Viandante del Cielo – George Lucas sceglie l’Umbria e il Lago Trasimeno per i suoi vini italiani

A distanza di tempo, dietro cortese richiesta di alcuni lettori che (a causa dell’hackeraggio di due anni fa) non ritrovavano l’articolo che segue, ho ritenuto opportuno riportare un pezzo dedicato a una realtà molto particolare per geolocalizzazione, obiettivi e proprietà. Una realtà che ho avuto la fortuna di conoscere quando era ancora agli albori, grazie alla dritta di Gabriele Gorelli.

Incastonata in un contesto incantevole, in cui la preservata biodiversità naturale e quella indotta e curata dall’uomo abbracciano uno dei laghi più belli del nostro paese, ovvero il Lago Trasimeno, ecco nascere l’azienda Viandante del Cielo, progetto italiano della Skywalker Vineyards di George Lucas. Il celebre regista e produttore di Star Wars (e non solo) ama l’Italia e in particolare l’Umbria, nella quale è giunto dopo circa 10 anni di attente ricerche orientate ad aggiungere un’azienda vitivinicola italiana alle sue altre due cantine in California e in Provenza. 

Ad accompagnarmi alla scoperta di questa realtà di poco meno di 4ha di vigneto (ad alta densità d’impianto) sono l’estate manager João Almeida (che coordina il team di maestranze locali), il tecnico del progetto Maurizio Castelli, Gabriele Gorelli (fresco del riconoscimento come primo Master of Wine italiano). Sono loro i professionisti che la proprietà ha voluto fortemente nella gestione di un lungimirante e virtuoso progetto vitivinicolo. Scelta apprezzabile, che dimostra contezza e sensibilità nei confronti delle dinamiche del vino italiano.

Durante il consueto sopralluogo nei vigneti ho potuto appurare il pedoclima locale che vede i vigneti piantati lungo strette terrazze affacciate sul lago, con un’altitudine che va dai 330 ai 370m slm, godere dei benefici del microclima lacustre (tendenzialmente continentale con l’azione mitigatrice del lago) e della vocazione dei terreni formati da depositi argillosi lacustri del Pleistocene e di arenarie e marne dell’Oligocene-Miocene.

Se la scelta è ricaduta su questa particolare area umbra è anche per la “libertà” di scelta in termini di soluzioni ampelografiche, tanto che la base prescelta al momento dell’impianto dei vigneti è caratterizzata da un mix di uve autoctone e di internazionali che ben si esprimono in queste condizioni (manca il Gamay del Trasimeno, ovvero la Grenache tipica del territorio, ma magari un giorno si aggiungerà ai vitigni a disposizione dell’azienda…)  Il tutto allevato in regime bio, sin dal principio. 

La cantina è completa e funzionale, dotata di acciai e cementi non vetrificati di “nuova” concezione, nonché di legni accuratamente selezionati per rendere al meglio l’idea di vino che il team del Viandante del Cielo vuole esprimere.

Ecco quindi l’incontro nel calice con le tre referenze prodotte in tutte le annate prodotte sino ad ora (2018-2019-2020):

LUNGOLAGO Umbria Igt: da uve Chardonnay e Grechetto, rappresenta un connubio armonico e esaustivo di quella che è la concezione enoica del progetto, ovvero produrre vini capaci di attingere al territorio con un’apertura internazionale mai invadente, ben ponderata e tendenzialmente elegante. La 2018 è molto equilibrata, con una presa di legno ben dosata e grande integrità di frutto corredate di folate balsamiche e accenni speziati. Un sorso in cui struttura e acidità sono ben bilanciate, ampio il centro bocca e salino l’allungo finale. La 2019 è freschissima nel frutto e nel fiore. Il sorso è teso, vibrante, con un rapporto fra materia e slancio appannaggio della agilità. Salino il finale. La 2020 è generosa, importante nell’esposizione del frutto, con la miglior integrazione del legno (sia per materia che per età dei legni stessi). Il sorso è pieno, di giusta grassezza, con il comun denominatore salino a conferire dinamica di beva.

PRISTINVM Umbria IGT: da varietali a bacca rossa tipici del Centro Itaila Ciliegiolo, Pugnitello, Sanforte e Foglia Tonda è il vino che esprime in maniera nitida quanto poco sia scontata la scelta ampeolografica, anche tra gli autoctoni, in una zona come questa. L’esclusione del Sangiovese, in favore di vitigni che meglio si adattano a questo particolare pedoclima la dice lunga sull’acume e l’esperienza di chi ha opportunamente scelto di impostare questo vino, assieme agli altri, a partire dalla vigna. Un uvaggio in cui aromi fruttati, floreali e speziati (naturali) si fondono al meglio e struttura, nerbo, tonicità e fittezza tannica si completano vicendevolmente in ogni annata. La 2018 è quella più “pronta” attualmente, ma anche in questo caso è la 2019 a stupire per freschezza e dinamica di beva, con una 2020 più materica e profonda. In tutte le annate la texture tannica è fine e il sorso non è mai sgarbato.

Viandante del Cielo Umbria IGT: un taglio bordolese con prevalenza di Cabernet Sauvignon, Merlot e un saldo di Carmenere. C’è chi vede i vitigni internazionali come varietà alloctone, ergo distanti dai nostri territori, ma a me è sempre piaciuto vedere i vitigni – nella stragrande maggioranza apolidi – come meri traduttori di territori e, in quanto tali, strumenti per esprimere in maniera completa e trasversale i singoli terroir. Ciò che rende interessanti i distintivi vini come questo è l’ampiezza del range di comparazione che vede termini di paragone nazionali e internazionali grazie ai quali è ancor più evidente l’incidenza del territorio e delle scelte dell’uomo. Ecco perché un vino come questo, nonostante il suo “Bordeaux style” parla del Trasimeno e del contesto in cui nasce, senza scimmiottare niente e nessuno. Un vino che nella 2018 trova, ora, un vino che coniuga maturità di frutto ottimale, spezia intrigante e accenni vegetali in maniera impeccabile. Ottima l’integrazione del legno, nonostante fosse la prima annata. Il sorso è fiero nell’approccio e sicuro nell’incedere. Il tannino è fitto e saporito. La 2019 è la più balsamica, fresca, longilinea e saporita. La 2020 sta evolvendo molto bene, con una grande integrità di frutto, una spezia fine e note terrose pronte a raffinarsi nei classici aromi di goudron. Il vino mostra notevole equilibrio fra materia e percezione di freschezza, con un piglio importante ma non imponente e una buona agilità di beva. Il tannino è già fine e il finale ematico.

Seguirò con interesse le evoluzioni, dalla vigna al bicchiere, di questa realtà ancora agli albori, ma di sicura prospettiva.

Nel complesso non posso che essere lieto di aver accettato l’invito a visitare, per primo, una realtà che, seppur potesse sembrare fuori dal mio radar enoico, conferma quanto i preconcetti nel vino, così come nella vita, rischino sempre di precluderci nuove e interessanti esperienze. Conoscere i vigneti e il team di lavoro del Viandante del Cielo mi spinge a credere in un progetto in cui l’attenzione e la dedizione alla qualità in ogni fase dei lavori, in campo e in cantina, è maniacale.

F.S.R.

#WineIsSharing

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