Marjan Simčič – Un artista della vigna e del vino a cavallo fra Italia e Slovenia

C’è un luogo del vino che mi affascina da sempre, tanto da attrarmi più e più volte durante l’anno, con la sua bellezza enoica e la sua ricchezza di varietà, biodiversità e capitale umano.
Parlo di quella vera e propria terra di confine che in Slovenia diventa Brda e in Friuli Venezia Giulia Cuei, ovvero Collio. Un’area geografica collinare, divisa tra Italia (Venezia Giulia) e Slovenia, che si estende tra il fiume Isonzo e lo Iudrio.

vigneti brda simcic marjan slovenia
Un confine ideale che viene percepito gradualmente tanto nella cultura, nell’idioma e negli usi e costumi che nella viticoltura. Un passaggio dall’Italia alla Slovenia così sfumato che molti dei vitigni coltivati sia dall’una che dall’altra sponda del confine, pur avendo nomi differenti, sono i medesimi. Troverete quindi la Rebula al posto della Ribolla, il Sauvignonasse identificherà il Friulano (Ex Tocai), il Pinot Grigio si chiamerà Sivi Pinot e la Malvasia (Istriana) prenderà il nome di Malvasija.
E’ proprio in Brda che ho avuto modo di trovare un produttore che negli ultimi anni ha saputo rappresentare al meglio questa terra di confine, potendo usufruire di vigneti a cavallo fra i due paesi: Italia e Slovenia. Parlo, ovviamente, di Marjan Simčič e dei suoi vigneti per metà in quella che in Slovenia chiamano Goriška Brda e per l’altra metà nel Collio Friulano (o Goriziano). Marjan rappresenta la quinta generazione di vignaioli della sua famiglia legata alla viticoltura in questo territorio dal 1860, quando il suo avo Jozef Simčič fondò l’azienda.
vigneti brda marjan simcic
Marjan è entrato a pieno regime in azienda nel 1988 e la sua voglia di mostrare al mondo il potenziale dei suoi vigneti e della sua idea di vino è stata così forte da portarlo ad una crescita tale da farlo divenire un riferimento assoluto per l’areale e per l’intera enologia slovena.
Insieme alla moglie Valerija, ha preso in mano l’azienda puntando tutto sulla qualità e sull’identità, etrambi valori ottenibili partendo da una minuziosa e ponderata zonazione dei propri vigneti situati nelle zone di Zegla, Russic, Podgredič, Gredič, Ceglo, Medana-Jama, Plešivo – Grotišče, Jordano, Breg e Kozlink.

vigneto cuore slovenia

E’ così che nasce l’idea di suddividere in 3 differenti linee i vini prodotti, andando ad enfatizzare al massimo le potenzialità di ogni singolo “cru”. Vigne che godono di condizioni pedoclimatiche ottime grazie all’azione mitigante dell’aria marina proveniente dalla Pianura Friulana e a quella di protezione contro i grandi freddi garantita dalle Alpi Giulie e l’altipiano di Ternova e che trovano nella ponca (Opoka in Sloveno) il terreno ideale per lo sviluppo di una viticoltura di qualità.

E’ proprio da questi strati di marne e arenarie che prende il nome la linea d’eccellenza dei vini di Marjan Simcic che va a completare nel 2004 il suo portfolio composto da:
Brda Classic: prodotti dalle vigne più giovani, affinamento in vasche d’acciaio e permanenza sulle fecce fini fino ad 8 mesi, al fine di conferire complessità anche a vini orientati alla freschezza e alla grande agilità di beva resa inerziale dalla spiccata sapidità;
Cru Selections (Selekcija) : prodotti solo nelle annate che permettono di raggiungere un elevato standard qualitativo secondo Marjan. Frutto di un’accurata selezione dei migliori grappoli raccolti dalle vigne più vecchie, con fermentazioni spontanee e un affinamento che va dai 2 ai 4 anni in base alla tipologia di varietale e di vino, vengono imbottigliati non filtrati per poi essere messi sul mercato.
Opoka Cru: il non plus ultra voluto fortemente da Marjan per andare a ricercare un’espressione ancor più identitaria dei suoi Cru e della sua idea di viticoltura e di enologia che mira a togliere per dare, come l’opera dei migliori scultori. Tirature limitatissime per questi vini che vengono vengono imbottigliati, senza filtrazione, dopo essere stati elevati da 22 a 36 mesi in un’attenta selezione di botti e barili di diverse dimensioni e tostature.

