E’ di un paio di giorni fa la notizia riguardante la presa di posizione del Dg Agri (responsabile delle politiche della Commissione europea in materia di agricoltura, sviluppo rurale e politica agricola comune) presso la Commissione Europea di Bruxelles che recita così: “L’indicazione ‘vino naturale’ in etichetta può suggerire l’idea di un vino di qualità più alta. L’utilizzo è ingannevole, c’è il rischio che l’uso del termine “naturale” induca il consumatore in errore”.
Nulla di nuovo in realtà! Riguardo l’utilizzo del termine “naturale” in accostamento al nostro caro amato vino le diatribe sono annose e la risoluzione non sembra vicina, nonostante sia ormai palese la necessità di una decisione netta a riguardo.
Il problema? Sempre il solito: la definizione “vino naturale” è fuorviante e non ha una valenza certificata, ergo viene utilizzata da molti ma senza criteri concertati e condivisi. Cosa che lede quei produttori che, da anni, si impegnano nel far vino nella maniera più sostenibile e rispettosa possibile, cercando nell’artigianalità consapevole e nell’obiettivo della totale abolizione della chimica di sintesi il proprio valore aggiunto, che deve necessariamente tradursi in un vino identitario, apprezzabile e non omologato (né dall’interpretazione “commerciale” né dai difetti).
Ciò che manca, quindi, è una certificazione unitaria e riconoscibile a livello nazionale e internazionale? Probabilmente sì!
Per comprendere quante variabili interpretative esistano in materia di vino “naturale”, “artigianale” e “sostenibile” in questo articolo vi riporterò i principali statuti, regolamenti e “disciplinari” interni alle più importanti pubblicati da organizzazioni, movimenti culturali e associazioni di produttori:
méthode nature” utilizzabile in
etichetta.
– Essere realizzati con uve (di tutte le origini: AOP, Vin de France, ecc.) 100% biologiche certificate Nature & Progrès, AB, o almeno il 2° anno di conversione AB.
– Essere realizzati con uve raccolte a mano.
– Essere fermentati con lieviti “indigeni”.
– Non contenere additivi enologici.
– Non manifestare alcuna modifica volontaria della costituzione dell’uva.
– Non aver subito alcuna delle tecniche “traumatiche” come osmosi inversa, filtrazioni, pastorizzazione flash, termovinificazione ecc…
– Non contenere solfiti aggiunti (sans sulfites ajoutés) o un massimo di 30mg / l di SO2 (<30mg / l di sulphites ajoutés).
– Presentare la carta del “Vin Méthode Nature” a corredo dei loro vini durante le fiere alle quali prenderanno parte.
– Le bottiglie devono mostrare uno dei due loghi in base ai livelli di solforosa.
– Fornire a Nature un’autocertificazione Vin méthode su base annuale.
– Distinguere chiaramente i Vin méthode nature dai vini convenzionali se le cantine producono entrambe le “tipologie”.
– I produttori di Vin méthode nature si impegnano a rendere i loro dettagli pubblici e accessibili all’associazione.
E’ recentissima, invece, la pubblicazione del manifesto di Slow Food del vino buono, pulito e giusto che esula dal concetto diffuso di “vino naturale” e si orienta, invece, verso una ponderata sostenibilità, ponendo dei paletti riguardo difetti e integrando degli importanti punti riguardanti la comunità agricola e la biodiversità:
-Le cantine devono coltivare direttamente almeno il 70% delle uve utilizzate per la produzione dei vini (con deroghe per alcune zone che per tradizione hanno un ampio commercio di uve, tipo Madeira, Napa Valley, Spagna del Sud, ecc…).
-Le cantine non devono usare concimi, diserbanti e antibotritici provenienti dalla chimica di sintesi.
-L’uso delle risorse ambientali per la produzione di vino deve essere cosciente e sostenibile. Il ricorso a sistemi d’irrigazione deve essere limitato il più possibile e finalizzato a evitare casi di stress idrico severo.
-Gli edifici aziendali, se da costruire, devono rispettare il paesaggio. Qualora le costruzioni siano già esistenti, la loro eventuale ristrutturazione e conduzione deve tenere conto della sostenibilità ambientale.
