Da tempo volevo dedicare un focus al solo Rosso di Montalcino, con il fine di valorizzarne la specifica identità e la peculiare personalità, nonché le prospettive in termini di posizionamento, percezione e contestualizzazione.
Un vino che – come ho già avuto modo di dire più volte – sarebbe il primo vino in molte altre denominazioni e che deve essere visto come un’espressione varietale e territoriale a sé stante, togliendola dal cono d’ombra del Brunello. Un cono che si trasforma in una piramide rovesciata se parliamo di numeri, perché quella ilcinese è una condizione rara nel panorama del vino italiano e globale, quanto a proporzioni fra “primo vino” e “secondo vino” dell’areale:
Superficie totale dei terreni vitati Ha 3,500
Brunello di Montalcino DOCG Ha 2,100
Rosso di Montalcino Wine DOC Ha 510
Moscadello di Montalcino Wine DOC Ha 50
Sant’Antimo DOC Ha 480
Altri vini Ha 360
Come vedete l’ettaraggio maggiore spetta al Brunello di Montalcino Docg mentre al Rosso di Montalcino Doc sono destinati solo 510ha. Questo è frutto del fatto che la denominazione di Montalcino è stata la prima in Italia alla quale è stato concesso di produrre due vini dalle stesse vigne e dalle stesse uve. Ecco perché gran parte del Rosso di Montalcino Doc, ancora oggi, è prodotto da vigne iscritte a Brunello declassandone parte del vino prodotto.
Per questo, data la grande richiesta di Brunello sui mercati di tutto il mondo, il timore è quello di perdere gradualmente parte della produzione del Rosso di Montalcino, già salvato dalla potenziale modifica di disciplinare che avrebbe introdotto l’utilizzo di vitigni a bacca rossa (compresi gli internazionali) idonei alla coltivazione nell’ambito della Regione Toscana fino ad un massimo del 15% nel taglio.
Un vino che non deve essere considerato un vino di ricaduta, bensì un prodotto con mire differenti e con una propria identità e che, quindi, non deve essere messo in secondo piano.
Da qui le voci che vorrebbero una riapertura degli albi a Rosso di Montalcino, in modo da poter reimpiantare, in maniera ben ponderata e graduale, vigneti specificatamente destinati alla produzione di questa Doc, lasciando maggior margine ai produttori che hanno solo vigne a Brunello per la produzione della nota Docg montalcinese. Io, da par mio, credo possa essere una via percorribile e auspicabile purché orientata alla qualità (ergo all’impianto in zone vocate), mentre è da valutare bene l’idea di riclassificare vigneti a Sangiovese che ricadono nell’IGT per la produzione del Rosso (come già fatto nel 1996 con i vigneti iscritti alla Doc Sant’Antimo poi migrati a Rosso di Montalcino Doc), non sempre posizionati in zone ottimali.
Per alcuni, la riapertura degli albi, anche se solo per il Rosso di Montalcino, potrebbe corrispondere ad una svalutazione del valore fondiario e ad un abbassamento della qualità del prodotto, ma sono certo che il Consorzio e i produttori riusciranno a trovare la strada migliore per evitare che la produzione di questo vino si riduca ulteriormente.
Da degustatore e da comunicatore, nonché da amante spassionato del Rosso di Montalcino credo fortemente che il percorso debba iniziare dalla valorizzazione di quello che rappresenta il vino più contemporaneo e dinamico dell’areale.
Per questo ho voluto cimentarmi in una sessione d’assaggio dedicata esclusivamente ai Rossi di Montalcino Doc che ha confermato l’altissima qualità media della denominazione.
Un vino (qui il disciplinare di produzione) che è l’espressione più nitida del varietale (sempre Sangiovese in purezza), dell’annata e del territorio (non avendo la stessa incidenza dell’uomo e del tempo/affinamento del Brunello mantiene nell’esposizione primaria una maggior definizione degli esiti stagionali e della matrice pedologica dal quale proviene). Il Rosso di Montalcino ha un’attitudine innata a mostrarsi nel calice come un vino versatile, agile e dinamico ma non per questo “facile”! Al netto delle interpretazioni delle singole realtà c’è grande omogeneità tra i Rossi di Montalcino ma tra i ca. 90 campioni assaggiati nel mio ultimo focus sulla tipologia (ai quali si aggiungono gli assaggi di cantina e quelli assaggiati in occasione dell’ultima anteprima) ho potuto scorgere 4 categorie principali:
– I Rossi di Montalcino “freschi”: rappresentati, oggi, dalle 2019 (a mio parere la migliore annata per il Rosso da quando scrivo di vino), uscite in linea con i tempi dettati dal disciplinare, con la volontà di preservare freschezza di frutto e maggior spigliatezza di beva, senza rinunciare ad un buon grip tannico e alla percettibile mineralità. Interessante giocare con la temperatura di servizio e con abbinamenti liberi dalle briglie della consuetudine. Importante è vedere queste interpretazioni come dei grandi Sangiovese di quella che è la terra più vocata alla coltivazione di questo varietale, che mirano ad una beva più contemporanea ma non per questo non possono invecchiare (il fatto che siano stati meno in legno e che possano affinare maggiormente in vetro può essere un pro e non uno svantaggio in termini di longevità).
