Avendo già espresso il mio parere sulla FIVI e sulla qualità della manifestazione Mercato dei Vini di Piacenza appena svoltosi, oggi vorrei dedicarmi a ciò che di più ci piace, ovvero agli incontri con i vignaioli ed agli assaggi dei loro Vini.
Premetto che dall’aumento dei vignaioli presenti al Mercato dei Vini il rischio che il livello qualitativo medio si abbassasse era quanto meno statistico, invece, se possibile, si è persino innalzato, a mio parere, quindi è stato piacevolmente difficile fare una piccola cernita riguardo le realtà ed i vini da condividere con voi – ma magari fosse sempre questo il “problema”..!
Vignaioli, cantine e vini del Mercato dei Vini FIVI in ordine sparso:
Gianfranco Fino e Simona Natale: parto col botto, lo so… ma questa è una cantina a cui tengo particolarmente, perché sono anni che ne scrivo e sono anni che Simona e Gianfranco continuano ad emozionarmi con i loro vini e con la loro umanità. Una cantina che porta il nome del Deus Ex Machina di questa ormai stranota realtà pugliese, ma io continuo a vedere la grandezza dei Vini di Gianfranco come un blend delle personalità entrambi. Incontrare persone che stimo, ammiro ed alle quali tengo è sempre un piacere, ma ciò che mi ha colpito di più, in un contesto così diverso per le sue dinamiche e per il suo target, è stato rendermi conto ancora una volta della vera umiltà di chi potrebbe ostentare, ma non lo fa, semplicemente perché non è nella loro indole.
Vini di un’apertura sconcertante, capaci di coinvolgere in un istante tutti i sensi, per luminosità, spessore, eleganza ed ovviamente per uno spettro organolettico unico nel suo genere. In questo Vino c’è tutto il meglio
della terra, del varietale, dell’annata, del
bio-sensato-logico–consapevole e del mio concetto di vignaiolo, che
sappia cosa fare in vigna ed in cantina, con profondo rispetto ed altrettanta conoscenza. L’Es, in ambo le sue interpretazioni, è un Vino
colto, ma mai snob, proprio come Gianfranco e Simona… l’Es non se a tira, altresí è in grado di
farsi comprendere da molti in maniera trasversale. L’Es e l’Es più
sole sono… boni e Simona Natale e Gianfranco
Fino sono un valore aggiunto notevole, ma che nulla toglie al
Vino, anzi ne rende solo più coerente e comprensibile la
grandezza!
Terre di Pietra: di questa realtà scrissi già in tempi non troppo sospetti, ma fu solo andando in cantina che capì profondamente da
dove venissero vini così speciali. L’equilibrio fra due zone con peculiarità
complementari, ma soprattutto l’equilibrio fra i membri di una
famiglia in cui la forza e gli strumenti della vita vengono condivisi
e la somma di questa energia è maggiore della somma delle singole
parti. Vini eleganti, mai sbilanciati in potenza e prepotenza. Laura Albertini è una tappa fissa per me ad ogni evento e deve ancora arrivare il giorno in cui un sorso di un suo vino mi deluderà.
Il nuovo Rabiosa da uve marcelan è già
buono ora che le viti sono piccine picciò, ma figuratevi quando avranno raggiunto la piena maturità espressiva..! Per di più mi sono nuovamente innamorato del Mesal e
dell’Amarone, due vini che hanno bisogno, anch’essi, di tempo, come tutti i vini di Terre di Pietra, ma che sanno sempre della giusta commistione fra vigna e
cantina… due vini che sanno di Laura e del suo modo di vedere
e di sentire il Vino: pulito, profondo, armonico e mai noioso! Una
persona che non si accontenta, di quelle che saltata la misura più
alta alzano l’asticella ad oltranza, ed è per questo che, mi piace
pensare, non mancherà mai di stupirmi ed io nel Vino, ormai, cerco
per lo più questo… lo stupore!
