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  • Ieri, oggi e domani del Lugana – Dal successo internazionale alle prospettive nazionali. Ne parlo con Edoardo Peduto direttore del Consorzio di Tutela del vino Lugana Doc

    Numeri da capogiro per quanto concerne export ed enoturismo, ma cresce anche il mercato nazionale e proprio per questo il Consorzio di Tutela del Lugana Doc ha organizzato, anche quest’anno, un’interessante evento in occasione delle Milano Wine Week 2023

    E’ una delle denominazioni italiane commercialmente più di successo ma anche quella, spesso, percepita con sin troppa superficialità. Parlo del Lugana, areale che ha come riferimento il Lago di Garda, e si divide fra le province di Brescia e Verona, ergo fra le regioni di Lombardia e Veneto. Una denominazione interregionale capace, però, di mostrare un’identità univoca e di raccontare una storia che parte da lontano e arriva ai giorni nostri con fierezza e prospettive ancora solo parzialmente esplorate.
    Un territorio già noto ai Romani per la sua capacità di accogliere la vite e di farla sentire a casa ma che è solo grazie alla bonifica della Serenissima che è, questa piana di origine morenica a sud del Lago di Garda, è potuta letteralmente emergere dalla palude. Una bonifica, quella partita nel 1400, che ridefinì i connotati e i profili di un paesaggio oggi noto nel mondo per la sua bellezza disegnata dalle linee dei filari, dalle rilucenti foglie degli ulivi e dalla suggestione architettonica di ville e dimore storiche dal fascino senza tempo.

    lago di garda vino enoturismo lugana

    Per quanto concerne il pedoclima l’areale può essere diviso in due unità macrozonali:

    – la prima (la più ampia) vanta terreni argillosi, più coriacei, principalmente pianeggianti, con estensione orizzontale lungo l’entroterra compreso tra Desenzano, Sirmione, una parte del comune di Pozzolengo e Peschiera. Questa zona può essere definita la zona storica e il fulcro della denominazione, in cui il Turbiana può esprimere la sua matrice “lacustre” e salina affondando le proprie radici in argille stratificate di origine sedimentaria, ricche di calcare e sali minerali. Spostandoci in Veneto, nel comune di Peschiera del Garda, abbiamo San Benedetto di Lugana, considerato da molti il “grand cru” dell’areale.

    mappa lugana doc

    – La seconda, più collinare, si biforca dalla celebre Torre Monumentale di San Martino della Battaglia da un lato verso Pozzolengo e dall’altro verso Lonato. La pedologia locale vanta argille più sabbiose. I rilievi sono dolci (max alt. 130 metri slm), con terreni più morenici (specie verso Lonato), con buona presenza di ghiaia. Ne risultano vini con maggior acidità e più volume, ma minor sapidità.

    Una terra che può contare su una trazione enoturistica e su un export dai numeri entusiasmanti ma che vuole ribadire la sua identità anche a livello nazionale, grazie alla rinnovata consapevolezza nell’interpretazione di un vino che può e sa essere al passo coi tempi sia in termini di stile che di sostenibilità. Che sia Spumante, Superiore, Riserva o vendemmia tardiva è palese che il Lugana voglia scrollarsi di dosso l’immagine e il “sapore” del vino esterofilo, pur apprezzando con orgoglio e fierezza il proprio successo.

    Per questo ho voluto coinvolgere chi rappresenta e dirige il consorzio di tutela del Lugana Doc, ovvero il direttore Edoardo Peduto. Di seguito il nostro scambio di battute riguardo il presente e il futuro della denominazione.

    edoardo peduto consorzio lugana direttore

    – Partiamo dalla vendemmia 2023. In tutta Italia è stata un’annata di complessa gestione a causa della pressione delle crittogamiche all’inizio dell’estate e della siccità nel proseguo della stagione. Quali sono gli esiti percepiti sul vostro territorio?
    Sicuramente è stato un anno complesso che ci ha messo a dura prova sia per le avversità atmosferiche che fitosanitarie (ad es. Peronospora), ma dai primi dati analitici vediamo un interessante potenziale, sia in termini di freschezza e acidità, sia in un grado alcolico leggermente inferiore rispetto al 2022.
    Ciò è stato possibile grazie alle piogge di fine agosto ed inizio settembre, dopo un periodo estivo molto caldo, che hanno garantito una buona escursione termica tra il giorno e la notte, permettendo una maturazione delle uve, migliorandone l’aspetto qualitativo.

