Ribona: la storia, le peculiarità e il territorio di un vino dai caratteri contemporanei che può dire la sua nel panorama dei grandi bianchi delle Marche e d’Italia
Che le Marche si siano ritagliate un ruolo da protagoniste nel panorama bianchista nazionale (e non solo) è sotto gli occhi di tutti da qualche lustro, ma se il Verdicchio non ha più bisogno di presentazioni, il Pecorino ha potuto e saputo raccontarsi in tempi non sospetti, il Bianchello del Metauro sta dimostrando nuova linfa vitale, c’è una piccola grande eccellenza della mia terra natìa che non molti hanno avuto modo di conoscere. Sto parlando di Ribona, vino prodotto da uve Maceratino (che, per evitare confusione tra varietà e vino, definirò Ribona nel corso dell’articolo), rilanciato con grande orgoglio e fiducia da una sempre più nutrita schiera di produttori dell’areale maceratese. Varietà e vino che, a mio parere (ho avuto modo di assaggiarne varie e variegate interpretazioni e di condurre interessanti degustazioni votate al discernimento di quelle che sono le principali caratteristiche di questo tanto storico quanto contemporaneo vino delle mie terre), può rappresentare ben più di una “chicca enologica” per nerd delle varietà meno conosciute e per i cultori delle “piccole produzioni”, in quanto ha tutte le carte in regola per affermarsi sia in termini di futuribilità agronomica che in termini di gusto.
Partiamo, però, dal principio, ovvero il nome: il termine “Ribona“, secondo tradizione, era utilizzato per indicare un vino di alta qualità in quanto “due volte buono” (Ri-Bona). Durante l’era della mezzadria nelle campagne marchigiane, i contadini utilizzavano una tecnica per far durare il vino più a lungo. Prendevano i migliori grappoli d’uva, li facevano appassire brevemente in cantina e aggiungevano i chicchi sgranati ai mosti. Questo processo permetteva al vino di fermentare nuovamente grazie agli zuccheri presenti nei chicchi, conferendo al vino una maggiore longevità. Questa pratica era chiamata “fare le grane”. Grazie al professor Bruno Bruni (noto ampelografo marchigiano, creatore di vari incroci tra i quali l’Incrocio Bruni 54), il vitigno venne identificato come Maceratese e furono registrati diversi sinonimi come “Greco”, “Maceratino”, “Montecchiese”, “Ribona”, “Matelicano” o “Greco-Maceratese”. Nel 1970, il nome ufficiale Ribona DOC fu incluso nel registro nazionale delle varietà d’uva.
Uva che viene utilizzata, da disciplinare, nella produzione del Colli Maceratesi DOC Bianco e del Colli Maceratesi Doc Ribona.
Un vitigno dal germogliamento tardivo (fattore determinante per tenerlo alla larga dalle sempre più frequenti gelate tardive). La vendemmia avviene, solitamente, tra la metà e la fine di settembre, in base all’andamento stagionale. A livello ampelografico è evidente che la genetica varietale presenti variabili (ecotipi differenti) indotte dalla propagazione per selezione massale da parte dei vignaioli locali.
Nello specifico, questa varietà è protagonista di due denominazioni della regione: Colli Maceratesi Bianco e nel Colli Maceratesi Ribona DOC:
Colli Maceratesi bianco Doc (anche nella tipologia spumante e passito):
Maceratino (Ribona) minimo 70%; Incrocio Bruni 54, Pecorino, Trebbiano toscano, Verdicchio, Chardonnay, Sauvignon, Malvasia bianca lunga, Grechetto per la sola provincia di Macerata, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 30%; possono concorrere altri vitigni, non aromatici, a bacca bianca idonei alla coltivazione nella Regione Marche fino ad un massimo del 15%.
Colli Maceratesi Ribona Doc (anche nelle tipologie spumante e passito): Maceratino (Ribona) minimo 85%; possono concorrere per il restante 15% altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella Regione Marche.
Le indicazioni “Passito” e “Spumante” indicano: “Passito“: ottenuto da uve che sono state lasciate appassire in modo naturale, con una resa uva/vino pari al 40%. “Spumante“: ottenuto mediante rifermentazione naturale, con un periodo di permanenza sui lieviti di almeno tre mesi; l’intero ciclo di produzione del vino spumante deve durare almeno sei mesi.
La coltivazione del Maceratino/Ribona insiste in un areale di ca 244ha che si estende per gran parte della provincia di Macerata e del Comune di Loreto, in un contesto di grande bellezza, integrità e biodiversità .
Il clima della zona è temperato ma variegato, quanto la pedologia, in quanto cangianti sono esposizioni e altitudine (i picchi più alti giungono attorno ai 450m slm). La vicinanza al mare incide anch’essa sui mesoclimi locali. Il Ribona rappresenta una vera e propria unicità in una terra, quella marchigiana, ormai riconosciuta per l’eccellenza dei suoi bianchi. Un vino fine, in cui il frutto è sempre abbracciato e reso più elegante da percezioni floreali, agrumate e, talvolta, iodate. Il sorso sa mostrarsi ampio in ingresso (fondamentale il lavoro sulle fecce fini) ma sempre slanciato e vibrante nell’incedere, con la proverbiale sapidità a dare abbrivio all’inerzia di beva. Un vino bianco che non necessita di sovrastrutture di sorta, capace di inserirsi nel novero delle eccellenza regionali e nazionali con rinnovata personalità e sottesa eleganza. Buono anche il potenziale evolutivo che vira, spesso, verso una notevole complessità minerale, idrocarburica. Da pochi giorni è online il sito ribona.it, voluto da un virtuoso manipolo di produttori che in questo vino credono e investono di annata in annata, da anni ma che, ora più che mai, hanno sentito la necessità di comunicarne le peculiarità e il potenziale prospettico.
Le realtà coinvolte nella valorizzazione attiva del Ribona e anche quelle che vi consiglio di approfondire andandole a trovare e assaggiandone le varie interpretazioni del vitigno sono: Azienda Agricola Boccadigabbia; Conti Degli Azzoni; Fattoria Forano; Fontezoppa; Andrea Giorgetti; Il Pollenza; San Michele Arcangelo; Saputi; Sant’Isidoro.
Ciò che mi aspetto, nel prossimo futuro, è una progressione che vada a elevare la percezione di questo vino grazie alla nascita di selezioni capaci di mostrare l’attitudine all’equilibrio aromatico e alla completezza di sorso, con freschezza ed eleganza olfattiva e agilità, profondità e persistenza di sorso. L’acume tecnico e la rinnovata fiducia nei confronti di questa varietà da parte dei produttori fa ben sperare. Manca solo un ulteriore passo avanti in termini di consapevolezza che, sono certo, non tarderà ad arrivare, grazie anche alla volontà di confronto e alla coesione che i produttori di Ribona stanno dimostrando.
F.S.R.
#WineIsSharing
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