Marco Cecchini: penso sia lo stand che abbia consigliato più volte e nel quale io stesso sia tornato più volentieri ad assaggiare e riassaggiare. Perché? Perché credo che Marco sia un vignaiolo vero, ma di quelli che scesi dal trattore, finito di potare, entrano in cantina e sanno cosa fare e come farla. Marco è preparato, consapevole e sicuro della strada che ha intrapreso. Una strada irta di fatica e sacrificio da un lato e di grande rispetto e personalità dall’altro. Nel suo Riesling – per me in assoluto uno dei migliori renani italiani tra quelli assaggiati – c’è un torrente fresco in un letto dagli argini morbidi e sicuri, fino alle rapide, minerali, rocciose, entusiasmanti. Un Vino tanto composto quanto carico di una forza vitale che si sprigiona nel tempo, lentamente, ma intensamente. Ottimo e di grande identità il Tové (Friulano e Verduzzo) che ammalia con la sua delicata freschezza e persiste con la salinità. Anche il Refosco sa il fatto suo, intenso, avvolgente e mai scorbutico, capace di grande evoluzione.
Mattia Filippi: a volte si dice che nei grandi Vini vi si possano scorgere la personalità del vignaiolo, del produttore, dell’enologo, ma in questi io ci sento l’anima di una persona dai grandi valori e di grande valore, ci sento i principi del rispetto e della sincerità e ci sento la pulizia di chi sa fare Vino senza se e senza ma. L’Augusto Primo è un metodo classico base Chardonnay Brut Nature che ha la freschezza dei grandi metodo classico e sa stare sui lieviti più di 40 mesi senza perdere varietale, dinamica e guadagnando, al contempo, in complessità e finezza. Il suo Muller Xurfus è didattico, nel senso che andrebbe fatto assaggiare a chiunque abbia intenso questo vitigno come aromatico o ruffiano, quando la sua reale personalità è ben altra… glaciale, composta, verticale, dalla grande e persistente mineralità. Poi ci sono i due Cabernet Sauvignon Under the Sky ed Equinotium (Riserva) che, anche in questo caso, convertirebbero tutti gli annoiati da Cabernet “italico” come me ad amanti del genere. Uno dei rari casi in cui il sequel serva davvero a comprendere a pieno la trama completa ed in cui il primo capitolo della saga non lasci delusi da un finale scontato o ancor peggio incompleto.
Se in alcuni casi è palese che si abusi di parole come eleganza ed armonia qui, forse, sono persino riduttive, quindi definiamoli “semplicemente”… grandi vini!
Sviolinata? Sì, ma più che meritata e dormo sogni tranquilli, data la qualità dei Vini, sono più che lieto di espormi con tanta enfasi e sicurezza.
Gli Oltrepò Pavese Boys: un territorio tanto bistrattato quanto vocato ed in grado di realizzare piccoli grandi sogni. Sogni come quelli di tre produttori, giovani e volenterosi, che cercano di ritagliarsi uno spazio nel mondo del Vino che conti, in maniera onesta, pulita, rispettosa e volenterosa. Parlo di Gianluca Cabrini, in primis, che con la sua Tenuta Belvedere negli ultimi anni sta trovando la quadratura del cerchio annata dopo annata, Vino dopo Vino e che, oggi, stupisce per preparazione e coerenza. Gianluca e la sua compagna Federica (ormai è questione di settimane e la famiglia si allargherà, quindi auguroni!) sono una di quelle coppie del Vino che, nonostante la mole di lavoro, le difficoltà e qualsiasi ostacolo non lesinano mai sorrisi e quei sorrisi, quella positività è infusa nei loro Vini, sempre più fieri e sicuri, sempre più piacevoli e dinamici. Il suo Riesling farà parlare di sè, specie con la nuova annata e la Croatina in purezza Coccìnea è uno di quei Vini che, quando arrivano amici a casa, vorrei sempre poter stappare.
Il secondo Oltrepò Pavese Boy e Matteo Maggi di Colle del Bricco, il più giovane produttore che conosca, un ragazzo che ha voluto fare Vino e sta ancora lavorando sodo per crearsi il contesto migliore per realizzare il suo sogno mattoncino dopo mattoncino, vendemmia dopo vendemmia. Un bravo comunicatore ed un umile lavoratore, che non smette di studiare e di cercare la sua enoica via, con l’ausilio dell’esperienza e della curiosità. Il restyling al packaging delle bottiglie ha donato nuova linfa all’immagine aziendale, ma, come sapete, a me interessa di più il contenuto e quello, beh… è sempre più interessante! Uno dei pochi che sa tirar fuori grande mineralità ed ampiezza espressiva dal Riesling Italico fermo. Sui rossi piacevole la Barbera Stafilo ed intrigante la Croatina Makedon, ma sta lavorando ad una sorpresa che spero avrete modo di assaggiare un giorno, perché è davvero tanta roba, non vi dico altro.