-Le cantine non devono utilizzare l’osmosi inversa e metodi fisici di concentrazione del mosto. Inoltre, se non per gli spumanti o i vini che lo prevedano per tradizione, non deve essere impiegato MCR (mosto concentrato rettificato) o zucchero (a seconda dei Paesi dove si opera). Non è previsto l’uso di trucioli per aromatizzare i vini.
-La quantità di solforosa nel vino non deve oltrepassare i limiti indicati nella certificazione del vino biologico dell’Unione Europea.
-I vini devono essere specchio del terroir di provenienza, per questo motivo vediamo con favore l’utilizzo di lieviti indigeni così come la ricerca scientifica tesa a isolare lieviti autoctoni che poi possono essere replicati e utilizzati dall’azienda oppure da più vignaioli della stessa zona e denominazione.
-I vini devono essere privi dei principali difetti enologici, perché questi tendono a rendere omogenei i vini e appiattire le differenze territoriali.
-È auspicabile che la cantina collabori attivamente con l’intera comunità agricola ai fini di valorizzare il sistema agricolo dell’area territoriale dove opera. A questo proposito è assolutamente necessario che la cantina mantenga un rapporto virtuoso con i propri collaboratori e i propri dipendenti, incoraggiandone la crescita personale e professionale, ed è altrettanto necessario che la cantina collabori e condivida conoscenze con gli altri viticoltori del territorio, evitando azioni di concorrenza sleale.
-Il vignaiolo sostenibile incoraggia la biodiversità attraverso pratiche quali: l’alternanza del vigneto con siepi e aree boscate; una gestione del suolo che preveda inerbimenti e sovesci e che escluda, in ogni caso, il suolo nudo, se non per brevi periodi stagionali; la tutela degli insetti pronubi e della fauna utile utilizzando di preferenza insetticidi ammessi in agricoltura biologica qualora tali interventi si rendano necessari, e comunque evitando di utilizzarli durante la fioritura della vite e di altre specie erbacee presenti nel vigneto; l’allevamento di animali nel rispetto del loro benessere e la produzione in azienda di letame; la produzione aziendale di compost da residui di potatura e altri materiali organici.
In Italia, però, esistono svariate associazioni di vignaioli “naturali”, “artigianali” e vini “veri” e ciascuna di esse di è dotata di uno statuto e in ognuno di essi, a mio modo di vedere, ci sono interessanti punti comuni che vi invito a ricercare. Eccovi l’elenco dei principali regolamenti interni di tali associazioni:
ViniVeri
LA REGOLA
Quanto stabilito non tratta metodi “bio” o “non bio”, ma indica semplicemente le azioni che permettono a una produzione di esprimersi pienamente e raggiungere l’obbiettivo di ottenere un vino in assenza di accelerazioni e stabilizzazioni, recuperando il miglior equilibrio tra l’azione dell’uomo ed i cicli della natura. Questa, in sintesi, la finalità per cui il Gruppo Viniveri intende lavorare.
Quindi il Gruppo Viniveri intende:
• aggregare chi dichiara il proprio processo di lavorazione nel rispetto della presente REGOLA;
• stimolare la discussione tra produttori, scambiandosi esperienze e risultati raggiunti;
• ricercare il miglior equilibrio tra l’azione dell’uomo ed i cicli della natura;
• comunicare all’esterno la presente regola e le aziende che aderiscono alla stessa.
1) I PRINCIPI GENERALI
Il vignaiolo che intende far parte del Gruppo Viniveri deve applicare le regole, appresso descritte, sull’intero ciclo di produzione e su tutta l’attività aziendale.
2) IL LAVORO IN VIGNA
a) – esclusione di diserbanti e/o disseccanti;
b) – esclusione di concimi chimici;
c) – esclusione di viti modificate geneticamente;
d) – introduzione, nei nuovi vigneti, di piante ottenute da selezione massale;
e) – coltivazione di vitigni autoctoni;
f) – utilizzazione, per i trattamenti in Vigna contro le malattie, di prodotti ammessi dalle norme in vigore in agricoltura biologica. In ogni caso sono esclusi tutti quelli di sintesi, penetranti o sistemici;
g) – vendemmia manuale.