    – Il Lugana è uno dei vini con più appeal in Italia. Quali sono le peculiarità che rendono vino e territorio così simbioticamente apprezzabili da una vasta platea di consumatori?
    Ha una lunga storia di vinificazione che risale all’Impero Romano, è un vino con struttura e longevità, ma allo stesso tempo può essere di facile beva, elegante e fragrante. Inoltre, questo vino proviene da un vitigno indigeno la Turbiana, che lo rende unico.
    Il Lugana è un vino bianco di forte personalità, di alto livello qualitativo e di grande versatilità. I produttori hanno lavorato molto a livello qualitativo, puntando sulle caratteristiche identificative del vino: la sua freschezza e la sapidità che si traducono in ottima struttura, che dipende fortemente dal terroir. Le origini glaciali del nostro territorio, caratterizzato dalla presenza di argille e calcare, consentono una ricchezza minerale e strutturale del vino, esaltando le peculiarità dell’uva Turbiana.
    Un altro aspetto fondamentale di questo incredibile vitigno è la sua versatilità: con una sola uva Lugana si possono produrre diverse tipologie, ognuna unica e diversa.

    vitigno turbiana lugana

    – Una denominazione che è sempre stata votata all’export, ma che negli ultimi anni (specie in periodo pandemico) ha saputo riaffermarsi in maniera importante sul mercato interno. Quali sono i numeri attuali del Lugana Doc in Italia e quali le prospettive di crescita nel nostro paese?
    Il periodo pandemico ci ha permesso di rivalutare le nostre strategie e virare verso una spinta nazionalistica, uscendo dalle Regioni Lombardia e Veneto dove il Lugana ha già un’ottima reputazione. Per questo motivo nel 2023 abbiamo realizzato un vero e proprio tour enogastronomico in alcuni dei luoghi più belli dello Stivale (Venezia – Roma- Milano e Firenze). Gli eventi, rivolti ai giornalisti e winelover, ci hanno permesso di esaltare le caratteristiche e le peculiarità della Doc del Lago di Garda ed i suoi cinque stili abbinati anche a piatti di Chef Stellati. Ad oggi il mercato Italia conta circa il 30% ma prospettiamo una crescita di circa 2% nel prossimo triennio.

    – Il vostro è uno dei consorzi, da sempre, più attenti alla comunicazione. Quali sono le prospettive e le novità che dobbiamo aspettarci per questa fine 2023 e, soprattutto, per il 2024?
    Lo sviluppo dell’internazionalizzazione è per noi un argomento fondante che seguirà sia il consolidamento dei mercati di lingua tedesca, sia la penetrazione di alcuni mercati in cui stiamo credendo moltissimo negli ultimi anni – USA e UK. Nondimeno lavoreremo anche sulla promozione a livello domestico per perpetrare la strategia intrapresa nel 2023 ed uscire sempre di più dalla zona di produzione, valorizzando la denominazione nelle più importanti città italiane.
    A livello comunicativo lo scopo principale è rivolto all’ aumentare il valore della denominazione puntando sulla versatilità, l’eleganza, la qualità e il carattere identitario dato dal territorio e il Lago di Garda, con un linguaggio anche in linea con le nuove generazioni; il tutto in ottica di mantenimento del prezzo, del percepito e del posizionamento che oggi ha il Lugana.

