Vini Simbiotici nati da un Arcipelago fatto di “Isole del Vino”

Oggi vi parlerò di una realtà che rappresenta, a mio parere, il giusto ed equo connubio fra imprenditorialità e rispetto del territorio e della materia prima, fra tradizione generale e specificità territoriale, ovvero l’Arcipelago Muratori.
Lo dice il nome stesso, “arcipelago”, che sin da subito mi incuriosì, tanto da volerne approfondire la motivazione ed in fondo si tratta di un’ovvia, ma molto originale, soluzione che vede la Famiglia Muratori come artefice di un progetto che coinvolge un metaforico arcipelago di “isole” vitivinicole, formate dalle loro Tenute localizzate in diverse aree della penisola.



L’idea dell’Arcipelago nasce nel
1999, quando il papà di Michela Muratori (bravissima responsabile della comunicazione aziendale con la quale ho avuto modo di confrontarmi) ed i suoi fratelli conoscono Francesco Iacono,
allora ricercatore e professore all’Istituto San Michele all’Adige
di Trento. Francesco aveva un sogno: pensare prima ai suoli e
conseguentemente al Vino che maggiormente sarebbe stato in grado di
valorizzare quegli ambienti. Un filosofia, a mio parere, tanto sensata quanto a volte snobbata. In questo caso, però, il sogno di Francesco si è realizzato, grazie allo spirito imprenditoriale della Famiglia Muratori, ma anche ad una buona dose di pazienza e lungimiranza, in quanto sono state individuate quattro
zone diverse d’Italia dove produrre quattro Vini diversi, dando, così, vita all’Arcipelago Muratori. Quattro “isole” ideali, 160 ettari di
vigne e Cantine davvero molto belle: la Franciacorta con Villa Crespia, terra natìa dei Muratori, dedicata alla produzione di Franciacorta ovviamente, la Val di
Cornia suveretana con la Tenuta Rubbia al Colle che nasce per
produrre solo Vini rossi con varietà italiche e, separatamente, nella versione bordolese, a sud in
Campania dove Francesco Iacono ha le sue origini, vengono individuate, invece le altre due “isole”, quella vera l’Isola d’Ischia per la
produzione di uno splendito Passito secco Giardini Arimei, che è
anche il nome della Tenuta, ed infine il Sannio beneventano, dove a
Oppida Aminea vengono prodotti quelli che la famiglia chiama con la
giusta dose di ironia-sinestetica “vini gialli”: Falanghina,
Fiano, Greco e Coda di Volpe in purezza.

La storia vitivinicola vera della famiglia inizia, quindi, ufficialmente solo 16 anni fa, “ma sulla tavola
del nonno –
mi confida Michela – il Vino lo si è sempre bevuto, fin da piccoli quando ce lo
allungava con l’acqua.”
 Un nonno, imprenditore tessile con la
passione per il Vino, che amava brindare con Vini piemontesi e francesi, quindi, di certo un buon palato! Avendo da sempre sostenuto i rossi del territorio, quelli che oggi si
chiamano Curtefranca, ma anche quelli della vicina Valcalepio, è
stato, per lui, un “duro colpo” in effetti quando nel ’99
Francesco Iacono pensa a produrre solo metodo classico in
Franciacorta. Prima di riuscire ad ammettere la qualità del
Sangiovese di Suvereto, ce ne sono voluti di calici al nonno!

Fatta questa premessa, vorrei porre alla vostra attenzione il motivo principale per il quale ho deciso di dare spazio qui su WineBlogRoll all’Arcipelago Muratori, ovvero il progetto che ha dato vita ai cosiddetti Vini Simbiotici, di cui avrete già letto e visto qualcosa sui miei profili social negli ultimi mesi.
Ciò che mi interessava approfondire era il concetto di “viticoltura simbiotica”, che – mi spiega Michele – mira a porre al
centro delle dinamiche produttive il suolo. Vuol dire ribaltare il ragionamento: spostare
l’attenzione da fusto e foglie e pensare che il “cervello della
pianta” siano le sue radici, da qui l’importanza fondamentale del
suolo, come espressione massima del territorio con le sue peculiarità storico-materiche.
Parliamo oggi di suoli “dopati”
dalla viticoltura intensiva degli ultimi anni, quando l’agronomia
era rivolta quasi esclusivamente alla produttività delle colture e
non alla fertilità della terra, esaurendo la prosperità di interi territori, considerando erroneamente, il suolo, come risorsa
inesauribile! La
terra oltre a parlarci direttamente ci parla anche attraverso le
nostre coltivazione e nel nostro caso le vigne: su suoli ricchi di
fertilità naturale esse crescono sane e rigogliose, sempre più
immuni e resistenti alle malattie. Avendo cura del suolo, in
definitiva, ci si sta accorgendo che si può arrivare ad avviare un circolo virtuoso che
porta alla sostenibilità e alla salubrità, senza l’intervento massivo dell’uomo.
La viticoltura simbiotica parte dal “concetto di bosco”, in quanto un bosco è vivo, c’è biodiversità, si
autosostenta ed alimenta in maniera indipendente senza necessità di
interventi chimici. Il tentativo compiuto dall’azienda è quello di
riportare i suoli ad uno stadio “pre-antropico”, pre-trattamento
intensivo, arrivando a comprendere che i consorzi microbiologici, composti da una grande varietà
di funghi, batteri e lieviti, se distribuiti sulle radici della pianta, sono in grado di svilupparne
l’apparato radicale anche di 400-700 volte. Di conseguenza le
radici sviluppano un network di links in simbiosi con tutto cio che
sta loro attorno: radici di altre piante, microorganismi del suolo,
insetti, lombrichi. Si sviluppa quindi un universo di relazione in
grado di arricchire enormemente il suolo e le piante, rendendoli
entrambi più forti e resistenti ad ogni tipo di attacco di qualsiasi
agente malevolo.
Questo grande attenzione in vigna
comporta la possibilità di vendemmiare uve estremamente salubri con
la conseguente abolizione di qualsiasi tipo di operazione che possa
risultare troppo invasiva, quindi non solo, nei Vini Simbiotici, non
è aggiunto alcun quantitativo di solforosa, ma, inoltre, non
occorrono procedure di stabilizzazione, chiarifica o filtrazione.
I Vini Simbiotici che ho avuto modo di
assaggiare, ovvero tutti quelli che l’Arcipelago Muratori produce (in
tre tenute e quindi terroir differenti) sono: un Franciacorta Brut
(Chardonnay in purezza) della Tenuta Villa Crespia, un Sangiovese in
purezza da Suvereto (Toscana IGT Rosso) della Tenuta Rubbia al Colle
ed un Fiano in prevalenza della Tenuta beneventana Oppida Aminea
(Campania IGT Bianco).