3) IL LAVORO IN
CANTINA
a) – utilizzazione esclusiva di lieviti indigeni presenti sull’uva ed in cantina;
b) – esclusione dell’apporto di qualsiasi prodotto di nutrimento, sostentamento, condizionamento quali possono essere le vitamine, gli enzimi e i batteri;
c) – esclusione di ogni sistema di concentrazione ed essiccazione forzata;
d) – utilizzo dell’appassimento naturale dell’uva all’aria, senza alcun procedimento forzato;
e) – esclusione di ogni manipolazione tesa ad accelerare e/o rallentare la fermentazione naturale del mosto e del vino;
f) – fermentazione senza controllo della temperatura;
g) – esclusione di ogni azione chiarificante e della filtrazione che altera l’equilibrio biologico e naturale dei vini;
h) – la solforosa totale non potrà mai essere superiore ad 80 mg/l per i vini secchi e 100 mg/l per i vini dolci.
Vinnatur
Il Manifesto
programmatico dell’Associazione VinNatur
L’associazione VinNatur riunisce vignaioli da tutto il mondo che intendono difendere l’integrità del proprio territorio, rispettandone la storia, la cultura e l’arte che sono state loro tramandate nel tempo, traendo ispirazione da una forte etica ecologica.
Produrre vino in maniera naturale significa agire nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli naturali, limitando attraverso la sperimentazione, l’utilizzo di agenti invasivi e tossici di natura chimica e tecnologica in genere, dapprima in vigna e successivamente in cantina.
L’associazione intende preservare l’individualità del vino dall’omologazione che chimica, tecnologia e industrializzazione hanno portato nel mondo agricolo e, in special modo, nelle attività vitivinicole. Scopo dell’Associazione VinNatur è unire le forze di questi vignaioli dando a ognuno maggior forza, consapevolezza e visibilità condividendo esperienze, studi e ricerche.
L’Associazione investe le proprie risorse e riserva particolare attenzione ai bisogni dei viticoltori associati nel rispetto dei consumatori finali.
Alcuni dei punti cardine dell’attività di VinNatur sono:
-Lotta ai pesticidi: ogni anno l’associazione analizza a proprie spese un vino di ogni viticoltore associato. L’analisi si basa sulla ricerca di centoquaranta principi attivi di fitofarmaci. In altre parole si cercano i pesticidi di sintesi usati contro le malattie della vite che entrano nel circolo linfatico delle piante, quindi anche nei grappoli, e, conseguentemente, nel vino ottenuto.
-Ricerca sulle tecniche di vinificazione in collaborazione con laboratori privati e il mondo universitario. Approfondimenti e sperimentazioni legate a fermentazioni spontanee e a tutti i processi di maturazione e conservazione del vino.
Sperimentazione di approcci agrari innovativi orientati al massimo rispetto per l’ambiente. Metodi che hanno come obbiettivo l’eliminazione di rame e zolfo al fine di raggiungere l’equilibrio naturale del suolo.
-Organizzazione di convegni e corsi per formare ed informare gli associati sui lavori di ricerca intrapresi ed in particolare su tecniche, lavorazioni e pratiche enologiche. Allo stesso tempo, un lavoro di informazione e divulgazione presso il pubblico degli sviluppi delle ricerche in corso di svolgimento.
-Organizzazione, almeno una volta l’anno, di un salone con la partecipazione di tutti gli associati nella splendida cornice di Villa Favorita, momento d’incontro tra tutti i vignaioli associati, gli appassionati del mondo del vino e gli operatori del mercato.
VAN
La Carta degli Intenti Vignaioli Artigiani Naturali
La convinzione ispiratrice è che il vino continui ad essere quella risorsa alimentare corroborante e salutare come è stata conosciuta nei secoli, e non debba essere ridotto a una sorta di bevanda, alterandone e correggendone sistematicamente i costituenti.