    – Parteciperete alla Milano Wine Week con un focus molto interessante. Può dirmi di più riguardo questa degustazione?
    Il 13 ottobre, nel prestigioso contesto di Palazzo Bovara, all’interno della Milano Wine Week, si terrà l’evento “Lugana Armonie Senza Tempo“, un appuntamento imperdibile per tutti gli enoappassionati. In questa edizione saranno protagoniste ben 56 cantine del territorio per presentare e far degustare le loro etichette più rappresentative.
    Il programma prevede, dalle 16 alle 16.45, un momento dedicato a giornalisti e professionisti con una Masterclass di approfondimento condotta dal Direttore del Consorzio Edoardo Peduto. Si proseguirà poi al primo piano di Palazzo Bovara dove verrà allestito un importante banco di assaggio con 56 produttori e sino alle 18 riservato a operatori del settore, stampa e blogger.
    A partire dalle 18.30, anche gli appassionati potranno accedere al wine tasting (con ingresso a pagamento) in due turni (18.30-21 e 21-23). Una novità introdotta per questa edizione sarà la possibilità, per i primi 35 di ogni turno che acquisteranno il biglietto, di trascorrere un momento speciale di immersione nel mondo Lugana, “1/2 con Lugana”, che precederà la degustazione stessa.
    Inoltre, l’11 ottobre organizzeremo una Masterclass Internazionale rivolta al mercato USA:
    In presenza a Milano e in collegamento da Dallas, verrà creata una degustazione per il Trade e la Somellerie, focalizzandoci sulle tre tipologie del Lugana: Lugana – Spumante e Riserva.

    I biglietti sono disponibili al seguente link: https://feverup.com/lugana/

    Ringrazio il Direttore Edoardo Peduto per la disponibilità e le esaustive risposte.

    Ci vediamo a Milano!

    F.S.R.

    #WineIsSharing


  • Hereditarium – Le Cantine Sant’Agata di Franco Cavallero fanno del Ruchè un vino da investimento, con un occhio ai “fine wines” e l’altro alla solidarietà

    Di recente si è tenuta l’inaugurazione della nuova sala degustazione di Cantine Sant’Agata e del caveau che ospiterà un progetto che ho visto nascere e crescere e che ho sostenuto fortemente sin dal principio: Hereditarium.
    Dopo anni difficili, segnati da situazione ed episodi che avrebbero messo al tappeto chiunque (un incendio che ha distrutto la cantina e parte della produzione, la scomparsa del fratello coinvolto attivamente nelle operazioni di vigna e di cantina), Franco Cavallero e la sua famiglia hanno voluto dare un messaggio intriso di forza, tenacia, caparbietà e coraggio lanciando un progetto orientato ad alzare l’asticella del Ruchè in termini di percezione e posizionamento, con un occhio anche alla solidarietà e al sostegno dei giovani artisti che grazie a Hereditarium potranno essere gratificati direttamente sul territorio.
    Un vino carico di valori, che simboleggia il rispetto per ciò che è stato e la volontà di guardare avanti, nonostante le difficoltà. Eppure, parliamo pur sempre di vino e, come tale, non può limitarsi alla suggestione di una storia e a i buoni propositi del proprio autore, bensì deve esprimere qualità il meno opinabili possibile in termini di qualità, identità e personalità. Questo vino lo fa e lo farà grazie all’acume con il quale è stato concepito e alla sua conservazione (valore fondamentale per un progetto di questo calibro), in un nuovo caveau, che permetterà un’evoluzione in bottiglia ottimale e darà la possibilità ai clienti di acquistare le bottiglie lasciandole in loco, per poi ritirarle in un secondo momento. Un Ruchè che verrà prodotto ogni anno (solo se la qualità delle uve lo permetterà) dal migliore dei 7 “Cru” aziendali vinficato separatamente. Anche per questo, l’Hereditarium non avrà un protocollo enologico standard, bensì sarà frutto dell’interpretazione sensibile del singolo vigneto, in quella determinata annata, con macerazioni e affinamenti che rispecchieranno e rispetteranno le esigenze delle uve della singola vendemmia, nella singola parcella. Una risposta colta ai cambiamenti climatici e un modo pragmatico per dare l’opportuna continuità al progetto.