Sempre per quanto riguarda l’Oltrepò, ho avuto, poi, modo di assaggiare le nuove annate dell’azienda agricola Padroggi La Piotta, che continua ad fungere da esempio e da traino per quanto riguardi l’agricoltura bio in Oltrepò. Tra tutti i Vini assaggiati spiccano, sicuramente, i due metodo classico Brut e Brut Rosè base Pinot Nero, eleganti e piacevoli, di grande verticalità.
Patrick Uccelli – Ansitz Dornach: ho sempre visto il Vino come una
scultura ancor più che come un dipinto. Perché? Perché la scultura
è l’arte del togliere anzi del saper togliere, del conoscere cosa
levare ed in tal senso Patrick Uccelli è un istrionico e creativo sculture contemporaneo,
un’artigiano più che un artista, che sa cosa fare, perché dietro alla
sua contagiosa simpatia cela consapevolezza e competenza. I suoi Vini
sanno più dei luoghi dai quali provengono e del proprio varietale
che di lui e della sua mano. Sono puliti, netti, nitidi, puri davvero! Il suo Gewürztraminer è un’esperienza che tutti gli
amanti di questo vitigno dovrebbero fare… e forse qualcuno capirà
la sua vera essenza… bravo davvero colui che sa togliere tutto il
superfluo per dare sincere emozioni con complessa semplicità.
Luca Ferraro – Bele Casel: ormai noto a tutti i winelovers, perché oltre ad essere un grande vignaiolo sa come comunicare il suo territorio ed il Vino in generale, Luca è l’esempio lampante che il Prosecco rispettoso e di qualità esista. Il suo Colfondo da vigne vecchie porta in dote la freschezza e la piacevolezza del Prosecco e la complessità e la profondità aromatica e gustativa della rifermentazione in bottiglia. Chi critica il Prosecco generalizzando e sparando a zero su tutti e tutto, non ha mai assaggiato i suoi vini e quelli di altri validi produttori.
Rocco di Carpeneto: parola d’ordine “equilibrio”! Si, ho parlato più volte di quanto per me sia importante l’equilibrio nel Vino, ma ancor prima nella conduzione in vigna ed in cantina e credo che Lidia e Paolo siano l’emblema dell'”equilibrio naturale delle cose”. Equilibrio nel gestire rispettosamente i bellissimi vigneti di Ovada, nel approcciare il Vino in cantina togliendo tutto il peggio, ma facendo restare tutto il meglio, con senno, rigore ed una naturalità consapevole. La Barbera Reitemp da vigne vecchie è straordinariamente lucente, dinamica, piena e saggia. Durante il Mercato dei Vini in molti mi hanno chiesto di consigliar loro qualche Barbera dal grande potenziale organolettico ed emozionale e questa era sempre in lista.
Poggio di Gavi: Francesca Poggio è proprio come i suoi Vini o forse sono i suoi Vini ad essere come lei, non lo so e poco mi interessa! Fatto sta che ogni volta che assaggio qualcosa da lei i tecnicismi svaniscono e si chiacchiera di tutto tranne che di Vino e sapete qual’è la cosa più bella? Che nonostante si chiacchieri di altro, me ne vado sempre con un gran bel ricordo dei suoi Vini ed in particolare del Metodo Classico di Gavi di grande finezza ed il Gavi di Gavi Etichetta Oro, sempre intenso, salino e dotato di grande potenziale evolutivo.
Vigneti Vallorani: conoscevo Rocco tramite social ed avevo avuto modo di assaggiare qualche suo Vino in giro per le mie Marche, ma ora che ho avuto modo di fare una panoramica della linea aziendale, non vedo l’ora di fare un salto in cantina, perché credo ne valga davvero la pena. Grande lavoro in vigna e ricerca di equilibrio ed eleganza in cantina, con scelte che alla potenza preferiscono preferiscano la finezza. Anche in questo caso parliamo di un bio molto cosapevole e che trasla il rispetto avuto in vigna verso la cantina, dove tutte le fasi della vinificazione vengono seguite con minuziosa attenzione e nulla è lasciato al caso. Tutti molto espressivi e varietali gli assaggi di Pecorino, Passerina e Rosso Piceno, ma devo ammettere che il Sangiovese in purezza mi abbia quasi fatto ricredere sull’affinamento in legno piccolo, ben gestito e ben dosato, senza particolari incidenze, ha mostrato davvero un grande potenziale.
