Il “Cru” di Aquileia – Un viaggio tra storia, vigne e cantine virtuose

C’è un tanto piccolo quanto storico areale vitivinicolo friulano che era rimasto fuori dal mio “radar enoico” per anni, nonostante continuassi ad assaggiare vini interessanti provenienti dalle sue vigne. Parlo della Doc Aquileia e, nello specifico, delle vigne e delle realtà della città che da il nome a questa denominazione. Una zona del Friuli Venezia Giulia in cui storia, arte e viticoltura si intrecciano da millenni, conferendo un inestimabile valore aggiunto all’ambito prettamente enoico.
Aquileia vini vigne doc
Quando si parla di Aquileia, infatti, è impossibile non partire dai fasti della gloriosa storia di una città fondata nel 181 a.C. per ordine di Roma, che fece arrivare in queste terre circa 3000 coloni latini, soldati e coltivatori con lo scopo di trasferire qui la potenza di Roma in piena espansione. Aquileia vide passare le legioni di Cesare nel I Secolo a.C. e le orde di Attila cinque secoli più tardi.
A partire da Augusto (la sua seconda moglie Livia adorava il Pucinum tanto che lo considerò il suo elisir di lunga vita) fu un importante centro commerciale tra l’area danubiana ed il Mediterraneo, assistette all’espansione ed alla grandezza dell’Impero romano specialmente nei primissimi secoli d.C.. Svolse anche un importante ruolo religioso e di evangelizzazione, divenendo infine sede dell’omonimo Patriarcato dall’Alto Medioevo al 1751.
Le testimonianza storiche di una florida viticoltura sono molte e tante sono quelle che hanno come soggetto il Refosco, chiamato Pucinum da Plinio il Vecchio che lo mise al primo posto tra i “vina generosa del mondo antico”, celebrato dai Greci che lo chiamavano Pictaton, e citato in altri antichi scritti come Racimulus Fuscus in onore al suo ben noto Peduncolo Rosso.
Mentre si gira per le strade di Aquileia le suggestioni non mancano e non è difficile imbattersi in scavi archeologici: dal porto fluviale ai mercati, dalle case patrizie al Foro fino alle mura e ai reperti del Museo Archeologico Nazionale. Eppure mai avrei pensato di arrivare quasi a commuovermi scendendo dal B&B nel quale alloggiavo per poi ritrovarmi a camminare su di un decumano che passando attraverso i resti delle antiche terme mi accompagnava ad un vecchio vigneto appena preso in gestione dalla fondazione Aquileia e dal quale, probabilmente, verrà prodotto un simbolico vino.
decumano aquileia vigna
Per quanto concerne la pedologia della DOC Friuli Aquileia è la grande variabilità di tipologia di terreni a farla da padrona con zone più ghiaiose con marne giallastre fino e altre con presenza massiccia di argille scure più o meno miste a sabbia. La Doc Aquileia annovera 15 comuni, ma io ho scelto di focalizzare il mio ultimo viaggio solo sulla città dalla quale la denominazione prende il nome. Un vero e proprio “Cru” quello del micro-areale di Aquileia, contraddistinto da una buona omogeneità (nei limiti di una Doc molto variegate in termini pedoclimatici) con una netta prevalenza di terreni da argilloso/sabbioso privi di scheletro fino a zone completamente argillose, in alcune parcelle è possibile trovare più ciottoli.
Il territorio è per lo più pianeggiante ma ciò che rende quest’area così storicamente vocata è la vicinanza dal mare che influisce positivamente sull’allevamento della vite, specie in termini di escursione termica. Le escursioni giorno-notte sono così forti da aver agevolato l’impianto e lo stanziamento in questa zona di vitigni aromatici e semi-aromatici giunti dal nord come il Traminer (aromatico) e il Muller Thurgau, che si uniscono alla Malvasia (Istriana). Un pool di varietali dai profumi spiccati ma resi eleganti dalle ponderate maturazioni e dal garbo che i produttori locali hanno sviluppato nell’interpretare questi vitigni. Se è vero che la Malvasia Istriana non può essere equiparata alla maggior parte della altre “malvasie” per ricchezza di zuccheri e aromaticità, lo sviluppo terpenico dato dalla forte escursione termica rende le Malvasie di questa zona molto molto interessanti per l’integrità del frutto e un’intrigante speziatura.
Non vi nego che più mi guardavo intorno, più assaggiavo i vini del luogo, più non mi capacitavo di come un luogo di tale importanza non si fosse guadagnato una notorietà ben più luminosa di quella che attualmente sembra avere in termini prettamente enoici. Da qui passa buona parte della storia del vino friulano e non solo e da qui, mi piace pensare, un pezzo di storia contemporanea sta per essere scritta dal manipolo di produttori che ho avuto modo di incontrare durante il mio girovagar enoico ad Aquileia.
Produttori e vignaioli in grado di valorizzare il potenziale di queste vigne nel rispetto dell’identità varietale e territoriale, che io vi racconto così:

Prima tappa – Az. Agr. Tarlao

Cantina Tarlao aquileia
La prima tappa è stata nell’azienda di Francesco Tarlao che dopo varie esperienze all’estero (Argentina e Stati Uniti) è tornato nella sua terra natìa dove, con suo padre, porta avanti quelle vigne e quella cantina alle quali il nonno Igino ha dato vita con passione e dedizione.
Circa 7ha di vigneto in cui si alternano vitigni autoctoni come il Refosco dal Peduncolo Rosso, il Friulano e la Malvasia a vitigni che hanno trovato in queste terre un habitat ideale come il Traminer, il Pinot Bianco ma anche il Sauvignon, lo Chardonnay, il Merlot, il Cabernet Sauvignon e il Franc.
Francesco é un vignaiolo virtuoso, ha talento e nei suoi vini riversa tutta la sua voglia di fare e di trasmettere il suo terroir di calice in calice attraverso interpretazioni tecnicamente definite. Ciò che mi ha colpito di più, però, è la sua elasticità e la sensibilità che questo giovani produttore ha dimostrato nel cambiare rotto riguardo la cifra stilistica di alcuni dei suoi vini che, in passato, preferivano la potenza allo slancio, il corpo alla finezza. Oggi, il suo Refosco “Mosaic Ros” dimostra l’evoluzione in eleganza e in freschezza dei vini Tarlao e lo stesso fa il Pinot Bianco “Poc ma Bon” che esalta la complessità del vigneto vecchio aziendale bilanciando al meglio freschezza e struttura, dinamica di beva e profondità. Da segnalare anche il Friulano, didattico nel mostrare quanto l’espressione varietale di queste terre differisca da quelle di altri areali friulani per ricchezza di profumi e sapidità.

Seconda tappa – Az. Agr. Giovanni Donda

donda giovanni vini
L’Az. Agr. Giovanni Donda è l’unica ad avere sede nel centro storico di Aquileia, non troppo distante dalle vigne.
L’azienda nasce nel 1924 dalla volontà di Giovanni Battista Donda, che acquisisce i suoi primi 13 ettari di terreno nella campagna circostante, in un contesto di grande biodiversità favorito dal microclima lagunare.
A Giovanni Battista seguirà Bruno che porterà l’azienda ad uno sviluppo importante in termini di qualità. Oggi, Giovanni (“Gianni”), nipote di Bruno, gestisce l’azienda con grande passione e dedizione alzando ancora l’asticella a livello tecnico. Vini precisi su tutta la linea quelli di Donda, che spiccano per nitidezza dei profumi e agilità di beva con dei picchi che ho potuto riscontrare: nel Pinot Grigio integro nel varietale, fresco nel sorso, con un bel piglio materico e un netto finale sapido nell’annata attualmente in commercio e capace di stupire manifestando grande longevità nella 2012; nel Friulano, anch’esso molto coerente col profilo olfattivo varietale, di buona struttura e equa acidità, con il sale che torna a chiudere il sorso; il Cabernet Franc si esprime qui con sferzante freschezza e tonalità erbacee ben integrate nel frutto, a tratti speziato e balsamico, si distende in un sorso agile e saporito. In linea di massima l’azienda dispone di un potenziale palese, forse ancora non totalmente espresso, ma la pulizia e la chiarezza espositiva dei suoi vini la rendono certamente interessante.
Terza tappa – Cantina Ca’Tullio

Ca’Tullio è tra le aziende visitate quella più importante in termini di dimensioni e vanta una storia altrettanto degna di nota: nata a fine dell’Ottocento, inizia il grande sviluppo agricolo (frutta, ortaggi, uva, cereali e soprattutto tabacco) con la costruzione dell’imponente struttura nel 1928, ad opera della famiglia Tullio.
Fu all’epoca una delle realtà economiche più significative del territorio, tanto che non c’era aquileiese che non avesse almeno un parente che vi lavorasse.

Attorno al 1980 l’azienda venne rilevata e conobbe un nuovo slancio, ma è proprio tra il 1994 e il 1999 che l’azienda vede la vera e propria rinascita, quando l’intero complesso viene ristrutturato conservando il fascino della struttura originaria dando priorità alla vitivinicoltura.

Una testimonianza storica importante dell’imprenditoria friulana e aquileiese, tanto che la cantina è stata inserita nel catalogo ufficiale del Turismo FVG fra i luoghi più belli che meritano di essere visitati.