    “L’eredità di un passato che mai passerà! Materia intrisa di saggezza e di ricordi, di passione e dedizione che si fa ponte e trait d’union fra ciò che è stato e ciò che sarà. Una suggestione che diviene esperienza da vivere ora e rivivere ancora.”

    Per spiegare in maniera più approfondita l’articolato progetto vi lascio al c.s. emanato dall’azienda.


    “MEMORIA E FUTURO IN BOTTIGLIA”

    Con l’etichetta esclusiva di Ruchè e Spirits Hereditarium, Franco Cavallero dà vita a un progetto che intreccia il vino simbolo di una denominazione, il Ruchè, ai valori del territorio, dell’arte e della finanza Scurzolengo (AT), 22 settembre 2023 – Le prime 2072 bottiglie e 297 magnum annata 2020 riposano nel Caveau, il cuore delle nuove Cantine Sant’Agata, racchiuso e protetto tra la sala degustazione e la barricaia.


    Sono il principio di Hereditarium, il nuovo progetto “di memoria e futuro” nato dalla travolgente passione di Franco Cavallero per la sua terra e per i tesori che da essa nascono. “Un’iniziativa che – spiega Cavallero – associa un ‘fine wine’, il nostro Ruchè speciale, un vino di prestigio, da collezione e da investimento, al sostegno di progetti artistici, con l’obiettivo di valorizzare e contribuire alla crescita di tutto il nostro suggestivo Monferrato Astigiano”.
    Hereditarium nasce da un concetto di intelligenza agricola e di territorio, portato al suo estremo. “Ogni anno, ogni vendemmia ha dinamiche diverse con alcuni vigneti che – continua Cavallero – danno risultati decisamente superiori. Quindi, perché non esaltare le eccellenze di ognuno in una bottiglia che non sia legata ad un vigneto singolo, ma che diventi un’etichetta legata a un territorio? Inizia così un progetto destinato a evolversi nel tempo”– conclude.
    Cavallero, animo visionario e generoso, non limita il suo sguardo al vino ma il suo desiderio è anche “lasciare un’eredità tangibile per tutta la denominazione, finanziando opere d’arte permanenti che rimangano sul territorio a memoria di quell’annata e di tutta la storicità racchiusa nella bottiglia”. Il mio sogno di lungo, lunghissimo respiro – conclude – è che si arrivi a parlare di Ruchè non solo come vino, ma anche dei tributi che il vino ha dato al Monferrato”.
    Hereditarium è memoria. Ogni bottiglia rappresenta la massima espressione di quell’annata particolare, caratterizzata da suoli, viti e botaniche, condizioni meteorologiche e dalla lavorazione ad hoc che Cavallero fa, affinché ogni bottiglia Hereditarium possa esaltare al massimo le caratteristiche del territorio. Hereditarium è futuro. Queste bottiglie sono destinate ad acquisire valore sia sensoriale che finanziario: il Ruchè Hereditarium è un vino di struttura e di longevità, in grado di evolversi nel tempo fino a divenire un investimento.
    Hereditarium è un ponte tra memoria e futuro. Il 50% del ricavato della vendita di queste pregiate bottiglie va a sostenere i progetti di artisti, locali e non, che nei tondini delle botti raffigureranno immagini di storia, di tradizione, di aneddoti di questo territorio e della sua operosità, preservando così un sapere da consegnare al futuro.
    Hereditarium è una opportunità per cultori del vino, collezionisti, investitori e filantropi di partecipare a un’iniziativa che valorizza la denominazione, i suoi valori di qualità e sostenibilità, il suo territorio e lo sviluppo di espressioni artistiche che celebrano ogni vendemmia, a memoria della sua unicità. Diventa quindi un modello innovativo di valorizzazione del comparto enologico italiano che rimarca l’importanza di fare sistema come mezzo per la promozione del Monferrato Astigiano.