ceglo cantine
Era da molto che cercavamo una data utile per incontrarci in cantina, io e Marjan, e, come spesso capita, il momento ideale si è dimostrato essere quello più inatteso, ovvero la vendemmia. Il momento migliore per me che ho sempre dato priorità alla vigna nella sua conduzione agronomica e nell’approccio del vignaiolo, specie se il vignaiolo si chiama Marjan Simčič! Prima di parlarvi degli assaggi che mi hanno colpito di più, ci terrei a fare un piccolo ma fondamentale appunto, una digressione che poi tanto digressione non è:
in molti pensano che esistano delle “eno-star”, dei produttori che hanno guadagnato gli onori della cronaca e una buona dose di successo in grado di permettere loro di delegare e di partecipare in maniera prioritaria alla vita eno-mondana lasciando indietro la vigna e la cantina, potendo contare su maggiori introiti e fedeli “scudieri”. In realtà, nel mio girovagar enoico ho avuto modo di conoscere realtà agli albori poi diventate note e altre già molto note, ma ho sempre trovato un filo conduttore, un comun denominatore nel pensare e nel fare di questi vignaioli, ovvero il lavoro! La vita enologica di Marjan non è stata di certo la più semplice, dato che per generazioni la sua famiglia ha dovuto vivere imbrigliata in confini  territoriali e ideali/ideologici dettati da altri, passando attraverso dittature e fasi socio-politiche che di certo non permettevano di puntare a ciò che poi questa realtà è riuscita a fare. Un contesto difficile, nel quale, però, era possibile sognare, ma non nell’accezione più illusoria del termine, bensì in quella più pragmatica, più concreta che al sogno faceva seguire, senza soluzione di continuità, il lavoro ed ancor prima lo studio! E’ per questo che Marjan ha fortemente voluto studiare e fare esperienze a Bordeaux e in Borgogna e ha cercato di formarsi e informarsi senza mai smettere di spostare l’asticella un po’ più alto. Un’asticella che non smette mai di alzarsi e la cosa è palese, vedendolo condurre le sue vigne e la sua cantina da solo, con il solo aiuto di suo cugino, dopo aver perso, da pochi mesi, suo padre, ovvero il suo più importante riferimento e colonna portante dell’azienda, con gli occhi di chi sa di aver fatto tanto ma di poter fare ancora molto di più!

cantina simcic
E’ per questo che nella nuova cantina nulla è lasciato al caso, dalle vasche d’acciaio a quelle in cemento, alle nuove uova (in legno e cemento) alle botti di ogni dimensione, essenza e tostatura al fine di ottenere il miglior risultato per la vinificazione rispettosa di ogni singolo varietale. Ogni momento è scandito da una data, ogni step da una scelta, ogni investimento da un traguardo raggiunto e la sua fierezza non è di certo dovuta ai beni materiali, perché il suo piccolo grande regno non è fatto di mattoni, ma di terra e esperienza acquisita da chi ha fatto vino prima di lui e da quelle stesse terre in cui le radici della sua famiglia si intrecciano a quelle delle viti.
wine blogger francesco saverio russo simcic

Ecco perché, quando leggo di “star del vino” o di “vignaioli personaggi”, penso che – spesso – sia come ridurre sapere e lavoro al mero risultato ottenuto nel presente da chi fa vino. Non c’è cosa più bella per me, invece, di poter tornare a casa dopo ore passate tra camminate in vigna, assaggi da botte e aperti confronti in degustazione, con la consapevolezza di aver incontrato un vignaiolo vero, un artista nell’accezione più artigianale del termine e non di certo una “rock-star” del vino.
Un uomo che si mostra in tutta la sua umanità quando, a metà degustazione, palesemente commosso, ci tiene ad andare a prendere quel salame che per la prima volta aveva dovuto fare senza suo padre, ma che rappresenterà sempre un legame profondo con le tradizioni di famiglia e il rapporto padre-figlio intriso di piccoli grandi gesti tipici della vita rurale.

