L’Apice Syrah di Stefano Amerighi tra corteggiamento, “liti” ed emozioni

Sembra che il Natale per me non sia ancora finito, tanto da aver ancora qualcosa da scartare, nel vero senso della parola!
Scherzi a parte, avevo avuto già un primo, un secondo ed anche un terzo approccio con le Syrah di Stefano Amerighi da Cortona, ma se c’è una cosa che ho imparato dopo tante annate è che non si finisce mai di conoscere un Vino e che non c’è alcuno schema meramente razionale che possa portare ad asserzioni del tipo “mi piacciono i Vini di quel produttore”. Ogni Vino e, mai, come in questo caso, ogni singola bottiglia, fa storia a sè, in base allo stato di evoluzione della stessa ed al proprio stato d’animo.
Dico questo, perché, ieri è accaduta una cosa nuova per me e già questo mi rende felice, in quanto la mia curiosità ha un insaziabile fame di stupore e novità: ho litigato con un Vino!
Sì, c’ho proprio litigato! L’ho stappata, l’ho trattata con la dolcezza e la premura con cui tratto ogni Vino che assaggio, ma Lei sembrava non volersi concedere a me, tanto da farmi credere volesse tirarsela, sono sincero! L’ho corteggiato, alla vecchia maniera, ma era ancora così timida e restia al concedermi quanto meno la possibilità di conoscerla meglio. Stavo quasi per desistere, non lo nego, ma poi qualcosa è cambiato e nel momento in cui io ho preso coscienza di aver peccato della più antienoica fretta e dell’ancor più negativa pregiudizievole aspettativa, lei ha finalmente aperto le braccia in un caldo ed avvolgente abbraccio, schiudendo le labbra non per baciarmi, bensì per sussurrarmi all’orecchio “cosa credevi che mi concedessi al primo che incontro, così facilmente? Sono o non sono l’Apice di Stefano Amerighi?!?”. Per fortuna donne e vini facili, mai piaciuti!
Beh, che dire, un assaggio che mi ha piacevolmente colpito ed affondato, nella sua dinamica così al pari di quelle umane, con fasi che avevo già vissuto, ma mai così nette, quasi al punto di voler rinunciare.
Eppure dovevo capirlo sin dal momento in cui portai il tappo al naso che il bisogno di questo Vino affinato in bottiglia così a lungo era solo e soltanto un respiro profondo, che permettesse alla sua armonia interiore di palesarsi a tal punto dal tramutare un iniziale conflitto in un’idilliaca emozione.
Potrei definirlo “odi et amo”, perché per un attimo ho quasi “odiato” la sua chiusura e perché poi ho quasi “odiato” me per non aver avuto la mia consueta calma nell’approccio, ma non potrei mai usare un verbo come “odiare” in ambito enoico, in quanto l’odio non fa parte di questo contesto!
Non so se ridure l’Apice 2011 ad una mera descrizione organolettica possa funzionare, ma ci tengo a dirvi che una volta aperto le sue braccia e con essere il suo spettro olfattivo e retrolfattivo il varietale si è espresso nella sua forma più elegante, con un certo accento francese ed un alone di fumo di sigaro toscano, un alone di mistero quasi a volerne celare ancora alcune delle peculiarità, che credo ci vorranno anni e cadenzati assaggi per comprendere tutte, se mai si potrà.
Illuminante come lo stupore e persistente, quasi insistente, come il pensiero di chi si Ama senza freni ed inibizioni, di chi ci mancherà persino mentre l’avremo fra le mani, di chi… di Lei: Emozione.
Concludo dicendo che… l’era proprio bono! Scusate, ma stavo avendo una crisi esistenziale, non avendo fatto neanche una digressione nella dimensione della leggerezza! Va beh… ci siamo capiti, accattatevilo e sperate che la bottiglia sia timida come la mia, il corteggiamento è o non è la fase più bella di una potenziale storia d’amore?
 
F.S.R.
#WineIsSharing

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