    HEREDITARIUM
    UN’INIZIATIVA A VALORE AGGIUNTO MULTIPLO: ENOLOGICO, ARTISTICO ED ECONOMICO

    IL VALORE ENOLOGICO
    Il vino e gli spirits Hereditarium rappresentano la massima espressione del territorio di ogni specifica annata. Il risultato è che ognuna delle bottiglie Hereditarium sarà lo specchio di una serie di situazioni ambientali e scelte agricole contingenti verificatesi solo in quella vendemmia e avranno così una personalità unica e riconoscibile.
    Il Ruchè Hereditarium
    La produzione di RUCHE’ HEREDITARIUM è basata sull’equilibrio tra i 7 vigneti di Ruchè (dei 9 vigneti di proprietà, tutti nel comune di Scurzolengo) di Cantine Sant’Agata (Vedi immagini: Vigneto il Cavaliere, Vigneto Bricco Alto, Vigneto Bricco Basso, Vigneto Ca’ du Gidio, Vigneto Mezzena, Vigneto Piatin, Vigneto Pratolongo), ognuno con un terreno diverso, caratterizzato da marne argilloso-sabbioso, calcare e gesso. Il vitigno richiede attenzione costante per maturare correttamente e il lavoro nei vigneti è eseguito a mano per adattare ogni vite alle dinamiche del terreno. La raccolta dell’uva è differenziata e la fermentazione segue ogni fase delicatamente, senza interventi invasivi.


    L’obiettivo è esaltare le caratteristiche naturali del territorio e del vitigno durante l’affinamento, che viene differenziato per ogni vigneto. Le bottiglie sono conservate nel Caveau, un ambiente controllato che garantisce longevità al prodotto.
    Gli spirits Hereditarium
    HEREDITARIUM è un progetto che nasce dalla passione e dalla curiosità di testare coltivazioni di piante, erbe e fiori unici. Questo ha portato alla creazione di prodotti ad hoc, che vengono mescolate per creare un prodotto irripetibile. Questi distillati sono destinati all’affinamento in botti speciali, con l’obiettivo di produrre spiriti con caratteristiche simili ai grandi distillati da invecchiamento come il Rum, il Whisky, il Cognac e il Brandy. Il progetto HEREDITARIUM mira a lasciare un segno nella storia degli spiriti e a creare prodotti che saranno apprezzati dagli intenditori.
    IL VALORE ARTISTICO
    Oggi sono sempre di più i casi di nomi della viticoltura che si confrontano e interfacciano con il mondo dell’arte. Ed è attorno alle cantine che – come un tempo avveniva intorno ai Palazzi – sorgono le nuove corti artistiche. Cantine Sant’Agata destina il 50% del ricavato di ogni bottiglia Hereditarium per sostenere le diverse iniziative di espressione artistica, gestite in collaborazione con fondazioni o associazioni legate al mondo dell’arte e rivolte principalmente a giovani che dimostrino di voler lasciare un segno tangibile nella storia con opere, gesti, atti di altruismo e azioni meritevoli. Il vino diventa protagonista di un percorso rivolto alle nuove generazioni, un’eredità che viene costruita nel tempo e servirà per finanziare il suo reincarnarsi perpetuo. La tela su cui esprimere e imprimere il proprio pensiero artistico sono i tondi delle botti che diventano uno spazio pittorico. E, proprio come ogni anno le vendemmie sono diverse, ogni anno cambieranno i temi che gli artisti, in piena libertà e con l’utilizzo di diverse tecniche, svilupperanno sulle botti. Potranno partecipare al concorso sia i giovani delle scuole dell’arte che professionisti, e tutti avranno le stesse condizioni da rispettare e lo stesso iter da seguire.
    IL VALORE ECONOMICO
    Le bottiglie della linea Hereditarium, che danno vita ogni anno a un “super Ruchè”, sono destinate a crescere in valore sia qualitativo che economico, rappresentando di fatto un asset che si rivaluta nel tempo grazie alla sua unicità. Il Vino e gli spiriti Hereditarium sono un asset reperibile in quantità molto limitata ed in maniera esclusiva – non esisteranno etichette secondarie o seconde release. Si tratta di bottiglie uniche ed inimitabili, uno status symbol che non risente delle meccaniche macroeconomiche del mercato globale.
    HEREDITARIUM – COME FUNZIONA
    La chiave di accesso al mondo di Hereditarium è lo Spiritual Club, il wine club dedicato al progetto: chi compra prodotti con l’etichetta Hereditarium entra in una vera e propria community con la possibilità di organizzare eventi ad hoc, ottenere sconti o privilegi e, soprattutto, priorità sull’acquisto e sulle degustazioni delle release annuali.