Boccadigabbia: sempre dalle mie Marche, la cantina Boccadigabbia rappresenta un punto di riferimento per i rossi di una regione, spesso erroneamente, considerata solo bianchista. L’Akronte è una vera e propria pietra miliare dell’enologia marchigiana e non solo e credo che con le ultime annate abbia riacquisito i fasti di un tempo. La chicca, però, che non ho mancato di far assaggiare ad amici e colleghi è, senza ombra di dubbio, la Ribona (o Maceratino), un varietale su cui io punto molto e che ancora in pochi produttori sanno gestire al meglio. Boccadigabbia è, sicuramente, uno di questi! Dritta, minerale, piena, persistente e capace di grande tenuta nel tempo, la Ribona è in grado di lottare ad armi pari con i migliori Verdicchio e detto dal paladino del Verdicchio è tutto un dire!
Cignano: il Bianchello del Metauro ha visto nascere e crescere negli ultimi anni dei giovani produttori che stanno facendo di tutto per portare questo storico vitigno marchigiano ai fasti che meriti. Uno di questi giovani vignaioli è Fabio Bucchini, un vero e proprio paladino del Bianchello che lavora con grande attenzione e con l’obiettivo di una qualità sempre più alta con un impatto sempre più basso. Vini a “residuo zero”, quelli che Fabio vuole far uscire dalla sua cantina incastonata in una delle zone delle Marche più bella eppure meno nota enoicamente parlando. Grandi espressioni del Biancame sia il Bianco Assoluto, più caldo, ed avvolgente, mantenendo una buona vena acida ed il Sanleone più fresco, minerale, dinamico. Vini che una volta assaggiati hanno la capacità di lasciare il segno grazie ad un’unicità semplice e diretta, palese a tutti e non solo a chi conosce il varietale.
Fratelli Aimasso: erano anni che sentivo parlare di Luca Aimasso, ma per un motivo o per l’altro non eravamo mai riusciti ad incontrarci e soprattutto io non avevo ancora avuto modo di assaggiare i suoi Vini. Come per la maggior parte dei vignaioli FIVI anche in questo caso parliamo di piccole produzioni, ma che nel caso di Luca sono distribuite in molte etichette, che danno un’idea più capillare del suo terroir. Il suo Dolcetto di Diano d’Alba è sincero, schietto diretto e molto territoriale, ma è con il Nebbiolo che si inizia far davvero sul serio. Sia nel Nebbiolo base che nel Barolo Brunate c’è tanta stoffa, profonda freschezza ed un tannino che guarda dritto al futuro. Molto buona anche la Barbera d’Alba rotonda ed armonica. L’impatto con Luca ed i suoi Vini è stato subito molto empatico e credo sarà una di quelle aziende che difficilmente smetterò di seguire.
Muralia di Stefano Casali: un incontro fortuito, uno di quei “ti presento un amico” che possono lasciare indifferenti e, spesso, s’hanno da fare, ma nulla più. Invece no! L’incontro, sì fortuito, con Stefano e la sua realtà si è dimostrato sin dal primo empatico scambio di vedute sino all’ultimo attimo di persistente piacere dell’ultimo assaggio, avere tutti i canoni della scoperta! Avevo già sentito parlare di Muralia eppure non ero ancora riuscito ad assaggiare nulla che provenisse da questa cantina, incastonata nelle colline maremmane, in armonia con un contesto, tra i pochi, ancora naturalmente naturale. E’ proprio per enfatizzare, esprimere e rispettare questo contesto così scevro dall’agire incauto dell’uomo e delle sue industrie, che Stefano Casali ha deciso di fare Vino e di farlo bene, con intuito, pazienza, saggezza, ma anche con molta semplicità.
Una semplicità spontanea che diviene altrettanto spontaneamente complessa, nel calice. Ho molto apprezzato il garbo nei blend e la peculiare mineralità che attraversa in maniera trasversale ogni Vino. La curiosità è stata solleticata, quindi ora non resta che andare in cantina!