Nella nostra pratica quotidiana il vino naturale è:
-è un vino integro e vitale perché è ottenuto da uve da agricoltura biologica o biodinamica, anche autocertificata
-è un prodotto agricolo ottenuto dal vignaiolo che ne segue direttamente tutte le fasi produttive, dalla coltivazione della vite al confezionamento nella bottiglia;
-è ottenuto solo da uve proprie, coltivate direttamente, o, se acquistate, provenienti da vigneti di produttori biologici o biodinamici dello stesso territorio (non più del 30% del totale);
-è ottenuto da fermentazioni spontanee, senza l’utilizzo di lieviti o batteri selezionati fabbricati in laboratorio;
-è ottenuto senza l’aggiunta di nessuno degli additivi o coadiuvanti enologici ammessi dal disciplinare convenzionale e anche da quello del vino biologico e biodinamico, in vinificazione, maturazione e affinamento;
-è esente da quelle manipolazioni e trattamenti fisici o chimici invasivi ammessi dai disciplinari del vino convenzionali o biologici.
-è ammessa nei vini una quantità di solfiti (anidride solforosa totale all’imbottigliamento, dichiarata dal produttore e comprovabile analiticamente) che può essere superiore a quella che si genera naturalmente nei mosti durante la fermentazione alcolica, ma è mantenuta sempre di molto inferiore a quella consentita per legge (vino convenzionale e vino biologico) ed impiegata soltanto allo scopo di consegnare intatto al consumo, negli anni, un vino prodotto con la massima naturalezza in tutte le fasi, dalla vigna alla vinificazione.
All’interno di queste regole, che i produttori si impegnano a rispettare, i VINI NATURALI sono realizzati senza ulteriori vincoli predefiniti, dando spazio alla propria creatività, storia e cultura e sono profondamente legati al terroir che interpretano e rappresentano. Per questo i VINI NATURALI possono presentare delle sorprendenti, sostanziali diversità che sono da considerare una vera ricchezza.
Il nostro Vino Naturale è:
-ottenuto da uve da agricoltura biologica o biodinamica anche autocertificata, raccolte manualmente (il produttore, sottoscrivendo codesta Carta, accetta analisi per la ricerca di eventuali residui di fitofarmaci e livello solforosa);
-unicamente da fermentazioni spontanee (senza lieviti o batteri aggiunti);
-con un contenuto in solforosa totale all’imbottigliamento di max 40 mg/l per tutti i vini, indipendentemente dal tenore di zuccheri residui;
-senza l’aggiunta di alcun additivo o coadiuvante enologico in vinificazione, maturazione e affinamento;
-senza trattamenti fisici brutali e invasivi (osmosi inversa, filtrazione tangenziale, pastorizzazione, criovinificazione o termovinificazione, filtrazione sterilizzante, ecc.)
Tali regole devono essere valide per tutti i vini prodotti dall’azienda. Nel sottoscrivere tale carta, si attesta la conformità del proprio lavoro agli intenti sopra scritti. I vignaioli che non vogliono o non possono assumersi tale impegno non sono tenuti ad aderire. I firmatari, inoltre, nell’immediato futuro si impegnano a sostenere e proporre tutte quelle iniziative finalizzate alla possibilità di riportare nell’etichetta dei vini la lista completa degli ingredienti.
I firmatari aderiscono ad una ricerca Universitaria mediante analisi chimiche e microbilogiche, alla ricerca nei vini di metaboliti e prodotti di degradazione di vari ceppi di lieviti, al fine di determinare uno standard che evidenzi l’uso di lieviti selezionati o di fermentazioni spontanee.
I firmatari accettano implicitamente la possibilità che i loro vini vengano sottoposti ad analisi per determinare il livello di SO2 totale ed eventuale residui di fitofarmaci.
Triple “A”
IL MANIFESTO DEI PRODUTTORI DI VINI TRIPLE “A”
Agricoltori Artigiani Artisti
Questo manifesto nasce in seguito alla constatazione che buona parte dei vini attualmente prodotti nel mondo sono standardizzati, cioè ottenuti con tecniche agronomiche ed enologiche che mortificano l’impronta del vitigno, l’incidenza del territorio e la personalità del produttore. La standardizzazione sta generando vini simili in ogni angolo del pianeta, appiattiti nei caratteri organolettici e incapaci di sfidare il tempo.