    • Di ogni annata del vino Ruchè Hereditarium o di release Spiriti Hereditarium viene dichiarata l’entità della produzione: numero di bottiglie, di magnum, di Jeroboam; quante bottiglie vengono destinate alla degustazione tecnica; quante in degustazione per la stampa specializzata.
    • Il taglio finale del Ruchè Hereditarium è sottoposto, prima dell’imbottigliamento finale, ad una commissione di cui fanno parte giornalisti, influencer, trader e gli ambasciatori dello SPIRITUAL CLUB
    • Di ogni annata di Ruchè Hereditarium o ogni release di Spiriti Hereditarium è messo in commercio il 20% della produzione nella prima uscita con una comunicazione tramite il canale SPIRITUAL CLUB e il 10% negli anni successivi, fino ad arrivare al limite minimo di giacenza nel CAVEAU del 10% della produzione iniziale che non verrà più venduta, ma usata solo in particolari occasioni nel futuro. Il resto sarà lasciato a dimora nel Caveau per il futuro come eredità ai posteri.
    • La prima annata o prima release dei prodotti HEREDITARIUM ha un prezzo di uscita deciso in seguito a valutazioni di valore date da un panel di esperti del mondo vino/spirits, il prezzo delle uscite successive aumenta nella misura del 10% all’anno e l’acquisto/investimento diretto dall’azienda è possibile sempre solo in esclusiva per i soci dello SPIRITUAL CLUB.
    • Ogni singolo acquisto/investimento contribuisce nella misura del 50% del denaro versato allo sviluppo del progetto Hereditarium, finanziando i tondi, le opere artistiche e le borse di studio che saranno gestite dalla fondazione che collabora, controlla e garantisce il flusso di cassa generato dal progetto stesso.
    • I lotti minimi sono di 3 bottiglie per tutti i prodotti HEREDITARIUM.
      Il confezionamento dei prodotti HEREDITARIUM è in casse di legno da 3 bottiglie per le bottiglie regolari e nella confezione di legno singola per i formati speciali, perfettamente confezionate e con sigillo di sicurezza e garanzia dell’unicità del prodotto. L’etichetta riporterà il numero della bottiglia, il lotto di produzione, l’annata di uscita e il nome dell’assegnatario del lotto originale. L’investitore può decidere in fase di acquisto di non apparire con il proprio nome sull’etichetta e, in questo caso, l’etichetta riporterà il numero del contratto di acquisto in modo anonimo.
    • Ogni lotto acquistato può essere ritirato o lasciato in gestione nel Caveau di Cantine Sant’Agata, dotato di un sistema di raffreddamento d’avanguardia che mantiene la temperatura stabile a circa 18°C. Per coloro che investono nella prima fase del progetto.