Moreno Ferlat: di Moreno dell’azienda Silvano Ferlat vi ho parlato in occasione della manifestazione Vinoè di Firenze e se già in quell’articolo mi sbilanciai abbastanza circa la precisione dei suoi Vini e l’eleganza alla quale tutte le referenze anelino, a Piacenza ho avuto un’ulteriore conferma della validità sua come vignaiolo ed enologo, ma ancor più della sua umiltà. Mi ero permesso di chiedergli di assaggiare qualcosa di “vecchio” per valutare il potenziale evolutivo dei suoi bianchi e senza batter ciglio Moreno ha portato al Mercato dei Vini due chicche da stappare insieme, che lui stesso non assaggiava da molto. Così, a scatola chiusa, si stappano una Malvasia 2008 ed un Tocai (all’epoca di poteva ancora chiamarlo così) 2006 entrambi con una vitalità a dir poco stupefacente, la prima dotata di grande freschezza e mineralità, il secondo ancora pieno e carico, per nulla seduto. Nessun segno di cedimento nei due assaggi più interessanti di tutta la manifestazione in termini tecnici ed emozionali. Un piacere notare il mio stupore specchiarsi nel suo.
Terenzuola: Ivan Giuliani è un vignaiolo che ha abbattuto confini per unire territori, che ha fatto della storia una mappa da seguire e dei diversi terroir motivo di unicità.
“Né solo ligure né solo toscano ma
produttore in Luni, Candia, Lunigiana e Cinque Terre: cercando di
unire così tutti i territori della Lunigiana storica così come era
unita un secolo e mezzo fa.” Il suo Cinque Terre ha il sapore del mare ed il calore della terra, sferzata da una brezza fresca e garbata. Un Vino unico, blend di uve Bosco, Albarola e Vermentino provenienti da diverse parcelle di un vigneto eroico, mozzafiato, a picco sul mare nel comune di Riomaggiore. Poche bottiglie per un’esperienza che vale più o meno quanto un teletrasporto nella terra dal quale questo Vino proviene.
Agricola Paolo Avezza: un suggerimento che non potevo che assecondare e di corsa, anche! Quello di Armando Castagno, che dai social mi segnalava questo nome a me ignoto, che mi ha stupito sin dal primo assaggio con un metodo classico Alta Langa fine e dinamico, di quelli che possono regalare grandi emozioni dimenticandoli in cantina. Era dalla Barbera che mi aspettavo, però, l’exploit e con il Nizza Superiore Sotto La Muda c’è stato! Un ottima Barbera, tradizionale quanto basti per farti chiedere perché non la facciano tutti così?! Grande integrazione del legno e già siamo sulla strada giusta, se poi alla struttura solida si interseca una tessitura fine, puoi solo aspettarti un gran finale, che arriva e persiste… insiste!
Il Moscato d’Asti, io sto iniziando ad apprezzarlo soporattutto dopo qualche tempo in più di bottiglia, ma la 2015 della famiglia Avezza è comunque molto molto piacevole e per nulla stucchevole, quindi non mancherò di riassaggiarlo anche tra qualche mese.
Purtroppo non ho avuto modo di conoscere Paolo, ma sua figlia Roberta è stata più che esaustiva ed ho apprezzato molto il suo sincero coinvolgimento nelle dinamiche dell’azienda. Una mano femminile in cantina si nota e rappresenta un sicuro valore aggiunto.
Luciano Ciolfi – Sanlorenzo: ormai assaggio i suoi Vini ogni settimana, visto che sembriamo frequentare gli stessi “eno-postacci”, io al di qua lui al di là del banco d’assaggio. Scherzi a parte, è sempre un piacere ritrovare un produttore che pur portando in dote una denominazione così importante, è sempre presente, disponibile ed umile nel far conoscere sè, la sua azienda, il suo territorio e, ovviamente, i suoi ottimi Vini. Se del suo Rosso di Montalcino e dei suoi Brunello Bramante vi ho già parlato, vi metto già tutti in allerta per una novità che, credo proprio, stupirà molti. Prendi del Sangiovese Grosso, mettilo in un claiver ed ottieni un’espressione nitida, pura del varietale, tannino compreso. Un Vino già buono, ma che andrà seguito e compreso nel tempo, sia nelle integrazioni a breve termine che nell’evoluzione a lungo termine. A qualcuno la sperimentazione non piace, ma io sono molto per il “chi si ferma è perduto”, quindi non posso che apprezzare questa novità.