Vigneti gestiti con grande consapevolezza tecnica e vinificazioni volte a portare in bottiglia vini dalla personalità distintiva, capaci di parlare di territorio con una visione più internazionale. I vitigni coltivati sono: Pinot Grigio, Pinot Bianco, Friulano, Traminer Aromatico, Riesling, Verduzzo Friulano, Chardonnay e Sauvignon per i bianchi e Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Refosco DPR per i rossi.

Tra gli assaggi fatti spicca sicuramente il Muller Thurgau, che qui conferma la vocazione di queste terre alla coltivazione di vitigni che fanno della loro aromaticità ben più di un biglietto da visita e il Refosco dal Peduncolo Rosso, fresco, dinamico ed ematico, senza alcuna sbavatura verde e una finezza che stupisce. Molto tipico anche il Traminer.
 
Quarta tappa – Az. Agr. Puntin
L’Az. Agr. Puntin rappresenta per la denominazione un riferimento in termini di attenzione alla sostenibilità dalla vigna al bicchiere. Nei 4,5ha di vigneto si adottano le pratiche della lotta integrata e l’orto sinergico e le arnie a ridosso dei filari la dicono lunga sulla volontà di questa piccola realtà a conduzione familiare di dare un segnale importante ed evidente nei confronti di una viticoltura più accorta e rispettosa, sicuramente non semplice in queste terre.

Dario Puntini, titolare dell’azienda, è un vignaiolo vero di quelli che sono nati e cresciuti tra i filari. Filari che ancora resistono in alcune parcelle arrivando fino a ca. 80 anni, per poi lasciar spazio, gradualmente, ad impianti più giovani. L’approccio è umile ma consapevole sia in termini agronomici che enologici e i vini che ho avuto modo di assaggiare con Dario e sua moglie Monica (fondamentale nella gestione dell’azienda in termini di accoglienza) sono saggi, privi di sovrastrutture, ponderati quanto basti per valorizzare la loro identità varietale unitamente a quella di terreni a medio impasto tendenzialmente argillosi.

Ottimo il Cantius Bianco con gli aromi varietali del Pinot Bianco (90%) in prevalenza resi ancor più freschi dal saldo di Friulano (10%), buona tensione e sapido come si confà ai vini di queste terre. Stappandone un’annata più matura (2014) ho avuto la conferma di quanto questo vino abbia nel Friulano il compagno ideale a dare spina dorsale e freschezza al Pinot Bianco, mostrando grande propensione alla longevità. Molto fresca e agile l’interpretazione di Cabernet Franc che alle classiche note vegetali preferisce tonalità fruttate, balsamiche e una lieve ma intrigante speziatura naturale. Il sorso è vibrante e saporito.

Il potenziale dell’azienda è evidente e, nonostante la qualità indiscussa dei vini assaggiati, mi piace pensare che ci siano ancora margini di crescita dei quali neanche lo stesso Dario è pienamente consapevole. Sono certo che nei prossimi anni questa piccola realtà ci stupirà.
 
Quinta tappa – Tenuta di Monastero Barone Ritter de Zàhony

La penultima tappa del mio tour mi porta presso la Tenuta di Monastero, luogo dalle rare suggestioni, che vede alla sua guida la settima generazione della famiglia Ritter de Záhony. La vocazione imprenditoriale di Guido Federico Rossignoli – figlio di Claudio Rossignoli e Edda Cristina Ritter de Záhony che hanno trasmesso ai figli la passione e la dedizione per queste terre – permette ancora oggi la gestione diretta della tenuta, nel rispetto delle più antiche tradizioni familiari.

Ho avuto modo di conoscere Guido durante questo viaggio e di poter condividere con lui un confronto aperto e ricco di spunti di riflessione sul territorio e sul futuro della sua realtà e delle altre cantine di Aquileia. Un uomo brillante e lungimirante, ma soprattutto tanto umile da saper ascoltare e comprendere ancor prima di imporre una sua idea. La Tenuta della sua famiglia è, senza tema di smentita, la realtà agronomicamente e imprenditorialmente più in crescita con prospettive quantitative e qualitative che potrebbero fare da traino all’intera denominazione ma a Guido piace volare basso e andare avanti step by step come la vigna e il vino ci insegnano. Nei suoi vigneti, che affondano le proprie radici nei suoli argillosi di origine alluvionale ricchi di sali minerali, d’inverno soffia la bora del Carso triestino e d’estate il vento salmastro della laguna di Grado creando un microclima ideale per sviluppare varietali autoctoni e alloctoni con lo stesso grado di apertura olfattiva ed eleganza gustativa. Principalmente vengono coltivati: Ribolla Gialla, Chardonnay, Refosco, Pinot Grigio, Merlot, Cabernet, Sauvignon; oltre alle nuove scommesse di Guido: Rebo, Carmenere, Pinot Nero e Palava.

