Scienza afferma che i Vini Naturali non esistono…

Oggi scrivono tutti dell’eterna, atavica e “canemordicodevole” diatriba fra Vino naturale ed innaturale. In una diatriba spesso troppo concettuale e poco… troppo poco pragmatica e concreta, a pensar bene di intervenire con un’affermazione che sa di bomba atomica ci hanno pensato i Prof. A. Scienza e V. Gerbi che in parole povere affermano che “Il Vino Naturale non esiste!”, durante il dibattito proposto dal fondatore del Merano Wine Festival, Helmuth Kocher, all’Expo 2015.



Il concetto è semplice… naturale è solo ciò che riesce a svilupparsi da sé senza l’intervento dell’uomo… e cosa vuoi dire di fronte all’inteluttabile realtà? Beh… forse che trovo un po’ semplicistico questo approccio al mondo dei Vini Naturali, che comunque rispetto ed apprezzo nell’ideologica e, forse, non più totalmente utopistica, volontà di portare al minimo l’utilizzo di tutto ciò che non è “naturale” in vigna ed in vinificazione. Se pur mi sia prodigato in tempi non sospetti nella ricerca di un equilibrio che contemplasse e rispettasse ogni forma (e meno formula) produttiva, purché non meramente industriale ed entro i limiti della salubrità e del rispetto del consumatore, non vi nego che negli ultimi tempi vedo che i produttori considerati (da associazioni come VinNatur) o autoproclamatisi “naturali” (non perché pazzi, ma perché non possono fare altrimenti) stanno davvero comprendendo la loro posizione all’interno dell’enosfera e stanno cercando di mantenere una professionalità ed un’armonia comune che spesso è il consumatore “bio-maniaco” a minare, con affermazioni talebane e convinzioni spinte oltre la reale concezione da parte del produttore di quello stesso Vino che ha nel proprio calice. Quindi ci tengo molto a fare un distinguo fra una crescente consapevolezza ed una parallela maggior professionalità e competenza da parte dei produttori naturali ed un’evidente mancanza di equilibrio da parte di alcuni consumatori… ma il cliente ha sempre ragione, no?!?
Sta di fatto che stia diventando sempre più importante, a prescindere dai mercati, una definizione seria ed attendibile, nonché comprensibile e non illusoria di ciò che rappresenti realmente il Vino Naturale. Artigianale? Sostenibile? Bio-qualcosa? Confido davvero si cerchi una soluzione comune che possa tutelare i consumatori e che possa permettere ai produttori più virtuosi di attestare, non solo la propria appartenenza ad una corrente di pensiero che a volte perde un po’ il focus e manifesta poca unità di intenti e coerenza (a causa di chi, purtroppo, abusa per mere dinamiche commerciali di certi termini e di, sin troppo, accessibili certificazioni), bensì la reale qualità dei processi di viticoltura e vinificazione adottati dalla propria azienda. Già tempo fa sottolineai quanto nel concetto di RISPETTO coesistano tutte le peculiarità utili alla produzione di un Vino vero e “salubre”, ma dato che il termine sarebbe, ovviamente, troppo soggettivo per essere utilizzato come definizione in etichetta, perché non chiamarlo “semplicemente” Vino artigianale? Beh… a pensarci bene, lo spauracchio di ciò che sta accadendo per la birra, in particolare, in Italia non fa ben sperare neanche in questa modalità di definizione, ma non è che tutta questa diatriba e questo girare attorno a nomi e certificazioni non porti a nulla solo e soltanto perché siamo in Italia? Lo dico da amante del mio paese e da sostenitore convinto della sua eccezionalità, soprattutto in campo enoico, ma mi preoccupano molto le dinamiche burocratiche, per le quali, di certo l’Unione Europea non può fungere da punto di riferimento così com’è ora (basti pensare alle soglie di solforosa per la Certificazione Biologica). Perché non torniamo ad essere Noi i pionieri? Gli innovatori? Coloro che riescono a dar via a qualcosa che gli altri dovranno per forza seguire e non alla quale saremo noi a doverci accodare? Siamo il paese con la più alta potenzialità in termini di artigianalità enoica, abbiamo produttori in grado di produrre Vini con uve sane e mature, in terroir di tutto rispetto, riducendo al minimo l’intervento dell’uomo. Smettiamola di criticare e costruiamo! Smettiamola di creare faziose fazioni e di far finta che a chi produce Vino Naturale debba importare solo della sua piccola nicchia di “adepti”, non è così! “Il mercato vuole Vini con meno cose possibili e chi segue la via del naturale ha intrapreso, sicuramente, una via giusta” (parafrasando Angelo Gaja).