– I Rossi di Montalcino “con uscita ritardata”: rappresentati dalle uscite “ritardate”, oggi fuori con la 2018. Un’attesa finalizzata al raggiungimento di un principio evolutivo in termini aromatici e una maggior definizione della texture tannica. Vini che, per fortuna, non perdono in freschezza e restano nel range di dinamica e agilità che deve, a parer mio, tenerli alla larga dal sembrare dei “brunellini”. Accezione che può far solo male alla denominazione e che tende a confondere utilizzando un termini dispregiativo che sa tanto di “vorrei ma non posso”. Il Rosso di Montalcino può anelare e arrivare all’eleganza e ad una completezza organolettica propria di questa denominazione senza scimmiottare il Brunello, altresì manifestando in maniera netta e distintiva prerogative differenti in termini di fruibilità e abbinamento.
– I Rossi di Montalcino “selezione e/o cru”: che si tratti di selezioni di uve, di botte o di cru di vigna questa è la categoria sulla quale confido i produttori di Montalcino porranno maggiormente la loro attenzione, in quanto volano primario per la valorizzazione della denominazione e per l’innalzamento della percezione del Rosso di Montalcino. E’ proprio grazie a questa “categoria” che il Rosso può ritagliarsi spazi importanti giustificando un posizionamento più importante, slegandosi dalle dinamiche di sudditanza che lo vedono per forza di cose al di sotto del Brunello.
– I Rossi di Montalcino “selezione con uscita ritardata”: è una categoria in cui ricadono pochissime referenze, in quanto scelta rischiosa quella di far uscire un Rosso di Montalcino alla stregua di un Brunello in termini di affinamento. La scelta potrebbe essere maggiormente giustificata làddove si abbiano vigne destinate a Rosso e se ne voglia dimostrare l’identità specifica, nonché l’effetto di un affinamento “più libero”, con meno legno (tra l’altro non obbligatorio da disciplinare, ma utilizzato da quasi tutti i produttori almeno per 6-8 mesi) e più bottiglia.
Come categoria extra ci sono i Rossi di Montalcino “vecchie annate”, che aprono un importante dibattito su quanto questa denominazione potrebbe tornare utile ai Sommelier di importanti ristoranti ma anche ai ristoratori più competenti italiani e non solo. Una disquisizione che deve far riflettere sui valori aggiunti del Rosso di Montalcino in termini di duttilità di servizio (stagionale, attraverso il “gioco” delle temperature; di abbinamento, grazie alla sua versatilità), di prezzo e di longevità (inserire in carta o servire in un abbinamento al calice un Rosso di Montalcino tra i 5 e i 10 anni può regalare un’esperienza memorabile al commensale, manifestando la qualità della ricerca da parte del sommelier o del ristoratore, che saggiamente stupisce con un vino del quale solo in pochi conoscono il potenziale evolutivo).
Il Rosso di Montalcino può e deve vivere una fase di Rinascimento, in una fase del palato globale che gli calza a pennello. Tutto sta nell’aumentare la percezione di questi vini accantonando cifre semantiche riduttive e fuorvianti in favore di accezioni che ne esaltino le reali virtù. Quindi il Rosso di Montalcino non è “facile”, ma agile! Non è fruttato e beverino, è fresco e dinamico! Non è meno complesso ma più rispondente al varietale e all’annata nei suoi sentori primari e secondari. Inoltre, chi teme di definire elegante un Rosso di Montalcino, relegandolo a definizioni vetuste e poco coerenti con lo stato dell’arte di questo vino, commette un errore madornale perché se ben concepiti e ben percepiti i Rossi di Montalcino possono prendere strade tanto inattese quanto necessarie e meritate. Per me il Rosso di Montalcino può e deve essere valorizzato per ciò che è e che può esprimere dalla vigna al bicchiere a prescindere dal Brunello e nei prossimi mesi lancerò più di una sfida in merito a quello che reputo essere il reale potenziale di questi vini.
F.S.R.
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