Santa Liberata – Chianti al “naturale”

Dato che in questi giorni si senta parlare tanto di “biologico” in senso negativo e che io stesso negli ultimi anni (come penso centinaia se non migliaia di altri comunicatori in Italia e nel mondo) mi sia espresso più volte scettico e titubante per usare due eufemismi, ho deciso di riportare un po’ di equilibrio scegliendo di parlare di una Cantina che a parer mio fa bio come si deve, a prescindere dai dettami di una lacunosa ed opinabile certificazione, ma soprattutto vede nella naturalità delle decisioni e dell’approccio in vigna ed in cantina non un mero e, spesso, fumoso elemento di marketing, bensì una scelta correlata alla volontà di esprimere a pieno la propria identità peculiare.
wine blog vino naturale
Parlo dell’Azienda Agricola Santa Liberata, fondata nel dopoguerra da Agostino Tamburini padre dell’attuale, titolare Marisa Tamburini. Situata interamente nel territorio di Cerreto Guidi.
Da sempre la politica aziendale è stata quella della valorizzazione del territorio, attraverso l’uso di vitigni autoctoni che permettessero di avere un prodotto unico, non riproducibile altrove, potendo così riscontrare elementi reali di terroir in ogni singolo Vino prodotto.
Come mamma Toscana vuole i varietali coltivati sono: Sangiovese, Canaiolo e Colorino per i rossi e Trebbiano (con a breve Malvasia bianca) per i bianchi.
L’idea dell’azienda è quella produrre Vini di qualità, non artefatti e pienamente democratici, non elitari nel gusto e nel costo.
L’interpretazione bio che si è adottata a Santa Liberata è la seguente:  niente concime di alcun genere, bensì sovesci; non solo rame e zolfo, ma anche prodotti quali alghe, estratti di piante, essenze vegetali e oli agrumati per la lotta alle principali patologie della vita e comunque attenzione massima verso una riduzione dei trattamenti al minimo; in cantina niente lieviti selezionati o additivi chimici, ma solo fermentazioni spontanee; durante i travasi viene utilizzato l’azoto per evitare l’uso dei solfiti, che vengono limitati anche al momento dell’imbottigliamento (70mg/l di solforosa totale). A prescindere dalla filosofia produttiva di ognuno, è inutile discutere, se una Cantina riesce a fare Vini stabili e piacevoli, senza storpiature e storture di sorta, con il minor impatto possibile ben venga, no?!
Ora, però, viene il bello… vi racconto le mie sensazioni riguardo i due Vini che ho avuto modo di assaggiare, prodotti da Santa Liberata:

Chianti Santa Liberata 2015 DOCG: sapete bene che io faccia dell’equilibrio rispetto certe questioni dialettiche-enoiche un valore imprescindibile del mio essere winelover e del mio scrivere da wineblogger e che non ami la definizione “vino naturale” in quanto abusata e perché possa indurre confusione nel consumatore occasionale… detto questo, la naturalità di questo Chianti è apprezzabile, vuoi per la vinificazione totale in cemento, compreso il non troppo prolungato affinamento, vuoi per l’espressività del Sangiovese, incentivata e sostenuta dagli amici fraterni Colorino e Canaiolo. Un Vino pulito, che non ha sporcature né al naso né al sorso che è fresco e dinamico, con tanta voglia di raccontare la terra dalla quale proviene ed il suo percorso dalla pianta al bicchiere, in un’ottima annata, capita ed interpretata con grande rispetto e saggezza. Un Chianti per tutti, ma al contempo una chicca per chi ne sappia cogliere l’essenza viva e spontanea. Una di quelle Donne che non hanno bisogno di truccarsi troppo per essere belle… insomma, di quelle che la mattina al risveglio sono ancor più belle che la notte prima di addormentarsi.
 
Colombaia IGT Toscana Bianco Trebbiano 2014: se per i rossi la 2014 a Santa Liberata non ha reso possibile una produzione all’altezza delle aspettative e della volontà del produttore, questo Trebbiano va très bien sia dal punto di vista aromatico, che della struttura, il tutto, ancor più che per il Chianti, solcato da una traccia evidente e lineare di freschezza e mineralità, con quelle eleganti note ossidative, che io apprezzo molto e che danno carattere e personalità ad un bianco prodotto con un varietale sin troppe volte snobbato, specie in Toscana, ma che in realtà è portatore sano di tutto ciò di cui io ora come ora ho un bisogno quasi patologico, ovvero bell’acidità e sapidità, anche in terreni non estremamente ricchi di calcare attivo.
Se il Chianti l’ho personificato dandogli le connotazioni di una bella Donna acqua e sapone, questo Trebbiano mi fa pensare al sabato nel villaggio, con la Leopardiana immagine, forte ed identitaria, della Donzelletta che vien dalla campagna in sul calar del sole, ma in mano non porta il suo fascio d’erba, un mazzolin di rose e di viole, bensì un cesto di agrumi e l’odore del mare fra i capelli.
 
Una bella realtà, specie per il Chianti che necessità di boccate d’aria fresca come questa, di una conversione non solo sulla carta delle certificazioni, ma soprattutto nel modo di rapportarsi al proprio meraviglioso territorio, di terroir in terroir, di mente in mente, di cuore in cuore.
Da apprezzare la profonda umiltà con la quale questa Cantina si è proposta a me si propone agli appassionati, senza ostentare la propria filosofia come fosse un mero motivo di vanto, altresì facendone un veicolo di valori fondamentali come l’identità territoriale ed il rispetto.
 
F.S.R.
#WineIsSharing

Comments are closed.

Blog at WordPress.com.

Up ↑