Da San Quirico a Campiglia d’Orcia Wine Bloggeggiando – Parte Terza: Campotondo e non solo

Non pensavate mica che il mio tour Montalcino-Val d’Orcia fosse già terminato?! Il mio girovagar enoico continua in quel di San Quirico d’Orcia, cittadina che avevo già avuto modo di apprezzare in occasione del Orcia Wine Festival di aprile durante il quale ho conosciuto realtà molto interessanti, fra le quali quella di cui vi parlerò in questo articolo, ma prima vorrei fare una piccola digressione, accennandovi di un posto due volte su due mi sono davvero trovato benissimo.
Parlo dell’Antica Trattoria toscana al Vecchio Forno, ristorante tipico, ma al contempo unico, nell’accoglienza e nell’attenzione verso gli amici ed i clienti, che spesso sono o diventano (come spero nel mio caso) la stessa cosa. Grazie al caro Fausto, compagno di questo e del mio ultimo viaggio in terra d’Orcia, ho potuto conoscere gli intraprendenti e simpaticissimi Roberto e Cosetta, titolari del ristorante e di altre attività ricettive in quel si San Quirico e dato che è già da troppe righe che non vi parlo di Vino, ovviamente non ci siamo fatti mancare una bella bottiglia, nello specifico un Montevertine 2008 che ti cattura al naso, con profumi ancora intensi, inebrianti di grande dolcezza e spezia, per poi stenderti con un fendente di dritta freschezza ed armonica finezza, con quel pizzico di originalità che rende questo Vino davvero un piccolo capolavoro, nella sua complessa semplicità.

Fatta questa digressione, doverosa, si sale in macchina, in tutti i sensi, dato che arriveremo ben oltre gli 800mslm, e dopo aver guidato fra meravigliose dune dorate, che fan sembrar i campi di grano appena trebbiato un Sahara nostrano (non per nulla siamo in pieno patrimonio dell’Unesco), ci imbattiamo piacevolmente in quelle che credo siano le uniche vigne ad alberello di tutta la Val d’Orcia, ovvero le viti della Cantina Campotondo di Campiglia d’Orcia.



Una realtà, quella di Campotondo, che avevo già avuto modo di conoscere all’Orcia Wine Festival, ma che di certo meritava un maggior approfondimento.
Una piccola produzione, composta di 4 Rossi (più Riserve) ed un Bianco, da uve Sangiovese (a volte tagliato con un pochino di Merlot, che male non fa) i primi e da uve Chardonnay (nelle prime annate anche da trebbiano) il bianco.



Ciò che stupisce di questa Cantina è l’unicità di Vini che solo lì potrebbero nascere e solo da quelle piante potrebbero acquisire le loro peculiarità… per intenderci, parliamo di vigneti coltivati in alta collina ben oltre la maggior parte degli altri vigneti valdorciani e questo comporta una maggior escursione termica fra giorno e notte, se pur un vento tiepido accarezza gli alberelli in annate come questa, anche di notte. Ok… avremo Vini di gradazione equa più protesi verso una marcata acidità, no? No! L’allevamento ad alberello in queste condizioni crea equilibri completamente nuovi, fuori dal comune, che vanno a bilanciare la freschezza con una maggior concentrazione, che viene poi educata in affinamento, con un buon utilizzo del legno.
E’ giunto il momento che vi parli dei Vini che ho avuto modo di degustare, confermando ciò che avevo scritto in tempi non sospetti del Tavoleto, ovvero che si tratti di uno Chardonnay in prezza tutto giocato su freschezza e mineralità.

Il naso è definito, fresco, tropicale,
davvero molto invitante! L’equilibrio degli aromi si ritrova in un
sorso stuzzicante, polposo, ma mai fuori tema, con questa struttura
di freschezza e sapidità atta a rendere il Tavoleto un Vino
“easy-chic”, ovvero facile da apprezzare, nonostante la sua
inopinabile finezza ed eleganza.
Passando ai rossi, ho trovato davvero tutti i Vini dell’azienda molto molto interessanti e da valutare nel tempo, in quanto di palese longevità, ma se il Mezzodì 2013 (solo acciaio) nonostante la sua giovinezza, vanta già un buon equilibrio fra freschezza ed estratto, il suo fratello maggiore, il Banditone 2011, chiede ancora un po’ di tempo per essere apprezzato al meglio, ma ciò non toglie che il suo approccio è tutt’altro che negativo… anzi! Parliamo di un Vino dal naso complesso, che fa sentire ancora forte il frutto maturo e che intriga con una speziatura che va da quella naturale del sangiovese e a quella conferitagli dall’affinamento in botti di rovere di Slavonia per 12 mesi ed oltre.
In bocca ritroviamo ancora una buona vena acida ed un tannino che tende ad ammorbidirsi ed ingentilirsi, consapevole di poter armonizzare un Vino impetuoso, ma mai impulsivo. Un Vino da bere ora e valutare negli anni a venire.
L’assaggio del giorno, però, è stato senza ombra di dubbio il Tocco 2010 Riserva, sempre Orcia Rosso (90% Sangiovese e 10% Colorino), che grazie ad un più paziente affinamento in botte (18 mesi almeno) e ad una selezione delle uve ancora più attenta, mi ha permesso di ritrovare nel calice un Vino di grande imponenza e levatura, che gode ancora di notevole vitalità, ma che al contempo sfoggia una classe degna di nota.
Aromi ben amalgamati di viola, piccoli frutti rossi e neri, speziatura dolce di bacca di vaniglia e cannella, fino ad un finale di tabacco toscano ed una nota balsamica di legno di cedro.
In bocca la trama tannica è una tela tessuta a mano con quel meraviglioso connubio fra artigianalità e precisione, finale minerale e grande persistenza.
Davvero un Vino con il cuore, che merita almeno 6 cuori.
Una Cantina davvero da tenere in grande considerazione quella di Campotondo, sia per la grande attenzione nella produzione dei propri Vini che per le continue sorprese che potranno darvi queste splendide vigne ad alberello in una terra così speciale.

F.S.R.
#WineIsSharing

P.S.: Entro un paio di giorni condividerò con Voi l’ultima tappa del mio viaggio in queste meravigliose terre e sono certo che non ne resterete delusi! Sarà qualcosa di mistico, di… va bé… lo scoprirete solo leggendo! 😉

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