    Ora non resta che attendere gli esiti di questo progetto a breve e a lungo termine, confidando che possa dare nuovo slancio a una denominazione fortemente in crescita come quella del Ruchè e a un territorio che si sta rivelando sempre più capace di far valere le proprie virtù di vocazione, integrità paesaggistica e potenziale enoturistico, con vini e gastronomia d’eccellenza. La speranza è che progetti come questo diano il via a una serie di iniziative virtuose anche in altre realtà dell’areale, perché solo così si potrà davvero alzare l’asticella percettiva di un vino che, ormai, può elevarsi a ben più di una “curiosità” e di una mera nicchia produttiva.

    F.S.R.

    #WineIsSharing

    P.S.: ci tengo a precisare che non ho alcun coinvolgimento con il progetto in termini economici, commerciali e/o promozionali. Ho solo avuto il piacere di contribuire alla scelta del nome e di poterne seguire da vicino lo sviluppo, step by step, in prima persona. Un onore vista la situazione in cui è nato e i trascorsi che hanno messo a dura prova un’azienda e, ancor prima, una famiglia che merita stime e rispetto.

  • Castell’in Villa resta in famiglia! Confutate le dicerie riguardo il futuro della storica azienda del Chianti Classico

    Dipanati i dubbi sulla presunta vendita della storica azienda del Chianti Classico. Le redini di Castell’in Villa restano alla famiglia Pignatelli della Leonessa.

    Conoscete l’aneddoto de “I tre setacci di Socrate”? Socrate avrebbe utilizzato questa massima per dissuadere un suo discepolo a confidargli di un ipotetico ma non certo accadimento che coinvolgeva un caro amico del filosofo, apparentemente, intento a offenderlo. Non mi dilungherò riportando tutta la storia ma la sinossi è tanto “semplice” quanto utile e ficcante:
    “La verità, la bontà e l’utilità sono i tre setacci di Socrate, secondo i quali il filosofo greco, dovremmo filtrare le nostre affermazioni prima di esporle a qualcuno. La prima: sono sicuro della veridicità di quanto sto per raccontare? La seconda: quello che sto per dire è un’informazione positiva? E la terza: è davvero necessario dirlo?”

    Nell’era dei titoli acchiappa-click, delle bufale e della disinformazione dilagante, la leggerezza con la quale vengono trasmesse notizie senza verificarne la veridicità è disarmante. L’importante è arrivare primi e non importa se la notizia in questione non abbia superato neanche uno dei tre setacci di Socrate. E’ per questo che ho ritenuto opportuno confutare una notizia o, per meglio dire, una mera diceria che negli ultimi mesi stava prendendo piede tra gli addetti ai lavori del mondo del vino. Parlo dell’asserzione – per qualcuno più che certa – che voleva il passaggio di proprietà della storica cantina del Chianti Classico Castell’in Villa dalle mani Principessa Coralìa Ghertsos Pignatelli della Leonessa a quelle di un noto e illustre personaggio del mondo del vino italiano. E’ bastato attendere qualche mese e chiedere alle persone coinvolte direttamente per avere una smentita ufficiale e “guadagnarne” una notizia che non solo conferma l’attuale proprietà dell’azienda ma ne traccia una prospettiva non scontata in continuità con la storia di una famiglia che ha reso Castell’in Villa un riferimento per la denominazione e per il vino italiano in toto. Nella mia ultima visita in cantina, infatti, ho avuto il piacere di conoscere Luigi Pignatelli della Leonessa, figlio della Principessa Coralia, che dopo anni all’estero, tra studio – prima – e lavoro – poi – ha sentito forte il richiamo delle vigne di famiglia a Castelnuovo Berardenga.