FRANCIACORTA BRUT SIMBIOTICO –
“Isola” Villa Crespia:
un vero Franciacorta (Chardonnay in
purezza), di grande finezza dal perlage agli aromi freschi, fruttati,
tropicali, leggera la nota ci crosta di pane. In bocca è davvero di
grande piacevolezza, con un’armonia che definire “naturale”
sarebbe così scontato, che sarà proprio così che la definirò, in
quanto a volte, essere scontati è l’unico modo per rendere bene
un’idea, senza complicarsi troppo la vita!
Un Vino così facile da bere e così
facile da “digerire” che non è facile smettere di colmare il
calice!
Moderno concettualmente, ma al contempo
senza tempo per i valori intrinseci ad esso.

TOSCANA SANGIOVESE IGT SIMBIOTICO 2012 –
“Isola” Rubbia al Colle:
un Vino Toscano in tutto e per tutto,
che sa di Sangiovese e di gioia di vivere! Frutta rossa matura,
viola, praticamente nessun accenno di volatile, che per un Vino senza
solforosa aggiunta e prodotto con lieviti indigeni, è “cosa buona
e giusta”!
In bocca è proprio come lo vorresti,
libero da omologazioni “eno-poco-logiche” e dinamico come solo la
Natura sa essere, eppure l’equilibrio fra freschezza, morbidezza e
tannino dona armonia ed eleganza, ad un vitigno, che alcuni
definiscono “scorbutico” ad alibi di pregiudizievoli
manipolazioni. Anche in questo caso l’eticità del Vino e la sua
sincerità espressiva rappresentano un valore aggiunto e percepibile,
non solo concettuale, ad ogni sorso.

CAMPANIA IGT SIMBIOTICO 2013 – “Isola”
Oppida Aminea:
prodotto con uve autoctone con prevalenza di Fiano e
Greco, di rara freschezza, con il suo gelsomino, la sua piacevole
banana ed una nota che richiama all’umami, che poi, puntualmente
ritrovo al sorso…e voi sapete quanto mi piacciono i Vini
“saporosi”! Anche in questo caso la semplicità va a braccetto
con un bilanciamento ai limiti della perfezione fra componente acida
e morbidezza, con un sorso che invoglia alla beva e non annoia, mai!

al progetto Vini Simbiotici!
In generale, il mio punto di vista
riguardo le diatribe fra “supporters” dei Vini “Naturali”,
del “BIO” e controbattute di chi produce Vino convenzionale o
magari “non-convenzionale”, ma senza ricorrere a certificazioni
più o meno opinabili, ma in questo caso, credo che il mio pensiero
sia stato sintetizzato, almeno in buona parte ed espresso in maniera
pratica nella produzione di questa linea di Vini Simbiotici. In
quanto, come dice giustamente (a mio parere) Michela, tutti i
produttori di Vino di qualità dovrebbero essere degli artigiani, nel
modo di vivere il rapporto con le proprie vigne e nel modo di trarne
il prezioso nettare che finirà nei nostri calici. Il mondo del Vino, però, sopravvive anche perché fatto da realtà di più maggiori dimensioni, che comunque, spesso, sono in grado di lavorare sulla qualità, ma
in cui il concetto di “produttore artigiano” viene meno per ovvi motivi.

“Ad esempio in questi giorni – mi dice
Michela – pratichiamo in Franciacorta “la pettinatura” delle
vigne, perché se non ordinassimo i rami la vigna vagherebbe
incontrastata e si perderebbe il concetto di filare, pratica umana,
che occorre a consentire la meccanizzazione degli interventi, la dove
non sarebbe pensabile procedere in altri modi.”

Come ho già avuto modo di dire, non è l’uomo a dover dire alla Natura cosa fare, ma, se solo ci premuriamo di ascoltarla, sarà essa a dirci cosa fare, in un’unità di intenti mirata alla produzione dell’espressione di ecosistema particolare, di un territorio specifico e di un concetto umano, ma allo stesso tempo rispettoso dell’essenza del Vino, fatta di storia, di etica e di fatica, ma ancor più di pura armonia.

Lascia un commento

Blog at WordPress.com.

Up ↑

%d