Il caos regna ancora sovrano, ma credo che spetti sempre a Noi, amanti del Vino e fruitori di questo prezioso nettare, sviluppare una nostra personale idea e comprendere ciò che vogliamo bere e perché… io continuo a pensare che bere Vino solo perché sia pseudo-naturale non abbia molto senso, a meno che non me lo abbia prescritto un medico, come fosse un rimedio omeopatico, bensì credo sia opportuno, sempre e solo secondo il sottoscritto, trattare il Vino come le persone, dare a tutti una possibilità, conoscerli, comprendere il perché un produttore può permettersi di non aggiungere neanche un mg di solforosa mentre altri sono “costretti” ad utilizzarne una piccola quantità proprio per dare a noi un prodotto stabile e che non si deteriori a breve termine e lo stesso vale per i trattamenti e persino per il tanto amato “ramato” che in molti non possono utilizzare per non nuocere all’espressività varietale delle proprie uve. Ogni vignaiolo/a, purché onesto e rispettoso, agisce in base del proprio terroir, della conoscenza diretta che ha delle proprie uve ed in molti casi della tradizione tramandata da chi ha fatto Vino prima di lui/lei, per quale motivo denigrare aprioristicamente il prodotto di una terra e di lavoratori, che in quanto tali andrebbero rispettati a prescindere, perché non fa parte di una nicchia di produttori, in cui ormai convergono in troppi ed in rappresentanza di troppe dinamiche differenti? Beh… i miei, come sempre, sono solo pensieri ad alta voce, condivisi con Voi nello stesso istante in cui nascono nella mia mente, ma sono sempre positivo e credo davvero si possa raggiungere presto un equilibrio che porti ad una viticoltura sostenibile, sana, coscienziosa e, soprattutto, appurabile e comprensibile anche per il consumatore meno esperto, che deve necessariamente essere educato con meno confusione e più chiarezza.
D’altronde il Vino è, per me, la massima espressione del connubio e dell’interazione uomo-Natura, in cui la Natura ha ragione di prevalere, ma in cui l’uomo ha un ruolo davvero importante, nell’assecondarla là dove può portare a termine il suo compito senza alcun intervento o intervenendo in maniera il meno invasiva e auspicabilmente più “naturale” possibile, limitando al minimo l’uso e l’abuso della chimica (dove si può eliminandolo), ma avendo coscienza di ciò che si andrà ad imbottigliare. Il Vino è un prodotto che ha come finalità quella di soddisfare il gusto (al naso, al palato e nelle sensazioni tattili) ed il cuore di chi lo beve, tramite emozioni suscitate da tutto ciò che esso rappresenta ed anche dalla sua storia e dell’idea che vi è a monte, da parte del vignaiolo/produttore, ma per trovare questo equilibrio è fondamentale che l’uomo sia capace di comprendere quando si possa limitare la tecnica e quando invece essa sia imprescindibile. Esisteranno sempre grandi Vini “convenzionali” che confido seguano sempre di più una linea più pulita e sostenibile, come nasceranno sempre più Vini definiti “naturali” che grazie all’esperienza ed alla consapevolezza tecnica dei propri produttori saranno capaci di raggiungere l’apice della qualità, con il minimo intervento umano ed io, scusatemi, ma non escludo nessuna delle due categorie a priori dalla mia tavola.


F.S.R.
#WineIsSharing

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