Tra gli assaggi dei tre vini fino ad ora prodotti (siamo alla prima annata della nuova gestione) cito con grande piacere lo Chardonnay Elvine di Barone Ritter de Záhony che non tradisce la gioventù delle vigne dalle quali proviene, con un’eleganza e una compostezza degne di un grande vino che può solo migliorare di vendemmia in vendemmia con il maturare delle piante; unico e intrigante il Palava, vitigno noto in Repubblica Ceca, in Ungheria (dove la famiglia storicamente aveva delle proprietà) e nell’Est Europa in genere, solitamente vinificato per ottenere vini dolci che qui, invece, trova nella sua versione secca che fa del suo profilo aromatico fresco nell’agrume e tropicale nel frutto tratti di grande originalità ma è la bocca tesa, asciutta e sapida a destabilizzare in quanto ci si aspetterebbe un vino molto più morbido. Fortunatamente così non è!

Azienda da seguire con grande attenzione visto che nei prossimi anni inizieranno ad affiancarsi a queste referenze altri vini e in particolare i rossi che in queste terre possono dare grandi soddisfazioni.
 
Sesta tappa – Vini Brojli

Ultima tappa, ma non per importanza, è quella presso la nuova e moderna cantina di Brojli, ovvero l’azienda vinicola della Fattoria Clementin, che nasce e si sviluppa a Terzo di Aquileia, dove Orlando e il figlio Franco decidono di concentrarsi sulla viticultura, riprendendo una delle attività storiche più importanti della zona. Piantando vigneti sui loro terreni, i Clementin trasformano la loro vecchia stalla in una cantina e iniziano a imbottigliare e commercializzare i Vini Brojli. Nel 2016 è il giovane Antonio, laureto in economia e commercio e terza generazione della famiglia, a prendere in mano le redini dell’azienda apportando una ventata di modernità ad una realtà che resta, però, fedele alle tradizioni e al rispetto per la terra. Una famiglia orgogliosa delle origini contadine che hanno portato questa realtà a diventare una delle più conosciute della denominazione grazie ad una linea di vini di territorio, corretti e sempre agili da bere che non vedono praticamente mai legno. Una filosofia apprezzabile che mira a far tornare il vino a tavola, esaltandone la vocazione alla convivialità.

Tra gli assaggi più interessanti segnalo un ottimo Riesling minerale, verticale e salino; un Pinot Grigio Ramato nitido, fresco e saporito; un Cabernet Franc d’annata tra i migliori assaggiati in tutto il Friuli (per quanto concerne le versioni senza legno) per freschezza e dinamica di beva.

Un’azienda familiare che ha mire ben precise e rappresenta un’ulteriore complemento della variegata offerta vitivinicola di Aquileia.

Quello nelle vigne e nelle cantine di Aquileia è stato uno dei miei viaggi più intensi in termini umani ed enoici, durante il quale non è mancata una vitale occasione di confronto moderata da me e dal giovane Sindaco della città Emanuele Zorino – che ringrazio per aver dimostrato sensibilità e lungimiranza – in cui i vignaioli di tutte le cantine del territorio hanno evidenziato le loro personalità e le loro mire ma anche le loro umane insicurezze che sono quasi certo di aver contribuito a rinsaldare e, in taluni casi, persino ad abbattere totalmente, seminando il germe della consapevolezza e della fiducia in una terra capace di dar vita a grandissimi vini dalla forte contemporaneità.

E’ proprio grazie al Sindaco, che ho potuto comprendere cos’è Aquileia per me. L’ho fatto entrando nella Basilica Patriarcale di Santa Maria Assunta e ammirandone la maestosità dei mosaici – è sede del più grande pavimento musivo d’Occidente -, veri e propri inni alla diversità che si fa armonia. Tessere così diverse capaci di divenire parte dello stesso grande, complesso ma, al contempo, nitido progetto artistico. Ecco quindi che nella mia menta le parcelle di terreno delle realtà di Aquileia si fanno tessere di un mosaico in cui tutto è unico e complementare al tempo stesso, in grado di tradurre il linguaggio di questa terra attraverso la mano del vignaiolo con vini netti, sinceri e carichi di identità.

Se è vero che questo assurdo 2020 sarà l’anno dell’enoturismo Aquileia non potrà che essere in cima alla lista delle città del vino da visitare in quanto perfetta per alternare arte, storia e il vicino mare alle vostre escursioni enoiche. Io vi aspetto ad agosto, in occasione dell’evento Calici di Stelle, con due masterclass davvero speciali per contesto e tema, di cui vi parlerò nei prossimi giorni.
 
 

F.S.R.

#WineIsSharing

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