Passando ai vini di Marjan Simcic, la degustazione è iniziata prendendo in esame la linea più giovane e assaggiando Rebula, Sauvignonasse e Sivi Pinot tutti prodotti nell’annata 2017, in grado di manifestare grande prontezza di riflessi e una dinamica di beva entusiasmante, senza peccare di scontatezza né al naso né al sorso, con slancio e sapidità a fare da trait d’union fra i tre assaggi profondamente differenti nell’identità varietale, ma forti di una matrice territoriale comune.
saverio russo degustazioni wine blogger
Ecco, però, gli assaggi che meritano una particolare attenzione:
vini marjan simcic
Rebula Selekcija Goriška Brda 2016: parto con la Ribolla che in qualsiasi altra azienda avrebbe potuto rappresentare il vino di punta, in quanto frutto di un’accurata selezione di grappoli prodotti dalle vigne più vecchie alla quale segue una vinificazione volta al raggiungimento della massima espressività varietale e territoriale. Invece, per questa cantina questa referenza rappresenta l’espressione “di mezzo” fra la Ribolla più fresca e diretta e il cru Opoka, più complesso e impegnato. Parliamo di un vino completo nel suo spettro varietale arricchito da note agrumate di grande solarità e freschezza. Il sorso pieno e avvolgente ma, al contempo, vibrante nel suo incedere fresco e sapido. Lungo come poche Ribolle sanno essere, con un lieve accenno tannino che sembra voler ribadire la stoffa di questo varietale e la sua capacità espressiva indotta da questo territorio e dalla mano artigiana di Marjan.
Sarebbe stato troppo semplice giocarmi subito un vino della linea Opoka, che in tutte le referenze si è dimostrata oltre l’eccellenza, come nella 2013 di Rebula, capace di stupire per tenuta in termini di intensità e dinamica vitalità.
Sauvignon Blanc Opoka Jordano Cru Goriška Brda 2016: l’integrità varietale di questo Sauvignon è disarmante sin dal primo naso, non “pompato” o estremizzato da uno spettro troppo tropicale, bensì virato tutto verso le finezze che il Sauvignon sa esprimere in queste terre. Un’eleganza in continua evoluzione nel calice come, si presume, sarà in bottiglia. Il sorso conferma le tonalità prettamente mediterranee di questo bianco di certo non esile ma teso come una corda di violino pronta a suonare note alte, dritte, pulite, di grande armonia. Mineralità proverbiale in chiusura.
Pinot Noir “Breg Cru” Opoka ZGP Brda 2014: la bestia “noir” di tutti i vignaioli ma, al contempo, il vitigno che più di ogni altro sa tradurre con garbo e finezza la forza espressiva di un terroir e la dedizione attenta e costante di un vignaiolo. Proprio come una ballerina di danza classica, capace di vivere contemporaneamente nel tempo e nello spazio, mostrando luce e leggiadria nonostante il grande sforzo compiuto e la meticolosa preparazione tecnica affinata con il giusto tempo nel giusto contesto. Lo spettro olfattivo è integralmente varietale, con un frutto nitido e fresco accompagnato da accenni agrumati e balsamici resi intrigante da una sfumata speziatura. Il sorso è intenso e avvolgente, ma mai troppo denso nella sua trama fitta e fine. L’allungo è dinamico, sferzante di sapore e profondo nel enfatizzare l’incipit balsamico percepito al naso. Un Pinot Nero complesso, ma mai snob; intenso, ma mai sopra le righe; elegante quanto molte espressioni borgognone eppure di grande identità di terra e di mano. E’ con questo vino che, a mio parere, Marjan dimostra (per quanto non serva) la sua consapevolezza agronomica ed enologica frutto di esperienze e anni di lavoro attento ed appassionato, ma soprattutto di confronti e di assaggi che lo hanno portato ad elevare le potenzialità dei suoi vini in maniera encomiabile. In caso non trovaste una bottiglia di questa piccolissima produzione, il Pinot Noir Selekcija 2015 non è così dissimile dall’Opoka in termini di espressività varietale, luminosità espressiva e dinamica di beva.
 
Merlot Opoka ZGP Brda 2013: che l’obiettivo di Marjan sia quello di trovare la chiave di volta armonica di ogni varietale declinandola secondo l’idioma di ciascuno dei suoi vigneti è evidente, ma che un Merlot potesse raggiungere una tale identità, senza scimmiottare Bordeaux ma scomodando paragoni illustri è qualcosa di inatteso persino per me. Alle note varietali intense nel frutto si aggiungono fresche folate balsamiche che fanno da apripista ad un sorso dal corpo scolpito ma longilineo, in grado di spingere con piglio sicuro e passo costante senza stancarsi alla distanza. Spina dorsale acida, struttura tannica fitta e finale di ferro e di ruggine sono segni distintivi del grande vino che è e del grandissimo vino che può diventare con qualche anno di vetro. Un esempio di equilibrio fra struttura e freschezza, fra potenza ed eleganza. Costanti ritrovate anche nella 2009 e nella 2007 provate in chiusura di degustazione al fine di confermare il potenziale evolutivo del “Merlot secondo Marjan Simcic”.
Tutti i vini citati hanno come comun denominatore in termini di vinificazione le scelte di adottare solo fermentazioni spontanee e di portare i vini in bottiglia senza filtrazione, con minime aggiunte di solforosa.
vini simcic sloveni
A questi vini si aggiungono i numerosi assaggi fatti in cantina dove ho avuto modo di dare uno sguardo al futuro, a ciò che sarà, attraverso i le varie botti e i vari vasi vinari utilizzati da Marjan per le vinificazioni e l’affinamento, che fanno percepire un ulteriore step in avanti in termini di nitidezza ed eleganza.
cantina marjan simcic

Concludo ribadendo la mia gioia nell’aver trovato di fianco a me, durante le lunghe perlustrazioni in vigna, e di fronte a me, nella dettagliata degustazione, un vero vignaiolo che ha saputo coniugare un’esperienza artigiana tramandatagli da suo padre e dai suoi avi e una profonda consapevolezza tecnica agronomica e enologica. Una consapevolezza fondamentale per permettergli di lavorare eliminando tutto ciò che è superfluo in vigna e in cantina, al fine di esprimere nei suoi vini la piena identità del suo terroir.

Questo è ciò che ho detto a Marjan dopo aver appoggiato l’ultimo calice di Merlot, con Vasco Rossi a fare da sottofondo, sotto il portico di casa sua:
“I grandi vini hanno come padre un grande vignaiolo e come madre una grande terra” 
F.S.R.
#WineIsSharing

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