    Sarà Luigi a coadiuvare sua madre nei prossimi anni, cercando di cogliere non solo i frutti di questa vendemmia (che ha messo in luce la vocazione di alcune parcelle aziendali in un’annata così complessa su tutto il territorio) ma anche e soprattutto gli insegnamenti di vita, di vite e di vino che solo una persona del calibro della Principessa potrebbe mettergli a disposizione. ,

    Per chi non conoscesse la storia di Castell’in Villa, è proprio dall’amore per queste terre e per il vino di Riccardo Pignatelli della Leonessa e di Coralia Ghertsos Pignatelli della Leonessa, trasferitisi negli anni ’60 nell’antico borgo fortificato che da il nome alla località e all’azienda, che nasce una delle realtà vitivinicole più coerenti, concrete e rinomate del vino italiano.

    All’inizio, entrambi erano inesperti nella produzione del vino e avevano pensato di creare una piccola cantina come un passatempo, ma presto si resero conto che le etichette che stavano producendo vantavano una qualità eccezionale. Già dalla loro prima annata (1971) con il Chianti Classico Riserva quelle terre convinsero la famiglia a continuare su quella strada. Fondamentale fu il sostegno dell’amico Giacomo Tachis (1977), che iniziò a lavorare a stretto contatto con Castell’in Villa decidendo insieme alla proprietà di produrre solo vini a base di uve a bacca rossa, eliminando completamente le uve bianche, che all’epoca erano ancora ammesse nella produzione del Chianti Classico.

    Nel 1985, purtroppo, Riccardo Pignatelli della Leonessa se ne va prematuramente e Coralia, posta di fronte a una scelta di vita, deciderà di dedicarsi unicamente a quella passione condivisa con il marito per tanti anni e che non poteva che durare ancora. Seppur avesse già “qualche” vendemmia alle spella Coralia, con quell’innato e raro blend di umiltà e orgoglio, approfondisce la materia enologica e agronomica attraverso libri e confronti con grandi tecnici ed esperti del vino italiani e non solo. E’ una vignaiola e non c’è vino imbottigliato a Castell’in Villa che non passi per un suo assaggio da botte, non c’è ordine che non venga valutato ed evaso se non dalla Principessa, insomma non c’è scelta che venga presa senza il suo veto.
    Un’eredità di saperi ed esperienze che Luigi ha definito con ironia e sagacia “l’Algoritmo di Castell’in Villa” che confida di poter assorbire e comprendere a pieno accanto a sua madre, per continuare a produrre vini che hanno fatto, stanno facendo e – sono certo – continueranno a fare la storia dell’azienda e del territorio e che hanno mostrato e dimostrato l’eccezionale bontà dei biotipi di Sangiovese presenti negli storici vigneti aziendali, ripropagati internamente tramite selezione massale e considerati oggi tra le migliori genetiche della varietà più coltivata d’Italia. Saperi, genetiche e vecchie annate che percorrono il tempo ai quali Luigi potrà attingere e che, dato l’acume, non mancheranno di essere portati avanti con rispetto e visione prospettica. Il tutto con la supervisione dell’enologo Federico Staderini (coadiuvato dall’agronomo Alessio Brocca e dal fedelissimo cantiniere Marcello Rubegni) nel pieno rispetto della filosofia aziendale che, trascendendo le etichette e le “categorie”, adotta tecniche poco interventiste, lieviti indigeni, botti di rovere di varia portata e il tempo. Ultimo capolavoro la Riserva “‘In” Castell’in Villa 2016 uscita recentemente alzando l’asticella percettiva dell’intera denominazione. Vini, quelli odierni, resi ancor più coerenti dalla possibilità di reperire vecchie annate che l’azienda suole rimettere in commercio a testimonianza del potenziale di queste terre in termini di longevità ed eleganza senza tempo. Anche per questo, aver avuto modo di conoscere una parte importante del futuro di questa realtà è stato davvero rassicurante e ha confermato una continuità di pensiero, ancor prima che di “nome”, nella quale si confidava.

    castell'in villa cantina ristorante

    I tre setacci sembrano aver dato il loro responso. Ora non resta che confidare nel tempo e nello scemare delle dicerie che imperversano circa il futuro di Castell’in Villa.

    F.S.R.

    #WineIsSharing

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