Zanotelli: Nicola Zanotolli è uno dei Cembrani Doc che andai a trovare qualche mese fa e che non vedo l’ora di ritrovare in quelle terre ibernate nella bellezza. Conoscevo già molti dei suoi Vini, che ho sempre ritenuto lungimiranti e di grande piacevolezza e inerzialità alla beva, ma assaggiando il Silvester è stato come ricominciare da zero! Alla freschezza ed alla mineralità presente in tutti i bianchi dell’azienda, in questo chardonnay (con un piccolo saldo di altre uve a bacca bianca) si aggiunge un tepore rassicurante, un tocco netto e convinto, un amichevole abbraccio. Il meglio delle notti fredde e del sole battente, in questo Vino da bere oggi, domani, tra un anno ed ancora…
Giovanni Mattia Ederle: Giovanni è uno dei giovani vignaioli più eclettici, dotato di grande verve ed acume, produce Vini che all’attenzione in vigna ed alle peculiarità varietali sanno addizionare quel quid di, tanto geniale quanto rischiosa, intuizione che ad oggi non ha ancora smesso di stupirmi. Potrei parlarvi dei suoi grandi Rossi, ma sarebbe scontato! Vi parlerò invece di un bianco, che ha stupito me e tutti coloro che l’hanno assaggiato con me o ai quali ho consigliato di assaggiarlo. Parlo del Donna Francesca un blend di Garganega e Chardonnay che parla veronese con l’accento francese a metà fra la Borgogna e lo Jura. Elegante come i borgognotti, con quella punta di ossidativa eresia che mi fa amare così tanto lo Jura ed i suoi vignaioli. Questo Vino è proprio come Giovanni, ovvero educato, composto e preciso, ma al contempo eclettico, originale e di spirito. L’ho definito un Peter Pan 2.0 e se l’eterna giovinezza potrebbe sembrare un po’ eccessiva, una grande longevità è più che auspicabile per il Donna Francesca.
I Carpini: ho conosciuto Paolo Carlo Ghislandi da poco, ma è bastato prima assaggiare alcuni dei suoi Vini e poi fare due chiacchiere al Mercato dei Vini per prendere piena coscienza di che persona e che vignaiolo Paolo sia. Un’artigiano capace di guizzi artistici, un razionale quando gli occhi sono aperti, un sognatore non appena essi si chiudano, competenza ed istinto, tecnica e fantasia. Un trequartista del Vino, che ha una linea di referenze con identità ben distinte, ma mai slegate fra loro. Dei Vini credo proprio vi parlerò nei prossimi giorni in un articolo interamente dedicato a Paolo ed alla sua cantina.
Pieve de’ Pitti: che Caterina fosse una vera vignaiola ormai l’avevo appurato, ma devo ammettere che ogni volta che assaggio i suoi Vini è come scoprire un po’ più di lei, della sua terra, delle sue vigne e dell’idea di Vino che stia portando avanti. In particolare, in questa occasione, sono stato colpito dal suo Syrah Scopaiolo, che alla classica e sempre intrigante pepata spezia aggiunge un’intelaiatura minerale che, unita ad un buon nerbo acido, ne fa un Vino da bere con inerzia. Interessanti anche i bianchi assaggiati in cantina qualche mese fa ed ovviamente il Moro di Pava, un gran bel Sangiovese di quelli che sanno di Sangiovese e di terroir.
Pietro Beconcini: Leonardo Beconcini è uno di quei vignaioli che in vigna ci vivrebbe giorno e notte e che mentre cammina fra i filari – ed io ho avuto il piacere di camminarvi con lui – entra nel suo habitat naturale, dove non smetterebbe più di raccontare della bellezza del suo territorio e delle potenzialità delle sue piante. Piante uniche, quelle di Tempranillo, vigneto unico in Italia che da vita a vini che dimostrano quanto il terroir possa fare la differenza. Specie per un varietale che altrove, Spagna in primis, dia origini a Vini dolcioni ed eccessivamente morbidi, mentre nei vigneti di Leonardo si fa asciutto, lineare, profondo e pieno quanto basti per donare un sorso ampio, ma non stancante. Sempre un piacere parlare di Vino e di vita con persone con così tante esperienza ed umanità.