Secondo questo manifesto, per ottenere un grande vino, ad ogni produttore occorrono 3 doti basilari riassumibili nelle 3 “A” di:
“A” come agricoltori
Soltanto chi coltiva direttamente il vigneto può instaurare un rapporto corretto tra uomo e vite, ed ottenere un’uva sana e matura esclusivamente con interventi agronomici naturali.
“A” come artigiani
Occorrono metodi e capacità “artigianali” per attuare un processo produttivo viticolo ed enologico che non modifichi la struttura originaria dell’uva, e non alteri quella del vino.
“A” come artisti
Solamente la sensibilità “artistica” di un produttore, rispettoso del proprio lavoro e delle proprie idee, può dar vita ad un grande vino dove vengano esaltati i caratteri del territorio e del vitigno.
IL DECALOGO
I vini Triple “A” possono nascere solo:
-da una selezione manuale delle future viti, per una vera selezione massale;
-da produttori agricoltori, che coltivano i vigneti senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi rispettando la vite e i suoi cicli naturali;
-da uve raccolte a maturazione fisiologica e perfettamente sane;
-da mosti ai quali non venga aggiunta né anidride solforosa né altri additivi. L’anidride solforosa può essere aggiunta solo in minime quantità al momento dell’imbottigliamento;
-utilizzando solo lieviti indigeni ed escludendo i lieviti selezionati;
-senza interventi chimici o fisici prima e durante la fermentazione alcolica diversi dal semplice controllo delle temperature. (Sono tassativamente esclusi gli interventi di concentrazione attuati con qualsiasi metodo);
-maturando sulle proprie “fecce fini” fino all’imbottigliamento;
-non correggendo nessun parametro chimico;
-non chiarificando e filtrando prima dell’imbottigliamento;
-dalla migliore espressione del terroir al quale appartengono.
Ecco… a prescindere dalla mia opinione riguardo l’una o l’altra “fazione”, dopo tutta questa carrellata di “regole” e vincoli, vi sarete resi conto della varietà di punti di vista esistenti ma anche di quei punti condivisi che potrebbero rappresentare la base sulla quale fondare una sola ed unitaria “certificazione”. C’è anche da dire che, mentre il biologico ha un logo e uno statuto riconosciuto a livello europeo (poi certificato da enti certificatori privati) la biodinamica è tutta in mano ad un solo ente “privato”, ovvero Demeter che, a quanto pare, rivendica addirittura la proprietà ad uso esclusivo del termine “biodynamic” e di tutte le sue traduzioni. Per quanto lacunosa, quindi, la certificazione biologica sembra un primo step opportuno e (al netto dei controlli) riconoscibile in termini nazionali e internazionali. Nelle prossime settimane approfondirò anche il tema delle certificazioni comprendendo la sempre più utilizzata (specie in zone poco avvezze al bio) SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata) per la “lotta integrata”.
La speranza, quindi, è quella che si arrivi a stilare, presto, uno statuto comune, capace di definire quei vini che, vanno “oltre” le certificazioni già esistenti, fatti da quei vignaioli che in esse non si riconoscono a pieno e vorrebbero poter comunicare in maniera comprensibile, concreta e non fuorviante i propri principi enoici. Sì, perché se c’è chi “gode” di questa confusione e “gioca” con la semantica ci sono anche molti piccoli produttori che credono nell’artigianalità e nella sostenibilità portando avanti questi principi di rispetto dalla vigna al bicchiere, puntando alla qualità rispettando territorio e varietali. Il tutto senza scambiare la negligenza per una virtù e sottraendo chimica e tecnologia grazie a conoscenza e consapevolezza tecnica. Perché, come sostengo da anni, per fare vino in sottrazione è necessario sapere cosa fare ma ancor più cosa non fare, ergo lavorare con cognizione di causa tanto in campo quanto in cantina.
La cosa che mi sorprende è che in nessuno statuto si parli concretamente della possibilità di inserire in retro-etichetta alcuni parametri analitici di riferimento per molti produttori che ricadono all’interno di queste associazioni, ma di questo ne ho già parlato in passato e credo ne parleremo ancora per molto.
F.S.R.
#WineIsSharing
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