Villa Montosoli – “E se la migliore espressione dell’annata 2014 prodotta a Montalcino non fosse un Brunello?” – Un vino destinato alla leggenda…

Il mio titolo non vuole di certo essere una provocazione, dato il grande entusiasmo che ho riversato in ogni parola scritta riguardo il Brunello 2014 da molti denigrato ma da me considerato in maniera più che positiva là dove capace di esprime le migliori attitudini di un’annata evidentemente difficoltosa ma sorprendente: finezza e agilità, eleganza e freschezza, pulizia ed equilibrio.

Il mio quesito serve solo a dare il là alla storia di un grandissimo vino, un racconto molto particolare, che in pochi appassionati e addetti ai lavori conoscono ma che, a mio modesto parere, rappresenta una potenziale futura “leggenda enoica” per Montalcino e non solo.

Parlo del vino Villa Montosoli della cantina Pietroso, una realtà di cui ho già scritto in passato (leggi qui), che dagli anni ’70, grazie alla grande passione per la terra e il vino del viticoltore Domenico Berni – detto “Delfo” – produce vini di pregio in quantità limitata, senza snaturarne l’identità territoriale.
Oggi, a condurre l’azienda sono, il nipote di Delfo, Gianni Pignattai e suo figlio Andrea, enotecnico, che seguono tutte le fasi della filiera produttiva, affiancati dall’enologo Alessandro Dondi per quanto riguardi la parte enologica. La moglie di Gianni, Cecilia, si occupa della parte commerciale ed amministrativa e la figlia Gloria guida le visite aziendali. Una vera e propria realtà a conduzione familiare, come ce ne sono altre a Montalcino, ma con un affiatamento ed un’unità d’intenti rari.
Pietroso è una piccola azienda, che dispone di circa 5.5 ha di vigneti di proprietà coltivati, oggi, esclusivamente a sangiovese, che si trovano in quattro zone distinte e tra le più vocate del territorio di Montalcino ad altitudini dai 400mt slm ai 500mt slm ed oltre, con un ventaglio di esposizioni che permette di portare in cantina uve capaci di completarsi vicendevolmente al fine di trovare equilibri fondamentali per ottenere un grande vino.
Tra i vigneti di Pietroso, però, ce n’è uno di circa 1.5ha posto sulla sommità della collina di Montosoli a Montalcino in cui, fino a poco tempo fa, risiedevano vecchie viti (di oltre 40 anni) figlie di una viticoltura tradizionale nelle scelte d’impianto e nei varietali (oltre al Sangiovese erano presenti Canaiolo, Colorino, Ciliegiolo ecc…). Una sorte di enclave caratterizzata da un pedoclima unico: suoli permeabili e drenanti, con un substrato di argille e marne siltose, calcari marnosi, calcareniti e brecciole, che gode di un microclima più fresco e con maggiori escursioni termiche rispetto agli altri versanti, pur vantando un’irradiazione ideale.
E’ proprio di quella vigna e del vino da essa prodotta che vi parlerò oggi, perché quel vigneto e quel vino sono, a mio parere, appena entrati nella storia di Montalcino e mai dovranno essere dimenticati.
Il vigneto in questione è, ovviamente, quello che per anni è stato utilizzato per la produzione del “cru” Villa Montosoli, un vino unico nel panorama ilcinese contemporaneo.
La principale particolarità del Villa Montosoli è che si tratta di un IGT poiché non prodotto con sole uve Sangiovese bensì con l’uvaggio classico “chiantigiano”, storicamente presente anche a Montalcino come in molte altre aree della Toscana.
E’ per questo che può, a tutti gli effetti, essere definito il “Brunello anni ’70”, in quanto prodotto come lo si poteva produrre prima del cambio di disciplinare che ha imposto l’utilizzo del solo Sangiovese.

Da anni seguo questa realtà e il Villa Montosoli è sempre stato un vino capace di emozionarmi con il suo fascino d’altri tempi e la sua eleganza innata, ma soprattutto per la naturale vocazione a non risultare mai anacronistico e a rifuggire la noia in ogni singola annata, come a voler dimostrare che il passato, se interpretato con cognizione di causa e consapevolezza attuali, può e sa essere contemporaneo più degli approcci modernisti.
Un vino che nasce nel 2010 e che, quindi, ha attraversato nelle sue prime 4 annate di produzione stagioni buone e buonissime.
Eppure, a dimostrazione di quanto quella terra sia vocata, la causa scatenante di questo pezzo è il Villa Montosoli 2014, che in un’annata considerata da molti neanche meritevole della sufficienza, è stato capace di strappare dalle mie labbra parole che mai avrei pensato di poter pronunciare: 
“Il Villa Montosoli 2014 è, per me, il vino più buono prodotto a Montalcino nell’annata 2014.”