Grifalco: dietro suggerimento di più di un amico mi catapulto ad assaggiare i Vini di quest’azienda nel Vulture, ma con una forte impronta toscana. Fabrizio Piccin e Cecilia Naldoni li conoscevo già ai tempi di Salcheto, ma una volta ceduta l’azienda di Montepulciano – perché il modo di fare Vino in Toscana non sembrava essere più in linea con la loro filosofia enoica – è proprio in Basilicata che stanno creando il futuro loro e dei loro figli, ormai entrambi fondamentali per l’azienda.
Ricordo ancora il giorno in cui, davanti ad un paio di wine critics ed un produttore toscano, mi beccai uno sberleffo parlando di quanto l’Aglianico avesse in comune con il Sangiovese, sia a livello storico che in termini di varietale e non può che farmi piacere aver trovato qualcuno che avendo lavorato con entrambi i vitigni nelle due zone d’elezione di ciascuno confermi questa mia percezione. Interessante la commistione di stili tosco-lucana che ha portato alla realizzazione di Vini molto puliti, espressivi ed equilibrati. Tra tutti quello che ho, sicuramente, apprezzato maggiormente è stato il Grifalco, un bell’Aglianico in purezza che al frutto integro e fresco abbina una dinamica vibrante striata di tannini netti, ma educati ed attraversata da una vena minerale che ne agevola ancor più la beva.
Kobler: Armin Kobler è uno di quei produttori che ho sempre seguito con piacere sui social, perché dotato di quella giusta dose di ragionevolezza ed ironia che in molti dovrebbero comprendere e far propria. Non avero, però, mai assaggiato i suoi Vini, quindi quale miglior occasione del Mercato dei Vini per farlo?! Ciò che è emerso dal mio assaggio rapido e conciso – un po’ come Armin, a cui si vede lontano un miglio piacciano più i fatti e la concretezza che i voli pindarici – è che la ricerca della pulizia e della precisione sia il comun denominatore di tutta la linea dei Vini Kobler. Mi hanno molto colpito il Gewürztraminer Feld, molto dritto, netto e salino, ed il Puit (Cab. Franc) molto elegante, educato, suadente, ma al contempo dinamico, anch’esso, per freschezza.
Tenuta San Marcello: dal momento in cui raccontai in questo wineblog la storia di Massimo & Pascale e del loro amore per le Marche e per la Tenuta San Marcello non ho più smesso di seguire le evoluzioni di questa realtà e dei suoi ottimi Vini. Tanto che nell’ultima trasversale del verdicchio fu proprio un Vino di Massimo a stupire tutti. Al Mercato dei Vini ho avuto modo di assaggiare le nuova annata del Cipriani e, beh… che 2015 ragazzi! Un Verdicchio che chiunque ami il varietale – io non faccio testo, dato che ormai siamo sposati io e quest’uva – dovrebbe assaggiare. Di grande identità, pienezza, ma fresco e sapido, con tutte le note, dal principio al finale, al posto giusto, mandorla amara compresa. Poi Massimo è una persona da conoscere, quindi se capitate nelle Marche un saltino in azienda è d’obbligo!
Podere Albiano: adoro la Val d’Orcia e sono convinto che in un luogo così bello si debba necessariamente puntare a fare grandi Vini. Alberto & Anna non hanno mai avuto dubbi a riguardo e la qualità dei loro Vini ha sempre rispecchiato la volontà di mostrare le potenzialità di un territorio, sin troppo spesso, messo in ombra dalle vicine sorelle maggiori.
Il Tribolo Riserva 2011 è davvero un grande Sangiovese, fiero ed elegante, ancora in fase di start up evolutiva.
Tenuta di Ghizzano: una realtà che ho scoperto di recente assaggiando tutta la linea di Rossi prodotti in questa storia tenuta dell’alta Toscana. Ritrovarla al Mercato dei Vini è stato un piacere, soprattutto perché ho avuto modo di assaggiare l’ultimo imbottigliamento del Ghizzano che esprime il Sangiovese in tutto il suo splendore, con carica ed eleganza, con freschezza e struttura, il tutto reso più intrigante e stuzzicante dalla speziatura naturale di questo varietale che solo trattandolo con il massimo rispetto e senza artifizi può essere esaltata. Di sicuro una cantina di cui vi parlerò in maniera più approfondita in futuro.
