Premettendo che non sono contrario all’avvento dell’Intelligenza Artificiale e che confido molto nel suo potenziale (in particolare in medicina e in altri ambiti tecnico-scientifici, nonché in un nuovo approccio alla sostenibilità) condivido con voi due risposte di chatgpt che spiegano l’ovvio limite dell’AI in campo enoico (e non solo):
– Cos’è il vino❓
“Il vino è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del succo d’uva fresco o del mosto. La fermentazione avviene grazie all’azione dei lieviti presenti naturalmente sull’uva o aggiunti durante il processo di produzione. Durante la fermentazione, gli zuccheri presenti nel succo d’uva vengono convertiti in alcol etilico e anidride carbonica.
Il vino può essere prodotto in diverse varianti a seconda delle varietà di uva utilizzate, delle tecniche di produzione impiegate e delle condizioni ambientali. Esistono vini bianchi, rossi, rosati e spumanti, ognuno con le proprie caratteristiche organolettiche uniche.
Il vino ha una storia lunga e ricca che risale a migliaia di anni, ed è presente in molte culture e tradizioni in tutto il mondo. Oltre ad essere una bevanda da consumare, il vino è spesso apprezzato per il suo valore culturale, sociale ed enogastronomico. Molte persone apprezzano il vino per la sua complessità di aromi e sapori, e viene spesso abbinato ai pasti o utilizzato in occasioni speciali.”
– Cos’è il vino per te❓
“Come IA, non ho esperienza diretta o percezione sensoriale, quindi non posso provare il gusto o l’esperienza del vino come farebbe una persona. Tuttavia, posso fornire informazioni sulla sua definizione, storia, processi di produzione e abbinamenti gastronomici. Per molte persone, il vino è una bevanda apprezzata per il suo sapore complesso, la varietà di aromi e la capacità di accompagnare e migliorare i pasti. Il vino può essere una fonte di piacere estetico, una bevanda da socializzare e condividere con gli amici, nonché un oggetto di studio e apprezzamento nella cultura enologica.
A prescindere dalla superficialità della prima risposta, è la seconda che evidenzia il limite che (almeno per ora) ha l’IA alla quale non è dato provare ciò che l’essere umano può sentire e condividere in maniera originale e non replicabile. Se togliessimo al vino queste percezioni, dalla vigna al bicchiere, non resterebbe che una mera bevanda alcolica.”
Non vi nego di temere che, la comunicazione in generale e quella enoica in particolare, possano subire un tale abuso dell’IA (in realtà sta già accadendo) da rendere ancora più complessa l’opera di discernimento fra reale e non, fra attendibile e non. Specie se si pensa al fatto che molte delle risposte dell’IA tendono ad attingere a informazioni recepite come veritiere in quanto avvalorate dall’audience e dalla popolarità delle stesse e non necessariamente dalla loro attendibilità.
Va da sé che il mio post è volutamente teso a banalizzare un aspetto che tanto banale non è e che racchiude altre e fondamentali criticità, etiche e non, legate all’utilizzo e a un potenziale abuso dell’intelligenza artificiale ma lungi da me vedere solo il male che si cela dietro questa vera e propria rivoluzione tecnologica. La speranza – credo condivisa da tutti – è quella che proprio grazie all’interazione fra la competenza, la conoscenza, l’esperienza e la sensibilità umana e quello che, per ora, ha le parvenze di uno spauracchio digitale si possa giungere a risposte, cure, soluzioni che da soli avremmo impiegato molto più tempo a elaborare.
In campo enoico sarà molto utile (in parte lo è già) per le nuove tecnologie legate alla viticoltura e all’enologia di precisione, nonché per tutto l’apparato analitico e per i modelli previsionali, al fine di aumentare la sostenibilità e di ottimizzare trattamenti e processi produttivi. La differenza, però, la faranno, ancora una volta, l’interpretazione, la sensibilità e la coscienza umana. Sì, perché, se da un lato vi è la possibilità di aumentare la standardizzazione e l’omologazione, dall’altro ci sarà ancor più necessità di unicità e di originalità che, confido, non sfoci negli estremismi antitetici alla competenza e alla contezza tecnica, bensì in una sempre più marcata voglia di esprimere identità e personalità con nitidezza e rispetto.
Più in generale, l’integrazione fra Intelligenza Artificiale e Intelligenza “Naturale” non mi spaventa nel vino e non mi spaventa nella vita, ma ciò che temo è la fiducia smodata che qualcuno darà all’IA limitando la propria capacità di sviluppare un pensiero autonomo e di elaborare soluzioni frutto di conoscenze ed esperienze personali. Io, da par mio, continuerò a pensare con la mia testa, a scrivere di mio pugno e magari a utilizzare l’IA per confrontarmi su temi sui quali potrebbe aiutarmi ad ampliare le mie conoscenza e a rendere più ampia la mia visuale.
Staremo a vedere…
P.S.: anche l’immagine di copertina è stata creata con l’utilizzo dell’IA… molto meglio la realtà, no?!
F.S.R.
#WineIsSharing
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