificazioni non significa “soltanto” monitorare fermentazioni ed affinamento, bensì vuol dire selezionare vasche, tini, botti, barili e ogni vaso vinario che verrà utilizzato cercando la loro miglior performance in termini di elevazione con la minima incidenza in termini organolettici, per garantire un’espressione varietale e territoriale integra e nitida. Pulizia e precisione, costante attenzione ed equilibrio sono dei mantra per questo giovane ma esperto enologo.
Cinzia, la sua famiglia e Luca hanno una cosa fondamentale in comune: la capacità di fare grandi cose senza sciorinare le proprie qualità con enfasi ed egocentrismo, anteponendo la dedizione al lavoro e l’umiltà personale a qualsiasi altra dinamica che possa anche solo avvicinarli alla snob e poco concreta definizione di “EnoStar”! E’ per questo che mi hanno accolto nel bel mezzo della vendemmia, dedicandomi più tempo del previsto, permettendomi di entrare a pieno nelle dinamiche di un’azienda che, per me che amo scoprire nuove realtà, poteva fare a meno delle mie parole.
Ma, a pensarci bene, io ho scoperto una realtà nuova durante la mia ultima visita a Le Macchiole, perché quest’azienda è talmente legata allo spirito del cambiamento che non sarà mai né simile ad altre né uguale a sè stessa. Un cambiamento che per Cinzia e per la sua famiglia rappresenta uno stadio costante della propria esistenza e non rappresenta un limite, bensì un’opportunità da sfruttare ogni giorno per evolvere nel tempo, sviluppando la propria identità e acquisendo nuove capacità, continuando a maturare la propria saggezza e la propria conoscenza, proprio come ci insegnano la vite e il vino.
Sì, perché Cinzia, la sua famiglia e Le Macchiole condividono la resilienza proprio con la vite, che mai smette di reagire ai cambiamenti più inattesi, con vigore ed esperienza, alla ricerca di un equilibrio in continuo divenire, che sprona a vivere e a migliorarsi sempre.
F.S.R.
#WineIsSharing
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