San Biagio Vecchio: per quanto piccola sia questa realtà e per quante poche bottiglie producano, sono sempre attivi e non mancano mai un evento, pur di far conoscere il proprio territorio e la propria idea di Vino ed io non perdo mai occasione di passare da loro ad assaggiare le ottime Albana ed i Rossi sempre più maturi ed interessanti.
Solo qualche giorno fa scrissi di questa cantina romagnola, in occasione dell’evento Sangiovese Purosangue, quindi eviterò di annoiarvi ripetendomi, ma non eviterò di consigliarvi di assaggiare i loro Vini, perché ne vale davvero la pena e Lucia saprà illustrarvi ogni peculiarità dell’azienda e delle vinificazioni in maniera impeccabile.
Lo stesso discorso vale per Gabriele Succi e la sua Costa Archi e Marta Valpiani due aziende che si dimostrano, con due stili diversi, ma approcci ugualmente rispettosi e ponderati, ai vertici espressivi del Sangiovese di Romagna. Dalla personalità inconfondibile, con una buona struttura, attraversata da lineare freschezza, giocati su equilibri sottili tutti i Vini di Costa Archi, mentre leggiadra eleganza negli assaggi di Marta Valpiani, belli freschi e minerali anch’essi, molto territoriali.
Qualche assaggio estemporaneo degno di nota al Mercato dei Vini:
Il Rosso del veronese Theobroma (cabernet sauv. e croatina) di Pier Paolo Antolini è il Vino che non t’aspetti in Valpolicella, quell’esercizio di stile che potrebbe risultare fuori luogo, ma che invece, in questo caso, stupisce per il grande equilibrio fra spalle larghe e sorso affusolato.
Liana Peruzzi: la sua minuta produzione di Metodo Classico da uve Verdicchio Dosaggio Zero rappresenta ora come ora l’eccellenza della spumantizzazione da autoctono in Italia. Un Vino di rara eleganza, che mantiene integro il varietale, spogliandolo solo degli eccessi ed esaltandone freschezza e mineralità. In assoluto uno dei miei Metodo Classico preferiti per pulizia e finezza.
Una realtà che sto imparando a conoscere proprio in questi ultimi mesi quella della cantina Massimago che sta ancora crescendo, ma ha già raggiunto obiettivi importanti. Tra i percorsi meglio avviati c’è sicuramente quello del Profasio 2012 vanta il giusto connubio fra dinamica e struttura, che grazie ad una buona balsamicità rendono la beva agile e godibile.
L’Ortrugo Narciso di Davide Valla è una sorpresa inattesa! Forse il Vino più bizzarro, particolare che abbia assaggiato ultimamente grazie alla sua natura irriverente, con una macerazione abbastanza spinta e la sua vivacità frizzante. Una sorta di orange wine rifermentato in bottiglia, che d’estate ne berresti a secchi!
Il Vino da Messa dell’Az. Agr. Ca’ Richeta di Orlando Enrico è un passito prodotto secondo i regolamenti di Diritto
canonico dei vini ad uso sacramentale, sotto la supervisione e
l’autorizzazione della Curia Diocesana di Alba e sin dal primo naso fa sorgere spontanea l’esclamazione “fortunati ‘sti preti!”. Intenso, piacevole, assolutamente non eccessivo in dolcezza. Una goduria!
Siamo a Piacenza e non potevo che salutarla con un Vino piacentino di un produttore che ho sempre apprezzato per la qualità dei propri Vini, ovvero l’Az. Agr. Casa Bianca della famiglia Marengoni.
Il Vino in questione è il Gutturnio Riserva, un blend classico di Barbera e Croatina affinato in botte grande per tre anni più uno in bottiglia che se avesse sull’etichetta un nome o una denominazione più conosciuta ed importante potrebbe competere con Vini ben più blasonati e costosi. Ottimo!
Nella speranza di non aver dimenticato qualcuno, ma è molto probabile data l’enorme quantità di assaggi e la piccola cernita che ho dovuto per forza di cose effettuare, rimando amici winelovers e tutti i produttori – specialmente quelli che non sono riuscito a passare a trovare per motivi di tempo e perché il mio clone era in ferie – alla prossima edizione del mercato dei vini dei vignaioli indipendenti, certo che sarà ancora una volta una grande esperienza enoica ed umana!
F.S.R.
#WineIsSharing
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