Sia chiaro, pur avendo assaggiato tutti i vini in anteprima e molti di quelli non presenti a Benvenuto Brunello, sarei ipocrita se non vi dicessi che questa affermazione è relativa al momento e che è scaturita in maniera così spontanea e incontrollabile da aver sorpreso persino me stesso. Credo, però, sia importante condividere impressioni e sensazioni così forti e sincere, specie se si spera che altri possano vivere la stessa esperienza, seppur in maniera personale e diversa.
Per quanto creda fortemente che la massima espressione odierna di Montalcino sia rappresentata dal Brunello e, quindi, dal Sangiovese in purezza, è pur vero che l’esperienza del passato e delle vecchie viti, specie in annate complesse come la 2014, è stata in grado di fare la differenza in maniera disarmante. Il tutto, ovviamente, grazie al grande garbo e al profondo rispetto di chi quelle uve le ha iper-selezionate e vinificate.

Un vino completo e complesso, che parla di Montosoli e di Montalcino, senza avere il timore di scomodare paragoni importanti e di avvicinare la naturale finezza e la forte e vitale espressività ad una concezione – permettetemi l’azzardata comparazione – borgognona del vino. L’annata fresca, per quanto piovosa, agevola proprio lo sviluppo di precursori più orientati ad aromi floreali in cui la rosa, non sempre presente nel Sangiovese, emerge quasi a voler confermare il parallelismo con i grandi vini base Pinot Nero. La bocca è tesa, longilinea, vibrante ma non lesina struttura e profondità di sorso. La trama tannica e la chiosa saporita e minerale rappresentano il marcatore territoriale che ti riporta a Montalcino… che ti riporta a Montosoli con la precisione di un gps.

Dopotutto, un caro amico, che vanta un’esperienza impareggiabile, sostiene da anni che Montalcino dovrebbe essere la “Borgogna” d’Italia e, se così fosse, Montosoli non potrebbe che esserne uno dei più vocati Grand Cru in un’ideale zonazione.
zonazione montalcino montosoli
Se ho deciso di dedicare questo pezzo al Villa Montosoli di Pietroso è, senza tema di smentita, per la coerenza con la quale si è espresso negli ultimi anni ma anche e, soprattutto, perché questo vino, così come lo abbiamo conosciuto, non esisterà più.
Qualche anno fa, infatti, Gianni e la sua famiglia hanno dovuto prendere un’arda decisione, ovvero quella di espiantare la vecchia vigna ormai segnata dal tempo e improduttiva, mettendo a dimora in quello stesso vocatissimo terreno barbatelle di solo Sangiovese che daranno origine a quello che sarà il cru di Brunello di Pietroso.
vigna montosoli pietroso
Nella mia ferma convinzione che in quel nuovo vigneto possa nascere qualcosa di profondamente identitario e qualitativamente eccellente, c’è il velo di nostalgia che solo chi ama il vino in maniera viscerale può provare. Mi accadde la stessa cosa quando Enzo Pontoni (Miani) mi disse che non avrebbe più prodotto il suo Calvari, in quanto quel leggendario vigneto da lui gestito in affitto era stato venduto ad altri produttori, impedendo così la produzione futura dell’omonimo cru di Refosco “Calvari”. Anche in quel caso la decisione era stata ponderata, in quanto Enzo non aveva interesse nell’acquistare un vigneto dal quale aveva già ottenuto la sua massima espressione e che da lì in poi non avrebbe più potuto essere all’altezza delle sue esigentissime aspettative. A differenza di ciò che è accaduto al Calvari, però, il terroir del Villa Montosoli, la sua vocazione e la sua anima restano a disposizione dell’azienda Pietroso e questo non può che rincuorare me e tutti gli amanti del buon vino.
Per tutto questo e per il semplice fatto di essere un vino unico nel suo genere il Villa Montosoli merita di essere definito un vino mitico e, mi piace pensare, che possa diventare un vino di culto per i veri appassionati che ai grandi e blasonati brand enoici preferiscono incessante, profonda e curiosa ricerca e liquide emozioni.
Unico problema, poche annate prodotte e pochissime bottiglie che non sono ancora state stappate in Italia e nel mondo.

Io non sono un collezionista e non vedo l’unicum rappresentato da questo vino come un motivo di investimento o un mero feticcio, perché – per me – ogni vino ha il fine ultimo di essere bevuto e lasciare qualcosa del suo passato, nella percezione presente e nel ricordo futuro. Non occorre conservarne bottiglie ma piuttosto stapparne e berne, perché l’unica cosa che può rendere qualcosa eterno è la sua memoria, l’emozione di un momento, le sensazioni di un calice. E’ proprio grazie a questa forza eternatrice tanto cara a Dante è comune ad ogni forma d’arte come la poesia, la pittura, la scultura e, a mio modo di vedere, anche al vino che, anche se non sarà più prodotto, il Villa Montosoli sarà eterno.

villa montosoli 2015 pietroso

Detto questo, non ci resta che attendere l’uscita in commercio della 2015 (ultima annata prodotta) e di cercare le poche bottiglie rimaste delle annate precedenti.
Oltre, ovviamente, ad attendere con ansia il Brunello che nascerà dalla nuova vigna che godrà dello stesso identico pedoclima e del garbo del medesimo vignaiolo.




F.S.R.
#WineIsSharing

Lascia un commento

Blog at WordPress.com.

Up ↑

%d